Okavango & Moremi: il Paradiso della natura

Di Giampiero e Arianna (gfumel@tiscali.it) I cinque giorni trascorsi in Botswana fanno parte del brevissimo ma indimenticabile viaggio (comprensivo di tre giorni nel meraviglioso Namib Desert, in Namibia) fatto tra il 5 ed il 15 luglio 2003 a completamento del nostro viaggio di nozze del 2002 (che aveva toccato Zimbabwe, Sud Africa, Swaziland e...
Scritto da: giampierofumel
okavango & moremi: il paradiso della natura
Partenza il: 05/07/2003
Ritorno il: 15/07/2003
Viaggiatori: in coppia
Di Giampiero e Arianna (gfumel@tiscali.It) I cinque giorni trascorsi in Botswana fanno parte del brevissimo ma indimenticabile viaggio (comprensivo di tre giorni nel meraviglioso Namib Desert, in Namibia) fatto tra il 5 ed il 15 luglio 2003 a completamento del nostro viaggio di nozze del 2002 (che aveva toccato Zimbabwe, Sud Africa, Swaziland e Mauritius). Un’esperienza speciale, che raccomandiamo a chiunque abbia come principale obiettivo un contatto unico e straordinario con la natura e con gli animali. Dal racconto potrà anche essere tratta qualche informazione concreta, che speriamo utile; potrete comunque contattarci per saperne di più al nostro indirizzo di posta elettronica sopra indicato.

Il viaggio è stato organizzato (ed adeguatamente personalizzato) insieme al tour operator “Maxitraveland” in Roma. Il trasferimento Partiamo in macchina da Windhoek verso l’aeroporto alle ore 7.30, dove cambiamo qualche dollaro namibiano nella valuta del Botswana (pula) per le piccole spese. La prima sorpresa è che, essendo solo 10 passeggeri diretti a Maun, ci imbarcano su un piccolo velivolo per 12 posti anziché su un aereo di linea di dimensioni normali. Conseguentemente il volo, anziché durare 50 minuti, dura 2 ore e 15 minuti, ma in assoluta tranquillità, e quando l’aereo atterra a Maun (che dall’alto appare come un paesotto fatto di edifici bassi e sparpagliati senza alcun apparente ordine), scopriamo dal corrispondente della “Crocodile Camp Safaris” che ci attende all’aereoporto una seconda sorpresa: non andremo più al Semetsi Camp (la destinazione prevista) bensì al vicino Gunn’s Camp. Ci dicono che siamo stati fortunati, perché il campo è più bello del Semetsi, ma qualche perplessità ci resta, soprattutto perché abbiamo impiegato tanto tempo a scegliere il Campo su internet prima di partire. Ma tant’è, pare che qui i cambiamenti di programma siano frequenti e del resto bisogna aspettarsi di tutto … ! L’aereo che prendiamo a Maun è un Cessna a 5 posti (compreso il pilota, un ragazzino), ma l’emozione del trasferimento sull’Okavango prende il sopravvento facilmente su qualche piccola, chissà se legittima, preoccupazione. Siamo in 4, noi, il pilota ed un enorme ragazzo americano in canottiera che assomiglia a Hulk e che, sistematosi davanti a bordo, afferra una leva accanto al pilota ed inavvertitamente la spezza…Va bene, decolliamo. Il piccolo aereo si muove parecchio, oscilla e ha dei vuoti d’aria, ma piano piano si avvicina ai primi canali creati dal fiume e la vista è splendida perché vola relativamente basso. Si vedono nitidamente branchi di animali nell’acqua o sulla terraferma, ma è dura fare foto perché l’aereo e lo stomaco si muovono parecchio … E’ una grande emozione, ed è difficile descrivere quello che certe immagini ti lasciano dentro. Atterriamo … anzi no, a 30 centimetri dal suolo il pilota decide che potrebbe non essere il caso … e risolleva il trabiccolo in aria (!!), per poi girare su se stesso e riprovare la manovra, questa volta con successo. Ci spiegherà che un’improvvisa folata di vento aveva consigliato il ripensamento .

Al Gunn’s Camp Presso la pista di atterraggio ci vengono ad accogliere Ron e Sue, i gestori del Gunn’s Camp, che ci offrono da bere e poi ci fanno vedere la nostra tenda ed il resto del Campo, che non è recintato e quindi si trova nel bel mezzo della vegetazione e di fronte all’acqua. Anche la tenda è posizionata proprio di fronte all’acqua dei canali, è ampia e ammobiliata, con veri letti, ed il bagno è esterno alla tenda, protetto solo per due terzi da muratura. Tutto molto bello ma … se si dovesse andare in bagno in piena notte siamo sicuri che non c’è rischio ???? La sensazione è di pace assoluta, e la bellezza della vista riempie il cuore e toglie ogni stanchezza. Capiamo subito che arrivare fino a qui è stata una scelta felice, a prescindere dagli animali che vedremo o che non vedremo. Qui non esistono macchine, ti muovi solo a piedi ed in mokoro (le tradizionali canoe utilizzate per la navigazione nei canali), e più che altrove ti senti parte ed ospite di una natura viva e presente in ogni momento. A cominciare dal pipistrello che, a testa in giù, ci accoglie penzolando dalla parte interna della tettoia di legno sovrastante la nostra tenda. No telefoni e no telefonini.

Al Campo ci sono 7 tende ben distanziate l’una dall’altra, e bisogna percorrere circa 100 metri fino alla struttura rialzata in legno davanti al fiume, dove c’è uno spazio per chiacchiere, relax e per bere qualcosa davanti ad un panorama unico, e un altro spazio dove si mangia, tutti insieme alla luce delle candele. E’ bello condividere con gli altri le esperienze fatte, l’inglese (almeno masticato) è necessario.

Nel pomeriggio ci godiamo l’atmosfera meravigliosa del posto e chiacchieriamo con Ron e Sue. Ci dicono che il Lariam (le pasticche per la profilassi antimalarica che abbiamo per cautela deciso di propinarci anche quest’anno) potrebbe essere la causa del malessere che da qualche giorno avverte Arianna: ci dicono di essere decisamente contrari a questo farmaco, che è troppo forte (viene usato non solo come profilassi ma anche per curare la malaria) ed anche inutile in quanto non pone al riparo dai rischi di contrarre la malattia. Scende il sole (relativamente presto perché è inverno), il tramonto sull’acqua è spettacolare, la cena ottima, piacevolmente passata in compagnia di una simpatica coppia di francesi e di un gruppo di 8 belgi.

Non sembra ci siano zanzare (sempre perché è inverno). Ci si prepara alla notte…

Notte al Gunn’s Camp La notte fra il 9 ed il 10 luglio al Gunn’s Camp resterà indimenticabile.

Pur essendo stati in Africa l’anno scorso, ed aver passato alcune notti in una stupendo lodge di un’altrettanto stupenda riserva privata nel Kruger Park, l’esperienza della tenda in un campo non recintato nell’Okavango è senz’altro unica, perché ti senti fisicamente dentro la natura, con tutto quello che ne consegue in termini di suoni, rumori ed emozioni.

Eravamo stanchi, quindi ci siamo addormentati presto ma altrettanto presto ci siamo ritrovati nel buio ad ascoltare i suoni provenienti da fuori, ed in particolare il caratteristico e rumoroso verso degli ippopotami usciti dall’acqua per mangiare. Non si può spiegare, ma lentamente (e neanche troppo) ti assale un senso di emozione mista a timore, che ti fa pensare di non essere proprio al sicuro fra le fragili pareti di una tenda nel bush; cominci a chiederti (molto a bassa voce) se quel rumore poteva essere questo o quell’animale, se quel verso era davvero così lontano oppure … Poi, quando senti il sordo ruggito dei leoni, la paura è il sentimento dominante, e ti chiedi se, forse, non sarebbe stato meglio avere un altissimo muro di cemento intorno alla tenda piuttosto che il nulla più assoluto a protezione… Alle 4.00, sveglissimi ed ovviamente già bisognosi di andare in bagno (…Che è fuori), sentiamo un rumore di foglie calpestate, lento, vicino … sempre più vicino. Un ippopotamo, penso ed in fondo spero perché è l’unica presenza che ritengo plausibile (piuttosto non voglio pensare ad altro). Vero terrore. Il rumore è sempre più vicino, si sentono rami tirati, spezzati, e la sensazione è che sia qualcosa di grosso. Non osiamo accendere la torcia né muovere un muscolo, e preghiamo che qualsiasi cosa si trovi davanti alla nostra tenda se ne vada prima possibile… Alle 6 il bisogno di andare in bagno è insopprimibile, e sono 3 o 4 minuti che non sentiamo più il rumore… Apriamo la chiusura lampo posteriore della tenda e faccio uscire con molta cautela la testa (ovviamente mi è tornato in questo momento alla mente ciò che avevo letto una settimana prima sulla “Lonely Planet”, e cioè che poco lontano da qui due anni fa un turista che dormiva fuori da una tenda è stato aggredito dalle iene …), vado e torno in 30 secondi, lasciando il posto ad Arianna. Sorveglio il davanti dalla tenda e … A tre metri dall’entrata anteriore, nel piccolo spiazzo davanti all’acqua, vedo nel primo chiarore del giorno che nasce un enorme elefante intento a sradicare piante !! In preda ad un insano e irrazionale panico rientriamo rapidamente nella tenda, ma poi ci calmiamo quasi subito, e sbirciamo la scena aprendo, anche se non completamente, la tenda davanti. Adesso, mentre tutto rischiara e gli uccelli fanno sempre più casino, e l’elefante si sposta fuori dalla nostra visuale, possiamo dirlo: che notte meravigliosa…

E solo a colazione, quando raccontiamo tutto a Ron e agli altri ospiti (i ragazzi francesi pure hanno ricevuto la visita dell’elefante), ci dicono che esiste un filo di acciaio, quasi invisibile, intorno alla zona tende, posizionato ad altezza elefante, proprio per impedire solo a questo enorme bestione di provocare danni magari non voluti. Saperlo prima forse ci avrebbe un po’ tranquillizzato, ma sicuramente è stato meglio così … Attività al Gunn’s Camp La mattina fa decisamente fresco (felponi di pile obbligatori) e scivolando sull’acqua in mokoro con il nostro pooler (che si fa chiamare Sallypito), decine di insetti volanti ti tengono compagnia: assomigliano in modo imbarazzante a zanzare, ma la guida ci tranquillizza ed in effetti non ronzano nelle orecchie e non pungono… e dopo un po’ non ci si fa più caso. Dobbiamo dire che temevamo molto l’escursione in canoa perché ci avevano terrorizzato con la storia dell’irascibilità e della pericolosità degli ippopotami, e raccontato storie di grossi problemi avuti da turisti chissà dove e chissà quando lungo le acque dei canali. Ed effettivamente Sally ci conferma che è tutto vero, ma le acque qui sono così basse che un ippopotamo lo si vedrebbe da lontano,soprattutto se enorme come quello che ieri abbiamo avvistato dalla terrazza del campo.

Ecco, questo è un altro momento straordinario. Il mokoro va, io e Arianna con la macchina fotografica guardiamo sui due lati dei canali, dove a differenza di altri posti i papiri e la vegetazione sono bassi e permettono di vedere benissimo le sponde e la vita che le abita. E’ una posizione privilegiata per osservare vivere la natura dal di dentro. Una giraffa, una iena che scappa con qualcosa in bocca, gruppi di lici rossi, di impala, di zebre, di facoceri, un gruppo di babbuini che per attraversare l’acqua la saltano con grandi balzi, tantissimi uccelli diversi che la nostra guida individua da lontano e da vicino con la stessa rapidità e ci aiuta a ritrovarli nella nostra piccola guida degli animali dell’Okavango… Poi l’acqua … finisce (oggi arriva a questo punto, domani avrà proseguito per un altro po’ il suo corso …), parcheggiamo la canoa e… Proseguiamo a piedi nella savana, parlando con Sally e chiedendo informazioni su come comportarsi in caso di incontri pericolosi … Ma è inutile, lui non ha armi e dobbiamo fidarci … Le passeggiate nel bush sono un’esperienza da fare, non ricapiterà facilmente di trovarsi così a stretto contatto con quei posti che sognavamo sin da bambini e che avevamo potuto vedere solo nei documentari alla TV. Torniamo al campo, in compagnia del richiamo inconfondibile della fish eagle dal collo bianco, tipica di qui, e degli altri suoni, odori ed immagini dell’Okavango.

La tarda mattina ed il primo pomeriggio si sta veramente bene, in maniche corte, l’atmosfera al campo è rilassante e rilassata, c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire e da apprezzare per chi non è venuto qui con l’idea di vedere per forza leoni, leopardi e ghepardi … Che ci sono pure ma che è più difficile trovare (si tratta pur sempre di isole e isolotti creati dall’acqua del fiume). Un consiglio agli appassionati dei grandi felini, che ci sentiamo di dare, è quello di passare qualche giorno nella Moremi Game Riserve per avere più possibilità di successo negli avvistamenti durante i game-drives, ma di non rinunciare a qualche giorno nel paradiso dell’Okavango per un contatto assoluto con la natura più vera.

Nell’escursione pomeridiana in mokoro il pooler ci ha portato nei canali dove l’acqua è più profonda, ed abbiamo avvertito un pochino di disagio soprattutto quando un grosso ippopotamo ci ha fatto chiaramente intendere di non avvicinarsi di più al suo territorio: a parte questo episodio, la gita ci ha riservato altri e numerosi incontri con animali di ogni tipo ed in particolare con uccelli meravigliosi quali il martin pescatore, il bee-eater, l’african jacana con le sue uova deposte in un piccolo nido direttamente nell’acqua, fra le canne in mezzo al canale, aironi, aquile marziali e tanti tanti altri… A cena, fra le tante cose buone e normali che abbiamo mangiato, ci è stato “imposto” di assaggiare gli spiedini di coccodrillo… Ci siamo sforzati, ma la carne, un incrocio fra pollo e pesce spada, è risultata addirittura buona ! La seconda notte è più tranquilla.

Moremi Game Riserve – Camp Okuti Non avremmo voluto lasciare l’Okavango, ma l’11 luglio un altro piccolissimo Cessna ci ha portato nella poco lontana (20’ di volo) Moremi Game Riserve, e di lì una land rover ci ha accompagnato a Camp Okuti, dove abbiamo trascorso gli ultimi due giorni del viaggio. Dall’aereo, una mandria impressionante di oltre 2000 bufali (così ci è stato detto, non si potevano contare !) ci ha regalato un’altra immagine pazzesca dell’Africa.

L’accoglienza, pur cordiale, non ci ha entusiasmati, perché i gestori del campo sembravano un po’ annoiati e ci hanno confessato di non essere molto felici di trovarsi là … Anche l’impatto con la nostra guida per i safari, Brown, non è stato dei migliori, avendo subito gelato le nostre timide domande su quali animali avremmo avuto più chances di vedere … I bungalow sono carini, e si mangia bene, anche se non sono queste le cose che più ci premono… e comunque ci si sente molto meno dentro l’ambiente che non al Gunn’s Camp, anche se vicino c’è un canale, con papiri e canne altissime, che porta alla laguna Xanakaka, dove volendo potremo andare in barca al tramonto.

In ogni modo chissà, magari saremo fortunati … L’esperienza del “game drive” sulle Land Rover scoperte è sempre bellissima, anche se l’impatto emotivo della prima volta (l’anno scorso) fu più emozionante. C’è la possibilità di vedere un numero esagerato di animali, e l’enorme Moremi Game Reserve è formata da ambienti di vegetazione estremamente vari e diversi fra loro. Questa è la principale differenza, dal punto di vista dell’ambiente, che riusciamo a notare rispetto alla piccola parte del Kruger Park che abbiamo visitato la scorsa estate. Altre due significative differenze rispetto alla riserva privata di Sabi Sabi riguardano la conduzione del safari: da una parte in Botswana le regole governative sono molto più rigide, nel senso che è severamente vietato uscire con la macchina dalle piste appositamente tracciate, e non si può partire prima dell’alba e tornare dopo il tramonto. Dall’altra la preparazione e la bravura dei rangers non è paragonabile, a Sabi Sabi sono eccezionali in tutto e per tutto.

Qui, dunque, niente inseguimenti di animali in caccia di notte nel bush, ma apprezziamo senz’altro il maggiore rispetto per la natura e forse anche la maggiore prudenza (ciò nonostante, finisco nella melma fino al ginocchio per essermi avventatatamente inoltrato a scattare delle foto in una gigantesca pozza di fango… Che credevo completamente essiccato…).

C’è una tale abbondanza di animali che non ci si annoia di sicuro. Le mandrie di elefanti con piccoli al seguito regalano splendide immagini alla nostra vista, e così gli altri erbivori, le scimmie e gli uccelli. E i felini ??? Il nostro Brown è in fissa per i leoni, ed ogni suo sforzo è concentrato per seguire le loro tracce e per consentirci di vedere almeno questi splendidi animali, che sono presenti, si dice, in buon numero. Gli spazi sono veramente immensi, a volte uno si chiede come si fa a vedere animali che potrebbero essere nascosti alla nostra vista dall’erba alta anche se stanno a un metro dalla macchina … Le parole di Brown che riecheggiano nelle nostre orecchie sono: “No lions today”, “I think they are somewhere in the bush”, e ancora “It’s too windy, no lions today, may be tomorrow”. Noi cerchiamo di fargli capire che non fa niente, che apprezziamo i suoi tentativi, ma il pomeriggio del 12 luglio capiamo che può essere la volta buona e rinunciamo al previsto giro in barca per continuare il nostro safari in macchina.

Nel tardo pomeriggio scoviamo ben 5 leonesse chiaramente a caccia. Si nascondono nell’erba alta, avanzano in controluce una dietro all’altra, muovendosi con passo lento e fermandosi spesso. Hanno sicuramente avvistato una preda, ma noi non la vediamo; siamo a circa 50 metri, con il motore spento, due o tre leonesse scompaiono dalla nostra vista, poi ne ricompare una, scatto foto.

All’improvviso, esattamente come in un documentario, nell’inquadratura compare un lici maschio (una antilope di dimensioni medio-piccole). Ci sentiamo gelare il sangue, Arianna mi cede la cinepresa sussurrando che non intende guardare, io resto paralizzato con la macchina fotografica in una mano e la videocamera nell’altra quando tre leonesse scattano insieme verso l’antilope, attraversando una enorme pozza d’acqua che rende la scena ancora più bella. L’antilope schizza in un lampo e con balzi prodigiosi a zig zag semina le leonesse che restano con un palmo di naso. E’ durato un attimo, qualche secondo appena, ma non credo sia facile partecipare ad una scena simile in un’esperienza di due giorni, e l’emozione è fortissima, così come la soddisfazione per lo scampato pericolo per il lici… Dopo pochi istanti, le 5 leonesse sfilano, una dietro all’altra (visibilmente deluse) a tre metri dalla nostra macchina, una sola ci degna di uno sguardo, ma del resto la macchina non viene percepita da questi animali come una possibile preda o come un pericolo.

Saremmo più che soddisfatti, soprattutto dopo aver visto e ripreso una mamma elefante con il suo meraviglioso piccolo attraversare la nostra pista, ma la vera sorpresa è riservata per il giorno successivo, quello della partenza e quello del nostro primo anniversario di matrimonio.

La mattina del 13 luglio siamo un po’ tristi perché ci attende l’ultimo game-drive: Brown ci porta lontano (un’ora e mezza di macchina) per vedere due specchi d’acqua popolati da un numero enorme di coccodrilli che pigramente sono stesi sulle rive o entrano ed escono dall’acqua. Purtroppo (dal punto di vista dell’osservazione e della fotografia) la nostra solerte guida si tiene a debita e forse per noi eccessiva distanza dai rettili, perché il Governo impone di non avvicinarsi e disturbare troppo gli animali.

Lungo il tragitto vediamo tanti altri animali, anche se i ghepardi che Brown aveva in animo di farci avvistare … chissà dove sono ! Una rapida sosta al campo per preparare le borse, e risaliamo sulla Land Rover per i 15 minuti di strada che ci separa dalla pista di decollo e atterraggio del Cessna che ci riporterà a Maun…

Ed ecco il regalo per il nostro anniversario ! Non ci vogliamo credere, ma una femmina di leopardo ci precede lentamente lungo la pista di terra bianca. E’ l’animale che più in assoluto avremmo voluto vedere, è la prima volta che questo splendido e riservatissimo animale si lascia ammirare. Lo seguiamo ad andatura ridottissima, fermando ogni tanto la macchina per non disturbarlo. Poi si gira, entra nel bush, ed il suo mantello che sul bianco della pista risalta in modo incredibile, si confonde nel colore dei cespugli. Ma è lì, vicino, adesso frontalmente, quando improvvisamente ha uno scatto verso un albero dove tenta di abbattere un uccello francolino. Poi ancora si gira e viene verso la nostra macchina, sempre più vicino. Si ferma e ci guarda dritto negli occhi, o meglio, nelle lenti del mio zoom. E’ un’immagine fantastica. E’ l’immagine che ci terrà compagnia nel volo verso Maun, e che ancora oggi, rivedendo le fotografie, ci fa rivivere una delle tante bellissime emozioni provate, ed il senso di libertà, speciale ed unico, che questa terra africana ci ha regalato.



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