Bhutan, balla con gli dei

Una destinazione poco conosciuta: il Paese del drago tuonante! Festival religiosi sono stati il filo rosso del nostro viaggio in queste terre incastonate nel cuore dell'Himalaya
Scritto da: lunasiatica
bhutan, balla con gli dei
Partenza il: 05/10/2012
Ritorno il: 28/10/2012
Viaggiatori: 4
Spesa: 3000 €
La folla si accalca attorno al dzong di Thimpu. Le donne indossano i loro più bei kira, gli uomini i loro go. Il suono delle lunghe trombe, i dungchen, annunciano l’entrata in scena dei danzatori… siamo in ritardo! Sarà difficile trovare un bel posto che ci permetterà, speriamo, d’immortalare i colori e le giravolte dei ballerini. Le feste religiose nel Bhutan sono numerose durante tutto l’arco dell’anno, ma non è sempre permesso fotografare. In occasione di questi riti, il cortile dei dzong si trasforma in area sacra e i rappresentanti dell’ordine aiutano la gente a trovare un posto in modo che nessuno possa disturbare né le evoluzioni dei danzatori, né il proprio vicino e neppure sconfinare nella zona destinata alle danze.

Nelle numerose feste religiose, i tsechu sono sicuramente i più celebri. Dati in onore di Guru Rimpoche, questi festival di danze mascherate hanno luogo ogni anno nei maggiori monasteri del paese attirando una folla spesso proveniente da remoti villaggi. In un’infinità di colori e di suoni rivivono gli dei e i demoni della mitologia buddista, ogni danzatore diventa l’emanazione di una divinità, trascendendo la forma umana in forma divina. Queste liturgie colorate testimoniano il legame profondo alla fede da parte del popolo. Le danze si succedono accompagnate da trombe, cimbali, tamburi e testi sacri salmodiati dai lama per molti giorni di seguito. I danzatori, quasi sempre mascherati, volteggiano sotto lo sguardo ammaliato del pubblico assiepato sui balconi e nel cortile del dzong. L’eleganza dei movimenti, i riflessi cangianti dei broccati, la raffinatezza degli accessori, l’aspetto sereno, arrabbiato o terrificante delle maschere lasciano tutti stregati. Molto tempo fa, famosi santi del buddismo hanno definitivamente codificato la coreografia di queste splendide danze, la posizione delle mani, dei piedi, della testa, la rotazione del busto… l’inclinazione del proprio corpo… saltare, girare, volteggiare…posizionarsi gli uni con gli altri, ogni passo, ogni gesto è ancorato nella memoria collettiva e possiede una propria simbologia. Sin dalla più tenera età, i monaci consacrano lunghe giornate allo studio di questo linguaggio gestuale che, durante le feste diventa liturgia dei corpi. La precisione e la concentrazione traspirano da questi corpi volteggianti, trasmettendo la dimensione sacra al pubblico. Occorrono anni di allenamento e di volontà per raggiungere la perfezione. Nei piccoli villaggi, spesso gli abitanti danzano con i monaci sottomettendosi allo stesso lungo e difficile allenamento.

Nei giorni che precedono queste rappresentazioni si svolgono antichi rituali di offerte nell’intimità degli dzong. Monaci e lama recitano testi sacri per invocare le divinità dalle quali prenderanno la sembianza durante il tsechu. Investiti di questo potere sacro, potranno allora indossare le maschere e gli splendidi vestiti per personificare gli dei. Solo allora appariranno nel cortile degli dzong, nel mezzo di quell’incantesimo visivo e sonoro, il dolce poeta, il prezioso Maestro, gli esseri celesti, il dio della morte che giudica i defunti e spaventa i viventi. Raccontando i fatti dei famosi santi del buddismo, queste danze mascherate trasmettono la conoscenza concreta della filosofia religiosa, aiutano a rendere accessibile i numerosi testi sacri ai profani e insegnano l’importanza di avere un comportamento virtuoso nella propria vita.

Le danze hanno un potente carattere magico. Nella mitologia buddista i famosi santi prendevano aspetti diversi e ballavano per sconfiggere il male e i demoni. I danzatori mimando queste danze a loro volta purificano la terra, distruggono i diavoli e gli spiriti cattivi, allontanano la carestia, le epidemie e le guerre. Questa purificazione interessa anche i nemici interiori, le paure che ognuno può avere e che impediscono di accedere allo stato di Budda. Perciò assistere ad un tsechu, all’esposizione del grande thongdroel, ad una benedizione col fuoco o mewang apporta a tutti dei meriti e permette di raggiungere il ciclo della reincarnazione più velocemente.

Le danze possono durare qualche minuto o diverse ore. Per non stancare il pubblico entrano in scena personaggi che mimano in modo grossolano i danzatori, fanno spiritose battute e raccolgono soldi per il monastero. Questi buffoni con movimenti e maschere espressive sono degli elementi indispensabili in tutte le feste religiose e sono gli unici che possono comportarsi in modo irriverente verso la religione, in una società molto rispettosa del sacro. Possiamo paragonarli ai giullari del Medio Evo che intervenivano durante le rappresentazioni dei misteri religiosi. Il pubblico, sempre bonario, apprezza questi diversivi. Canti e balli popolari presentati da giovani adulti s’intercalano tra le varie danze mascherate. Queste celebrazioni religiose danno l’opportunità di ritrovarsi e incontrare nuove persone. Permettono alle famiglie, a volte separate da lunghissime camminate attraverso il tormentato rilievo del paese, di rivedersi e di stringere di nuovo i legami con gli amici. Le famiglie approfittano della città per fare acquisti, concludere affari. Lontano dal lavoro estenuante nei campi e nelle risaie ognuno sfrutta pienamente questi momenti di svago unici.

Battendo i loro tamburi i Ging cacciano gli Tsholing dallo spazio riservato alle danze. Durante questa danza eseguita la prima volta da Guru Rimpoche per sottomettere i demoni che impedivano la costruzione di un monastero, i Ging picchiano con una bacchetta ricurva la testa del pubblico per farne uscire le impurità. Tutti fischiano per allontanare i demoni e gli spiriti cattivi; noi ne ricaveremo un bel bernoccolo in testa!

Assisteremo a molti festival, e anche se le danze sono a volte le stesse, anche se i vestiti negli dzong più modesti sono meno splendenti, la fede di questo popolo è sempre palpabile ed è con grande fervore, senza badare alla propria incolumità, che i devoti correndo, passeranno tra le fiamme di un immenso braciere acceso con incenso per purificare le anime, cacciare il male, dare meriti e benedire tutta la comunità. Non avremo il coraggio di ballare con gli dei nel fuoco, ma faremo il giro del braciere per ricevere la nostra quota parte di benedizione…

Graziella Lunetta (www.terramongolia.com)

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