Un’allegra famiglia in Bretagna e Normandia

Un itinerario emozionante pieno di mete note e meno note in regioni dal fascino inesauribile
Scritto da: Frenchy
un'allegra famiglia in bretagna e normandia
Partenza il: 07/07/2011
Ritorno il: 16/07/2011
Viaggiatori: 5
Spesa: 1000 €

Un’allegra famiglia in Bretagna e Normandia

Scrivere questo diario può sembrare stavolta una cosa superflua perché di itinerari su queste due regioni francesi se ne trovano davvero a bizzeffe. Ma se da un lato è diventata una piacevole abitudine, dall’altro vorrei poter dare qualche spunto sui posti visitati che mi hanno particolarmente colpito, indicare delle “chicche”, cosa che di solito cerco anch’io nei racconti degli altri viaggiatori. Anche questo viaggio ha una sua genesi particolare. Il mio viaggio di nozze si era svolto 21 anni prima fra Parigi e Castelli sulla Loira e spesso ne avevamo parlato ai ragazzi decantandone le bellezze e anche se questo nuovo itinerario che avevamo pensato non avrebbe rifatto proprio quel percorso, qualche posto che ci aveva colpito più degli altri lo volevamo includere, dando luogo ad un mix di vecchio e nuovo. Più lunga del solito, la preparazione di questo viaggio aveva dei punti cardine: il castello di Chenonceau, per noi il più bello fra quelli visitati, Mont Saint-Michel, nei desideri di mio marito fin dalle superiori, e Versailles, che reputavamo immancabile fra le conoscenze dei nostri figli.

Scegliamo il già collaudato metodo “fly and drive” Ryanair-Budget con cui ci siamo trovati benissimo, e per la prima volta cambiamo sistemazione ogni notte, sfruttando così al massimo il tempo a nostra disposizione, percorrendo una media di 250 km. al giorno. Abbiamo soggiornato per massima parte in Chambres d’Hôtes, il corrispondente francese dei B&B e abbiamo avuto così modo di sperimentare la splendida ospitalità e gentilezza delle famiglie francesi. Come di consueto alla fine del racconto elencherò le sistemazioni con le mie personali valutazioni.

1° giorno – 7 luglio: Beauvais – Giverny- Chartres

La levataccia questa volta è davvero impegnativa: per essere a Trapani in orario ci alziamo alle 3, ma in compenso alle 9 siamo già a Beauvais, che si trova in Piccardia, con tutta la giornata davanti. Visitiamo subito la bellissima cattedrale del piccolo paese che, nonostante le sue dimensioni ridotte, vanta diversi bei posti da visitare. La cattedrale di Saint Pierre, naturalmente in stile gotico, è in restauro e si possono apprezzare i bei marmi bianchi. È veramente imponente, con volte alte fino a 48 m. mentre il suo coro è il più alto del mondo e ha al suo interno un bellissimo orologio astronomico con 52 quadranti, oltre a belle vetrate dipinte. Ma trovandoci qui non manchiamo di visitare anche un’altra bella chiesa, Saint Etienne, dove sono conservate quelle che vengono considerate fra le più belle vetrate del Rinascimento , in particolare l’albero di Jesse d’Engrand, e ci troviamo tutti d’accordo con quel giudizio. Anche la cittadina è piacevole, con il suo Pont de Paris, e cominciamo a notare la gran pulizia e i profumatissimi fiori (qui in particolare molta lavanda) che abbelliscono tutte le strade.

Ci avviamo alla prima meta importante del viaggio, la casa di Monet a Giverny, e durante la strada incontriamo nel paesino di Dangu un cartello che dice “Ici commence la Normandie” (Qui comincia la Normandia). Prima di arrivare alla casa, dietro la chiesa parrocchiale, troviamo il piccolo cimitero dove una semplice tomba con una croce bianca ci indica che lì riposa “notre bien-aimé Claude”. Eravamo un po’ preoccupati perché avevamo letto di frotte di turisti, ma la fila è breve e scorrevole. Entriamo in quella che è una modesta casa di campagna, colorata di rosa con persiane verdi di cui si possono visitare solo alcune stanze e dove non si può fotografare. Si può notare il suo amore per le stampe giapponesi di cui le pareti sono piene; suggestivo lo studio, dove si possono ammirare alcune sue foto scattate mentre dipingeva e alcune riproduzioni di suoi quadri; simpatica anche l’ampia cucina. Tornati all’aperto ci aspetta la visita del grande giardino, dove possiamo ammirare tantissime varietà di fiori, alcuni dei quali veramente belli e mai visti prima, e i due ponticelli giapponesi, protagonisti di alcuni suoi quadri, nonché le bellissime ninfee.

La mattinata è trascorsa e ci avviamo all’ultima meta della giornata, la cattedrale di Chartres, per raggiungere la quale lasciamo per il momento la Normandia, dove rientreremo soltanto verso la fine del nostro viaggio. Già avvicinandoci in macchina alla città notiamo subito le due torri che svettano sulle case circostanti. Naturalmente la sua fama è mondiale e non c’è bisogno che io qui ne magnifichi le bellezze architettoniche. Quello di cui voglio parlare è la particolare sensazione che ho provato sedendomi su quelle panche. Non credo che sia necessario essere particolarmente devoti per avvertire la sensazione di trovarsi in un luogo speciale. Ho visitato tante chiese per motivi religiosi o per ammirarne le bellezze artistiche, ma posso dire che raramente ho provato un tale senso di emozione. Innanzitutto proprio in quel momento si sta esibendo un coro composto da eleganti signore in nero, diffondendo nell’aria una melodia che in qualche modo amplifica le nostre emozioni. Alzando gli occhi si viene rapiti dalle stupende 172 vetrate di un blu profondo che ti immergono in una atmosfera surreale; poi molto suggestiva è la processione di statue di santi che affollano le pareti ad altezza uomo e emozionante la reliquia del velo della Vergine portata lì da Carlo il Calvo nell’876. Sul pavimento, che purtroppo soltanto il venerdì viene completamente liberato dalle sedie, si può intravedere il labirinto che sviluppa un percorso di 261m. Nel Medioevo i pellegrini lo percorrevano pregando, compiendo così un cammino simbolico verso Gerusalemme. Altri lo interpretano come il difficile percorso che il fedele deve affrontare per arrivare alla conoscenza. Considerazioni teologiche a parte, nel complesso è stata una stupenda visita che mi ha profondamente emozionato.

All’esterno, sul retro della cattedrale, possiamo ammirare, riprodotto su prato, il labirinto che abbiamo appena visto, ma non abbiamo abbastanza tempo per visitare la cittadina che da quel poco che vediamo promette di essere deliziosa. Soprattutto non ci possiamo fermare per assistere a quello che doveva essere un bellissimo spettacolo di luci proiettate sulla cattedrale di cui ci danno notizia diversi cartelli. Vi consiglio dunque di dedicare più tempo alla cittadina e di fermarvi per la sera.

Noi abbiamo ancora parecchia strada da fare per raggiungere la nostra prima sistemazione “nostalgica”. Su internet infatti ho ritrovato uno degli alberghi dove avevamo pernottato in viaggio di nozze e di cui avevamo un ottimo ricordo, in particolare salici piegati a baciare un fiumicello e un tronco d’ albero intagliato a formare una sediolina. Lungo la strada oltrepassiamo paesini deliziosi e ci fermiamo ad una boulangerie dove sperimentiamo una cosa curiosissima: vediamo dei filoncini di pane abbrustoliti con un condimento non meglio identificato e decidiamo di provarlo. La gentile commessa ci chiede qualcosa che sul momento non comprendo bene: al nostro cenno di assenso passa il filoncino in una macchinetta che lo restituisce tagliato a striscette sottili. Assaggiandolo capiamo che il condimento è costituito da pancetta che loro chiamano lardon. Davvero saporito.

Raggiungiamo il nostro albergo che è in un paesino chiamato Thesée in condizioni di stanchezza altissime e siccome non abbiamo proprio intenzione di uscire di nuovo per cercare qualcosa da mangiare, scegliamo di cenare lì. Mai scelta fu più azzeccata: abbiamo gustato degli ottimi piatti di cucina francese,dal coque au vin alla canard à l’orange alla crème brulée cucinati davvero bene con la proprietaria che ne spiegava i segreti della preparazione. Una cena da veri gourmands. In tutto questo si erano fatte le 10 di sera ma fuori c’era ancora una bella luce, sufficiente per vedere che il paesaggio aveva mantenuto le sue deliziose caratteristiche anche se non c’era più il ceppo a sediolina. Infine distrutti andiamo a letto dopo 20 ore e 337 km. e crolliamo nel sonno nonostante i tipici cuscini francesi assolutamente inconsistenti tentino di impedircelo.

2° giorno – 8 luglio: Castello di Chenonceau – Castello di Clos lucé

Nonostante la tremenda giornata di ieri, stamattina alle 9 siamo già pronti per lasciare il nostro albergo. L’emozione di rivedere gli stessi luoghi dopo anni è stata grande e anche se qualche particolare era cambiato, sostanzialmente i nostri ricordi non sono stati traditi.

Stamattina raggiungiamo il castello di Chenonceau. Non faremo di nuovo tutto il giro del viaggio di nozze, durante il quale avevamo visitato una decina di castelli sulla Loira, ma questo che allora, secondo il nostro giudizio, aveva vinto la palma del più bello, teniamo a farlo vedere ai ragazzi. Non mi dilungherò nella sua descrizione perché è uno dei più famosi e la sua storia di castello conteso fra due donne, una moglie e l’altra amante del re, è abbastanza nota. Certo, pensare che la favorita del re avesse la sua camera proprio sopra la stanza da letto dei regnanti, per noi è un po’ singolare e sapere che alla morte del re, la regina costrinse la sua rivale a lasciare il castello ci sembra proprio giusto, tranne poi venire a sapere che le liquidò il castello di Chaumont a titolo di indennizzo. Strani compromessi si facevano per la ragion di Stato!

Visitando il castello rinnoviamo il nostro giudizio sulla bellezza del suo ponte ad archi a cavallo del fiume Cher ( per cui tecnicamente questo non è un castello sulla Loira, anche se la zona è quella), che è una lunghissima sala da ballo dai mattoni bianchi e neri, sulla enormità delle sue cucina e sull’accuratezza dei suoi giardini. Peccato che la giornata non sia delle migliori perché il cielo è cupo e c’è proprio freddo. Prima di andarcene visitiamo anche il labirinto, cui si arriva attraversando una parte dell’enorme parco che circonda il castello e ci divertiamo a perderci e a ritrovarci, così come faceva anche un bambino francese, che esclamava tutto contento “J’ai trouvée la sortie !” (ho trovato l’uscita).

Oggi la giornata è dedicata completamente ai castelli, perché finita questa prima visita ci avviamo verso il Castello di Clos- Lucé, nella cittadina di Amboise. Qui Leonardo da Vinci, su invito del re Francesco I, trascorse gli ultimi 3 anni della sua vita e morì nel 1519. Il castello è relativamente piccolo ma molto suggestivo, a cominciare dal ponte coperto che si attraversa per raggiungerlo, per continuare con le sue camere da letto e lo studio, tutte perfettamente arredate come se il genio si aggirasse ancora per quelle stanze. Il tutto è accompagnato da un sottofondo di musica rinascimentale cantata da una soave voce femminile che ci riporta all’atmosfera dell’epoca. Al piano di sotto ammiriamo l’esposizione di tante ricostruzioni in scala ridotta delle sue invenzioni, nonché i filmati con la spiegazione del loro funzionamento. Ma la parte più bella deve ancora venire, perché nei giardini, alla fine di un improvviso acquazzone, possiamo ammirare la ricostruzione, stavolta in misure reali, di decine di sue invenzioni, dalla vite idraulica che serviva per prendere l’acqua da un fiume, al ponte a due piani, al carrarmato a vapore, all’elica, antenata dell’aeroplano. La cosa che li rende ancora più interessanti è che sono tutti funzionanti e tutti li sperimentiamo personalmente. Ma quello che mi è piaciuto di più è una parte del parco dove da bellissimi salici pendono alcune delle sue opere più famose. Possiamo così ammirare la Gioconda, la Dama con l’ermellino, San Gerolamo; ma la cosa che rende ancora più magica l’atmosfera è che queste riproduzioni sono su una tela trasparente mossa dal vento, per cui si intravedono appena con il sole che filtra fra gli alberi. In più da alcuni altoparlanti non meglio individuati, arriva la voce del suo alunno prediletto, Francesco Melzi, che spiega le tecniche del suo maestro. Insomma il tutto contribuisce a creare questa atmosfera veramente particolare. Dopo un paio d’ore trascorse serenamente a ammirare castello e parco lasciamo Clos Lucé veramente soddisfatti della visita.

Proprio vicino c’è la cittadina di Amboise e dunque facciamo un piccolo giro in piazza. Vediamo da fuori il castello dove viveva Francesco I, veramente imponente e facciamo un giretto per stradine e negozi molto caratteristici.

Raggiungiamo adesso il nostro albergo di stasera, che si trova a Thouars e che abbiamo scelto per la cifra veramente bassa ( 62 € per 5 pp. senza colazione) con il timore di avere qualche sgradevole sorpresa e invece è un hotel in periferia molto carino dove ci danno un appartamento con due stanze e due bagni. E ci sono pure le tapparelle automatiche! Siamo veramente esterrefatti ! L’unico supplemento che paghiamo è 1.20 € di tassa di soggiorno (sempre per 5 persone).

3° giorno – 9 luglio: Zoo di Doué la Fontaine – Carnac – Quiberon

Oggi un altro tuffo nel passato! Visiteremo lo zoo di Doué la Fontaine che ci era piaciuto tantissimo e sarà molto gradito per i ragazzi. Di sicuro gli animali hanno a disposizione spazi veramente grandi, cosa che ci aveva molto colpito allora e che confermiamo adesso e passiamo tutta la mattina a vedere scimmie, leopardi, leoni, orsi, pinguini ecc. ecc. Fra le cose che ci hanno colpito di più c’è il reparto dei pipistrelli che se non ci si impressiona troppo si possono osservare veramente da vicino, una volta abituatisi all’oscurità, perché sono all’interno di una caverna delimitata da un vetro e svolazzano indisturbati venendo molto vicino.

Bellissima invece la voliera sudamericana dove ti trovi circondato da centinaia di uccelli che ti volano intorno. Si ha l’impressione di essere all’aperto, anche se a fare attenzione a diversi metri di altezza si vede una rete che impedisce agli uccelli di volare via. E ci svolazzano anche molto vicini ara blu, pappagallini di tutti i colori, ibis, fenicotteri e tantissimi altri strani uccelli di cui non saprei dire il nome. Ci avvicina anche uno stranissimo pennuto grigio a metà tra un avvoltoio e un tacchino con una sorprendente lingua arancione che ci fa un po’ preoccupare. Alla fine la zona delle giraffe, con il decano di nome Sacha, padre di ben 26 giraffini.

Una bella mattinata è passata veloce e ce ne andiamo con l’impressione che gli animali non siano poi così sacrificati. Prima di andare si passa dal negozio, dove veramente vorresti comprare tutto, dai peluches che si “indossano” sulla mano, alle sculture in legno di delfini, aquile ecc., ai coloratissimi pappagalli.

Percorriamo un altro lunghissimo tratto in macchina (circa 300 km.) e facciamo il nostro ingresso in Bretagna per raggiungere la nostra prima Chambre d’hôtes. Il nostro navigatore ci conduce senza difficoltà all’indirizzo che si trova un po’ sperduto in campagna, ma… che dire? Ci troviamo di fronte a un vero gioiellino con una delle padrone di casa più cordiali che abbiamo incontrato, che ci racconta che quello era un casolare che loro, i coniugi Varet, hanno avuto il coraggio di ristrutturare quasi completamente di persona: il risultato è strabiliante, le camere che ci dà sono davvero deliziose e ad un prezzo veramente conveniente ( 115 € per due stanze per 5 persone). Sophie è così simpatica che le dico anche che le avrei fatto pubblicità su TPC, se lo merita davvero!!! Il paesino vicino, Landevant, è abitato da sole 3000 anime, ma è davvero carino col suo campanile che suona a distesa e le imposte delle case viola e azzurre. Ci facciamo conquistare da una boulangerie che espone dolci davvero bellissimi e ne compriamo un bel po’ che mangeremo stasera dopo cena.

Adesso andiamo a Carnac, il sito preistorico abitato sin dal 5700 a.C. con migliaia di menhir disposti in fila. Non si può entrare fra le pietre perché i tanti turisti stavano distruggendo il manto erboso, ma dalla strada si vedono agevolmente. Parcheggiamo solo per cercare il “gigante di Kermario” un menhir di oltre 6 m. conficcato nel terreno in posizione verticale. Percorriamo un bel sentiero nel bosco e dopo dieci minuti di passeggiata lo raggiungiamo. Dopo alcune foto, visto che le “pietre” non hanno suscitato molti entusiasmi, ci dirigiamo verso la nostra ultima meta, la penisola del Quiberon. È curioso attraversare questo stretto lembo di terra e vedere il mare da tutte e due le parti, a destra un po’ più agitato e a sinistra molto calmo. Le spiagge sono descritte come molto belle e frastagliate, ma noi scendiamo soltanto alla punta estrema dove nel piccolo paesino si fronteggiano due fari, uno con la sommità verde e l’altro rossa. Facciamo una breve passeggiata sulle rocce col sole al tramonto e tutto è molto suggestivo.

Sulla via del ritorno scegliamo un ristorante attirati dalla scritta “ Moules à volonté”. In effetti dopo una breve attesa cominciano a servirti cozze scoppiate fino a quando ne chiedi. Noi ci siamo fermati al terzo pentolone, ma se avessimo voluto ne avrebbero servite ancora. Concludiamo coi buonissimi dolci acquistati nel pomeriggio e torniamo alla nostra chambre accolti da una dolcissima cagnolona nera che ci si butta davanti chiedendo carezze, facendoci sentire veramente benvenuti a casa.

4° giorno – 10 luglio: Pont-Aven – Concarneau – Quimper – Pointe du Raz

Dopo aver dormito benissimo nelle nostre eleganti stanze, scendiamo per la colazione. È domenica e la tavola è imbandita soltanto per noi. M.me Sophie ci presenta le marmellatine fatte da lei, fra cui una al sambuco dal sapore veramente particolare, burro salato, the, caffè, cioccolata; ci coccola in tutto e pertutto lasciandoci poi soli con molta discrezione. Lo sottolineo perché non sarà sempre così. Dopo averci anche consigliato dei posti particolari da vedere, ci congediamo veramente contenti di questa prima bellissima esperienza.

Arriviamo a Pont-Aven che il punto informazioni non è ancora aperto e quindi cominciamo a girare il paesino senza un percorso preciso. Già dalla prima occhiata si capisce perché Gauguin e altri pittori lo avessero eletto come sede della propria scuola di pittura. Ciò che vediamo è incantevole: ponticelli bianchi e azzurri che scavalcano l’Aven, il fiume che scorre in tutto il paesino, fiori, salici, serenità e silenzio. Un posto veramente delizioso, dove anche i bagni pubblici sono un piccolo capolavoro. Ogni tanto troviamo la riproduzione di un quadro di Gauguin e alzando gli occhi ci vediamo davanti il paesaggio che lo ispirò. Imbocchiamo la passeggiata Xavier-Graal e le nostre esclamazioni di sorpresa e i continui “guarda guarda” si fanno sempre più frequenti. Ponticelli di legno, panchine, stretti passaggi sull’acqua, mulini antichi, alcuni dei quali ancora funzionanti, terrazzini panoramici che ti fanno arrivare quasi a sfiorare il fiume si susseguono a un ritmo così incalzante che per percorrere poche centinaia di metri impieghiamo un sacco di tempo e la macchina fotografica fa gli straordinari. Alla fine si arriva al porticciolo turistico, dove tante barche riposano tranquille. Un pub dal bellissimo tetto di cannucce tipico di questi luoghi attira la nostra attenzione, per non parlare dello scorcio più famoso con il Moulin du grand Poulguin. Ci capita anche di vedere dei cartelli che indicano l’avvenuto passaggio del Tour de France e molti altri ne vedremo in seguito ma siccome non siamo degli appassionati siamo contenti di non averlo mai incrociato.

Tentiamo di trovare il sentiero che dovrebbe portare alla cappella di Tremalo, di cui ho sentito molto parlare, ma non ci sanno dare le indicazioni giuste. Torniamo così all’ufficio informazioni davanti al quale avevamo posteggiato (fra l’altro con grande gentilezza ci permettono di mettere a caricare la batteria della macchina fotografica), e tentiamo di arrivarci in macchina. Non è stato facilissimo ma alla fine arriviamo in questo posto meraviglioso. Ecco, quando all’inizio dicevo che mi piacerebbe segnalare alcune chicche, è questo posto che avevo in mente: la cappella di Tremalo nel Bois d’Amour. Intanto arrivando in macchina ci sentiamo subito un po’ a disagio, come se col rumore del motore avessimo disturbato troppo. Siamo in mezzo al bosco, il sentiero è piccolo piccolo, il silenzio è rotto solo dal canto dolcissimo degli uccelli. Di fronte a noi questa piccola cappella in granito con il tetto asimmetrico che da un lato arriva quasi a toccare a terra. Lateralmente una grande croce, anch’essa in pietra; tutto è circondato da enormi piante di ortensie viola. Entriamo dall’ingresso che è laterale e in quel momento ci siamo solo noi, il silenzio è totale, la semplicità degli interni in legno dipinto ci lascia senza fiato. È solo in un secondo momento che notiamo sulla parte sinistra della cappella il Cristo policromo, anch’esso in legno, reso famoso dal quadro di Gauguin “Il Cristo giallo” di cui ai piedi della croce è esposta una copia. Restiamo diversi minuti col respiro sospeso considerando che emozioni così arrivano davvero inaspettate e all’improvviso per poi restarti dentro per chissà quanto tempo. Ripenso all’emozione provata a Chartres e non so davvero quale sia più grande: nella prima occasione era stata provocata dalla maestosità, qui dalla semplicità e nei miei ricordi sarà quest’ultima a conservare un posto privilegiato. Ce ne andiamo in silenzio, con la consapevolezza di aver visitato un posto speciale.

Nostra prossima meta è Concarneau, detta anche la città blu, dal colore delle reti dei pescatori che oggi adornano molti edifici. La cittadella è fortificata e cinta da mura, sulle quali si può passeggiare e l’orologio che fa bella mostra di sé prima di entrare nella “ville close” è uno degli scorci più fotografati di Bretagna. Sulla stradina acciottolata che conduce alla cittadina ammiriamo un suonatore di uno strano strumento, una specie di chitarra con due manici.

In tutta la regione hanno uno spirito molto indipendentistico e mal sopportano il governo francese; spessissimo si vedono le bandiere bretoni bianche e nere garrire al vento. La cittadina è molto turistica ed è stracolma di negozietti. Fra i più belli una chocolaterie dove vediamo in mostra sculture di cioccolato: leoni, delfini, busti di donna a grandezza naturale che, come leggiamo, hanno vinto diversi premi.

Lasciamo rapidamente la cittadina (soffia anche un bel vento freddo) e ce ne andiamo a Quimper, ville fleurie a quattro fiori. Spesso abbiamo visto questi cartelli all’ingresso dei luoghi visitati, e si deve riconoscere che i Francesi sono molto attenti a rendere le loro città ancora più gradevoli con la cura di migliaia e migliaia di fiori che qui adornano i tanti ponti che introducono al centro storico. C’è una gara podistica, ma alla fine riusciamo a posteggiare e a entrare in città attraverso il ponte Sainte Catherine. Arriviamo subito alla cattedrale di Saint Corentin, costruita in 300 anni, anche questa una delle più belle chiese gotiche di Francia con due campanili che svettano a 76 m. di altezza e al cui interno ci sono fiammeggianti vetrate colorate. Fra le due torri si intravede la statua di re Gradlon. Fino alla rivoluzione francese nel giorno di Santa Cecilia uno scalatore si arrampicava fino a lui per dargli da bere; chi riusciva ad acchiappare la coppa buttata giù vinceva un premio di 100 scudi. Mi piacciono molto tutti questi aneddoti legati ai posti che si visitano perché trovo che li rendano ancora più interessanti. Passeggiamo per la città, ammiriamo tantissime case a graticcio, che qui si chiamano à colombières, con le tipiche travi di legno sulla facciata, ora dipinte in azzurro, ora in rosso o in marrone. È domenica e tutto è molto rilassato; mi fanno molta tenerezza due vecchiette che camminano a braccetto parlando fitto fitto fra di loro e della cui conversazione riesco a percepire solo alcuni brandelli, probabilmente è dialetto bretone. Infatti anche qui, come in Scozia l’anno scorso,dove le scritte erano in gaelico, moltissimi negozi hanno le insegne in bretone.

Adesso dobbiamo raggiungere la nostra nuova chambre, ma la stanchezza è tanta e mi addormento durante il percorso in macchina. Vengo risvegliata da mio marito che si è fermato attratto da una bellissima chiesa tutta in granito, completamente sommersa da cespugli di ortensie in fiore, sicuramente la fioritura più maestosa che vedremo in tutto il viaggio. Non sappiamo nemmeno dove siamo, dall’altro lato della statale il paesino sembra veramente microscopico, ma la chiesa è bellissima. Sul davanti ha anche un calvario in granito, cioè delle sculture che rappresentano la passione di Cristo con tutti i personaggi più importanti. Ci sono dei percorsi studiati di proposito alla ricerca dei più belli e noi ne abbiamo trovato uno senza volerlo! Tornati a casa ho scoperto che era la chiesa di Meilars e che nel paesino vivono 800 abitanti. Dopo questa breve sosta arriviamo alla chambre “Les hortensias” (evidentemente il fiore tipico di queste parti) citata anche sulla guida Michelin e ci troviamo di fronte ad una villa davvero elegante, con parco privato, accolti da una attempata signora che è veramente gentile. Consideriamo che la signora non affitta di certo le stanze per necessità , si vede proprio che è una cosa che le dà soddisfazione fare. È molto entusiasta del fatto che ci sia il sole, perché così la nostra passeggiata sarà più bella. Ci consegna un bellissimo appartamento familiare con ingresso indipendente (110 €) e ci consiglia anche dei posti che non avevamo programmato ma che includiamo prontamente. Andiamo così al mulino di Keriolet, che si raggiunge con una gradevole passeggiata nel bosco e dove ci spiegano come avviene la produzione della farina; poi ci spostiamo alla riserva ornitologica di Cap Sizun, dove il nostro sentiero è circondato da distese di erica e ginestre e arriviamo infine a delle belle scogliere che si stagliano su un mare di un blu davvero molto intenso.

Ci spostiamo poi a Pointe du Van, che ci era stata indicata dall’altra padrona di casa come valida alternativa a Pointe du Raz , dove, come avevo letto, c’è un vero e proprio sfruttamento commerciale delle bellezze naturali mozzafiato. Così ammiriamo Pointe du Raz che si erge di fronte a noi da questo bel promontorio, dove non abbiamo dovuto pagare 6 € per posteggiare! Anche da qui riusciamo ad ammirare i diversi fari edificati per illuminare questo tratto di mare veramente pericoloso, dove tante imbarcazioni si sono schiantate sugli insidiosi scogli affioranti. Vediamo così i fari La Vieille, Tevennec, ma soprattutto riusciamo a vedere in lontananza il mitico Ar-men, un faro su cui mi ero fatta una cultura, e che aveva alimentato la mia già esistente passione per i fari. Costruito in 30 anni a partire dal 1867, un tempo lunghissimo proprio per l’estrema difficoltà dell’impresa, questo faro bianco e blu, il cui nome in bretone significa “la roccia” , soprannominato “l’enfer des enfers” (l’inferno degli inferni), è abbarbicato su uno scoglio così piccolo che c’è spazio solo per lui. Ero rimasta rapita dai filmati di onde così alte da sommergere completamente i suoi 37 m e così forti da fare cadere ogni volta persino i quadri appesi alle pareti, per cui i suoi guardiani resistevano poco e scappavano appena possibile abbandonando l’incarico. Ma la storia più incredibile riguarda un guardiano che nel 1923 era rimasto isolato per le avverse condizioni del mare per così tanto tempo, esattamente 101 giorni, da avere fatto nascere storie fantastiche su una donna bellissima che andava a tenergli compagnia e che, paradossalmente, gli permise di non impazzire. Dagli anni ’90 il faro è completamente automatizzato, ma versa in condizioni drammatiche e ci sono molte campagne per tentare di salvarlo. Sarebbe veramente un peccato mortale permettere la distruzione di un luogo così affascinante!

A conferire ulteriore fascino a questi luoghi c’è anche il nome di questo lembo di terra, che si chiama Finistère dal latino “finis terrae” la punta dell’antico continente allora conosciuto, e davvero in questo tratto estremo di Cornovaglia, la zona più occidentale della Francia, completamente affacciata sull’oceano Atlantico, la sensazione di trovarsi in un punto di confine è fortissima. Ci godiamo in serenità il tramonto che regala al mare colori bellissimi e ritorniamo appagati “à la maison”.

5° giorno – 11 luglio: Locronan – Huelgoat – Costa di Granito Rosa

Stamattina la nostra ospite ci ha preparato un elegante tavolo dove tanti sono i dettagli di gusto, ci sono addirittura le zollette di zucchero a forma di cuori, trifogli, ecc.

Ci dirigiamo verso la prima meta della giornata, che è il delizioso paesino di Locronan, una meta assolutamente imperdibile nella visita di questa zona. E’ un paese veramente microscopico e in un’oretta si visita agevolmente. La sua caratteristica è di essere rimasto assolutamente fedele all’epoca medievale, aiutato in questo dal fatto di essere stato set di molti film. In particolare Roman Polanski, che vi ambientò il suo film Tess, fece finanziare dalla produzione l’installazione della tv via cavo, togliendo così tutte le antenne e le parabole. Le macchine si lasciano in un’area vicina al paese, in cui si pagano 3 € per un pass annuale (ma non credo che un turista lo possa riutilizzare) che vengono spesi per il mantenimento degli edifici. In realtà qualche macchina all’interno c’è ne sono quelle per le consegne ai negozi e veramente stonano parecchio in questo contesto. Per tutto il resto le attese sono veramente realizzate, l’atmosfera è fantastica, si raggiunge subito la piazzetta che è un vero capolavoro con il suo pozzo e le persiane azzurre dei negozi che spiccano moltissimo sul colore dominante che è il grigio del granito con cui sono costruite le case e la chiesa. Anche questa chiesa è legata a una leggenda: Ronan, un monaco in odore di santità era morto in un paese vicino e alcuni fedeli lo stavano trasportando in un’altra città. Si fermarono per la notte in quel paesino, ma al mattino trovarono il corpo pietrificato insieme al carro, per cui si decise di lasciarlo lì per sempre e di costruirgli la chiesa intorno. E in effetti, dentro la chiesa molto raccolta, con vetrate dipinte che creano bellissimi giochi di luce sul pavimento, troneggia un sepolcro con una statua distesa, come se si trattasse davvero del corpo del santo, che dà anche il nome al paese: Locronan significa infatti “luogo di Ronan”.

Passiamo dal sacro al profano ed entriamo in un negozietto proprio di fronte la chiesa che si chiama “Le loup garou” dove si rimane storditi dall’atmosfera che vi si respira: come dice un cartello ci sono 108 tipi di birra differenti, molte di produzione propria, nonché boccali e bicchieri di tutte le forge. Noi non resistiamo e ne compriamo alcuni fra cui uno a forma di corno e l’altro con il mitico Ar-men (non ci posso credere!) sotto lo sguardo accigliato di un teschio con un copricapo con corni che ci sorveglia dalla parete…

Non è esatto dire che il paesino si limita alla minuscola piazzetta, ma fare un giro nelle splendide stradine laterali non prende molto tempo e rafforza la sensazione di delizia che ci accompagna dall’inizio della visita. Aspettiamo ancora un pò perché speravo tanto di incontrare la carrozza condotta da un’anziana donna che fa visitare il paese che avevo visto in una foto di una tpc che mi aveva davvero stregata, ma l’attesa è vana e me ne vado con questo rimpianto. Se siete appassionati fotografi considerate che la mattina il sole è alle spalle della chiesa e quindi tutte le foto saranno in controluce, forse per le foto il momento migliore è il pomeriggio.

Ci spostiamo a Huelgoat, un bosco legato alle leggende di Re Artù e nel punto informazioni vi daranno delle cartine molto chiare. Non essendo particolarmente appassionati del ciclo arturiano abbiamo scelto questo posto per le bellezze naturali. In effetti è veramente strano trovarsi di fronte a un tale ammasso di massi (scusate il bisticcio) gettati così alla rinfusa. La leggenda (un’altra!) narra che Gargantua si trovò di passaggio da queste parti, ma i contadini poveri lo rifocillarono solo con una zuppa di cavolo nero, per cui, arrabbiato per lo scortese trattamento ricevuto, il gigante si gettò tutti i massi che si trovò sul cammino alle spalle, formando un vero e proprio caos. E Chaos è il nome che è stato dato a questo luogo, davanti al quale si rimane veramente stupiti, perché il tutto non sembra il risultato di una frana, in quanto i massi sono abbastanza tondeggianti ed enormi, passarci in mezzo a volte è un pò difficoltoso per quanto stretto è lo spazio fra l’uno e l’altro. Ben presto si arriva alla Grotte du diable (tutti nomi rassicuranti!), dove si scende tramite delle strette e ripide scalette di ferro. Ci si ritrova in una grotta buia, dove scorre un fiume sulle rocce di granito, facendo un rumore… infernale e alzando la testa si vede che sopra di noi ci sono i soliti massi ammucchiati alla rinfusa. Ritornati alla luce del sole andiamo alla ricerca della Roche tremblante, un grande masso che, come spiega la cartina, anche un bambino può fare muovere, se trova il punto giusto. Ma nonostante tutti i nostri sforzi né bambini né adulti sono riusciti a far muovere il masso anche di un solo millimetro. Dopo una piccola spesa in un supermercato lì vicino, rientriamo nel bosco a fare un pic-nic a base di salmone nell’area appositamente attrezzata e ci godiamo in serenità l’ombra e il canto degli uccelli.

Nel primo pomeriggio arriviamo alla nostra prossima chambre che è a Tonquedec, in prossimità della Costa di granito rosa. Speravo davvero di arrivare in tempo per fare il giro in barca verso le Sette isole, che sono un vero e proprio santuario marino, ricoperte da migliaia di uccelli marini: sule, cormorani, pulcinella di mare (i famosi puffin), ma evidentemente non è destino: non ci eravamo riusciti l’anno scorso in Scozia e non ci riusciamo neanche qua. Era già tardi e a quanto pare, come ci confermano i padroni di casa, bisogna prenotare almeno il giorno prima. Ripieghiamo, per modo di dire, sulla passeggiata alla Costa di granito rosa.

In tutta la Bretagna esistono i Sentieri dei Doganieri, che si estendono per circa 1300 km. sulle coste ed erano i sentieri che i doganieri percorrevano a piedi per contrastare i contrabbandieri. Uno dei tratti più pittoreschi si trova appunto qui, nei pressi di Perros-Guirec. Il sentiero è lungo parecchi chilometri, ma i primi quattro sono i più panoramici in località Ploumanac’h. Prima dell’inizio del sentiero c’è una spiaggetta dove molti stanno facendo il bagno, anche se per noi la temperatura è quanto meno freschina, poi continuando ci si trova davanti al faro di Men- Ruz, naturalmente tutto in granito rosa, e al Parco delle pietre rosse, grandi massi di granito che il mare e il vento hanno modellato nei secoli. Subito si riconosce una grande testa, detta testa di morto, più avanti ci sembrerà di vedere un coniglio, ma la bellezza della passeggiata sta nel saltellare da una pietra all’altra ammirando le varie sfumature di rosa. Se vorrete scendere sotto l’arco che c’è vicino al faro, le sfumature si faranno più intense, arrivando in qualche punto a sfiorare il rosso. Il sole continua a calare e quando ce ne andiamo i colori sono diventati ancora più intensi di prima. Ripassando dalla spiaggetta che avevamo visto all’inizio, ci accorgiamo che in un paio d’ore il mare si è ritirato tantissimo, lasciando allo scoperto un bel pò di sabbia e sassolini rossi.

Alla chambre di oggi abbiamo due stanze separate e il bagno è in comune fra tutte le stanze, ma essendoci soltanto noi è comunque privato. Ancora una volta stanze e bagno sono davvero carinissime e ben arredate. La padrona di casa ci permette anche di preparare la nostra cena nella cucina principale della casa e pur essendo molto gentile è un pò invadente, ma finalmente ci lascia ai nostri panini e alla nostra stanchezza.

6° giorno – 12 luglio: Castel Meur –Pontrieux –Cap Fréhel – Dinan

Stamattina la nostra colazione si svolge in una bellissima veranda inondata di luce. Nella stanza accanto c’è anche un biliardo a disposizione dei clienti. Dopo la solita buona colazione, sotto una fitta pioggerellina, ci avviamo verso la nostra prima meta che è la famosa “Maison entre les rochers” , la casa fra le rocce. Non è facile trovare immagini ufficiali di questa casa per la sua storia che è abbastanza particolare. Questa piccola casa privata fu costruita nel 1861, quando non c’erano molti problemi per le concessioni edilizie, fra due grandi massi che la circondano da un lato e dall’altro, come se ne fosse schiacciata. La casa diventò così famosa che ben presto fu fra le immagini più pubblicate sulle cartoline ufficiali della Bretagna, e sempre più presa d’assalto dai turisti. Mai modo di dire diventò più concreto, perché un giorno dei turisti giapponesi si arrampicarono in massa sul tetto della casa per farsi fotografare. Fu proprio la goccia che fece traboccare il vaso perché il proprietario intraprese un’azione legale per cui oggi non ci si può più avvicinare oltre un certo limite e nessuna cartolina ufficiale la può ritrarre. Per questo stesso motivo non si trovano indicazioni specifiche per la casa, che ha nome Castel Meur, che si trova nelle vicinanze del paesino di Plougrescant e se la padrona di casa non ci avesse detto di seguire le indicazioni per “Le Gouffre” forse non l’avremmo trovata. La giornata è veramente uggiosa, ma scattiamo ugualmente le nostre foto della casa vista da una certa distanza, anche se non ci riesce di ritrarla con il suo riflesso sull’acqua. Sotto fortissime raffiche di vento faccio qualche altra foto di barche in secca nelle vicinanze, ma siamo presto costretti a rifugiarci in macchina. La pioggia non ci impedisce però di ammirare lungo il cammino in macchina tanti paesini carini fra cui di uno mi colpisce la bella chiesa in granito con tanto di Calvario: il nome è Hengoat e scopro poi che ha “ben” 217 abitanti.

Per fortuna nel tempo che impieghiamo a raggiungere Pontrieux spiove e possiamo visitare senza pioggia il delizioso paesino. Qui come mai mi rendo conto di quanto sia difficile programmare bene le visite, perché dalle descrizioni sembrava che per visitare la “città” ci volessero un paio d’ore, invece per vedere il minuscolo paesino ci impieghiamo forse mezz’oretta. In questo modo avrei potuto inserire la visita di un altro paesino che invece poi avevo completamente cancellato. Ma, disguidi organizzativi a parte, Pontrieux è una vera delizia. Ci fermiamo in una minuscola piazzetta proprio di fronte alla casa detta della Torre Eiffel (quale ne sia il motivo davvero mi sfugge perché è una bella casa a graticcio blu che non richiama in alcun modo il simbolo di Parigi). Dopo avervi ritirato all’interno i dépliants informativi, cominciamo il nostro giro. Già dal primo ponte sul fiume Trieux (Pontrieux significa appunto ponte sul Trieux) straboccante di fiori, ci rendiamo conto che la cittadina è veramente deliziosa. Prendendo un sentiero ci si addentra e si possono vedere dall’interno i lavatoi per cui la cittadina è famosa. In alcuni di questi dall’altro lato del fiume ci sono dei manichini che simulano una giornata delle donne intente al loro faticoso compito di lavare i panni al fiume. Passando da un prato vediamo anche dei bellissimi stalloni neri con il manto bagnato per la recente pioggia.

Terminata la nostra breve ma bellissima visita, poiché non ricordo il nome del paesino eliminato dall’itinerario, ci avviamo verso Cap Fréhel e il tempo non accenna a migliorare. All’ingresso del paese una bellissima aiuola con “Fréhel” scritto con i fiori ci dice che siamo arrivati. Essendo circa l’una hanno appena smontato le bancarelle del mercato, ma una c’è ancora. Decidiamo così di pranzare con delle galettes (crêpes fatte con grano saraceno) avvolte attorno a d una salsiccia, che saranno veramente le cose più cattive mangiate in tutto il viaggio. Anche da qui è appena passato il Tour de France. Continuiamo e arriviamo al promontorio di Cap Fréhel. Il vento è veramente fortissimo e temiamo di non poter salire sul faro, visita alla quale teniamo molto. Arriviamo alla biglietteria ma in quel momento non c’è nessuno. Un pò incerti sul da farsi, dopo qualche minuto veniamo raggiunti da una ragazza la quale ci dice che per il forte vento il faro doveva essere chiuso e non si spiega come mai la porta è stata aperta. Forse mossa a compassione dalle nostre facce deluse ci lascia salire e rifiuta anche di farci pagare andando a chiudere la porta, per cui per quella mattina saremo gli unici visitatori. Ogni tanto un pò di fortuna! Saliti i 175 gradini, siamo afferrati da un vento veramente incredibile e non riusciamo nemmeno a sentire quello che diciamo. Il panorama dall’alto è veramente bello col mare agitato che si infrange sulle rocce e ci chiediamo quale temerarietà sia necessaria per uscire in barca a vela con quel tempo, come stanno facendo in quel momento gli occupanti di una minuscola barca sballottata dalle onde. All’altro capo del golfo si intravede nella nebbia Fort La Latte, ma il mare è scurissimo e c’è veramente freddo. Meno male che qui la corrente del golfo doveva mitigare il clima! Veramente storditi, ci possiamo trattenere davvero poco e usciamo dal faro accompagnati dalla gentilissima signorina, sotto gli sguardi perplessi degli altri turisti. Guardiamo ora con più calma il faro che in realtà non ha niente di bello: è una massiccia costruzione quadrata in pietra grigia. Molto più carina la piccola torre che vediamo alla fine della passeggiata verso la punta del promontorio, che era il vecchio faro alimentato a carbone. Il vento non accenna a diminuire e a farne le spese è mia figlia che ha i capelli lunghissimi che presi dal vortice del vento le si alzano provocando un buffo effetto. Rimontiamo in macchina veramente storditi e rinunciamo ad andare a Fort La Latte, che è dall’altra parte del golfo. Per oggi basta vento!

Raggiungiamo la nuova chambre, che è una suite familiale con bagno. Questa sistemazione è sicuramente la più modesta fra quelle in cui abbiamo finora soggiornato, ma naturalmente ci accontentiamo.

Visto che è pomeriggio presto decidiamo di visitare adesso Dinan, paese interamente medievale dalla cui visita ci aspettiamo molto. Si posteggia rigorosamente fuori dal paese, in un ampio parcheggio a pagamento, visto che il centro è tutto pedonale. In effetti le aspettative sono ampiamente rispettate e andiamo incontro a un bel paese dove gli scorci degni di nota sono tanti. Fra le prime cose vediamo la casa dell’arpa, con le sue colonne sul davanti, la bella basilica tardo gotica del Saint Sauveur, dove siamo sorpresi dalla strana performance di un organista un po’ troppo disinvolto. Decidiamo di fare un’altra salita, questa volta a pagamento, sulla torre dell’orologio e qui il vento, che pur soffia con una certa intensità, ci sembra una brezza leggera. Anche se non molto alta, la torre permette una vista completa dei tetti di Dinan e della basilica appena visitata. Abbiamo anche il tempo di sentirci rintoccare le 5 nelle orecchie, visto che la campana è proprio alle nostre spalle. Tornati sulla strada troviamo anche un negozio dove compriamo decine di graziosissime scatole di latta decorate a sbalzo con tanti disegni uno diverso dall’altro contenenti caramelline al fiore di sale , prodotto tipico niente affatto male. Vendono anche confezioni di Sel de Guerande a 10 € 250 gr. (!). Ma il più famoso dei posti di questo paese è Rue du Jerzual, una meravigliosa strada acciottolata tutta in discesa che è un vero tripudio di case a graticcio di tutti i colori. Non finiamo più di fotografare e di esclamare la nostra contentezza di trovarci davvero in uno scrigno di bellezza, così come la cittadina era stata più volte definita. Devo confessare che la mia impazienza mi aveva spinto a percorrerla già con la street view di Google maps , ma naturalmente trovarsi lì per davvero provoca tutta un’altra emozione. Dopo innumerevoli soste ci fermiamo davanti ad un delizioso pub che in quel momento è chiuso, ma ciononostante hanno lasciato sui tavoli boccali, vasi di fiori, portacenere, certi che nessuno toccherà niente, e sono inevitabili le nostre considerazioni…

Arrivati alla fine della strada si è al porticciolo sul fiume Rance, su cui risalta anche un bel ponte romano. Fra i numerosi locali scegliamo per la cena “Chez Bongrain” che è un locale dalla bella atmosfera ma dove soprattutto mangeremo per la prima volta quelle che poi diventeranno le nostre preferite, les moules à la crème, cioè cozze alla panna. Vi assicuro che nonostante l’insolito accoppiamento sono buonissime e dopo aver trovato la ricetta le abbiamo preparate più volte anche a casa. Completano il pranzo salmone affumicato, pesce arrosto, galette con bacon, patate e funghi e crêpes alla nutella. Questo per dirvi che è stata una cena ottima con circa 15€ a persona, dunque un locale da consigliare assolutamente. Per smaltire la nostra cena dobbiamo affrontare Rue du Jerzual tutta in salita, solo che a un certo punto deviamo per andare al Jardin Anglais da dove si ha una bellissima vista dall’alto sul porticciolo e sul fiume Rance che si sta ammantando di una bellissima luce arancione per il tramonto, visto che sono quasi le 10.00.

7° giorno – 13 luglio: Saint Malo – Cancale – Mont Saint Michel

La colazione di stamattina ce la ricorderemo non per la bontà delle vivande o per la bellezza degli arredi, ma per l’invadenza della padrona di casa, la quale si fa un dovere di sedersi a tavola con noi e di parlare ininterrottamente per tutta la durata del pasto. Sarà con un certo sollievo che lasceremo questa maison, dove tutto era in vendita con cartellino del prezzo in bella mostra, dalle cartoline pubblicitarie alle marmellatine.

Raggiungiamo St. Malo abbastanza presto, ma dobbiamo fare diversi giri per posteggiare a pagamento fuori le mura, visto che il posto è famoso per essere una città fortificata ed è circondata da un’imponente cinta di mura. Entriamo dalla porta di Saint-Vincent e ben presto ci troviamo alla cattedrale, rendendoci conto che il centro è veramente piccolo e si visita in poco tempo. Arrivati alle scalinate che portano sui bastioni ci troviamo di fronte al mare e ad una curiosa piscina costruita in modo che anche con la bassa marea ci si possa fare il bagno. E qui in effetti cominciamo a notare molto di più l’influsso delle maree; in quel momento la marea deve essere piuttosto bassa, perché la spiaggia lasciata asciutta dal mare è molto ampia. E’ anche visibile una passerella con cui si raggiungono due piccoli isolotti, le Grand Bé e le Petit Bé, dove sorge la tomba del poeta Chateaubriand. Ho letto però che bisogna fare attenzione perché con l’alta marea la passerella sparisce e si può rimanere bloccati per ore. Continuiamo a camminare sui bastioni che volendo si possono percorrere tutti in quanto circondano la cittadina, ma finita la parte sul mare riscendiamo in città, facciamo un altro piccolo giro e ce ne andiamo per niente conquistati da questa “città corsara” che molti avevano descritto in tono più entusiastico.

Siamo invece impazienti di arrivare a Cancale, che è considerata la capitale mondiale delle ostriche. Visitiamo prima il centro della cittadina, vicino al centro informazioni, che è carinissimo con la sua bella piazza piena di fiori e la maestosa chiesa. Ripresa la macchina, arriviamo sul lungomare (e non è facilissimo posteggiare) e notiamo come non mai gli effetti della bassa marea. Le barche coricate su un fianco sono a decine, il mare è veramente lontano. Ci rallegra anche la presenza di tantissime coccinelle che ci si posano addosso e ci passeggiano sulle mani. La giornata è bellissima e questo aumenta il senso di serenità della passeggiata. In particolare, visto che è ora di pranzo, stiamo cercando un locale molto consigliato da altri turisti, “Au pied du cheval” dove si mangiano solo frutti di mare. Non ci spieghiamo tanto l’origine del nome “al piede del cavallo”, ma poi scopriamo che è una pregiatissima varietà di ostriche. Il posto è una trattoria molto alla buona, con tavoli e sedie di legno piuttosto vecchiotte, ma che splendida mangiata di frutti di mare! Ordiniamo un piatto per due (ma ci si mangia anche in tre) e ci portano un’alzata piena di frutti di tutti i tipi: ostriche, bocconi, vongole, cozze, arselle ma anche scampi, gamberoni e centinaia di minuscoli gamberetti. Su tutto troneggia un immenso granchio atlantico di cui abbiamo spolpato tutto il commestibile. A parte le solite cozze alla marinara e alla panna, anch’esse buonissime. Insomma, per chi ama il genere una vera goduria! Se poi considerate che abbiamo pagato circa 70 € in 5, mi sembra veramente ottimo! Usciamo dal locale veramente soddisfatti e fatti pochi passi dopo il faro incontriamo le bancarelle con i teloni a strisce bianche e blu dove vendono le ostriche per una cifra che si aggira intorno ai 5 € a dozzina, a secondo della qualità. Avendo appena mangiato a sazietà non ne approfittiamo, ma sono tanti i turisti che le assaporano seduti sui gradoni da cui si vede in lontananza la sagoma di Mont Saint Michel, che in quel momento è un pò avvolta nella foschia. Che emozione! Anche così in distanza vediamo per la prima volta di presenza il noto profilo, visto tante volte sui libri di francese.

Sulla spiaggia in quel momento in secca si vedono bene le “piantagioni” di ostriche. Scambiamo qualche parola con una signora con lunghi stivaloni che vi sta lavorando che ci dice che per arrivare a quelle dimensioni quelle ostriche hanno impiegato quattro anni. Non può mancare anche qui l’aneddoto, questa volta su Napoleone, che pretese di averle spedite giornalmente anche durante la campagna di Russia. Per completare la perfezione del momento non può mancare una buonissima crêpe alla nutella gustata sui gradoni ammirando la silouhette di Mont Saint Michel.

Sono circa le 3 e ci avviamo alla nostra prossima chambre che dal sito ci è sembrata bellissima. Dopo qualche difficoltà per trovarla abbiamo una certa delusione perché il posto è forse una vecchia clinica riadattata e non ha certo il fascino delle altre maisons. Posati i bagagli ci dirigiamo piuttosto emozionati alla nostra prossima meta: Le Mont Saint Michel.

Lungo la strada che conduce all’isolotto ci sono lavori di sbancamento perché ho letto che vogliono riportarlo alle condizioni originali e al momento in cui scrivo so che non è più possibile arrivare in macchina ai parcheggi sotto l’isola, come invece abbiamo fatto noi. Adesso si può arrivare con una camminata di circa mezz’ora o prendendo la navetta gratuita dopo aver lasciato la macchina nel parcheggio a pagamento. Ci siamo ben guardati dall’arrivare di mattina perché avevamo letto che le piccole stradine del borgo si trasformano in una bolgia; siamo arrivati attorno alle 5 , anche perché sul sito l’arrivo della marea era indicato per le 18.40 circa e volevamo approfittare del periodo precedente per camminare a piedi nudi sulla sabbia, ma ciò non è stato possibile in quanto al punto informazioni ci hanno detto che la marea era già arrivata. Abbiamo anche spostato il giorno perché in concomitanza con l’arrivo del Tour de France l’accesso al pubblico è sospeso, quindi state attenti, se andate in quel periodo!

Dopo aver appreso che l’abbazia sarà aperta fino alle 23.00, cominciamo a visitare il borgo. Certo c’è ancora tanta gente, ma si riesce a camminare abbastanza bene. Abbiamo tempo per gironzolare per l’unica strada che sale verso l’abbazia, la Grande Rue, vedere la chiesa parrocchiale di San Pietro e camminare con calma, anche perché il cammino naturalmente è tutto in salita. Arrivati all’abbazia (bellissima già da fuori, che emozione!) prendiamo i biglietti per il tour “Suoni e luci” che comincerà alle 19.00 per cui abbiamo il tempo di riposarci ben bene. Non mi voglio dilungare sulla costruzione dell’abbazia durata diversi secoli, sulle sue bellezze architettoniche e sulla leggenda legata alla sua nascita, ma non posso tacere sul bellissimo allestimento artistico ammirato durante la visita. La musica che ci accompagnava era suonata per noi dal vivo da artisti al violoncello, al violino e al flauto proprio mentre passavamo e ammiravamo gli ambienti suggestivamente illuminati. I corridoi rischiarati da candele ci facevano ripensare a come vivevano nei tempi passati. Numerose scene create con luci proiettate sulle pareti di pietra ci riportano a com’era l’abbazia in altre epoche. Non mancano gli intermezzi divertenti, sempre creati con le luci, come lo scheletro che si ricompone poco a poco e gioca con il suo teschio.

Ma ciò che lascia veramente senza fiato è l’ingresso nella chiesa dove ci accolgono le dolcissime note prodotte da un’arpa e dalla sua suonatrice in una navata laterale, l’odore intenso di incenso e una luce spettacolare, questa volta naturale, che arriva da fuori. Sono talmente rapita che non ho la prontezza di riprendere due monaci che in quel momento stanno spegnendo delle candele poste in alto con uno spengimoccolo. La bellezza della chiesa semplicissima con le sue alte arcate, il tetto di legno e le grandissime vetrate azzurrine è veramente superata dalla sensazione di pace e di emozione che ci prende e che sembra accomunare anche le altre persone presenti, che anche se non sono tante, sono tutte in un religioso silenzio a guardarsi attorno emozionate.

Uscendo sull’ampio sagrato, in quel momento inondato da un sole abbagliante, la musica dell’arpa ci segue affievolendosi e viene sostituita dalla voce del vento e dei gabbiani. Respirando profondamente penso che questi sono attimi che non si dimenticheranno tanto facilmente. Siamo molto in alto sulla baia e vediamo la marea arrivare non proprio alla “velocità di un cavallo al galoppo” come recita un adagio perché in questi giorni c’è un coefficiente abbastanza basso, comunque in maniera abbastanza evidente. Ammiriamo il mare che si stende a perdita d’occhio, in quel momento il cielo è di in azzurro sfolgorante e contro di esso si staglia l’alta guglia in arenaria rossa in cima alla quale c’è la famosa statua di San Michele. Non posso fare a meno di pensare a quanto siamo stati fortunati a trovare questo tempo, dopo tante giornate piovose.

Pensiamo di aver fatto il pieno di emozioni, ma ancora non siamo passati all’attiguo chiostro… Miracolosamente in quel momento siamo soli e vedere con tanta serenità uno dei posti più affollati di Francia ci sembra veramente un regalo. Il chiostro è famoso per essere uno dei più alti al mondo con i suoi 80 m. sul livello del mare ed è molto carino con le sue doppie colonne, ma non sarebbe niente di particolarmente eccezionale se ad un certo punto non si aprisse una grande arcata sul mare, che possiamo ammirare scintillante sotto di noi. Effettivamente adesso l’arco è delimitato da uno spesso vetro che arriva fino ai nostri piedi, ma non si può fare a meno di domandarsi se anticamente fosse lasciato senza protezione. Dopo tante foto e riprese passiamo all’ultimo ambiente che si visita, il refettorio, anch’esso molto ampio con grandi panche di legno. Abbandonando l’abbazia ci accompagna ancora una bella musica e deve passare un pò di tempo prima che ci riprendiamo da queste grandi emozioni che abbiamo appena vissuto. Di certo è valsa la pena aspettare tanto, niente di quello che abbiamo visto ci ha deluso, ha anzi superato le nostre aspettative e non posso fare a meno di apprezzare e lodare chi ha realizzato questo bellissimo allestimento e ringraziarli per le emozioni che ci hanno saputo regalare.

Riscendendo le centinaia di gradini, arriviamo alla base dell’isola dall’altra strada, sempre lungo i bastioni e ritornando all’ingresso notiamo che ora non c’è più tanta confusione, quindi questa parte della giornata è assolutamente la migliore per visitare la “meraviglia d’occidente”, come è definito Mont Saint Michel.

Poiché vorremmo fotografare il monte in notturna, dobbiamo fare passare il tempo che ci separa dall’oscurità e ne approfittiamo per cenare, ma siccome i prezzi sono improponibili ci allontaniamo e arriviamo al Mc Donald più vicino; ma tanto il tempo c’è perché quando ritorniamo, intorno alle 10.30 c’è ancora una meravigliosa luce rosata. Notiamo che non siamo gli unici folli che sfidano il freddo e la stanchezza, perché tante altre persone si aggirano con cavalletti e macchine fotografiche impressionanti per catturare tanta bellezza. Alla fine, verso le 11.30, anche se non totalmente al buio, facciamo le nostre belle foto e ce ne torniamo a casa stanchi ma felici.

8° giorno – 14 luglio: Deauville – Trouville – Honfleur – Pont de Normandie – Etretat

Stamattina visiteremo Deauville, un piccolo centro balneare molto alla moda. In città troviamo un vivacissimo mercato all’aperto e al coperto, con bellissime esposizioni di prodotti sia alimentari che di altro genere. Ma la cittadina è famosa per la sua lunga spiaggia di sabbia, lungo la quale ci sono tantissime cabine, ognuna con un nome di attore o regista. Questo perché, soprattutto negli anni ’20 e ’30, era un centro molto frequentato dal mondo del cinema. Oggi è un centro balneare scelto da persone molto benestanti, come si può notare dalle Ferrari e Lamborghini posteggiate lì fuori. Arriviamo poi al porto dove c’è un grande casinò e in quel momento ci sono centinaia di gabbiani che volteggiano alti nel cielo. Alla punta dei due moli ci sono due piccoli fari che si fronteggiano, uno con la punta verde e uno con la punta rossa.

Passiamo poi da Trouville, la cittadina gemella collegata da un ponte a Deauville, ma è appunto solo un passaggio perché è impossibile anche fermarsi.

Decidiamo quindi di passare alla prossima meta che è Honfleur, una cittadina sull’estuario della Senna. Oggi è il 14 luglio ed è festa nazionale. Arrivati in città posteggiamo in un parcheggio a pagamento e per la prima volta paghiamo anche per i bagni pubblici. Avvicinandoci al porticciolo, chiamato Vieux Bassin, ci rendiamo conto che deve esserci qualche festeggiamento particolare perché c’è un mare di gente. Per la gran folla non riusciamo nemmeno ad apprezzare bene il porto che era descritto come il fiore all’occhiello della cittadina, circondato com’è da case dalle belle facciate. Dopo un po’ capiamo in che cosa consiste la competizione. Sulla punta di una pertica posizionata sulla prua di una barca c’è un bandiera francese che i contendenti devono riuscire ad afferrare. Ma la pertica evidentemente è insaponata, perché diversi ragazzi che ci provano cadono in acqua, ad ogni tentativo la gente incita ed esclama a gran voce il suo sostegno. Alla fine, proprio mentre sto riprendendo, un ragazzo riesce a staccare la bandiera e si butta felice in acqua fra le grida festanti dei presenti e le sirene delle barche. E’ stato uno spettacolo inaspettato e siamo contenti di essere in mezzo a tutta quella gente allegra.

Andiamo poi verso il centro, sempre attraverso stradine piene di fascino e di case a graticcio e arriviamo a Rue des Lingots su cui si apre Place st. Catherine. In questa piazza sorge una delle chiese più particolari viste sinora: è la chiesa in legno più grande di Francia, costruita durante la guerra dei Cent’anni, perché le pietre servivano per scopi militari. Il suo campanile, anch’esso in legno, è stato costruito dall’altra parte della piazza, nel timore che qualche fulmine potesse colpirlo e incendiasse così anche la chiesa. Ma a quanto pare gli incendi li hanno risparmiati per oltre sei secoli, così che ancora oggi possiamo ammirare questa semplice chiesa con le sue vetrate colorate e il suo intenso profumo di legno che ti colpisce non appena entri. Girovagando ancora per il paesino che oggi, complice la giornata di festa, è veramente molto affollato, vediamo tanti laboratori d’arte, perché anche qui numerosi pittori, da Courbet a Monet, si sono fatti ispirare da queste belle ambientazioni. Mi colpisce particolarmente uno di questi laboratori ospitato in una casa a graticcio color lavanda con una simpaticissima mucchina bianca e nera in legno posta davanti l’atelier. Ce ne andiamo un po’ frastornati per la gran quantità di gente, ma certamente siamo concordi sul fatto che la fama di Honfleur come uno dei borghi più belli di Francia ( o ville de caractère come li chiamano loro) è meritata.

Adesso ci avviamo verso il Pont de Normandie, uno dei più famosi del mondo perché è il ponte sospeso (strallato in termini tecnici) più grande d’Europa. Scavalca la Senna salendo a 59 m. di altezza con la sua “schiena di gatto “ inarcata e collega la Bassa e l’Alta Normandia. Lo vediamo da lontano e pensiamo che prima di salirvi ci sia una piazzola per potersi fermare, ma non è così. Ci ritroviamo sopra senza neanche accorgercene e in effetti non ci si rende tanto conto di salire così in alto. Finito il ponte si paga un pedaggio di 5 € e dopo c’è la possibilità di fermarsi per ammirare l’opera di ingegneria appena percorsa.

La prossima chambre si chiame “La Desirée “ ed è comprensibile che si possa desiderare un posto così carino, a cominciare dal bellissimo giardino con prato all’inglese, fiori su fiori e un enorme ciliegio che cosparge il prato sottostante dei suoi frutti. Al nostro appartamento si arriva tramite una scaletta esterna ed è anch’esso molto carino. Non così potrei dire della padrona di casa che non è il massimo della gentilezza in quanto appena arrivati ci redarguisce dicendoci di non fare troppo rumore perché gli ospiti del piano di sotto si potrebbero lamentare. Mah! Comunque non ce la prendiamo più di tanto perché la nostra attenzione è tutta rivolta alla bellissima Etretat che non vediamo l’ora di raggiungere. Sono circa le 7 e vorremmo vedere il tramonto. Trovare posteggio però non è facile e solo dopo mezz’oretta riusciamo a lasciare la macchina piuttosto lontano dalla spiaggia. Ma quando arriviamo siamo ricompensati perché ciò che vediamo è davvero spettacolare. Una bella spiaggia di ciottoli è delimitata da un lato e dall’altro da bellissime falesie bianche: sulla destra la falesia D’Amont che forma in piccolo arco, mentre sulla sinistra la più stretta falesia D’Aval con la sua forma slanciata ci ricorda un elefante che tuffa in mare la sua proboscide, come disse lo scrittore Guy de Maupassant. Oltre quest’arco si intravede un faraglione appuntito chiamato l’Aguille. Scendiamo sulla spiaggia e passeggiamo un po’, beandoci di tanta bellezza. Ci sono due percorsi che salgono verso le due falesie fino a 85 m., chiaramente entrambi piuttosto impegnativi in termini di tempo. Purtroppo mio figlio ha un po’ di febbre e non si sente di affrontarli, così rimaniamo un altro po’ a guardare alcuni coraggiosi che nonostante l’ora tarda e i 18° fanno il bagno. Tornando alla macchina cerchiamo la strada per salire alla cappella di Notre Dame de la Garde da cui si può vedere tutto dall’alto. Il navigatore ha un po’ di difficoltà ma alla fine troviamo la strada e arriviamo a un posteggio proprio a un passo dalla chiesetta. Il panorama è davvero incredibile e rimaniamo tanto tempo ad ammirarlo. Aspettiamo un po’ e alla fine si libera la panchina da cui comodamente ci godiamo ancora la vista. Purtroppo il tramonto tarda ad arrivare e per la grande stanchezza rinunciamo ad aspettare. E’ un vero peccato perché arrivando a casa dopo un’oretta il tramonto ci regala un bellissimo spettacolo.

9° giorno – 15 luglio: Fécamp – Jumièges – Rouen

Oggi è il nostro nono giorno di viaggio e la stanchezza comincia a farsi sentire un po’ troppo, ma nonostante tutto cerchiamo di goderci al massimo gli ultimi due giorni. La colazione si svolge nella casa principale e non possiamo fare a meno di sorridere sulla mania della padrona di casa per i papaveri, che sono raffigurati ovunque giriamo lo sguardo, tavolini, sedie, posate, piatti, quadri; una vera ossessione! Comunque la colazione, completa di crêpes appena fatte, è veramente buona.

Ci avviamo verso il paesino di Fécamp, dove ci sono le falesie più alte di tutta la Normandia che arrivano a 126 m. di altezza. Ciononostante non c’è proprio paragone con quelle di Etretat, perché sono delle semplici rocce bianche che arrivano dritte sul mare. Facciamo una breve passeggiata e arriviamo al Palais Bénédectine, un edificio con una bella scalinata doppia, dove si distilla un amaro che sembra essere molto famoso nel mondo, ma di cui noi non abbiamo mai sentito parlare. Dall’altro lato della strada un gigantesco alambicco fa capire che invece la produzione di questo amaro, che ha una lunga storia alle spalle, è molto importante per questa zona.

Adesso dovremmo raggiungere Rouen, che dista poco più di un’ora di strada, ma in un racconto di un altro Tpc ho letto una cosa che mi ha molto incuriosito: l’attraversamento della Senna in battello. Per farlo bisogna allungare di un po’ il tragitto, ma è una cosa che mi intriga molto e quindi decidiamo di provarci. Impostiamo il navigatore in direzione Mailleraye sur Seine, ma attraversiamo il fiume con il ponte di Brotonne ; delusi, siamo convinti di non averlo trovato, ma dopo aver attraversato la foresta del parco nazionale di Bretagna, con dei bellissimi tratti in mezzo a un bosco molto fitto, arriviamo a Heurteauville e ci fermiamo in coda ad altre macchine. Il piccolo traghetto sta arrivando e in pochissimo tempo ci imbarchiamo, dopo aver ammirato un idilliaco paesaggio con il Bar du Passage; in un minuto esatto siamo dall’altra parte della Senna, il tutto gratuitamente, sperimentando una cosa che non mi era ancora capitata e che mi è piaciuta moltissimo. So che ci sono anche altri posti dove offrono questo servizio, per oltrepassare le varie anse del fiume e evitare la costruzione di ulteriori ponti.

Arriviamo anche all’abbazia di Jumièges, risalente al 1067 e di cui restano delle rovine molto suggestive. Restano in piedi le torri gemelle alte 46 m. e sono molto belle da vedere. Nella stradina per arrivare all’abbazia mi colpisce l’insegna dell’ufficio postale che è veramente molto carina con il postale trainato da cavalli. Da loro è molto viva questa tradizione delle insegne in ferro battuto, cosi come ne avevo viste tante in Baviera, e alcune sono dei veri capolavori. Proseguiamo per Rouen, ma prima la ammiriamo, dal punto panoramico di Canteleu, da dove si vede bene la grande città della famosa cattedrale adagiata su un’ansa della Senna.

Arriviamo a Rouen, posteggiando in un parcheggio a pagamento proprio alle spalle della cattedrale di Notre Dame (5 € per 4 ore circa), la cui facciata risale al 1200, mentre le due torri sono di epoche differenti. Molto bella anche questa cattedrale gotica, anche se non mi ha colpito particolarmente. Sono rimasta invece impressionata dalle foto delle distruzioni in seguito ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e da come è stata ben ricostruita. All’interno c’è anche la tomba di Riccardo cuor di Leone. Mi hanno invece meravigliato le piccole dimensioni della piazza antistante. Continuando vediamo la chiesa di Saint Maclou e anche l’atrio, le cui pareti sono tutte decorate da ossa incrociate e teschi, simboli del Memento mori, a ricordare il fatto che durante la peste del 1348 fu usato come cimitero. Continuiamo il nostro giro e vediamo la Rue du Gros Horloge, dove si può ammirare il notissimo orologio con due facce dai due lati dell’edificio, molto bello nelle sue decorazioni rosse da un lato e nere dall’altro, con un topolino dorato alla punta della lancetta. Arriviamo anche al punto dove fu messa al rogo Giovanna d’Arco, segnalato da un semplice cartello. Nella piazza del mercato nel medioevo venivano eseguite tutte le condanne capitali e nel 1431 anche lei vi trovò la morte, tranne essere riabilitata con cerimonia solenne dopo una ventina d’anni. Nella piazza sorge oggi una grande chiesa moderna dagli interni molto belli con le sue vetrate colorate e il tetto in legno.

La nostra ultima chambre è La Gourmandine e appartiene ad una giovane coppia troppo simpatica, Caroline e Davy Lefebvre, che ci invitano a fare come se fossimo “chez nous” e ad approfittare del giardino e delle altalene. Quello che ci danno è un ampissimo appartamento con sei posti letto con vista sul giardino e così concludiamo veramente in bellezza la nostra esperienza con questo tipo di ospitalità. Per la sera avevo programmato di tornare a Rouen per vedere lo spettacolo “Monet aux pixels”, dove con luci e musica i dipinti di Monet vengono proiettati per mezz’ora sulla facciata della cattedrale, ma purtroppo dopo un democratico consiglio di famiglia rinunciamo: il resto della truppa non è disposto a fare un passo in più e così ripieghiamo su un pollo arrosto consumato nella nostra bellissima chambre.

10° giorno – 16 luglio: Versailles

Stamattina piove e ci dispiace davvero lasciare questa bellissima chambre col brutto tempo. In sala da pranzo notiamo una carta geografica del mondo con tanti spillini e il nostro ottimo ospite ci spiega che sono i luoghi da cui provengono gli ospiti della sua chambre. Naturalmente chiede anche a noi la provenienza e prontamente mette lo spillino su Palermo. L’idea ci è piaciuta così tanto che al ritorno l’abbiamo copiata e adesso in corridoio abbiamo una bella carta dell’Europa con tutti i posti visitati. Al ritorno da ogni viaggio siamo davvero ansiosi di “conquistare” un’altra nazione! A rafforzare la buona impressione, Davy ci regala anche una bottiglia di sidro prodotta con le sue uve. Ma che gentile! Salutiamo lui e la moglie veramente felici di averlo scelto.

Arriviamo a Versailles verso le 10.00 e sotto la pioggia facciamo circa due ore di fila prima di entrare. Naturalmente non dirò nulla sulla reggia e le sue bellezze perché sin troppo nota. Qualcosa invece voglio dirla sulla pessima organizzazione delle visite, perché non c’è possibilità di vedere niente con l’attenzione che merita. La folla di turisti è veramente eccessiva, non si riesce neanche ad avvicinarsi agli oggetti in mostra, nonostante l’immensità dei saloni vieni travolto dalla gente che ti spinge. Penso che una turnazione sarebbe possibile per rendere un pochino meno caotica la visita.

Insomma, da un sito che viene visitato da tutto il mondo ci si aspetterebbe una maggiore organizzazione. Quando usciamo continua a piovere, ma avendo già acquistato i biglietti anche per i giardini ci avviciniamo. Notiamo con disappunto che, nonostante abbiamo pagato un prezzo maggiorato per i giochi d’acqua, in quel momento sono spenti e poi scopriamo che le fontane vengono accese un’ora di mattina e un’ora di pomeriggio per cui li abbiamo soltanto intravisti dalle finestre mentre visitavamo la reggia. Insomma, veramente indisposti decidiamo di non completare la visita dei giardini e ce ne andiamo molto delusi; di certo la visita di 20 anni prima era stata molto diversa e sicuramente più apprezzata. Mi dispiace davvero che l’ultima tappa sia stata una nota negativa, alla fine di quello che invece è stato un viaggio veramente fantastico.

Adesso la nostra strada continua per Disneyland, dove trascorreremo quattro giorni di divertimento puro; ma questa… è tutta un’altra storia! Tirando le somme anche questo viaggio è stato assolutamente meraviglioso e ci ha regalato così tante sensazioni indimenticabili che la lista dei posti da non perdere assolutamente sarebbe troppo lunga per cui ve li consiglio tutti in blocco.

Qui di seguito trascrivo alcuni indirizzi internet che mi sono stati indispensabili per tracciare l’itinerario

Www.normandie-tourisme.fr/sito-normandia-109-6.html

Www.france-voyage.com/it/

Www.france.fr

Questi invece gli indirizzi dei nostri alloggi

Www.moulindelarenne.fr E’ l’albergo vicino a Chenonceau dove abbiamo soggiornato in viaggio di nozze e che da poco ha di nuovo cambiato gestione. Consigliato.

Www.hotel-du-relais-79.com Albergo in periferia molto economico vicino lo zoo di Doué la Fontaine. Consigliato

Www.kerverh.fr La nostra prima chambre d’hôtes e una fra le migliori con una padrona di casa davvero in gamba e disponibile. Buona la colazione. Vicino Carnac. Consigliatissimo.

Www.villa-leshortensias.com. Una villa elegantissima immersa in un bellissimo scenario. Disponibile la proprietaria e ottima la colazione. Vicino la Pointe du Raz. Consigliato.

Www.chambresdhoteslakerandiere.com Una buona sistemazione anche se non con bagno in camera, l’unica in cui il bagno era a mezza rampa di scale di distanza; nessun inconveniente perché eravamo i soli occupanti. Buona la colazione. Vicino la Costa di Granito Rosa. Consigliato.

Www.beausoleil22130.com Una delle sistemazioni più modeste anche se abbastanza economica con una padrona di casa piuttosto invadente. Vicino Dinan. Non molto consigliato.

Www.lacourhorlande.com Non è stata certo fra le sistemazioni preferite, nessun fascino particolare. Colazione piuttosto scarsa, padrona di casa anonima. Vicino Mont Saint Michel. Non molto consigliato

Www.la-desiree.com Sistemazione molto carina, bel giardino, ottima la colazione, un po’ antipatica la proprietaria. Vicino Etretat. Consigliato.

Www.gourmandine76.com Insieme alla Maison Kerverh la migliore sistemazione del viaggio. Camera ampia, proprietari gentilissimi, colazione ottima. Vicino Rouen. Consigliatissimo.

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