Californication di in the Marvin’s way

Tour d'assaggio della California
Scritto da: vanilla&mango
californication di in the marvin's way
Partenza il: 25/12/2010
Ritorno il: 03/01/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Fino all’ultimo doveva essere Kenya, poi il tutto esaurito e la folgorazione: ‘S.Francisco!’, ‘Scusa prego? Ma non è stagione!’, e come tutti i colpi di fulmine è stato amore a prima vista. Volo alle 9, da Roma Fiumicino, con la Delta, compagnia già testata, servizi buoni, prezzi competitivi (potrebbe essere diverso il 25 dicembre??), mentre mezza Italia si accinge a tagliare il cappone, noi ci prepariamo a vivisezionare la California, senza conseguenze per la California, ma sicuramente per noi, e durature, ci scommetto! Arriviamo tardi, stanchi e viziati, prendiamo un taxi alla ‘modica’ cifra di 45$ (l’areoporto non è vicino alla città, ma c’è un treno che la collega, di certo più economico) e sbarchiamo al Fusion Hotel, a pochi passi da tutto. La mattina non possiamo non andare alla Baia di S.Francisco, dove ci accoglie un bagno di luce e una temperatura più che gradevole (16°): abituati alla gelida Milano ci sembra caldissimo, anche se non lo è. Scodinzoliamo liberamente tra i grattacieli del quartiere finanziario, gli starbucks, gli store più famosi made in USA (un po’ di shopping non guasta, e poi qui i saldi iniziano prima) e ci sembra di essere a casa. A pranzo andiamo in un locale in Fisherman’s wharf, l’aria è calda per i vapori di cottura dei famosissimi granchi e c’è una perenne atmosfera di festa, sorseggiamo vino californiano, di solito fruttato e bevuto fresco e ci godiamo l’odore dell’oceano. Per tutto il tempo siamo scortati da body-guard d’eccezione: i gabbiani! Silenziosi, superbi, non cercano cibo, probabilmente perchè non faticano a trovarlo, si limitano a presenziare ogni angolo. Chissà che non siano loro a consigliarci un giro in battello: prendiamo il traghetto che ci porta sotto il Golden Gate Bridge: maestoso! Ci aspettiamo da un momento all’altro scene di inseguimenti gangster (passiamo infatti davanti Alcatraz) e.. Ma..ma quella è una pinna! Di una balena..? Di uno squalo..? Ma no,è troppo piccola..sarà..un delfino..? E capiamo che S. Francisco pulsa di una vita passata e futura profondissima in ogni dove. Quasi a ribadirlo, ci passa sopra la testa un aerostato, scatto in bianco e nero immancabile.

Il giorno seguente oltrepassiamo la porta che separa Chinatown dal resto della città, solo dopo averla superata ci rendiamo conto di aver valicato un gate spazio-temporale: gli abitanti del quartiere si aggirano silenziosi ed indaffarati, tra la merce coloratissima, esposta nei negozietti rigorosamente con scritte cinesi, alcuni dei passanti indossano gli abiti tradizionali, specialmente le donne, c’è persino l’ufficio delle poste cinesi, e ci sentiamo catapultati in Cina, ma non la Cina moderna, quella dei romanzi storici, delle spy-stories, degli intigri internazionali. La sensazione che la California sia un’enorme matrioska, dove non appena ne scopri una, l’altra scompare, lasciandoti ad una piacevole scoperta, continuerà per tutto il viaggio. Il mattino dopo partiamo alla volta di Napa Valley. E’ verde, fumosa per la nebbia, i filari dei vigneti emergono con i loro rami secchi come i caratteri della scrittura araba. Ci sono tante winery, ma noi scegliamo la riserva Mumm, dedicata al noto champagne francese. Sorseggiamo di fronte alla campagna d’inverno, ai nostri piedi un tappetto di foglie dalle tinte brunite, in alto i calici! A pranzo andiamo al Brix, con una terrazza sui vigneti, iniziamo con un delizioso tagliere di formaggi e ci godiamo il miglior burger mangiato finora: succoso al profumo di bosco, come se fosse stato cotto sulla brace, il vino rosso d’accompagnamento, vellutato e non troppo tannico, ne esalta il sapore e ne usciamo con la consapevolezza che il burger decisamente non è un cibo ‘buco’, ma un pasto vero e proprio. Non vorremmo più andarcene, ma il viaggio prosegue..verso lo Yosemite National park: senza fiato! Tagliamo una vallata verde smeraldo, ricca di frutteti e aranceti, con il sole a scaldarci la faccia. All’ingresso del parco le guardie ci obbligano a mettere le catene, davanti a noi la strada si snoda in mezzo agli alberi carichi di neve..un momento, ma come è possibile, se fino a poco fa avevamo il viso arrossato per il sole? La matrioska, ricordate? Ora siamo in quella bianca. Esausti dalle meraviglie del paesaggio, prendiamo possesso del nostro alloggio: una baita ai piedi delle cascate, che nonostante le temperature polari, scendono dalla roccia in un quadro idilliaco: pontili, ruscelli e daini, in gruppo a scavare nella neve, ai piedi delle immense querce.

Il 29 ci mettiamo ancora in cammino, dopo una sostanziosa colazione (I love pancakes;), per il Sequoia National park. Il paesaggio è simile al precedente, se non che ai lati della strada fanno capolino i tronchi più grossi che abbia mai visto: siamo sicuri di non esserci persi e dopo qualche istante, necessario ad inquadrare l’intera figura, ci troviamo circondati dalla c.d. Foresta dei giganti. L’alloggio che abbiamo scelto è sperduto in mezzo al nulla: esattamente quello che volevamo. La mattina ci svegliamo con l’alba a bussare alle finestre: il profilo degli alberi si staglia su di un cielo color pastello, percorriamo il sentiero che porta alla reception, con ristorante annesso, una rustica baita accessibile camminando in mezzo a muri di neve e ghiaccio alti 3 metri. Ci godiamo l’incanto del nulla travestito di un manto candido e siamo arrivati al momento dell’addio. Prendiamo la strada che ci porta a San Francisco, un po’ tristi, ma anche felici per la meraviglia assaporata. I fuochi sulla baia chiudono il nostro primo viaggio in California, ma certamente non l’ultimo!! Now I’m Californian, me too,

just a little bit <3



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