Back in Soutwest USA

Alla ricerca di panorami mozzafiato, grandi città e tanta natura. Un viaggio con mete come Ajo e Tucson, fuori dai soliti schemi, ma anche con grandi certezze come il Grand Canyon e Las Vegas
Scritto da: Valeria23
back in soutwest usa
Partenza il: 06/09/2015
Ritorno il: 21/09/2015
Viaggiatori: 3
Spesa: 3000 €
Eccoci finalmente pronti per un nuovo viaggio negli USA, dopo una pausa di un anno.

Questo viaggio è stato deciso in netto ritardo rispetto al solito, e per questo rimaneggiato più volte.

A me e mio marito si è aggiunto un carissimo amico, al quale già da tempo avevamo promesso che avremmo organizzato un viaggio insieme.

Le tappe non sono quelle del classico tour dei parchi o del sud-ovest, perché è stato programmato sia per far visitare al nostro amico alcune attrazioni imperdibili per un primo viaggio negli States, come il Grand Canyon, sia per permettere a noi di visitare qualcosa di nuovo e sconosciuto, senza replicare un viaggio già fatto.

Ecco le tappe:

San Diego, 3 notti

Ajo (Organ Pipe Cactus), 1 notte

Tucson, 2 notti

Flagstaff (Grand Canyon), 1 notte

Williams (Route 66), 1 notte

Las Vegas, 3 notti

Lone Pine (Death Valley), 1 notte

Los Angeles, 2 notti

Domenica 6 Settembre 2015 Milano – san Diego

Tutti i documenti sono a posto, check-in fatto, valigia pronta… non ci resta che salire sull’aereo e partire! Il volo Delta ci porterà ad Atlanta, e poi, con uno scalo di “sole” 4 ore, finalmente a San Diego. La lunga sosta è necessaria quando si fa scalo negli USA, perché, all’arrivo sul suolo americano, è necessario espletare le formalità doganali, cosa che può richiedere anche 2-3 ore. Per nostra fortuna, invece, alla dogana non c’è nessuno, e così in 15 minuti abbiamo terminato e siamo autorizzati ad entrare negli Stati Uniti. Il rovescio della medaglia è che ora ci tocca la snervante attesa del volo per San Diego!

Anche il secondo volo è puntuale, e arriviamo a San Diego alle 21:00 come previsto. Il tempo di ritirare i bagagli e prendiamo la navetta per la Alamo.

Ritiriamo il nostro SUV, una Chevrolet Captiva bianca targata South Dakota. Siamo un po’ stretti con i bagagli, ma ci si arrangia.

Il nostro hotel per le prossime tre notti è il Best Western Plus Bayside Inn, a due passi da Little Italy.

Io sono sfinita e vado direttamente a letto, mentre i ragazzi hanno il coraggio di uscire a cena.

Lunedì 7 Settembre 2015: San Diego

Oggi è Labor Day, la festa del lavoro negli USA, quindi le attrazioni sono molto più affollate del solito.

La prima tappa è il Balboa Park, il parco cittadino, che chiamare parco è alquanto riduttivo. Al suo interno si trova, ovviamente, il celeberrimo Zoo, e poi diversi musei, se non erro ben 17, bar, ristoranti, giardini botanici. Ce n’è per tutti i gusti, musei d’arte, di storia, di storia naturale… habitat del deserto, un roseto… insomma da passarci un’intera giornata e anche di più! Senza contare le possibilità di fare jogging, bicicletta, roller.

Non abbiamo molto tempo per visitare San Diego, quindi saltiamo a piè pari tutti i musei e lo zoo, e visitiamo solo un paio di giardini botanici. Torniamo in hotel e lasciamo l’auto. Abbiamo prenotato strategicamente l’hotel in modo da poter girare downtown a piedi.

Oggi c’è il Festival of Sails, presso il Maritime Museum. E’ possibile visitare, oltre al museo, diverse altre barche a vela. Inoltre, lungo il molo, sono allestite bancarelle di artigianato e cibo: panini, barbecue, granite, hot dog… Facciamo un giretto e poi scendiamo fino al Seaport Village, centro commerciale all’aperto.

Pranziamo all’Upstart Crow Café, metà bar e metà libreria, e poi giriamo un po’ di negozi, ma decidiamo di lasciare lo shopping a domani.

Dopo pranzo visitiamo la USS Midway, la portaerei della Seconda Guerra Mondiale pensionata nei primi anni 2000 e adibita a museo.

Si possono vedere diversi aerei, gli alloggi dei marinai, la cabina di comando, la sala motori… insomma si visita la nave in lungo e in largo, si può impiegare anche una giornata intera.

I bambini possono seguire un proprio percorso con le audio-guide: digitando un numero specifico sentono spiegazioni leggermente diverse da quelle degli adulti, più recitate e spiritose, in modo che non si annoino.

Prima di cena, percorriamo il Coronado Bridge fino all’omonima isola, prevalentemente residenziale (e che residenze!), e ci godiamo il tramonto sulla skyline di San Diego da un piccolo parco.

Per cena, non poteva mancare una prima tappa al mio adorato Cheesecake Factory! Come già scritto in altri diari, è una catena di ristoranti specializzati in cheesecake, ma dove è possibile mangiare di tutto, dalla pasta a pollo al curry, tutto di buona qualità.

Martedì 8 Settembre: San Diego

Stamattina relax in spiaggia. In questo viaggio avremo pochissimo tempo per stare in panciolle, e oggi ne approfittiamo.

Ma prima, una veloce visita alla spiaggia di La Jolla, chiamata anche Children’s pool,abitata dai leoni marini. Oggi, però, non ce ne sono tanti, peccato.

Per il relax scegliamo Mission Beach (a San Diego c’è l’imbarazzo della scelta). La spiaggia è enorme, puro stile californiano, con i bagnini alla baywatch e le buche per i falò e il barbecue. Purtroppo, l’oceano non è molto pulito, ed è pieno di alghe, quindi di fare il bagno non se ne parla.

Lungo la spiaggia ci sono tanti bar, un posto dove fare surf indoor, e un piccolo parco giochi con giostre e giochi a premi.

Per pranzo ci spostiamo al quartiere Ocean Beach, e mangiamo da Hodad’s, una hamburgeria fuori di testa, gestita da ragazzi giovani e un po’ pazzi, tutta decorata a tema surf. Da vedere, e gli hamburger sono fantastici.

Rispetto a Mission Beach, Ocean Beach è più informale, frequentata da giovani tatuati e surfisti.

Nel pomeriggio facciamo un tuffo nel passato a Old Town, il più vecchio insediamento occidentale in California. Si tratta di un quartiere adibito a museo all’aperto gratuito. Le strutture sono tenute abbastanza bene, anche se la maggior parte sono diventate negozi di souvenir. Si possono comunque visitare alcune case/museo, per esempio la stalla, il museo della Wells Fargo, la casa padronale Casa de Estudillo. Penso si possano fare anche dei tour guidati, ma noi abbiamo visitato il quartiere da soli.

La visita è interessante, anche se fortemente commerciale. Nei dintorni, è possibile acquistare artigianato e mangiare messicano.

Prima di cena, ci dedichiamo allo shopping al Seaport village. Devo dire che qui si trovano anche negozi di qualità: abbiamo acquistato delle t-shirt hawaiiane e delle ottime salse piccanti messicane.

Per la cena di stasera vogliamo vivere come i locali, approfittando della Tuesday taco Night al City Tacos, una minuscola taqueria in zona università, che il martedì vende i tacos a 3$ l’uno, e la birra 2$. Cibo fantastico.

Mercoledì 9 Settembre 2015: San Diego – Ajo

E’ giunto il momento di lasciare la metropoli ed addentrarsi nel deserto della California, verso un paesaggio che non potrebbe essere più diverso dalla luccicante San Diego.

La prima cosa da fare è fermarsi da Target e fare rifornimento per la lunga tratta in auto: barrette, frutta, bibite, e tanta acqua. Indispensabile il mitico frigo di polistirolo!

Ci vuole un po’ per lasciare San Diego, nel senso che la città è molto grande.

Man mano che ci allontaniamo dalla metropoli, l’autostrada si svuota, le ville lasciano il posto a case-container, le palme sono sostituite da cespugli sparsi qua e là in mezzo a un paesaggio roccioso che non pensavo potesse esistere.

Le città, di fatto, non esistono, sono piccoli centri abitati, distanziati tra di loro da km e km di deserto.

La nostra prima destinazione sono le Imperial Dunes, un fazzoletto di dune sabbiose tra la California e l’Arizona, nella contea di Imperial. Cercate su Google, sono nominalmente a Yuma, ma distano più di un’ora dalla città.

Anche col navigatore, non è semplicissimo individuare l’aera in cui ci sono più dune, infatti ad un primo tentativo sbagliamo, e dobbiamo chiedere a un addetto ai lavori.

Grazie alle sue indicazioni, facciamo centro.

E’ incredibile trovare un vero deserto di dune in una zone che è prevalentemente rocciosa, sembra che sia stato preso un pezzetto di Sahara e portato qui.

La giornata è molto nuvolosa, è un vero peccato, anche se, forse, grazie a questo siamo riusciti a correre e divertirci sulle dune senza ustionarci!

Consiglio per i cinefili: qui sono state girate alcune scene della saga di Star Wars.

Terminiamo la visita alle dune intorno a mezzogiorno, la fame si fa sentire, e abbiamo previsto di pranzare a Yuma. Ci mettiamo in strada, ma dopo mezz’ora… sorpresa! Strada chiusa. Basta fare il giro, direte… sì, con una piccola deviazione di un’ora!

In questa parte di USA i collegamenti stradali sono così pochi, che se chiudono l’unica strada tocca tornare indietro fino al bivio precedente, nel nostro caso giusto quei 50 km…

Beh, non possiamo farci proprio nulla, e non abbiamo alternative, quindi ci mettiamo l’anima in pace. La strada costeggia il confine con il Messico, occhio perché ci sono moltissime pattuglie.

In ogni caso, oggi è mercoledì ed il carcere di Yuma è chiuso, e la città non presenta nessuna altra attrazione. E’ una città abbastanza vecchia, per i parametri americani, una postazione di frontiera legata soprattutto al carcere, dalla terribile fama, e al fiume Colorado.

A Yuma inizia a piovere, il clima diventa umido e l’afa opprimente. Mangiamo un panino da Subway e facciamo giusto un giro nel quartiere vecchio, e lungo le rive del Colorado.

La città è deserta, ma riesco comunque a trovare un negozietto di saponette artigianali dove comprare qualche souvenir.

Non avendo altro da fare, è meglio mettersi subito in strada, destinazione Ajo, nel profondo sud dell’Arizona.

Lungo la strada siamo fermati, come spesso accade da queste parti, da una pattuglia di frontiera. Ci hanno chiesto da dove venissimo, cosa facessimo negli USA, insomma domande normali per un controllo, e hanno voluto vedere i passaporti.

Se già Yuma è in mezzo al nulla, Ajo sembra proprio essere in un altro continente. E’ una minuscola cittadina al confine con il Messico, lontana da qualunque città, abitata per lo più da anziani e visitata più che altro come appoggio per il vicino Organ Pipe Cactus National park.

Le strutture, i ristoranti, così come supermarket e benzinai, tutto si conta sulle dita di una mano.

Il nostro hotel, La Siesta, non è affatto male. Per cena, invece, dobbiamo accontentarci dell’unico posto aperto fino ad, udite udite, le 20! (tutti gli altri chiudono prima, o non aprono proprio). Il ristorante è Marcela’s bakery, serve cibo messicano, e non è neanche così malaccio.

A me questa sensazione di essere in mezzo al nulla, in realtà, non dispiace, certo purché sia solo per un paio di giorni! C’è un’atmosfera molto famigliare, raccolta, forse proprio perché ci sono così poche persone. Gli altri ospiti del nostro hotel li abbiamo ritrovati nell’area relax, a cena da Marcela’s, e li ritroveremo di nuovo domani a colazione e poi al parco.

Andiamo a letto presto, pensando che non potremmo essere più lontani, in tutti i sensi, da San Diego.

Giovedì 10 Settembre 2015

Oggi prima tappa in un parco nazionale, l’Organ Pipe Cactus National Park. Purtroppo, anche oggi il cielo è grigio e pesante, e minaccia pioggia. Menomale che questa dovrebbe essere la zona più soleggiata degli USA, siamo riusciti a beccare l’acqua nel deserto dei cactus! Facciamo benzina ad un prezzo stracciato (2,20USD a gallone, ovvero 2€ per 3,79 litri), e in un’oretta raggiungiamo il parco. Facciamo la tessera America The Beautiful, che con 80$ ci permetterà di visitare tutti i parchi nazionali, per un anno.

Al centro visitatori raccogliamo qualche cartina per orientarci, facciamo un giretto, e poi partiamo per l’esplorazione: il parco è famoso per i cactus Organ Pipe, ovvero “a canna d’organo”, peculiare di quest’area. Ci sono anche altri cactus, tra cui i celeberrimi Saguaro, che siamo abituati a vedere in TV. Noi abbiamo percorso solamente la Ajo Mountain Drive, anche perché a metà strada ha iniziato a piovere abbastanza forte. C’è anche la Puerto Blanco road, che però normalmente è sconsigliata in quanto costeggia il confine messicano. Pur con il tempaccio, il parco offre viste spettacolari, panorami da film western, e una vegetazione decisamente insolita. In tutto, la visita prende più di due ore, anche perché ci fermiamo spesso a fare fotografie, o anche solo a contemplare il panorama. Diciamo che non è il primo posto che uno vorrebbe visitare. Lungo la strada del ritorno, siamo fermati nuovamente dalla polizia di frontiera, e ci prendiamo anche un bell’acquazzone! L’idea era quella di fermarsi a mangiare a Sells, in un posto che si chiama Desert Rain cafè.

Purtroppo, però, Sells è zona di riserva, una zona estremamente povera, ed ulteriormente disagiata dalla posizione, lontana da tutto e da tutti. Fatichiamo a trovare il locale, e comunque non ci fidiamo molto a lasciare l’auto incustodita con tutti i nostri averi, quindi preferiamo proseguire e mangiare direttamente a Tucson.

Dal parco a Tucson sono altre tre ore di strada, conviene mettersi comodi! In più, troviamo anche dei lavori in corso… in questo viaggio non abbiamo proprio fortuna con le strade!

Da tempo desideravo visitare Tucson, vedere i cactus, e tutte le altre attrazioni offerte dalla seconda città dell’Arizona (non ce ce ne siano altre). Conta quasi 1 milione di abitanti, ed è molto estesa. Il centro è prevalentemente di uffici, ma ci sono anche un paio di quartieri risalenti ai tempi della colonizzazione spagnola. La cucina messicana, qui, la fa da padrona, infatti pranziamo al El Guero Canelo, locale conosciuto grazie ad una trasmissione televisiva, dove mangiamo il Sonoran Dog, un hot dog avvolto nella pancetta, fritto, e poi servito con diversi condimenti, tipo jalapeno e cipolla. E’ buono, e non è neanche enorme come mi aspettavo. L’unica attrazione che riusciamo a visitare per oggi è il Titan Missile Museum. Questo è proprio un museo unico al mondo. Si tratta di un missile nucleare disarmato risalente alla guerra fredda, quando USA e Unione Sovietica si minacciavano a vicenda con queste spaventose armi nucleari, ognuna puntata su obiettivi sensibili dell’avversario. La visita è condotta da persone che hanno effettivamente lavorato nella base, in questa oppure nelle altre due sul suolo americano. Interessante e spaventosa allo stesso tempo. Per la cena di stasera, scegliamo una delle tantissime birrerie di Tucson; la Barrio Brewing Company, in periferia. E’ un grosso pub/ristorante, si mangiano ottimi panini, la birra è buona, e si possono vedere le partite di qualunque sport.

Venerdì 11 Settembre 2015

Non è la prima volta che sono in USA durante questa ricorrenza. Ogni volta immagino che si facciano chissà quali manifestazioni, invece, anche quest’anno, gli attentati sono ricordati in modo molto sobrio.

Oggi facciamo contenti i maschietti e visitiamo il PIMA. Incredibilmente c’è anche il sole. Ovviamente il viaggio l’ho organizzato io, quindi i ragazzi non hanno la minima idea di cosa faranno durante la giornata.

Facciamo colazione in hotel: qui non c’è una vera sala per la colazione, infatti ci prendiamo frutta/ caffè e brioche e mangiamo nella “piazzetta” dell’hotel, un angolino del parcheggio con fontanella e panchine. Nulla può essere più americano di questo!

Dicevamo, i ragazzi non hanno idea di dove li stia portando, gli spiego che è un museo e quindi non sono molto contenti. Appena arriviamo nei pressi del museo, cominciano a vedere gli aerei esposti all’esterno ed impazziscono di gioia.

Ora, non è che io veda musei di aerei ogni giorno, ma questo mi sembra davvero stupendo.

Intanto è enorme: c’è l’hangar principale, con i primi modelli, includa una copia di quello dei fratelli Wright, elicotteri e aerei da guerra come il Lockheed.

Poi c’è l’aerea esterna, con i giganti dell’aria. Aerei sonda della NASA, ma anche bombardieri, l’Air Force One usato da Kennedy, ed un enorme Boeing passeggeri.

E poi ci sono due hangar dedicati alla seconda guerra mondiale, uno dedicato alle missioni spaziali, e uno che contiene un solo aereo, un piccolo gioiellino, sempre della seconda guerra mondiale. Con 7,50€ in più è possibile visitare anche il boneyard, il cimitero degli aerei, che però si trova nella base militare e quindi è visitabile solo con visita guidata. Non non siamo andati perché già solo il museo ha occupato tutta la mattina e parte del pomeriggio. I ragazzi sembravano due bambini a Natale e non smettevano più di girare intorno agli aerei e fare foto.

Da notare che il museo è pieno di anziani pensionati che fanno da giuda, ed hanno TANTA voglia di parlare, soprattutto con gli stranieri… quindi se gli fate una domanda rischiate che vi tengano lì mezz’ora… però sono carinissimi e dolcissimi.

Mangiamo al bar del museo (non male), ancora un giretto e poi finalmente i maschietti decidono che ne hanno abbastanza e mi permettono di andare alla prossima tappa, l’Arizona-Sonora Desert Museum, a circa mezz’ora di strada.

Ecco, qui facciamo un errore: sono già le 15, il museo chiude alle 17, ma scegliamo di visitarlo ugualmente. Il museo è fantastico, peccato che abbia bisogno di almeno 3-4 ore per essere visitato decentemente, quindi noi facciamo tutto di corsa e ne visitiamo solo una piccola parte prima di essere sbattuti fuori alle 17. E’ parte zoo, parte museo all’aria aperta, parte ricostruzione di ambienti, ci sono attività interattive per i piccoli, è davvero eccezionale. E poi sono tutte piane ed animali della zona, non come a San Diego che hanno gli orsi polari…

Bellissima la voliera con i colibrì, ma anche la ricostruzione delle grotte di calcare, e l’area interattiva dove i bambini possono trovare i fossili di animali preistorici. Vale l’ingresso, ma solo se avete tempo.

Dopo il museo è il turno del vero museo, il museo di Madre Natura, cioè il Saguaro National Park.

Noi abbiamo voluto impacchettare tante attività in una giornata sola. In realtà, anche qui sarebbe stato bello arrivare prima e fare qualche percorso a piedi.

All’entrata del parco troviamo un ranger, che ci dà qualche consiglio su come ottimizzare il tempo che abbiamo prima del tramonto. I ranger sono sempre molto disponibili e i ragazzi gli chiedono pure di fare una foto con lui, la macchina e il fucile.

Riusciamo a fare il percorso panoramico in auto (ho visto più cactus tra ieri e oggi che in 33 anni di vita), terminandolo, grazie ai preziosi consigli del ranger, in un bel punto panoramico proprio mentre il sole tramonta.

Faccio tantissime foto arrampicandomi sul crinale della collinetta, ma sempre con un occhio di riguardo alla sicurezza: da queste parti non mancano tarantole, scorpioni e serpenti.

Rientriamo in hotel distrutti ma molto soddisfatti. Visto che ieri ci siamo trovati bene, anche stasera ceniamo alla birreria Barrio Brewing Co, per provare le birre che non abbiamo assaggiato ieri.

Sabato 12 Settembre 2015

E’ il momento di fare sul serio. Da oggi io e mio marito torniamo su una tratta già percorsa, quella che ci farà lasciare gli angoli meno visitati dell’Arizona per passare ai pezzi forti: Grand Canyon, Route 66, Las Vegas… questo è quanto ci aspetta nei prossimi giorni.

Il capolinea di oggi è la cittadina di Flagstaff, avamposto della route 66 ed una delle città più vicine al Grand Canyon (vicina per modo di dire, infatti si trova a 120 km dal parco).

Per arrivarci, dobbiamo guidare per più di 400 km, quindi conviene mettersi in marci presto.

Colazione in hotel, benzina, una piccola sosta in farmacia e al supermercato, e siamo pronti.

In questi giorni siamo particolarmente sfortunati con il traffico: subito dopo Tucson, e poi di nuovo dopo Phoenix, ci imbattiamo in due incidenti, che creano moltissimo traffico e ci fanno ritardare di un’ora sulla tabella di marci. Aggiungiamo anche questa alla strada chiusa direzione Yuma e ai 10 km di lavori tra Ajo e Tucson…

La vegetazione predominante sono ancora i cactus Saguaro, ce n’ una marea. Il paesaggio è costituito da immense pianure e costoni rocciosi.

La prima tappa sarà il Montezuma Castle, un insediamento dei nativi Sinagua risalente più o meno all’anno 1000. Si chiama Montezuma perché gli europei che scoprirono l’area pensarono che si trattasse di un insediamento azteco. Si tratta di alcune abitazioni costruite, come d’uso, all’interno del versante della collina rocciosa. Anni fa era possibile entrare nelle case salendo su scale di legno a pioli, ma poi, per ragioni di sicurezza, questa pratica è stata vietata, ed ora è possibile vedere il monumento solamente dal basso. Non è il massimo, io ho vistato il Bandelier National Park nel New Mexico, ed è molto meglio. In 15-20 minuti la visita è finita, perché si può solamente percorrere il breve sentiero che passa sotto alle abitazioni, e leggere un paio di targhette esplicative. Ci rimettiamo in marci verso Sedona. Il panorama cambia improvvisamente, i cactus scompaiono e lasciano il posto ad alberelli e cespugli, e la roccia diventa rossa come il terreno di un campo da tennis. Si tratta di formazioni rocciose di arenaria, particolarmente ricche di ossido di ferro, che nel tempo sono state scolpite dagli agenti naturali fino ad assumere forme particolari e suggestive. Siamo nella Red Rock Country, area naturale protetta ed utilizzata molto spesso da Hollywood, soprattutto per i film western. E’ ora di pranzo e ci fermiamo poco a sud di Sedona, al Red Rock Cafè, un posto molto carino ma costoso dove mangiamo delle insalatone giganti e molto saporite.

Sedona, la città più importante della zona, è famosa tra i sostenitori della new age, artisti, artigiani, e giocatori di golf. E’ una cittadina di recente costruzione, ricca di gallerie d’arte e centri di meditazione, più cara rispetto alla media dell’Arizona, proprio perché rivolta soprattutto ad un turismo benestante.

Il parco naturale che la circonda è ricchissimo di sentieri di trekking, ed è verso uno di essi che siamo diretti.

La Bell Rock, una delle formazioni rocciose, più essere vistata a piedi percorrendo un sentiero escursionistico di circa un miglio. I più avventurosi si spingono fin quasi a scalarla.

Noi percorriamo il sentiero battuto senza spingerci troppo in là, trovando ad ogni cambio di prospettiva un nuovo panorama, simile eppure diverso da quello precedente, con queste magnifiche rocce rosse che si stagliano sul verde degli alberi. Peccato solo che il cielo si stia annuvolando (il clima e il traffico non saranno dalla nostra parte per tutta la durata della vacanza, ahimè).

Ci spostiamo poi verso la Chapel of the Holy Cross, una minuscola chiesa cattolica che ha la particolarità di essere incastonata in una formazione di arenaria, una costruzione particolarissima che non avevo mai visto.

La chiesa affaccia su numerose ville da mozzare il fiato, in particolare una, enorme e sfarzosissima.

Entriamo a Sedona centro, cercando la strada per il prossimo sentiero, quello che porta alla Cathedral Rock. Facciamo un giretto in un negozio di cianfrusaglia, così tante che stentiamo a crederci, e alla fine chiediamo informazioni all’ufficio visitatori.

Ci spiegano che il sentiero che stiamo cercando è dall’altra parte della città, in pratica dobbiamo tornare da dove siamo venuti, per poi dover percorrere un pezzo a piedi prima di arrivare al sentiero vero e proprio.

In alternativa, ci propongono il punto panoramico all’aeroporto.

Visto che è tardi, siamo stanchi, e sta per piovere, scegliamo la seconda opzione. facciamo un giro lungo la strada principale, vediamo qualche negozio di artigianato e la rocca chiamata Snoopy Dog, per la somiglianza con il famoso cagnolino dei Peanuts.

Poi prendiamo l’auto e ci dirigiamo verso l’aeroporto.

La vista sulla città, che sembra incorniciata da queste stupende rocce rosse, è meravigliosa, e sono convinta che con un bel sole splendere ed il cielo blu sarebbe ancora meglio.

Invece, a noi tocca un cielo sempre più cupo. Facciamo comunque in tempo a percorrere un altro breve sentiero, per vedere ancora un altro punto panoramico, e poi è ora di partire per Flagstaff.

Ci aspetta un’ora di strada, ed il paesaggio cambia di nuovo sotto i nostri occhi: adesso siamo in una vera e propria foresta di abeti, fa freddo, e saliamo in altezza, dai 730 m di Tucson ai 1300 m di Sedona ai 2100 di Flagstaff.

E’ meraviglioso, passare in un giorno e soli 400 km dal deserto dei cactus con 40° a paesaggi alpini e dover mettere il giubbotto.

Arrivati a Flagstaff, giusto il tempo di prendere possesso della camera e farci una doccia, e siamo diretti alla pizzeria Pizzicletta, per una delle migliori pizze mai mangiate. Io e mio marito eravamo già stati qui tre anni fa, e la pizza si è confermata il top, assolutamente da provare. I ragazzi addirittura hanno mangiato una pizze e mezzo a testa. Molto costosa, ma ne vale la pena. Dopo cena, ci sta una passeggiata in centro, per digerire la pizza. Flagstaff è una delle poche città americane, ad eccezione delle metropoli, ad essere dotata di un vero e proprio centro, dove poter passeggiare e andare per locali. Troviamo anche un sacco di gente bizzarra per strada, tra cui un ragazzo che ci sente parlare in italiano e decide di sfoggiare con noi le sue conoscenze linguistiche. Anche Flagstaff è per me una grande conferma. Hotel Budget Inn, senza infamia e senza lode.

Domenica 13 Settembre 2015

Ci siamo, il gran giorno è arrivato, visiteremo finalmente il Grand Canyon. Pur avendolo già visto, per me e mio marito sono ormai passati ben sei anni, quindi anche noi siamo super eccitati e non vediamo l’ora di arrivare. Poiché abbiamo pernottato a Flagstaff, ci aspetta un viaggio di 120 km circa, ed entreremo al parco dal lato est, al Desert View Point, invece che dal centro visitatori. Lungo la strada, facciamo giusto un paio di soste veloci per ammirare i piccoli canyon, fratelli minori del Grand Canyon, generati anch’essi dal Colorado o dai suoi emissari. La zona di Desert View è una delle mie preferite del Grand Canyon, perché si può vedere un bel tratto del fiume Colorado, che scorre sinuoso per poi addentrarsi tra le rocce. Per adesso resiste un po’ di sole (sono le 10 del mattino). L’impatto con il Grand Canyon è difficile da spiegare, è un’emozione forte, un senso di smarrimento davanti a quello che la natura è in grado di fare, che lascia meravigliati, stupiti ed intimoriti al tempo stesso. Il Grand Canyon ti fa sentire estremamente piccolo ed impotente. Non mi dilungo più di tanto sulla bellezza e la maestosità del Grand Canyon, sappiate solo che vale ogni km fatto, ogni sentiero escursionistico, ed ogni singolo punto panoramico. Fermatevi più che potete, scendete un pochino (mai esagerare, ricordatevi che dopo essere scesi dovete risalire!). Arriviamo al centro visitatori nel primo pomeriggio, e dopo esserci fermati ad ogni punto panoramico del lato est. Da qui in poi, abbandoniamo la macchina e ci affidiamo alla navetta del parco, gratuita e molto efficiente. Ci sono quattro tratte, divise per colore, i bus passano ogni 15-20 minuti e portano in tutti i luoghi d’interesse e alle strutture tipo hotel e supermercato. Prendiamo la navetta per Marketplaza, e pranziamo al self-service, molto efficiente e di qualità discreta. Tanto per cambiare, il tempo peggiora ed inizia a piovere. Saltiamo sulla navetta e ci facciamo portare direttamente al penultimo punto panoramico, sperando che smetta di piovere e che quindi avremo tempo per vedere gli altri punti più tardi (si, crediamoci…). Se trovate bel tempo, potete anche fare tutto il lato ovest a piedi, seguendo il Canyon Rim Trail, di 21 km, lungo ma non eccessivamente impegnativo perché è pavimentato. Se vi stancate, potete sempre farvi scarrozzare dalla navetta alla fermata seguente. Attenzione, in direzione Hermit’s Rest la navetta fa tutte le fermate, mentre in direzione Bright Angel Lodge ne fa solo 3-4. A Monument Creek Vista, quindi, scendiamo dalla navetta. La visuale è splendida anche qui, nonostante le nubi cariche di pioggia. Il Grand Canyon sembra una ferita aperta nel ventre del Colorado Plateau. Seguiamo i sentiero a piedi fino a Hermit’s Rest, un facile tragitto di 2 km circa. Riprendiamo la navetta e scendiamo a Hopi Point. Mi è dispiaciuto molto non poterci fermare a Mojave Point, uno dei più belli in assoluto.

A Hopi Point (non un punto particolarmente affascinante), l’idea sarebbe quella di arrivare a piedi almeno fino a Maricopa Point, se non fino alla fine del trail. Peccato che inizia a piovere sul serio, e fa anche discretamente freddo, così risaliamo sulla navetta con le pive nel sacco.

Il nostro umore migliora notevolmente quando, arrivati al capolinea, il canyon ci sorprende con uno splendido arcobaleno intero, che sale dal canyon con colori sgargianti.

Prima di tornare all’auto, io non resisto e voglio dare un’ultima occhiata al canyon, a Mather Point, sfidando il vento e la pioggia.

Arriviamo in macchina zuppi ed infreddoliti, ma ne valeva la pena.

Per abbreviare la tratta di domani, non torniamo a Flagstaff (mio marito si è dovuto fare una ragione del fatto che non avrebbe mangiato si nuovo la pizza), ma ci spostiamo a Williams, a circa 80 km dal Grand Canyon Village.

L’hotel di questa sera è un semplice Super 8, dove però troviamo un’enorme camera con tre letti, e una sostanziosa colazione, che ci mancava ormai da diversi giorni.

Per cena ci lasciamo consigliare dallo staff dell’albergo (pessima idea) e finiamo al Doc Holliday’s, l’unico ristorante di tutta la vacanza che mi sento di sconsigliare per la scarsa qualità della carne e del servizio.

Lunedì 14 Settembre 2015

E’ un peccato che l’esperienza al Grand Canyon sia durata così poco, ma stasera saremo a Las Vegas, perciò in marcia, non c’è tempo da perdere! La colazione al Super 8 è molto buona e varia. Cominciamo la giornata con un po’ di shopping americano a Williams, in un negozio che vende targhe, placche in alluminio, magliette, calamite… insomma, qualunque cosa tipicamente u.s.a. la potete trovare qui. Williams è la classica città della Route 66, con il vialone principale che raccoglie tutte le attività, ristoranti, negozi, hotel benzinai, mentre nelle vie interne si trovano solamente le case dei residenti.

Prima di arrivare alla città della perdizione, visitiamo una tratta molto carina della Route 66. Qualche accenno sulla Strada Madre (potete leggere il mio diario dedicato interamente alla route). La Route 66 è nacque negli anni 20 per collegare il midwest (Chicago) con la California (Los Angeles). Fu utilizzata negli anni 30 dagli abitanti del midwest vittime del dust bowl, una tempesta di sabbia che distrusse per anni l’economia della regione. Queste persone migravano verso la California, la terra promessa, alla ricerca di una vita migliore, viaggiando su macchine scassate e trainandosi tutti i loro averi. Il testo più importante se vi interessa l’argomento è Furore, di John Steinbeck.

Durante la Seconda Guerra mondiale, la strada fu utilizzata per trasportare soldati e armamenti, mentre nel dopoguerra visse il suo periodo d’oro, perché cominciò ad essere percorsa per fini turistici. Gli hotel, i benzinai, e tutto quello che oggi è tipico della route, risale a quegli anni.

La strada madre venne poi progressivamente abbandonata e sostituita dalla I,40, autostrada più grande e più veloce, fino a diventare uno sbiadito ricordo di se stessa.

Solo negli anni 90 è stato riconosciuto il valore storico i questa strada, che oggi è un vero e proprio luogo di culto.

Williams, dicevamo, è un delle cittadine sopravvissute allo smantellamento della route, grazie anche alla posizione privilegiata per il Grand Canyon. Non c’è nulla in sé di particolarmente interessante, ma si può fare un po’ di shopping e vedere qualche cadillac esposta in strada.

Proseguiamo per Seligman, paesino ancora più piccolo di Williams, dove però abita il mitico Angel Delgadillo, classe 1927 ed ex barbiere, fondatore, insieme al defunto fratello Juan, della Arizona Route 66 Association. Oggi, in quello che era il suo negozio di barbiere, c’è un affollatissimo negozio di souvenir. Lui vi si reca ogni giorno, compatibilmente con gli acciacchi dell’età, per chiacchierare e fare fotografie con i turisti.

In pratica a Seligman ci sono solo negozi di souvenir, perché è la cittadina più visitata della Route. Vale però la pena fermarsi e fare due chiacchiere con Angel. Lui ha visto la Route nascere, crescere e morire. E’ carino anche vedere i motel sgangherati e le pompe di benzina riadattate a negozio. Anche qui c’è in esposizione qualche auto d’epoca, ma sono per lo più vetture legate al film Cars. Inoltre, vale la pena fare un giro sul retro del negozio Snow Cap, dove c’è uno dei wc pubblici più strani del mondo. Via da Seligman seguiamo la Strada Madre originale fino a Kingman, lungo il tratto più lungo ancora esistente. La strada si snoda lungo paesaggi infiniti, così grandi che i nostri occhi non riescono ad abbracciarli per intero. Ecco le strade che cercavamo: lunghe, deserte, con un cielo che sembra dipinto. Riusciamo anche a fare qualche foto seduti in mezzo alla strada. Lungo la strada ci fermiamo all’Hackberry General Store, negozio di souvenir e magazzino di qualunque cianfrusaglia e macchine da rottamare. Un posto molto caratteristico, dove incrociamo anche una carovana di Harleysti che stanno percorrendo la Route diretti a Los Angeles.

Ripartiamo per Kingman e, provate ad indovinare? Esatto, arriva un bel temporale con i fiocchi, dobbiamo persino accostare perché non si riesce a vedere nulla. Arriviamo a Kingman all’ora di pranzo, e ci fermiamo per un panino Italian Style al Mermaid Cafè, un posto a cui non dareste una lira visto da fuori, ma che in realtà fa ottimi sandwich. A Kingman ci sarebbero un paio di musei da visitare, ma preferiamo proseguire per visitare, invece la Hoover Dam, la diga vicino a Las Vegas. Il paesaggio si fa più deserto, quasi lunare, e la diga ci sorprende immediatamente per la sua maestosità. A metà tra Nevada e Arizona, alta alta 221m e lunga 201, blocca il corso del fiume Colorado da 80 anni, essendo stata costruita nel 1935, addirittura in anticipo rispetto al progetto iniziale. E’ possibile visitare l’interno ed il museo a pagamento, ma è anche possibile, senza pagare nulla, lasciare l’auto e percorrere la diga a piedi, ammirandone la costruzione. Non per chi soffre di vertigini! Evidentemente siamo arrivati al cambio turno, perché troviamo diversi operai, che si recano al lavoro in uniforme e con tanto di borsa pranzo! Saliamo poi fino al punto panoramico che dà su Lake Medina Marina, un bellissimo panorama sul lago artificiale creato dalla diga.

Raggiungiamo Las Vegas al momento migliore, ovvero il tramonto. La città del peccato appare come un miraggio in mezzo al deserto, è incredibile trovare una città così grande in mezzo al nulla. Il nostro hotel è l’Elara Hilton Grand Vacations, collegato al più famoso Planet Hollywood dai negozi del Miracle Mile. Vale la pena cercare un hotel che non sia direttamente sulla Strip, ma ben collegato, in modo da spendere meno. Inoltre, questo hotel non chiede la famosa “resort fee”, ovvero un sovrapprezzo per consentire l’accesso ai vari servizi. Lasciamo l’auto, che starà ferma per i prossimi giorni, e saliamo nella nostra bellissima suite con vasca idromassaggio, cucina, lavatrice… tutto l’occorrente, anche per un soggiorno più lungo. Cominciamo la nostra avventura a Las Vegas con una cena al Cheesecake Factory situato dentro a Caeser’s Palace. Solo per raggiungere il ristorante, dall’entrata dell’hotel ci vogliono 20 minuti: bisogna passare dal casinò, dal teatro, e poi da tutti i negozi delle grandi marche. Mentre aspettiamo di sederci, faccio un po’ di shopping, e ci godiamo lo spettacolo gratuito (un po’ bruttino a dire il vero) alla fontana fuori dal ristorante. Come tanti hotel di Las Vegas, l’interno è allestito con un cielo posticcio, così da dare l’impressione di essere all’esterno.

Il Caesar è l’hotel a tema antica Roma, quindi dappertutto si trovano decorazioni a tema, con statue, dipinti, colonne, eccetera. Il teatro è a forma di Collosseo, e si trova anche una replica della fontana di Trevi. Molto sobrio! Dopo cena, io ho appuntamento alla ruota panoramica più alta del mondo, l’High Roller dell’hotel Linq. I ragazzi hanno preferito non partecipare a questa gita. Il giro sulla ruota dura mezz’ora, anche questa attrazione non è adatta a chi soffre di vertigini, perché le capsule sono interamente trasparenti. Durante il tragitto, è possibile sorseggiare un cocktail, opportunità che non mi faccio sfuggire. Las Vegas di notte e dall’alto è uno spettacolo che tutti dovrebbero provare una volta nella vita.

Incredibilmente, i miei uomini sono ancora lì ad aspettarmi quando scendo, non si sono lasciati travolgere dalla vita notturna di Vegas.

Lo spettacolo delle fontane del Bellagio è ormai finito, ma entriamo comunque nell’hotel, decorato, stavolta, a tema italiano/pseudo elegante. Giochiamo qualche € al casinò e poi orniamo fuori.

Per non rischiare di spendere cifre esorbitanti al casinò, vi consiglio di giocare con le macchinette da 1centesimo a tiro. Con un solo dollaro giocherete per 15-20 minuti, anche se molto probabilmente non vincerete nulla. E’ un modo simpatico per giocare a Las Vegas senza rimanere al verde!

Adesso è veramente il momento di andare a nanna, la giornata è stata incredibilmente lunga.

Martedì 15 Settembre 2015

Sveglia presto, non c’è tempo da perdere. Fcciamo colazione veloce da Starbucks, e poi saluto i ragazzi, oggi la giornata è dedicata solo a me stessa. Passo un’oretta in palestra. Da brava casalinga, faccio partire una lavatrice, doccia, e sono pronta a partire, la città del peccato mi aspetta! Esco, e piove. Non ci posso credere, non è possibile riuscire a trovare una giornata di pioggia anche a Las Vegas, nel deserto! Per prima cosa scendo sulla Strip dal lato del Planet Hollywood, dove si trova una bancarella Tix4Tonight. Si tratta di un sistema di prenotazione di attrazioni e ristoranti per il giorno stesso o fino a pochi giorni dopo, a prezzo scontato. In effetti riesco ad acquistare quanto segue ad un prezzo decisamente basso: museo del Titanic, CSI Experience, spettacoli del Cirque du Soleil Zarkana e Zumanity in una posizione discreta, tutto scontato di quasi metà rispetto al prezzo pieno. Per pranzo voglio assolutamente provare uno dei buffet per cui Las Vegas è famosa. Giro un po’ per il Paris, l’hotel a tema Francia, ma c’è molta coda al buffet. L’hotel è estremamente pacchiano, ma carino nel suo complesso. Sono stati ricostruiti la Tour Eiffel, l’arco di trionfo, l’Opera, e tutto dentro è perfettamente a tema, dai lampioni ai caffè e ristoranti, fino alle insegne che guidano il visitatore nel labirinto del piano casinò. Passo all’Aria, uno degli hotel più belli della Strip. Gli hotel più nuovi, pur rimanendo di alta fascia, sono molto più sobri rispetto a quelli a tema. All’Aria prevale il bianco, è più luminoso, ed è possibile persino vedere che tempo fa fuori! I negozi sono di altissima fascia: Balenciaga, Armani, Swarowski. Anche qui c’è tantissima coda al buffet. Torno allora al mio hotel, o meglio al Planet Hollywood, dove non c’è coda – anche perché la qualità è minore. Il pranzo mi costa 22€ + tasse. Non è male, il buffet è diviso per origine: c’è la cucina italiana, quella mediterranea, quella americana, messicana, eccetera. In più, ci sono moltissimi dolci, e prodotti freschi come pane, verdura cruda, formaggi. Non è male, ma non molto diverso da un buffet di un qualunque villaggio turistico. Dopo pranzo mi sposto dall’altro lato della strip, verso il Luxor, dove vedrò il museo del Titanic. Lungo la strada, mi fermo al negozio della Coca Cola e a quello degli M&M’s, ancora più grande di quello di New York, e pieno di ogni gadget immaginabile. Stessa cosa per la Coca Cola. L’entrata è una bottiglia di Coca Cola gigante, che arriva fino al terzo piano. Si può acquistare di tutto, e fare la foto con l’orso polare.

All’hotel New York New York faccio un giro da Hershey’s, famosa marca di cioccolatini, e poi in un negozio che si chiama Stupidiotic, dove si trovano degli oggetti improbabili e simpaticissimi, come i barattoli pieni di “acqua disidratata”, ovviamente vuoti. Il New York è il mio hotel preferito, a tema grande mela, con tanto di Statua della Libertà, Ponte di Brooklyn, Grand Central Station e grattacieli. C’è anche una montagna russa, che alla “modica” cifra di 14$ vi farà provare il brivido della velocità intorno alla struttura. Dopo il New York New York passo all’Excalibur, l’hotel a tema medievale, non uno dei miei preferiti. Passo quindi direttamente al Luxor, a forma di piramide, che di notte si illumina e proietta un fascio di luce nel cielo. Davanti all’hotel campeggia una sfinge, e il tema continua anche all’interno, con muri decorati da geroglifici, obelischi, e così via. Le camere sono effettivamente posizionate lungo la piramide, con i muri obliqui. Per trovare il museo del Titanic devo chiedere indicazioni, per quanto è grande. L’entrata costerebbe più di 30$, ma appena entro capisco il motivo. All’entrata, mi danno un biglietto, con il nome di un passeggero della famigerata nave da crociera. Dentro al museo, troverò il nome del mio passeggero, e potrò scoprire se è sopravvissuto o meno alla tragedia. La mostra contiene oggetti recuperati dalla nave, dalle stoviglie agli effetti personali dei passeggeri, ed ogni manufatto ha la sua storia. Anche la storia della nave, dalla costruzione al recupero di alcune parti sul fondo dell’oceano, è raccontata in dettaglio. Le sale migliori sono: la riproduzione della grande scalinata, del ponte, dell’iceberg fatto di vero ghiaccio, ma soprattutto la sala contenente un enorme pezzo della carena del Titanic, il più grosso mai recuperato. L’esperienza in questo museo è molto emozionante, e vale il costo del biglietto. Anche se si tratta solo di piattini, pensare a cosa hanno passato, e dove e come sono stati recuperati, fa venire la pelle d’oca. Ora non ho molto tempo da perdere, devo tornare in camera e cambiarmi, perché alle 19 devo essere all’Aria per lo spettacolo Zarkana del Cirque du Soleil. In stanza, ritrovo i maschietti, che hanno usato la loro giornata libera per giocare al casinò e andare a sparare. Sì, avete capito bene, c’è un’associazione di ex marine che permette anche al turista di andare al poligono e sparare (molto costoso). A seconda del prezzo pagato, si può scegliere con quante e quali armi sparare. I commenti sono stati che l’esperienza è emozionante e terrificante allo stesso tempo. Mi preparo e vado al teatro dell’Aria. Lo spettacolo inizia, puntualissimo, alle 7. Si tratta di uno spettacolo incentrato sulle classiche performance da circo: trapezio, contorsionismo, evoluzioni. Tutto, però, con fantastiche scenografie, canzoni cantate dal vivo, splendidi costumi ed un’estrema bravura degli artisti. Alcune performance, come quella con i due acrobati che camminano su un filo sospeso a metri da terra mentre vengono sparate lingue di fuoco, lasciano davvero senza fiato. Non avevo mai visto nulla del Cirque prima d’ora, e ne sono rimasta molto soddisfatta. Alle 20:30 lo spettacolo è terminato, e, dopo essermi persa almeno 2-3 volte nel mega resort, riesco a ritrovare i ragazzi, che nel frattempo sono stati in palestra. Ceniamo al Paris, al ristorante Mon Ami Gabi, costoso, ma nella media della città. Il servizio, in compenso, è impeccabile, da grande ristorante francese, e il cibo è buono. Ci raccontiamo le rispettive esperienze della giornata, e dopo cena visitiamo qualche altro hotel. Ripassiamo dal Caesar’s e dal Bellagio, per vedere lo spettacolo delle fontane (ce n’è uno ogni 15-20 minuti fino a mezzanotte), e poi ci dirigiamo verso il Venetian, uno dei più spettacolari. Non mancano il campanile di San Marco, il Ponte di Rialto, il ponte dei sospiri e le mitiche gondole. Credo sia possibile fare un giro in gondola, ma non ci abbiamo nemmeno provato. L’hotel è davvero grandioso, il tema “Venezia” è seguito in ogni minimo dettaglio, uno degli hotel meglio costruiti di tutta la strip. L’interno è persino più sobrio di quanto mi aspettassi. Rientriamo passando dal Flamingo, il primo hotel costruito, e sicuramente non il più bello. A Las Vegas il tempo si dilata, e senza che ce ne accorgiamo si fanno le 2 di notte. Io torno in camera, i ragazzi stanno in giro ancora un po’.

Mercoledì 16 Settembre 2015

Oggi giornata dedicata per lo più allo shopping. Cominciamo con una colazione al Paris, al Café Madeleine, con croissant e cappuccino, ed una veloce visita alla palestra. Oggi, incredibilmente, c’è il sole e fa quasi caldo. Cominciamo lo shopping dai negozi del Planet Hollyood, più che altro souvenir. C’è veramente di tutto, anche prodotti di qualità. Magliette, scarpe, felpe, c’è persino un negozio dedicato alle elezioni presidenziali del 2016, tra cui la bambolina schiaccianoci di Hilary Clinton (capito il doppio senso?). Continuiamo con l’Hard Rock Cafè, gli M&M’s, e la Coca Cola. Poi, all’altezza del MGM, lascio i ragazzi e vado a fare la CSI Experience, oggi risolverò un caso di omicidio! Anche questa attrazione, a prezzo pieno, costa circa 30$. E’ divertente e coinvolgente, anche se risolvere il caso è davvero semplicissimo e molto guidato.

All’ingresso viene fornito un blocco per gli appunti, e viene assegnato uno di tre casi. Nella prima sala c’è la scena del crimine, che bisogna disegnare facendo attenzione ai dettagli. Poi, nel laboratorio, si passa alle analisi. In case la caso assegnato, si dovranno confrontare le impronte digitali, analizzare proiettili, controllare il cellulare della vittima, e così via, fino ad arrivare all’autopsia. Una volta raccolti tutti i dati, si va al computer e si inserisce il proprio resoconto, e si scopre se si ha la stoffa per diventare dei detective! Come detto, è tutto molto semplice.

Con il mio nuovo lasciapassare da detective ritrovo gli uomini, che nel frattempo sono andati al Luxor e al Mandalay Bay, ed andiamo a pranzo insieme. Da Panda Express, stavolta, abbiamo speso abbastanza negli ultimi giorni!

Nel pomeriggio vediamo altri negozi, soprattutto dentro al New York New York, e poi rientriamo, così che io mi possa preparare per lo spettacolo delle 19 Zumanity, sempre targato Cirque du Soleil.

Zumanity è lo show per soli adulti, ma non è assolutamente pornografico. E’ spinto, sì, ma sempre in modo elegante; del resto, si parla di artisti, atleti, e non attori.

A presentare lo spettacolo è una drag queen, che coinvolge molto il pubblico con battute a doppio senso davvero esilaranti.

Le performance, a sfondo erotico, includono uno spogliarello maschile, un bagno nella coppa di champagne fatto da due contorsioniste, un tango ballato da due uomini (una delle cose più sexy che abbia mai visto). Tutti spettacoli sensuali ma raffinati.

Per cena, avevamo scelto un ristorante dentro all’MGM, ma purtroppo il mercoledì è chiuso. Ripieghiamo così su un altro locale dentro allo stesso hotel, il bar sportivo TAP, dove mangiamo degli hamburger con patatine enormi e buonissimi, ed un chili con carne saporito e gustoso, con i prezzi nella media di Las Vegas.

Torniamo verso il nostro hotel seguendo i percorso inverso rispetto a ieri sera, così da vedere il leone dell’MGM, il NY NY illuminato, il faro di luce della piramide del Luxor, e tutti gli altri negozi ed hotel già citati (Aria, Montecarlo, Mandarin, eccetera).

Rimaniamo un po’ al piano casinò del PH per sentire tre ragazze che cantano dal vivo. Beviamo qualcosa, un’ultima giocata della cifra astronomica di 5$, e si sono fatte di nuovo le tre.

Meglio andare a letto, domani ci aspettano molti km.

Giovedì 17 Settembre 2015

Prepariamo le valigie, sistemando tutti gli acquisti di questi giorni, e siamo pronti a lasciare Las Vegas. Oggi visiteremo la valle della morte, dove non ci cono molte strutture ricettive, quindi salteremo il pranzo, e anche la cena sarà frugale. Meglio, perciò, partire con una bella colazione dei campioni, di nuovo al buffet del PH. Il costo è notevole, per come noi italiani siamo soliti intendere la colazione: 20$.

Però, se si ha in programma di saltare il pranzo, ne vale decisamente la pena. Io sono una grande fan della colazione salata, quindi mangio di tutto: uova, pancetta, prosciutto, ma anche frutta, pancake, salsicce, e così via. L’unica cosa che non assaggio, in effetti, sono i croissant o altre torte dolci.

Facciamo il check-out, recuperiamo la macchina dopo tre giorni, e lasciamo Las Vegas, con un po’ di malinconia, perché ci siamo divertiti tantissimo.

Riprendiamo la strada solitaria nel deserto del Nevada, passando da paesini isolati che non potrebbero essere più diversi dalla città che abbiamo appena lasciato. Poco dopo Pahrump entriamo di nuovo in California, e nel parco nazionale. La nostra tessera annuale dei parchi è valida anche qui.

Prendiamo subito la deviazione per Dante’s View, terrazza panoramica naturale posta a 1700 metri, quindi quasi 1800 metri sopra Badwater Basin, che con i suoi 86 metri sotto il livello del mare è il luogo più basso degli Stati Uniti continentali.

La Valle della Morte è una terra di estremi: non solo è uno dei luoghi più caldi al mondo, ma all’interno del parco si trovano il punto più alto e quello più basso degli USA. Con i suoi 13000 km, la dimensione della Campania, è anche il parco nazionale più esteso, ovviamente sempre parlando dei stati contigui, o continentali, quindi escludendo Alaska e Hawaii. La valle è anche considerata uno dei luoghi con le notti più buie in assoluto, ed è quindi il luogo ideale per vedere cieli stellati da favola.

Le temperature sono così calde che diversi cartelli scoraggiano dall’intraprendere sentieri escursionistici durante il giorno, se non addirittura dall’uscire dall’auto. Avere una buona scorta di acqua è essenziale, noi avevamo un litro a testa e a metà strada avevamo già fatto fuori tutto.

Il panorama da Dante’s view ci fa subito passare la malinconia da tanto è bello. Non ci sono fiumi, foreste rigogliose o piante fiorite, ma solo deserto di roccia e sale per km e km, e qualche coraggioso arbusto che rimane aggrappato alla terra arida.

E’ fantastico, e sembra di stare su un altro pianeta. Sotto di noi c’è Badwater Basin, di un bianco accecante.

Almeno qui c’è il sole! (ci mancava solo di trovare l’acqua nella valle della morte). Quasi tutte le attrazioni principali sono un quest’area del parco. Tornando, visitiamo quindi Zabriskie Point, un’area caratterizzata da formazioni rocciose color oro. Anche se fa caldo, vale la pena scendere un po’ lungo le formazioni, per ammirarne l’effettiva grandezza. dall’alto, e senza punti di riferimento, è difficile rendersi conto di quanto siano enormi.

La prossima tappa è Badwater Basin. Ora è un bacino di roccia salina, con qualche pozza d’acqua qua e là, ma nella preistoria era un enorme lago. Il Devil’s Golf Course è un’area di Badwater caratterizzata da grossi cristalli di sale, un’area così estrema che “solo il diavolo potrebbe giocarci a golf.

Proseguiamo per la Artist’s drive, una strada stretta e tortuosa, che si ricollega con la principale, e che porta a vedere alcune delle più belle formazioni rocciose della Valle. A seconda dei minerali presenti, le rocce di quest’area assumono i colori più disparati: oro, azzurro, rosa, viola, verde. Meraviglioso.

Al Golden Canyon preferiamo fermarci solamente da fuori, non ci addentriamo, perché siamo molto stanchi e accaldati. Fatto in un altro momento dell’anno o della giornata, porterebbe a vedere la Red Cathedral, una fantastica roccia rossa a pinnacoli.

E’ pomeriggio inoltrato quando arriviamo al Visitor Center, ci limitiamo a comporre un po’ d’acqua e proseguiamo, dobbiamo fare ancora 150 km e più, e al tramonto dobbiamo essere alle Sand Dunes, un fazzoletto di terra dove il vento ha radunato tutta la sabbia della zona, praticamente un pezzetto di Sahara.

Scendiamo dalla macchina e facciamo qualche foto, sempre con attenzione alla sicurezza, perché qui ci sono ratti, scorpioni e crotali.

Al tramonto, proseguiamo per Stovepipe Wells, dove facciamo rifornimento di carburante e di panini per la sera.

Non dobbiamo far tardi, vogliamo arrivare a Father Crowley Point il prima possibile (50 km), perché il sole sta tramontando e non ci sono luci ad illuminare la strada.

Strada che si fa sempre più bella, man mano che il sole scende. E’ così dritta da sembrare impossibile, ma anche impervia, infatti continua a salire e scendere, a tornanti, seguendo la morfologia del terreno.

Arrivati a Father Crowley, ci prepariamo per lo spettacolo notturno. Ci mangiamo i nostri panini e snack, ed aspettiamo. Le stelle cominciano ad accendersi, prima una ad una, poi moltiplicandosi a vista d’occhio, fino a regalarci la notte stellata più bella della nostra vita.

Rimaniamo a goderci lo show una mezz’ora, e poi ci rimettiamo in marca per l’ultima meta, il nostro Best Western a Lone Pine.

Purtroppo, non abbiamo trovato nessuna sistemazione all’interno del parco, quindi abbiamo optato per il paese più vicino.

L’hotel è grande, la camera spaziosa, è pulito e la colazione abbondante.

Venerdì 18 Settembre 2015

Oggi raggiungeremo Los Angeles, l’ultima tappa del nostro viaggio. Per me e mio marito è la terza volta nella città degli angeli, ma non ci siamo particolarmente affezionati, anzi. E’ una città difficile da visitare, enorme (poco più piccola della provincia di Milano), con mezzi pubblici scarsi ed inefficienti, e un traffico mostruoso. Fortunatamente, ci passeremo poco tempo. Partiamo subito dopo colazione, abbiamo circa tre ore di strada, quindi prevediamo di arrivare per pranzo. Man mano che ci avviciniamo alla megalopoli cominciano a vedersi le prime ville, le prime palme, e guidiamo lungo il saliscendi della Angeles National Forest. Da una strada a due corsie passiamo a tre, quattro, e poi a cinque-sei, quando entriamo in città. Nonostante tutte queste corsie, il traffico è notevole. Il nostro hotel si chiama Coral Sands Motel ed è a Hollywood. L’abbiamo scelto per la posizione, ma è l’unico hotel della vacanza che sconsiglio: piccolo, sporco, vecchio. E’ buono solo perché è a Hollywood e vicino all’uscita dell’autostrada. Non costa neanche poco per quello che offre. Il personale, comunque, è gentile. Lasciamo i bagagli in auto, il tempo di rinfrescarci e siamo di nuovo in marcia per Hollywood. Un buon punto per vedere la scritta senza andare al Griffith Park è dalla terrazza del centro commerciale Hollywood & Highlands, sulla strada con le stelle, e vicino al cinema Grauman’s Theater, quello con le impronte. Facciamo un po’ di shopping, cerchiamo le stelle di qualche personaggio famoso che ci interessa (es. Harrison Ford) e giochiamo con le impronte delle star. Non consiglio di avventurarsi molto più in là un questa zona, al di fuori dei pochi m2 intorno al Grauman’s non è un bel posto. Abbiamo pranzato lì vicino nello Starbucks più sporco della storia.

Riprendiamo l’auto per andare a Santa Monica, e comincia l’incubo: 25 km, tempo stimato 30 minuti, tempo effettivo oltre un’ora. Almeno non siamo in autostrada, così ci guardiamo un po’ in giro, tra villette, lavanderie a gettone, cartelloni pubblicitari, tutti rigorosamente di film e serie TV. Del resto, è la città del cinema, ed è tutto come nei film.

Arriviamo a Santa Monica e parcheggiamo al Pier, perché non riusciamo a capire come accedere al parcheggio sotto al pier. Facciamo un giretto nel piccolo parco giochi, e poi una lunga passeggiata in spiaggia fino a Venice Beach. Questa è, in realtà, una zona molto carina. La spiaggia è immensa, ci sono le postazioni dei bagnini come in Baywatch, c’è un sacco di gente che fa sport, dall’hockey al beach volley, dai roller allo skate alla bici, alla corsa, alla palestra in spiaggia.

Venice Beach è la zona alternativa, piena di artisti di strada, tatuatori, personaggi bizzarri, murales, tutto molto allegro e colorato. Purtroppo, ci sono anche moltissimi barboni, l’altra faccia dell’opulenza d Los Angeles. Ci attardiamo tra Santa Monica e Venice Beach fin quasi al tramonto, quando risaliamo sul mezzo direzione Mulholland Drive, con la speranza di avvistare qualche mega villa di qualche attore. Peccato che il traffico sia insostenibile, a passo d’uomo, e l’unica soluzione è lasciare l’autostrada, ma comunque arriviamo in zona che ormai è buoi, e non si vede proprio nulla. Ci accontentiamo di uno dei punti panoramici sulla città, una splendida vista sullo sklyline e le luci della metropoli. Alla fine, torniamo in hotel che sono già le 20:30, e dobbiamo ancora prepararci per uscire a cena. Andiamo, di nuovo, in un Cheesecake Factory, quello, poco lontano, al Farmer’s Market, un bel centro commerciale all’aperto. Nell’attesa faccio un giro nei vari negozi, tra i quali c’è anche una libreria enorme, mio marito deve venirmi a prelevare di peso per portarmi a mangiare!

Sabato 19 Settembre 2015

Ultimo giorno di vacanza, domani si parte. Dopo solo mezza giornata, ne abbiamo già abbastanza del traffico di Los Angeles, quindi la giornata di oggi sarà dedicata agli Universal Studios, che io e mio marito abbiamo già visitato due volte. Riusciamo a prendere dei biglietti scontati in albergo, ma comunque si tratta di una giornata molto costosa: 80$ a testa per l’ingresso più 17 in totale per il parcheggio. Almeno non rimarremo imbottigliati nel traffico per tutta la giornata. Gli Universal Studios sono in parte studi cinematografici, in parte parco divertimenti, e in parte centro commerciale. Cominciamo dal tour degli studi cinematografici, che dura un’ora. Saliamo sul trenino che ci porta alla scoperta dei set di Ritorno al Futuro, Desperate Housewives, la Guerra dei Mondi, Psycho. Vediamo i set usati per rappresentare New York, l’Europa, e l’America Latina; incontriamo lo Squalo, King Kong e i ragazzi di Fast & Furious in una rappresentazione 3D da urlo. Tornati al parco dei divertimenti, saliamo sulle diverse giostre: la Mummia, Jurassic Park, Transformers, i Minion e i Simpson. Incontriamo diversi figuranti in costume, facciamo le foto con loro, passeggiamo per i negozi a tema. Per tutto il parco sono disseminati zombie e vampiri, perché siamo già in atmosfera Halloween. Per chiudere in bellezza, assistiamo allo spettacolo degli stuntman a tema Waterworld, questi ragazzi sono gli stuntman di Hollywood, e sono davvero in gamba. In sintesi, la visita al parco è costosa, ma i set cinematografici sono unici, e le giostre divertenti. Sicuramente a Los Angeles bisogna fare una visita a degli studi, potete anche scegliere la Paramount o la Warner Bros, che costano meno, ma non hanno l parco divertimenti. A voi la scelta. Usciti dagli Studios, continuiamo con un po’ di shopping a Universal City, la galleria commerciale annessa agi Studios, dove si comprano un sacco di souvenir cinematografici, ma anche dolciumi, vestiti, souvenir di Los Angeles. C’è anche l’Hard Rock Cafè.

L’ultima cena americana è al Bubba Gump, la catena di ristoranti ispirata al film Forrest Gump. Nel film, Forrest Gump diventa un magnate dell’industria ittica pescando gamberi nel Mississippi con il suo ex comandante, il tenente Dan. Il ristorante, infatti, serve cucina creola, e ovviamente tanti piatti a base di gamberi. Da provare anche solo per l’ambientazione. La giornata volge al termine, e così anche la nostra vacanza, non ci resta che tornare il hotel e cominciare a preparare i bagagli.

Domenica 20 Settembre 2015

E’ tempo di tornare a casa. Compattiamo i bagagli e tutto ciò che abbiamo acquistato nelle valigie, e partiamo per l’aeroporto internazionale di Los Angeles. Per fortuna è domenica, e non c’è molto traffico. Tutto fila liscio come l’olio, dalla riconsegna dell’auto fino all’arrivo, in perfetto orario, a Milano Linate. Arrivederci USA, anche per queste vacanze ci avete regalato grandi emozioni!

Consigli Extra – per non sbagliare

Quando si organizza un viaggio on the road, si sbaglia qualcosa. E’ matematico, e non ci si può fare niente. L’unica cosa che si può fare è, al ritorno, dare consigli agli altri, affinché non commettano gli stessi errori.

Ovviamente poi intervengono diversi fattori, primo su tutti la disponibilità di tempo.

In generale, io resto dell’idea che sia meglio tagliare qualche tappa e gustarsi di più il resto, piuttosto che fare 6000 km in due settimane, passando il 90% del tempo in auto, e compattare in un paio d’ore attrazioni come il Grand Canyon, che richiederebbero almeno un giorno.

Nel mio diario vi siete imbattuti in posti pressoché sconosciuti: Imperial Dunes, Yuma, Ajo, Organ Pipe, Tucson… questi non sono i classici posti che si visitano negli USA, e possono deludere il turista che intraprende per la prima volta il viaggio oltreoceano.

E’ chiaro che questi posti non possono competere in bellezza con Gran Canyon, Monument Valley eccetera, e quindi li consiglio solo a chi ha già visto i pezzi forti, e desidera visitare qualcosa di nuovo.

Per un viaggio più classico, potete leggere il mio diario del 2009 dedicato ai parchi e alle città dell’Ovest.

Ho volutamente omesso i prezzi dei biglietti di ingresso alle attrazioni perché cambiano spesso. Sappiate però che cercando su internet è possibile trovare dei voucher di sconto, oppure basta chiedere alla reception dell’hotel, anche il motel più sgarrupato ha una bacheca con centinaia di volantini delle attrazioni della zona.

Prenotare le strutture con largo anticipo è fondamentale.

Nei parchi, bisogna pernottare nei parchi. Ad esempio al Grand Canyon, le città più vicine sono Williams (100 km) e Flagstaff (120 km). Così, vi perdete un’ora di visita per via del viaggio, senza contare che dovrete lasciare tutti i vostri averi in auto.

I posti nei parchi sono pochi, e si esauriscono anche mesi prima. Piuttosto, spendete qualche € in più e prenotate con la possibilità di annullare. Molte strutture permettono di cancellare fino a 2-3 gg prima.

Controllate bene gli orari delle attrazioni, ed i giorni di chiusura. Potreste ritrovarvi, come noi, a passare da Yuma proprio nell’unico giorno della settimana in cui il carcere è chiuso. E quella è proprio l’unica cosa carina da vedere a Yuma…

Lungo il confine, prestate particolare attenzione al codice della strada. a causa dell’immigrazione clandestina, i controlli stradali sono intensificati in quest’area. Senza cadere nei pregiudizi sulla polizia USA, è bene stare attenti, perché essere fermati almeno una volta è inevitabile, anche solo per un controllo documenti.

Noi siamo stati fermati, ma siamo stati trattati benissimo, con cortesia ed educazione, assolutamente non con arroganza né con violenza. E’ chiaro che con i poliziotti americani non possiamo fare i simpaticoni come siamo soliti fare in Italia.

Durante un viaggio on the road si passerà, inevitabilmente, parecchio tempo in auto.

Ormai quasi tutte le auto (soprattutto quelle dei noleggi, che sono nuove) hanno la porta USB, così vi potete fare una chiavetta con la vostra musica e portarvela in vacanza.

Un OTR nel sud-ovest prevederà lunghe tappe nel nulla, per questo è utile fornirsi di un frigorifero in polistirolo per acqua, bevande e tutto quello che volete.

Lo troverete in un qualunque target, o safeway,o walmart, nella sezione campeggio. Se non lo trovate, chiedete a qualcuno uno “styrofoam cooler”. Costa pochi dollari, così non vi dispiacerà buttarlo a fine viaggio.

In ogni supermercato, e spesso anche negli hotel, è possibile fare rifornimento di ghiaccio per pochi $.

Per San Diego consiglio una visita di almeno 4/5 notti, poi dipende da cosa volete fare.

Questo perché la città è ricchissima di musei, e attrazioni come la USS Midway, lo zoo o il Sea World, che richiedono ciascuno una giornata intera.

Se volete anche passare una giornata al il caldo sole della California, allora la visita deve necessariamente essere prolungata.

Noi ci abbiamo passato solamente tre notti, utili solo per avere un’infarinatura generale.

Los Angeles… io la odio.

Ci sono stata tre volte, ma niente, non ce la faccio. L’unica cosa che a mio avviso vale la pena visitare sono gli studi cinematografici.

Hollywood… sì, ok, carini i 100 metri di strada davanti al Grauman’s Chinese Theater, quello con le impronte. Ma, al di là di quello… c’è ben poco.

Carine Santa Monica e Venice Beach, magari potete passare una giornata in spiaggia. E poi c’è Beverly Hills, ma, anche lì, una volta vista Rodeo Drive, basta. le ville degli attori sono inaccessibili, anche da fuori si vede poco/niente.

E poi c’è il traffico, che potrebbe essere un’attrazione di per sé. Per andare da un posto all’altro, dovete almeno triplicare il tempo indicato dal navigatore.

In una città così grande è essenziale scegliere bene la location dell’albergo. A meno che non vogliate andare a Disneyland, le zone di interesse sono nella parte nord-ovest: Hollywood, Beverly Hills, Santa Monica, Downtown, Burbank. Scegliete un hotel da queste parti.

Io consiglio massimo 2 notti.



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