Boa Vista, dove il deserto incontra l’oceano

Qualche giorno sull'isola tra escursioni e (poco) mare
Scritto da: kytuya
boa vista, dove il deserto incontra l'oceano
Partenza il: 04/04/2012
Ritorno il: 11/04/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Quest’anno i pochi giorni di ferie a cavallo di Pasqua ci hanno obbligato a scegliere una meta non troppo lontana da casa e così abbiamo acquistato un last minute sul sito dell’alpitour con destinazione Boa Vista, isola di Capo Verde nota per essere ancora selvaggia e poco edificata.

04/04/2012

Partiamo alle 07:00 con un volo Neos da Milano Malpensa e in sei ore arriviamo puntuali a destinazione (l’ora locale è -3 ore rispetto all’Italia). Per le undici siamo già in hotel, il Royal Decameron, che dista solo dieci minuti d’auto dal piccolo aeroporto di Rabil. Ci sistemiamo in una camera spaziosa con un balconcino che si affaccia sulla spiaggia di Chaves: il panorama è stupendo! Dopo pranzo ci mettiamo subito in marcia: dobbiamo raggiungere Pier Giorgio Scaramelli, grande maratoneta italiano trasferitosi da più di dieci anni a Sal Rei. Nei mesi precedenti lo abbiamo contattato per accordarci per fare un paio di escursioni con lui e ora non resta altro da fare che conoscerci. Camminiamo verso nord lungo la spiaggia e in un’ora e mezza raggiungiamo il capoluogo. La nostra passeggiata è davvero stancante, non tanto per i 7 chilometri che ci separano dalla meta, quanto per il vento forte che soffia in direzione opposta e per la sabbia in cui affondiamo ad ogni passo. Pier ci accoglie nel suo b&b “Criola” e, con una carta di Boa Vista alla mano, ci spiega le tappe dei percorsi che intende proporci. Si tratta di due itinerari ad anello molto interessanti che ci fanno immediatamente capire quanto il nostro interlocutore sia un esperto conoscitore dell’isola, delle sue tradizioni, caratteristiche naturali e geomorfologiche. Rimarremmo ore ad ascoltare le sue spiegazioni e anche i racconti delle sue maratone ma ben presto la stanchezza del viaggio si fa sentire e decidiamo di ritornare in hotel, questa volta in taxi (la corsa costa 10 euro).

05/04/2012

Dopo aver fatto colazione ed esserci fatti preparare un pasto al sacco, andiamo sul piazzale antistante l’hotel e scattiamo alcune foto all’arido paesaggio che caratterizza l’interno dell’isola. Verso le nove e mezza arriva il pick-up che ci porterà a spasso per Boa Vista: a bordo ci sono Pier, la sua compagna Giordana e altri due ragazzi che soggiornano al B&B Criola. L’autista è Eusebio, un capoverdiano originario di Fogo trasferitosi a Boa Vista per lavoro a cui chiediamo ogni curiosità sulle abitudini e le tradizioni dei locali. Percorriamo la cosiddetta rue pittoresca, una tipica strada in pavé, e ci addentriamo nel cimitero delle palme: le piante sono morte a causa di una malattia e di loro rimangono soltanto tronchi senza fronde disseminati sul terreno sabbioso. Attraverso uno sterrato raggiungiamo la spiaggia di Boa Esperanca; all’estremità ovest, a Cabo Santa Maria, si trova il famoso relitto di una nave mercantile arenatasi nel 1968 a qualche decina di metri dalla riva. Il suo scheletro arrugginito si staglia sullo sfondo blu del cielo e le onde lo attraversano a prua tra mille flutti schiumosi. Su questa nera carcassa ha fatto il nido un falco pellegrino che tra le lamiere dell’imbarcazione ha trovato un rifugio ideale per sé e i suoi piccoli. Facciamo una passeggiata per la spiaggia: alcune meduse di colore viola si alternano ai detriti che le onde sospingono verso sud dalle Canarie. La vera sorpresa è individuare qua e là i fogli delle riviste che trasportava il mercantile e che, per un gioco di condizioni particolari, si sono conservati fino a oggi. Procedendo verso ovest ammiriamo alcune sculture nel blocco di arenaria che si erge davanti al bagnasciuga e notiamo ciò che rimane di tronchi di alberi ormai fossilizzati. Risaliamo sul pick-up e ci dirigiamo verso Provoacao Velha, il primo insediamento umano a Boa Vista. Pier ci fa fare una passeggiata per il paesino e ci spiega com’è la struttura delle case locali: per difendersi dal caldo si è adottato il modello con cortile interno, il tetto era in origine a doppio spiovente ma nel tempo è stato sostituito da quello piano che però raccoglie più calore. Diamo un’occhiata alle facciate colorate delle piccole abitazioni e, ritornati nella piazza principale, ripartiamo in direzione sud. Dopo una mezz’ora arriviamo a Santa Monica, una spiaggia stupenda che prende il nome dalla sua omonima californiana. Il contesto è impressionante, mentre camminiamo sulla battigia ammiriamo la natura incontaminata e il meraviglioso litorale e, colpo di fortuna, all’orizzonte vediamo alcuni sbuffi di megattera! C’è infatti un gruppo di questi mammiferi che da marzo a maggio popola le acque tra capo verde e la costa dell’Africa continentale ed è possibile vedere spruzzi e movimenti di coda anche senza spingersi in mare aperto. La bellezza di Santa Monica, paradiso naturale frequentato da pochi turisti, è purtroppo in pericolo: Giordana ci spiega che esiste un progetto per la costruzione di un grande hotel e che se questo verrà portato a termine il paesaggio sarà rovinato per sempre; questo tipo di investimenti stranieri naturalmente mira al profitto ed è ben lontano dal concetto di turismo sostenibile. Verso le due raggiungiamo Varandinha e consumiamo il nostro pranzetto all’ombra, in una piccola grotta che dà sulla spiaggia. Mentre faccio alcune foto vedo all’orizzonte un chiaro sbuffo di megattera ma non faccio in tempo a immortalarlo. Concludiamo la nostra escursione vedendo dall’alto di una parete rocciosa le dune a sud di Praia de Chaves: è incredibile come un angolo di deserto possa essere soltanto a poche decine di metri dall’acqua dell’oceano! Alle 17:00 circa rientriamo in hotel e ci accordiamo per rivederci sabato mattina e concludere il tour dell’isola.

06/04/2012

Venerdì finalmente ci dedichiamo al relax: abbiamo intenzione di restare tutto il giorno in hotel o comunque nei paraggi. La mattina, mentre stiamo andando a fare colazione, succede però qualcosa di inaspettato che rende la giornata speciale… Molti ospiti sono appoggiati al parapetto della terrazza e guardano verso il mare; incuriositi li imitiamo e dopo qualche minuto vediamo lo sbuffo e poi il dorso di una megattera emergere dall’oceano a poche centinaia di metri da riva! Incredibile! Mi armo immediatamente di fotocamera e dopo una decina di minuti riesco a fotografare a più riprese la bellissima coda nera che il gigante del mare giocosamente tira fuori dall’acqua e fa ricadere tra le onde. E’ davvero emozionante guardarla, sembra che le sue acrobazie così ripetute siano fatte apposta per affascinare noi piccoli spettatori! La giornata trascorre tranquilla in spiaggia finché nel pomeriggio facciamo una bella passeggiata verso sud e arriviamo fino alle dune che abbiamo visto la sera prima: la sabbia crea uno splendido paesaggio sahariano che il vento rimodella periodicamente.

07/04/2012

Alle nove e mezza siamo pronti, zaini in spalla, per fare la nostra seconda escursione: oggi andremo a visitare la parte orientale dell’isola. Come arrivano i nostri compagni d’avventura, saliamo sul pick-up e ci dirigiamo a Rabil. Eusebio si ferma in un negozio di alimentari per comprarsi il pranzo e notiamo che lì a fianco, in uno spiazzo, alcuni uomini stanno macellando due maiali. Se penso a quanto in Italia siamo ligi alle norme igieniche in fatto di alimenti, mi viene quasi da ridere….qui a Boa Vista ogni cosa è semplice, come una volta era anche da noi. Visitiamo poi un laboratorio artigianale dove producono oggetti in ceramica, Escola de Olaria. Pier ci mostra i macchinari rudimentali utilizzati per alcune lavorazioni e la cottura dei manufatti e, dopo aver dato un’occhiata agli artigiani che modellano brocche e figure animali, compriamo qualche souvenir nella bottega a fianco. Caratteristiche sono le tartarughine, il simbolo dell’isola, sulla cui base è incisa la scritta “Boa Vista”. Usciti sul piazzale antistante il laboratorio ci troviamo davanti una grande ribeira ossia il letto asciutto di un fiume che si riempie di acqua solo in occasione dei rari giorni di pioggia a fine estate. Ripartiamo dunque per il deserto di Viana: superati un paio di senegalesi che cercano di venderci i loro souvenir, avanziamo tra le dune di sabbia bianca e finissima e ci godiamo la pace e il silenzio che ogni deserto porta con sé. La prossima tappa del nostro itinerario è la spiaggia di Ervatao e, per arrivarvi, passiamo per l’oasi di Fonte Vicente e Curral Velho. L’oasi è un ambiente che porta in sé qualcosa di strano: baobab, tamarindi e palme sembrano prendere vita dal terreno sabbioso; l’acqua è presente solo in profondità e non raggiunge mai la superficie. Mentre guardiamo le caprette rincorrersi qua e là, Eusebio sale su un grande tamarindo e arrampicandosi sui rami come un gatto raccoglie diversi frutti. Quando li assaggiamo, scopriamo un gusto dolciastro, vicino a un aroma di spezie, un sapore particolare che manca dalle nostre tavole. Percorriamo altri chilometri della pista che porta a sud e passiamo per Curral Velho, un paesino ormai disabitato le cui case erano costruite alla vecchia maniera per garantire la circolazione d’aria e la frescura all’interno. Dopo un’altra mezz’ora di auto giungiamo finalmente a Ervatao: la spiaggia celebre perché frequentata dalle tartarughe Caretta Caretta per deporvi le uova. Non è stagione per poter ammirare questo rettile ma in sua “memoria” c’è un carapace abbandonato sulla sabbia e piccoli pezzi di uova di tartaruga che raccogliamo da portare a casa come ricordo al posto delle usuali conchiglie (Ervatao è comunque l’unica spiaggia in cui troviamo qualche conchiglia!). Dopo pranzo Pier ci porta a vedere il più grande baobab di Boa Vista (sull’isola ce ne sono sette): è un albero gigantesco che trova posto al margine di una ribeira. I suoi rami, sferzati dal vento, sono cresciuti inclinati mentre il suo massiccio tronco ha una circonferenza tale che non bastano sei persone per abbracciarlo. Pare che abbia più di 1000 anni! Risalendo verso nord attraverso una pista che attraversa il brullo interno dell’isola abitato da capre e asini, arriviamo a Morro Negro. Lasciamo il pick-up a valle e saliamo a piedi fino alla sommità della scogliera su cui si trova il faro che è stato costruito nel punto più vicino alla costa dell’Africa. L’edificio purtroppo è chiuso ma ci godiamo uno splendido panorama…e un vento fortissimo! Riprendiamo la marcia e ci avviamo verso Sal Rei passando per i paesini del Norte che in realtà, malgrado il loro appellativo, sono a nord-est dell’isola. Superiamo Cabeca das Tarafas e ci fermiamo a Fundo das Figueras: facciamo una passeggiata tra le sue stradine ordinate improntate allo stile portoghese e ammiriamo i colori tenui ma vivaci delle piccole abitazioni. Visitiamo la chiesa cattolica e scattiamo qualche foto alla piazza principale che è abitata da galli, galline e pulcini! Sulla via del ritorno attraversiamo il terzo centro abitato del Norte, Joao Galego, e poi, scolliniamo a passo Basconde da cui parte una via rettilinea che si perde all’orizzonte e che conduce a Sal Rei. Dal capoluogo rientriamo in hotel intorno alle 18:00.

08/04/2012

Domenica ci riposiamo e restiamo sulla spiaggia dell’hotel: in particolare facciamo una camminata verso le dune a nord che, vicinissime al bagnasciuga, separano la costa dall’area in cui sorgeva una vecchia fornace, ormai in disuso e in parte crollata. Mentre torniamo al Royal Decameron avvistiamo l’ennesima megattera non lontano dalla riva.

09/04/2012

A Pasquetta visitiamo Sal Rei: Eusebio passa a prenderci in hotel e in dieci minuti siamo in paese. Il capoluogo si rivela una delusione: le sole “attrazioni” sono la chiesa, il comune, il molo e l’isolotto davanti ad esso su cui si trova il forte di Braganca, costruito nell’Ottocento come difesa contro i pirati. Entriamo in qualche negozietto di souvenir per gli ultimi acquisti ma cerchiamo di evitare quelli gestiti da senegalesi che, oltre a non avere prodotti capoverdiani, sono molto insistenti, al limite della sopportazione…

10/04/2012 L’ultimo giorno di vacanza è dedicato alla vita da spiaggia e al relax.

11/04/2012

Si rientra in Italia facendo scalo a Sal. I quindici minuti di volo sono un supplizio: a causa delle forti perturbazioni soffro l’aereo, mai successo prima! Vediamo dall’alto l’isola e notiamo immediatamente le differenze con Boa Vista: “l’isola del sale” è aspra e brulla ma non desertica e ha solo una grande spiaggia a sud (Santa Maria) che però è tutta cementificata: gli hotel si susseguono uno dopo l’altro lungo il litorale. Durante il volo Sal-Milano Malpensa scattiamo ancora qualche foto alle Canarie e alle Alpi, meravigliose nel loro manto innevato.

In conclusione se potessimo dare qualche consiglio direi che:

– non è consigliabile noleggiare un auto: per raggiungere le spiagge bisogna fare chilometri di piste e manca la segnaletica. Molto meglio affidarsi a una guida (Pier e Giordana sono ottimi) oppure semplicemente a un autista, alugher. I costi sono contenuti, soprattutto se potete dividere la spesa con qualcun altro. Gli alugher inoltre hanno pick-up sul cui cassone sono fissate delle panche per cui potete decidere se fare il vostro tour all’interno dell’abitacolo o fuori all’aria aperta.

– è preferibile visitare l’isola nei mesi più caldi. Noi abbiamo trovato un vento fortissimo e freddo e non abbiamo potuto goderci appieno il mare. Sulla spiaggia del nostro hotel sventolava sempre bandiera rossa: le onde erano troppe grosse per fare il bagno.

Ciao a tutti e per qualsiasi informazione contattateci pure.



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