Cambogia, il profumo dell’Asia

Diario di Viaggio in CAMBOGIA, DAL 22 AL 29 DICEMBRE 2004 DI LAURA GIAMPAOLO MATTEO E CARLOTTA GRIGNANI DOPO QUASI TRE SETTIMANE DI VIETNAM GIUNGIAMO IN CAMBOGIA. QUI RITROVIAMO IL SOTTILE PROFUMO DELL'ASIA, I SORRISI E L’ESTREMA GENTILEZZA DELLA GENTE, LA DIGNITOSA POVERTÁ DELLA VITA LUNGO I CANALI FLUVIALI E GLI OCCHIONI GRANDI DEI BAMBINI...
Scritto da: grignanilaura
cambogia, il profumo dell'asia
Partenza il: 22/12/2004
Ritorno il: 29/12/2004
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 500 €
Diario di Viaggio in CAMBOGIA, DAL 22 AL 29 DICEMBRE 2004 DI LAURA GIAMPAOLO MATTEO E CARLOTTA GRIGNANI DOPO QUASI TRE SETTIMANE DI VIETNAM GIUNGIAMO IN CAMBOGIA.

QUI RITROVIAMO IL SOTTILE PROFUMO DELL’ASIA, I SORRISI E L’ESTREMA GENTILEZZA DELLA GENTE, LA DIGNITOSA POVERTÁ DELLA VITA LUNGO I CANALI FLUVIALI E GLI OCCHIONI GRANDI DEI BAMBINI CHE TI SCRUTANO, CURIOSI.

UN VIAGGIO DI APPENA SETTE GIORNI É TROPPO BREVE PER CALARSI NELLA VITA QUOTIDIANA E PER APPREZZARE A FONDO IL CARATTERE COSÍ DOLCE DELLA GENTE.

CON UNA GUERRA CIVILE TANTO BRUTALE QUANTO INCONCEPIBILE ALLE SPALLE, CHE PARE ABBIA GENERATO QUASI DUE MILIONI DI MORTI, LA POPOLAZIONE STA FACENDO TUTTI GLI SFORZI POSSIBILI PER DIMENTICARE.

NON É FACILE! SONO PASSATI SOLO POCO PIÚ DI 25 ANNI.

QUANTE PERSONE SOPRAVVISSUTE SI PORTANO APPRESSO IL RICORDO DELL’ORRORE? E QUANTI CONVIVONO CON LA VERGOGNA ED IL RIMORSO DI ESSERE STATI I CARNEFICI DEI PROPRI FRATELLI? ALCUNI SONO IMPAZZITI. Altri si sono suicidati.

tanti vivono ancora. SI GUARDANO NEGLI OCCHI E SI SORRIDONO.

NESSUNO CHIEDERÁ MAI ALL’ALTRO DA CHE PARTE STAVA IN QUEI 3 ANNI 8 MESI E 21 GIORNI.

A PARTE I MERAVIGLIOSI PAESAGGI E GLI SPLENDIDI TEMPLI DI ANGKOR QUINDI, LA CAMBOGIA MERITA SICURAMENTE DI SOFFERMARSI PIÚ A LUNGO.

NOI NON LO ABBIAMO FATTO, E SARÁ UN BUON MOTIVO PER RITORNARE.

22 Dicembre 2004 – Mercoledì (Confine Vietnamita sul Mekong – Phnom Penh ) Ore 14:45. Dopo le varie peripezie per il visto d’ingresso in Cambogia (vedi diario Vietnam “Da Nord a Sud: due realtà diverse”), siamo sulla barca ‘gialla’ che in teoria, dovrebbe portarci al molo di Phnom Penh. SIAMO IN CAMBOGIA! Gli altri turisti devono averli caricati sull’altro barcone perché qui ci sono solo cambogiani (o Vietnamiti?). Il Mekong in questo tratto è molto bello. Non abbiamo la piú pallida idea di quando arriveremo, pare che dovremo prendere anche un bus (ma non si doveva arrivare sul molo di Phnom Penh?). In navigazione passiamo il tempo un pó a leggere (legge anche Matteo) e un pó ad osservare il capitano della barca che a tratti, dorme. Appoggia le braccia sul volante, ci posa la testa sopra, dopo qualche secondo gli scivola giú, quindi si sveglia… Se non si svegliasse siamo comunque pronti a farlo noi! Verso il tardo pomeriggio ci fanno scendere in una disperata ansa del fiume. In mezzo a tanti bambini, che sono venuti ad accoglierci scalzi, sporchi e sorridenti, scivolando nel fango che ci arriva alle caviglie, cerchiamo di risalire il pendio dell’argine del Mekong. Dovremo essere nei pressi di Kandal. Ci caricano su un bus scassatissimo dove una specie di Guida turistica ci fa il lavaggio del cervello, per tutto il tragitto, descrivendoci guest houses e varie escursioni da lui organizzate. Arriviamo semistravolti alle 19:00 passate a Phnom Penh! La prima cosa che salta all’occhio è il notevole numero di automobili per le strade della capitale, rispetto al Vietnam. L’Hotel Haway, prenotato via Internet, avrebbe dovuto mandarci un incaricato a prenderci, ma sicuramente l’avranno mandato al molo e non in una sperduta via di Phnom Penh presso l’ufficio di un’anonima agenzia viaggi. Proviamo a telefonare all’Hotel e ci dicono che ci mandano un auto. Dopo piú di mezz’ora arriva! E ci porta in albergo. L’albergo Haway, di proprietà di un tedesco è bello, addirittura meglio di quanto ci aspettassimo. La camera a quattro letti è enorme, deliziosamente decorata e con un bel bagno. L’albergo è un pó ambiguo poiché ci sono parecchi turisti europei della terza etá, accompagnati da altrettante mini ragazzine cambogiane! Ci sono comunque anche diversi turisti normali. Dato che é molto tardi, che siamo sufficientemente stanchi e che non abbiamo ancora avuto la possibilitá di prelevare del denaro, decidiamo per questa sera di cenare in albergo! Poi tutti a nanna.

23 Dicembre 2004 – Giovedí ( Phnom Penh ) Al mattino andiamo subito alla scoperta della cittá. Per prima cosa preleviamo del denaro alla banca con la carta di credito. Per un valore di 300 usd la macchina espelle un pacco di banconote il cui taglio massimo è di circa 3 usd! Andiamo a visitare il Wat Phom, bel tempio situato sulla sommitá di una collinetta, nel centro della Cittá. Il tempio è pieno di mendicanti e ragazzi di strada. Ci sono anche bambini che vendono ai turisti la possibilitá di liberare uccellini in gabbia e, anche se ho sentito dire che gli uccellini sono addestrati per ritornare da soli nelle gabbie, ne facciamo comunque liberare un paio. Ci sono anche tante scimmie. Il luogo è molto rilassante! Dopo quasi tre settimane di Vietnam, per la prima volta respiriamo un’aria che ha il profumo dell’Asia. Facciamo due passi per il centro e poi ci dirigiamo verso il fiume, dove vogliamo prenotare i biglietti per Siem Reap. Rispetto al prezzo dell’Hotel, riusciamo a risparmiare 24 usd in quattro. Il battello parte dopodomani alle sette della mattina. Prendiamo un Tuc-Tuc e ci facciamo portare dall’altra parte del fiume (Tom Salep) fino alla confluenza del Mekong. Passiamo a vedere il ponte Giapponese, che tolto il suo valore simbolico, non ha nulla di speciale. Ci fermiamo a fare un pó di foto in un parco sulle rive del fiume, oggi abbastanza deserto. Alle 13:00 andiamo a mangiare al ristorante Friend’s. Il Friend’s è un ristorante gestito da una Fondazione che si occupa di togliere i bambini dalla strada. Gli incassi, tolte le spese, vengono utilizzati per la causa dei bambini di strada di Phnom Penh. Ai ragazzi viene anche insegnato un lavoro e viene pagata l’istruzione. Il ristorante oltretutto offre un’ottima cucina, occidentalizzata ma sopraffina. Il conto è un pó caro ma per una buona causa lo paghiamo volentieri. La Fondazione di Frend’s sta facendo una grossa campagna per informare il turista di non dare soldi ai bambini di strada. Quei soldi spesso vengono utilizzati per acquistare droga e non per migliorare il loro futuro. Dopo pranzo andiamo a visitare il Museo Nazionale, dove al suo interno sono conservati splendidi esempi dell’arte Khmer. Abbiamo rimandato la visita al Museo Tuol Sleng e ai Campi di Sterminio a domani. Cosí oggi ci distendiamo. Questa cittá è proprio molto rilassante. Non riusciamo ad entrare al Palazzo Reale perché la mia maglietta ha le maniche troppo corte… Ci organizzeremo per domani pomeriggio! Ci rechiamo quindi al Tempio di Ounalom, sede attuale del Patriarcato del Buddismo Cambogiano. Nel tempio è conservata anche una sopracciglia del Buddha. Un custode gentile ci apre la porta del santuario dove è situata la statua di Huot Tat, patriarca buddista ucciso da Pol Pot. Il panorama completo dello sterminio lo vedremo domani. Passiamo dal teatro Sovanna Phum Arts per prenotare i biglietti per lo spettacolo di danze tradizionali in programma per domani sera ma ci dicono che non serve, purtroppo è quasi sempre mezzo vuoto. Verso il tardo pomeriggio andiamo al Mercato Centrale. Il mercato centrale è una costruzione abbastanza moderna, con una cupola enorme. Compriamo quattro Krama, sciarpe di seta bellissime. All’interno si vende di tutto! Ma anche all’esterno, infatti, entriamo subito in contatto con una bancarella che vende cavallette fritte… ma enormi (non come quelle piccine che assaggiai in Messico a suo tempo)! E lí vicino c’è pure il chiosco che vende gli orribili e famosi ragni fritti! Alcuni bimbi se li stanno mangiando. A me vengono i brividi. All’ingresso del mercato c’è anche un venditore di libri. Siccome, prima di partire, ho cercato invano il libro “Rouge”, testimonianza di una giovane cambogiana sopravvissuta allo sterminio di Pol Pot, guardo se per caso lo trovo qui. C’è in lingua francese, ma a me va bene lo stesso. Comincio la trattativa sul prezzo. Da 5 usd a 3 usd ma, Carlotta mi urla: “Mamma dagli i 5 usd e vieni via! Non vedi cosa ha sulla spalla?” Sulla spalla, il gentile signore, ha un enorme ragno marrone che gli saltella tutt’intorno. Io caccio un grido e lui lo prende in mano e mi dice “No problem… it’s my friend!”. Io taglio corto, gli allungo 5 Usd, mi faccio lanciare il libro e mi allontano. {NDR: Ma tu pensa… It’s my friend… poi magari stasera se lo mangia per cena}. Presso un’altra bancarella che vende ragni fritti incontriamo due ragazzi italiani impegnati nell’acquisto di alcuni di essi. Io preparo la macchina fotografica e dico “Se ve li mangiate vi faccio una fotografia!” … ma mi rispondono che se li mangeranno piú tardi {NDR: E chi ci crede?}. Torniamo in Hotel e, mentre i bambini si riposano, Giampaolo ed io andiamo sul lungo fiume per un Happy Hour… ma non capiamo nulla ed alla fine paghiamo quattro cocktail (l’Happy Hour era solo per la birra!). A cena andiamo in un ristorante tipico cambogiano il “Dararasmey”. Il ristorante è una sorta di cucina fai da te, cosa per la quale i cambogiani pare vadano pazzi! Ti portano una griglia di strana forma a centro tavola, e poi dispongono intorno vari vassoi contenenti carni, verdure, pesce, persino uova… e tu cucini il tutto a tuo piacimento. Dei cambogiani seduti al tavolo a fianco vengono in nostro aiuto e ci insegnano i “trucchi del mestiere”! Ci divertiamo un sacco. Dopo cena lasciamo i ragazzi in albergo e usciamo per un un assaggio della vita notturna di Phnom Penh! Andiamo al locale “The Heart”! Una discoteca molto alla moda dove peró, almeno stasera, non c’è molta gente. A mezzanotte prendiamo un moto taxi (uno in due) e rientriamo in albergo.

24 Dicembre 2004 – Venerdí ( Phnom Penh) Alle 8:00 il nostro tuc-tuc ci sta giá aspettando fuori dall’albergo. È il ragazzo che abbiamo conosciuto ieri e che ci ha portato sulle rive del Fiume e al Ponte Giapponese. Come prima tappa andiamo a visitare il Museo Tuol Sleng (S21). In origine scuola superiore, fu trasformata da Pol Pot in carcere di sicurezza nonché centro di tortura. La visita di questo museo è ovviamente sconvolgente. Non si puó fare a meno di paragonare le barbarie qui avvenute con l’olocausto dell’epoca nazista. Nel periodo clou della rivoluzione dei khmer rossi, in questo edificio si contavano piú di 100 vittime al giorno. Le celle, con le brande in ferro e le grosse catene con le quali venivano legati i detenuti, le centinaia di fotografie in bianco e nero appese alle pareti e le tombe nel vicino cortile sono delle immagini strazianti che difficilmente si possono dimenticare. Terminata la visita ci avviamo (sempre con il nostro tuc-tuc) ai campi di sterminio di Choeung Ek, a 15 km. Circa dalla capitale. Questo luogo è particolare. Apparentemente sembra un luogo di pace, immerso nel verde e circondato da un’atmosfera quasi mistica, ma passeggiare intorno alle fosse comuni da dove sono stati esumati i resti di 8895 vittime, fa un effetto terribile. In mezzo all’erba sono sparsi resti di ossa umane, lasciate lí apposta, in memoria. Alcuni furono uccisi a bastonate per risparmiare le pallottole. Qui, in mezzo a questi prati silenziosi e tristi, c’è anche l’albero dove venivano scaraventati i bambini, spesso sotto gli occhi delle loro mamme, fino a frantumargli il cranio.

Il mausoleo contenente oltre 8000 teschi, catalogati per sesso ed etá è raccapricciante. Il silenzio che regna in questo luogo é quasi piú terrificante delle immagini stesse. Abbandoniamo i campi di Choueung Ek un pó sconvolti. Riflettiamo sul fatto che dall’epoca di questo sterminio, prodotto dalla follia di un solo uomo e che ha mietuto quasi due milioni di vittime, sono passati appena 25 anni! Ci sono ancora persone che vagano nella giungla per sfuggire alla follia criminale di Pol Pot. Ne hanno ritrovati un gruppetto proprio questo autunno.

Ritorniamo in cittá e riandiamo a pranzo da Friend’s. I ragazzi che servono sono cosí gentili, si mangia bene e poi è a due passi da tutte le attrazioni turistiche. Dopo pranzo andiamo a visitare il Palazzo Reale. Oggi mi sono portata una camicia a maniche lunghe cosí non dovremmo avere problemi. Il Palazzo Reale è molto bello, imponente, la Pagoda d’Argento meravigliosa. Peccato che questa tradizione culturale cosí grandiosa, nulla abbia potuto contro la follia di Pol Pot. Le cruente immagini dei musei e dei campi di sterminio, che abbiamo visitato stamattina, ci hanno segnato nell’animo e poco ci risolleva la bellezza della pagoda e lo sfarzo dei diamanti e degli smeraldi del Buddha. Fuori dalla sala del trono, a Giampaolo cade la macchina fotografica e si rompe! Mi arrabbio, non tanto per il valore in sé (veterana reflex Fuji del 1988) ma in quanto è stata la mia prima reflex! All’uscita troviamo (sará un caso… o ci segue?) il nostro tuc tuc di stamattina (e di ieri). Ci facciamo portare al Mercato Russo, dove ci scateniamo nell’acquisto di monili in argento. Trovo anche uno splendido portasigarette, sempre in argento, da regalare alla mia amica Giovanna. Ci facciamo poi portare di corsa in un negozio di macchine fotografiche, dove intraprendiamo un’estenuante trattativa per l’acquisto di una Pentax d’occasione, che riusciamo a portarci a casa per 140 usd! D’altronde come si puó recarsi ad Angkor senza macchina fotografica? Rientriamo velocemente in albergo, dal quale riusciamo altrettanto velocemente per andare a vedere lo spettacolo di Danze Tradizionali. La coreografia, i costumi e le danze sono veramente affascinanti ma, dopo un pó diventano abbastanza noiose… E ci viene sonno. Dopo aver lasciato un buon contributo all’organizzazione (è un teatro gestito da un associazione di volontari) riprendiamo un tuc tuc per andare a cercare un altro ristorante “fai da te”, tipo quello di ieri sera che ci era piaciuto tanto… Ma stavolta ci va male. L’autista del tuc tuc (stranamente…) non parla una parola di inglese, sembra non conoscere nemmeno la cittá. Giriamo a vuoto per 40 minuti… poi ci arrabbiamo e ci facciamo lasciare giú in un posto qualsiasi. Ormai sono quasi le 22:00 e rischiamo di non cenare per niente. Alla fine ci infiliamo in un pub irlandese, dove mangiamo hamburger e patatine (come cena di Natale non c’è male…!?), il tutto annaffiato da birra (irlandese), con sottofondo musicale (irlandese) e, ovviamente, circondati da avventori della medesima nazionalitá! A mezzanotte Giampaolo si prende delle sonore ma bonarie pacche sulle spalle da un “simpatico” irlandese che gli fa gli auguri di Merry Christmas. Tanti Auguri, Buon Natale… E poi ce ne andiamo! Sulla strada del ritorno decidiamo di passare dalla discoteca di ieri sera (The Heart) per farla vedere ai nostri figli. Non so se è una questione di orario ma stasera è piena zeppa! Ci fanno accomodare ad un tavolo dove siede un tizio che, ci dicono, fra poco andrá via. Infatti, dopo dieci minuti vomita sul tavolino e poi esce! Dopo un’accurata ripulita (hanno passato uno straccio!) ci risediamo. Matteo intanto viene “letteralmente” assaltato da due ragazzine cambogiane. Al nostro tavolo nel frattempo si siede un ricco cambogiano con girls… che inizia a scolarsi whisky a tutto spiano.. (vomiterá mica anche questo?). Le cambogiane che hanno portato Matteo a ballare vengono a chiedermi conferma sul fatto che abbia 13 anni e non ci credono… mi fanno cenno col capo no no… insistono che ne deve avere almeno 20… Alla fine, con grande dispiacere, si convincono a mollare la preda… La discoteca è un vero caos, anzianotti con ragazzine, gay, c’è di tutto… Verso le una decidiamo di andare a dormire. Prendiamo due moto in quattro e torniamo in albergo. Abbiamo deciso di smettere di fumare pertanto, prima di infilarci nel letto, gettiamo il pacchetto di sigarette quasi pieno dalla finestra del hotel… Per la gioia del guardiano notturno che va subito a raccoglierlo… BUON NATALE! 25 Dicembre 2004 – Sabato ( Phnom Penh – Siem Reap) É Natale! Alle cinque sveglia. Babbo Natale non è venuto… Forse le renne avevano troppo caldo. Bagagli, colazione e poi ci rechiamo al molo da dove, alle sette, parte il nostro aliscafo {NDR: lo chiamano aliscafo…} per Siem Reap. Cinque ore di navigazione, appollaiati sul tetto della barca e ben esposti al vento ed al sole! I posti a sedere all’interno sono terminati. Per ogni posto vengono infatti venduti due biglietti {NDR: In termini tecnici si chiamerebbe Over Booking!}. A parte il passaggio dal villaggio galleggiante di Chong Kneas, lungo il tragitto sul fiume Tonlé Sap non c’è niente di particolarmente pittoresco da ammirare. Arrivati al molo di Siem Reap, ci attende una prova alla Jonhatan! Prima passiamo dall’ “aliscafo” su una barca piú bassa, attraverso due assi di legno poste in pendenza ma abbastanza larghe. Poi c’è il passaggio su di un altro barcone e da quest’ultimo dobbiamo scendere lungo un’asse di larghezza massima pari a circa 25 cm e posizionata con un’inclinazione almeno del 75%. Dietro di me due turisti con Samsonite!! … li lascio andare avanti perché voglio vedere come fanno a scendere… Semplice: arrivano dei ragazzini di corsa e gli portano le valigie. Io mi armo di coraggio e, tentando di sviluppare tutto il senso possibile d’equilibrio, con non poca titubanza, scendo! Nessuno di noi cade in acqua. EVVIVA! Troviamo anche l’autista mandato dal Pavillon Indocina, l’albergo che abbiamo prenotato via Internet ad appena 2 chilometri dall’ingresso alla zona dei templi di Angkor. Arrivati in albergo mangiamo qualcosa e poi… voi non ci crederete… ci riposiamo!! Stanotte abbiamo dormito 4 ore, ieri notte 5… Adesso siamo distrutti.

Alle 17:00 ci avviamo verso la cittadina di Siem Reap, poiché vogliamo trovare delle biciclette a noleggio per i prossimi due giorni. Abbiamo deciso di visitare Angkor in bicicletta ma nel nostro albergo non le noleggiano {NDR: La solita fortuna…}. Stasera avevamo anche in programma di andare a sentire il concerto del Dr. Richter, un medico chirurgo svizzero che ha fondato un ospedale pediatrico per curare le malattie dei bambini. Tutti i sabati sera fa dei concerti di beneficenza e, siccome oggi è Natale, ci pareva l’occasione giusta per passare una serata alternativa. Ma a questo punto non sappiamo se faremo in tempo! Fuori dall’albergo pensavamo di essere assaliti da taxi, tuc tuc, risciò. Invece… Nemmeno l’ombra, pertanto ci facciamo oltre due chilometri a piedi. Noleggiamo le biciclette nella zona del mercato centrale e, dato che alle sei e venti è giá buio, ci avviamo pedalando verso l’albergo. Ma sbagliamo strada e, verso le sette, senza volerlo ci troviamo dalle parti della Clinica Pediatrica del chirurgo svizzero. Decidiamo quindi di andare a vedere il concerto. Non si puó dire che abbiamo l’abbigliamento adatto (siamo in sandali e braghette corte), ma non abbiamo tempo di andare a cambiarci! Ci faranno entrare ugualmente. La struttura dell’ospedale è cosí moderna che ci è difficile collocarla qui, in Cambogia. Il Dott. Richter dapprima, tramite una proiezione di diapositive, illustra i vari programmi svolti in passato ed i progetti futuri. Deve essere una persona che ha fatto e continua a fare l’impossibile, per aiutare i bambini malati di questi Paesi dove purtroppo manca un’assistenza adeguata. Poi inizia il concerto. É piacevole perché il Dott. Richter si rivela anche un buon suonatore di violoncello. L’unico problema della serata è che si gela! L’aria condizionata è a livelli massimi e noi abbiamo un freddo barbino! Io e Carlotta ad un certo punto siamo persino costrette ad uscire. Nell’attesa della fine del concerto, compriamo un libro sull’operato del Dott. Richter, cosí lasciamo un contributo in piú. Poi riprendiamo le nostre biciclette e rientriamo in albergo, dove ceniamo. Ci chiediamo ancora tutti, il motivo dello sfarzo di quell’ospedale, dell’illuminazione esagerata, dei pavimenti in marmo… Del futuristico progetto architettonico all’americana con laghetti, fontane, passatoie e scalinate in legno massiccio. Andiamo a nanna abbastanza presto.

26 Dicembre 2004 – Domenica ( Siem Reap – Angkor – Siem Reap) Partiamo di buon ora con le nostre biciclette. Passiamo alla biglietteria e facciamo i biglietti per tre giorni (costano come per due singole giornate ma almeno evitiamo di doverli acquistare anche domani)! Alle 7:30 del mattino siamo già sul vialone che conduce ai templi. Fa fresco… (io mi sono infilata pure il golfino). Il primo impatto é il Wat Angkor. Immenso. Maestoso. Purtroppo la luce al mattino non é favorevole per le foto, per lo meno dall’ingresso principale poiché si trova completamente in controluce. Lo fotograferemo al tramonto. Saliamo alla sommitá del tempio centrale. La scalinata é ripidissima. Meno male che é provvista di una sgangherata ringhierina, altrimenti per scendere avrei avuto non pochi problemi (soffro di vertigini!!!). In seguito, fra piccole soste a templi di minore importanza (anche se bellissimi), arriviamo al Bayon. Anch’esso meraviglioso. Da ogni differente punto del tempio, si godono prospettive diverse e quei grossi faccioni enigmaticamente sorridenti sono simpaticissimi! Ci mancano un paio di terrazze, poi abbiamo completato la metá del giro in programma per oggi. Per pranzo sostiamo in un buffet nei pressi della corte reale di Angkor, dove mangiamo un ottimo fried rice. Bisogna fare attenzione ai prezzi! Hanno due listini diversi con due prezzi diversi (ma non di poco… Uno é il doppio dell’altro). Ce ne siamo accorti perché dei tre menú che ci hanno portato, uno aveva i prezzi esattamente alla metá… Abbiamo subito chiesto informazioni e ci hanno risposto “It’s the same!”. Allora li informiamo che ordineremo dal menú piú economico! Della Corte Reale purtroppo non é rimasto gran che. Rinforchiamo le biciclette (oggi per fortuna grazie ad un bel venticello fresco non si muore di caldo) e proseguiamo per il nostro tour. Alle 15:00 visitiamo il tempio di Preah Khan, una dei siti piú vasti di Angkor. Questo tempio, meno visitato poiché probabilmente escluso dai tour organizzati, é uno splendido dedalo di gallerie e corridoi che si intersecano intorno alle quattro vie principali, le quali rappresentano i quattro punti cardinali. Verso il tardo pomeriggio ritorniamo verso l’Angkor Wat e sulla strada visitiamo un tempio buddista ed un tempio induista (il Mebon), passando dal Barray Occidentale. Il Barray Occidentale (esiste anche quello Orientale) é un enorme bacino di 8 km per 2 e mezzo circa, scavato a mano, che serviva allo scopo di fornire l’acqua necessaria alle coltivazioni. Oggi, lungo un lato, ci sono chioschi e bancarelle, e tanti khmer, giovani e meno giovani, lo utilizzano come piscina. Dopo chilometri e chilometri in bicicletta, alle 18:30, finalmente rientriamo in albergo. Notiamo che il nostro cellulare ha ricevuto piú di una chiamata da parte dei miei genitori e dei fratelli di Giampaolo… Pensiamo sia successo qualcosa pertanto richiamiamo immediatamente. Ed é successo sí qualcosa, ma non in Italia, bensí qui in Asia! É il giorno dello Tsunami. L’entitá della tragedia peró é ancora sconosciuta. I miei cugini con cui abbiamo appuntamento fra tre giorni a Ko Samet, dovrebbero essere atterrati proprio oggi a Bangkok (?!). Proviamo a chiamarli ma le linee sono intasate. Per cena decidiamo di andare in paese, ovviamente in bicicletta per sfruttare il noleggio fino in fondo… Il ristorante oggi lo sceglie Giampaolo. Ordina pure la pizza… {NDR: ed io rideró come una pazza…}. Certo che fino ad ora abbiamo avuto poche occasioni per gustare la cucina tipica Cambogiana, a parte nel ristorante fai da te di Phnom Penh! Dopo cena si va a letto! Domani sveglia alle cinque! 27 Dicembre 2004 – Lunedí ( Siem Reap – Angkor – Siem Reap) Alle 5:30 stiamo giá pedalando verso la zona dei templi. Il mio coccige é assai dolorante ma sopporto in silenzio! Arriviamo ad Angkor Wat con il giusto anticipo per vedere l’alba. La quantitá di turisti presente é incredibile… In tutta la giornata di ieri non ci siamo resi conto dell’enorme numero di visitatori! L’atmosfera ed i colori dell’alba sono bellissimi! Dopo aver fatto colazione in un ristorantino lí nei pressi, partiamo per l’esplorazione dei templi restanti, partendo dai piú lontani. Sará perché é molto presto e sará perché abbiamo scelto dei templi di minore importanza, per buona parte della mattinata ci ritroviamo completamente soli! É stupendo… Girare in bicicletta in queste strade deserte, nella luce del primo mattino ed in mezzo ad una vegetazione silenziosissima, ci regala immagini indimenticabili. L’ultimo tempio importante che ci resta da vedere é il Ta Prohm, sicuramente il tempio piú suggestivo di Angkor, forse proprio perché lasciato in balia della giungla. Effige delle copertine delle piú famose guide turistiche, ci si presenta proprio cosí, come l’avevamo immaginato. Avvolto da liane e da enormi radici aeree che sembrano state create apposta a sostegno delle antiche mura, Ta Prohm é splendido. Ci passiamo un bel paio d’ore. Mangiamo qualcosa in un posto assurdo, dove oltre che a mangiare male spendiamo anche una cifra esorbitante (almeno per il luogo). Al pomeriggio giriamo ancora un pó in bici per questi splendidi e riposanti viali, che scorrono in mezzo alle antiche rovine offrendo punti di vista sempre nuovi e sorprendenti. Verso le 16:30 ritorniamo in albergo dopo la nostra trentina di chilometri quotidiani. Andiamo a riconsegnare le biciclette in cittá, cosí passiamo anche da un Agenzia per prenotare i biglietti per la barca che domani ci dovrebbe portare a Battambang. Nel prezzo é incluso il passaggio dall’hotel al porto. Facciamo un pó di spesa, biscottini e bottigliette d’acqua, per il trasferimento di domani.

Per cena questa sera scegliamo un bel ristorante tipico cambogiano. Mangiamo benissimo, in una terrazza molto elegante e con un servizio eccellente, e spendiamo meno di oggi.

Torniamo in albergo con un tuc tuc. 28 Dicembre 2004 – Martedí ( Siem Reap – Battambang) Alle 6:10 ci viene a prendere il pulmino dell’agenzia presso la quale ieri sera abbiamo fatto i biglietti della barca per Battambang. L’idea che ci eravamo fatti del barcone da massimo 20 persone sfuma subito… Giá sul minibus caricano infatti un sacco di passeggeri. Gli ultimi quattro li fanno addirittura accomodare sul tetto. E se in un minibus da 11 posti ci fanno stare 24 persone; su una barca da 20 posti quante persone ci faranno stare? Arriviamo verso le sette al molo di partenza dopo essersi fermati in una decina di guest house a raccogliere gli altri passeggeri, dopo una breve sosta per un piccolo problema meccanico e dopo l’operazione di sgonfiamento gomme per affrontare un tratto particolarmente sabbioso. Alle 8:00 navighiamo in mezzo al Lago di Tomlé Sap. Dato che posti a sedere non ce ne sono, ci siamo accomodati sul tetto della barca ma, ad un certo punto, vengono a dirci di scendere perché, durante la navigazione sul lago, non si puó stare sul pianale superiore, aggiungono che potremo tornare sopra quando imboccheremo i canali dello Stung Sangker. Verso metá mattinata la barca si inoltra negli splendidi canali che ci condurranno a Battambang. É il piú affascinante paesaggio fluviale finora visto.

Disseminati lungo il tragitto grandi bilancieri per la pesca, azionati da pescatori (ma anche da pescatrici!) abilissimi. Tantissimi bambini fanno il bagno e ci salutano da lontano. Attraversiamo interi villaggi galleggianti con scuole e templi. C’é chi ha preferito, in alternativa alla casa galleggiante, la palafitta e cosí, lungo la riva si susseguono innumerevoli case innalzate su altissime palafitte. Esse in questa stagione sembrano ancora piú alte, poiché il livello dell’acqua adesso é molto basso. Tanto basso che il barcone procede molto lentamente, con un ragazzo a prua che misura, per mezzo di un lungo bastone, l’altezza del livello dell’acqua. Ci incagliamo anche un paio di volte. Verso le 13:30 ci fermiamo in un ristorante galleggiante dove ci rifocilliamo con tagliolini e birre fresche. Approfittiamo anche della sosta per andare in bagno. Divertente… Il bagno consiste in uno sgabuzzino galleggiante che ha il pavimento con un foro nel centro ed il tutto va direttamente nel fiume! Non c’é nemmeno bisogno dello sciacquone! Continuiamo la navigazione sotto il sole cocente della Cambogia.

Incorriamo anche in un piccolo incidente in quanto la nostra barca va a sbattere contro un barcone… Dapprima litigano, poi si accordano, pagano i danni e si riprende la lenta navigazione. Non sappiamo né dove siamo né a che ora arriveremo.

Alle 17:20, dopo dieci ore e mezza di navigazione (contro le cinque promesseci dall’agenzia e le sette prospettateci dal proprietario dell’albergo) arriviamo a Battambang! Prendiamo al volo l’offerta di un procacciatore d’affari per una camera all’Hotel Royal compreso il trasporto. La Guest House é abbastanza carina e, per 15 usd, ci danno una camera a quattro letti con minibar, aria condizionata e televisione. Di solito la televisione non la accendiamo mai ma stasera vogliamo sentire le ultime notizie sullo tsunami. Ci sono giá 30.000 morti accertati, ma i dispersi sono innumerevoli. Alle 18:30 usciamo per sgranchirci le gambe e decidiamo di andare a prendere l’aperitivo al Riverside Caffé. Facciamo oltre un chilometro a piedi, completamente al buio e su una strada dissestatissima, accompagnati dalle lamentele di Giampaolo, che si vede che é stanco del viaggio. Il locale é carino e stranamente molto “occidentale”, soprattutto in rapporto al tipo localitá in cui ci troviamo. Usciti dal Riverside, cerchiamo un tuc tuc per farci portare in un ristorante segnalato dalla Lonely Planet. Il tuc tuc si rifiuta di portarci e non sapremo mai il perché. Comunque proseguiamo a piedi e, fra un incrocio e l’altro, tra un viale ed un vicolo buio, finalmente ci indicano un piccolo ristorante, all’interno di un’abitazione (almeno pare). Anche qui é molto buio, sembra che ci sia il coprifuoco. Il ristorante (che in veritá non sapremo mai se era quello che cercavamo noi), per la gioia di Giampaolo… Non ha nemmeno la lista in inglese, solo in Khmer. {NDR:Quindi é come se non l’avesse}. Giampaolo si arrabbia e decide di non mangiare. Peggio per lui comunque, perché arrangiandoci a gesti e mimica per ordinare, mangeremo la migliore bistecca alla griglia mai gustata da quando siamo partiti dall’Europa, accompagnata anche da una gustosissima insalatina. Spendiamo sette dollari in tutto.

Dopo cena torniamo in albergo, questa volta con un tuc tuc. I ragazzi vanno a dormire e noi decidiamo di fare un giretto nel centro del paese. Ad un incrocio scorgiamo un locale, con tutti i vetri oscurati {NDR: qui la luce si vede che dá proprio fastidio…}. Entriamo per curiosare e veniamo “assaliti” da un gruppetto di ragazze, ognuna con una divisa di una determinata marca di birra. Sono le famose “ragazze birra”, ne avevamo sentito parlare ma non avevamo ancora avuto l’occasione di incontrarle. Ognuna lavora nel locale e sponsorizza una determinata marca di birra. In base alle ordinazioni raccolte, prendono una percentuale. Il locale ricorda una nostra vecchia sala da ballo degli anni ’50. C’é un’orchestra di almeno dieci elementi che suona dal vivo, musica khmer. La gente balla. Ci sono solo persone del luogo, ed un gruppetto di amici ci inviata a ballare con loro. Cercano di insegnarci i loro passi e le loro movenze. Nei loro balli si esprimono soprattutto con i movimenti delle braccia e delle mani. Peccato che Carlotta e Matteo siano andati a dormire perché si sarebbero divertiti parecchio. Beviamo qualcosa insieme a loro. Non sono giovani e ci chiediamo a quale gruppo potevano essere appartenuti durante quei tre terribili anni del regime di Pol Pot. Ma ce lo chiediamo e basta. Andiamo a letto verso mezzanotte. Domattina alle 7:30 verrá a prenderci un auto prenotata in albergo per portarci al confine Tailandese. É l’ultima sera in Cambogia. Forse, anche a Battambang, sarebbe stato bello fermarsi un giorno in piú.

29 Dicembre 2004 – Mercoledí (Battambang – Pailin – Kho Samet) Dopo l’ennesima levataccia, alle 8:00 l’auto che ci deve accompagnare a Pailin non é ancora arrivata. Arriva qualche minuto dopo, bianca, bella e lucidata a nuovo. Forse la strada non é cosí in pessime condizioni come ci hanno prospettato. Il proprietario dell’albergo ci regala quattro bottiglie di acqua ed un cespo di banane. Ci ricorda che il viaggio sará molto lungo e ci fa anche gli auguri. Sembra che stiamo partendo per la guerra. Ieri addirittura voleva convincerci a fare il giro da Poipet. Ci ha detto che per Pailin ci vogliono almeno cinque o sei ore, che la strada puó anche darsi che non sia percorribile, etc. Etc… Ma noi abbiamo piuttosto pensato che volesse riempire i pulmini che vanno verso Poipet, il confine Tailandese utilizzato dalla stragrande maggioranza della gente.

Il viaggio per Pailin si rivela infatti piacevole. La strada a tratti é bruttina ma percorribile anche con un’auto normale. Ci sono anche dei bei panorami, dolci colline verdi. Purtroppo ci sono anche tanti campi minati. Lungo la strada ne abbiamo visti a decine, tutti in corso di sminamento. In effetti la zona di Pailin é una delle zone maggiormente minata della Cambogia. Alle 11:30, quindi dopo nemmeno tre ore e mezza di viaggio, arriviamo al confine con la Tailandia, situato appena dopo Pailin. Salutiamo il nostro autista, a cui lasciamo pure una mancia perché era molto gentile, e ci avviamo a piedi verso il posto di frontiera. Matteo rimane un pó perplesso sul fatto di attraversare il confine a piedi. Non se lo aspettava. Le procedure di uscita dalla Cambogia e di ingresso in Tailandia sono abbastanza rapide e si svolgono senza intoppi. Entrati in Tailandia, dopo qualche centinaio di metri troviamo un enorme piazzale con decine di taxi e pulmini {NDR: Noi che ci preoccupavamo di come trovare un passaggio…}. Ci sono anche dei ristorantini, quindi, niente di meglio di un bel pranzetto per festeggiare il nostro ingresso in Tailandia. Dopo pranzo contrattiamo con un conducente di minibus, che per 40 usd ci porterá al molo di imbarco per Kho Samet. I miei cugini sono giá sull’isola. Arriviamo a Kho Samet che é ancora chiaro! Siamo al mare! 30 Dicembre 2004 – Giovedí / 4 Gennaio 2005 – Martedí ( Kho Samet) Cinque giorni di relax, sole e mare nella tranquilla isola di Kho Samet. Una gita in barca, mangiate di pesce, serate in discoteca. I miei cugini sono partiti il giorno dopo perché a lei non piaceva l’isola. A noi invece Kho Samet é piaciuta. Ha un bellissimo mare e tanti ristoranti e bar direttamente sulla spiaggia. La barriera corallina é deludente ma lo sapevamo. L’isola era piena zeppa di gente perché tantissimi turisti che erano diretti a Phuket, Phi-Phi, e zone del versante colpito dallo Tsunami, si sono riversati in massa da questa parte. Della gravitá della tragedia dello Tsunami ci renderemo peró conto solo al nostro rientro in Europa. Sembra strano ma gli tailandesi, su quest’isola, non ne parlano nemmeno.

L’ultima sera trascorriamo una bella serata in discoteca, con un simpaticissimo gruppo di russi che fanno parte dell’ambasciata in Laos. Il 4 Gennaio abbiamo il volo di rientro a mezzanotte quindi riusciamo a goderci tranquillamente anche l’ultima giornata di mare! Un’auto contrattata tramite l’albergo ci porterá direttamente all’aeroporto in serata.

Good Bye Asia!



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