Racconto la mia città: Barletta di 2 parte

Continuo il racconto sulla mia città, parlando questa volta dei suoi usi e costumi
Scritto da: sciusketta
racconto la mia città: barletta di 2 parte
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
Continuo il racconto sulla mia città, parlando questa volta dei suoi usi e costumi. Barletta da sempre è stata una città dalla fervida vocazione religiosa, come testimoniano le sue 100 chiese, molte scomparse, ma tante altre alte testimonianze d’arte, come la chiesa di S.Andrea, S.Damiano,il Monte di pietà….Da noi però la devozione è espressa soprattutto attraverso le tante processioni e feste nel corso dell’anno: quella per S.Lucia il 13 dicembre, dove è consuetudine mangiare chili di torrone e comprare i primi regali natalizi ai bimbi ; quella per S.Ruggero il 30 dicembre, e quella importante del 2° weekend di luglio per l’altra patrona della città, la Madonna dello Sterpeto, una tre giorni di cerimonie, processioni e festeggiamenti fino a tarda notte ;ed infine quella più mistica e solenne del Venerdì Santo, per molti aspetti simile a quella di Siviglia o della Sicilia. Una tradizione che va avanti dal 1656 quando i barlettani, decimati da un’epidemia di peste, portarono in processione Gesù Eucarestia ed ottennero la grazia; così ogni anno alle 2 del pomeriggio il vescovo ed i sacerdoti di tutte le chiese, i membri delle confraternite con le tuniche bianche e le cappe colorate e gli incappucciati che a piedi scalzi portano la croce in segno di penitenza, sfilano in processione in un silenzio irreale ma profondamente spirituale.Insomma Barletta è una città che trasuda storia da ogni poro della sua pelle, ma soprattutto è una città ancora saldamente ancorata al passato e alle sue tradizioni, e credo che sia proprio in virtù del mantenimento di queste tradizioni che oggi una folta comunità araba è riuscita ad integrarsi facilmente nel tessuto urbano, probabilmente perchè vi hanno ritrovato delle somiglianze con i loro costumi e con certi stili di vita che poi, sono rintracciabili in tutti i popoli del Mediterraneo. Così il rione di S.Giacomo si è trasformato in una sorta di quartiere arabo, in cui incontri donne col velo, uomini in caftano, macellerie arabe, kebabberie ed anche una piccola moschea dove, dopo le cerimonie del venerdì, si vedono i grandi tappeti stesi per strada a prendere aria. Questo dimostra che pur in un paese dal forte attaccamento religioso, la nascita di una moschea non ha destato malumori perchè quando si hanno valori e tradizioni radicate nel cuore e nello spirito, la diversità non può e non fa paura, nè è percepita come minaccia.Spesso camminando per strada, mi guardo intorno e noto delle cose che mi fanno veramente sorridere, perchè è strano vedere come la città, nella sua affannosa rincorsa al futuro, conservi modi di fare e consuetudini a volte buffe se penso che siamo nel 2011, altre invece fortemente folkloristiche. Vedo una città in cui accanto ai grandi ipermercati sopravvivono i fruttivendoli che, con la loro ape, consegnano la frutta a domicilio posandola in un cesto calato con una cordicella dal balcone; i rigattieri e gli arrotini che richiamano l’attenzione recitando il famoso ritornello al megafono; i vari mercati sparsi in tutti i quartieri fino a quello più grande del sabato, che attira centinaia di gente anche dai paesi vicini, in cui ogni venditore urla nelle orecchie dei poveri passanti la qualità della propria merce. E si, il chiacchiericcio, le urla, il disordine sono caratteristiche impresse nel nostro DNA,l’importanza del silenzio e della calma non è proprio contemplata, nè tanto meno compresa, così se vi capita di vedere due persone che a 30 cm di distanza urlano, non spaventatevi perchè non stanno litigando, è solo il nostro modo di conversare!Per quanto riguarda le tradizioni ancora in uso ce ne sono a bizzeffe: i falò della vigilia dell’Immacolata, organizzati da ragazzini tra gli 11 ed i 14 anni, che accatastano pile di legna, creando pire di fuoco alte decine di metri; c’è Agosto con la preparazione della conserva di pomodoro che ci durerà un anno intero e i cui effluvi si sprigionano in tutta la città; la vendita dei ricci appena pescati ogni domenica mattina, perchè nei giorni festivi non mancano mai sulle nostre tavole i frutti di mare crudi. Potrei citare decine di altri esempi, ma tutti dimostrerebbero che è soprattutto a tavola che si conserva intatta la nostra cultura, e dunque non posso non ricordare il periodo natalizio, quando a casa mia fervono i preparativi per la creazione dei dolci tipici. La prima domenica di dicembre infatti, tre generazioni a confronto, mia nonna classe 1923, mia madre classe 1952 e per finire io classe 1980, cominciamo a plasmare le prime prelibatezze: la cartellate, roselline di pasta fritta e condita con vincotto d’uva o di mele cotogne, mandorle zuccherate e caramellate, pastarelle di mandorle e per finire, classico di ogni vigilia, le frittelle ripiene di pomodoro e mozzarella, tonno e capperi o ricotta forte. Mi piacciono da morire questi momenti e li ricordo sempre con tanta tenerezza.Dunque a conclusione di questo piccolo viaggio fra le strade e le tradizioni della mia città, posso a ben ragione concludere che Barletta è si un paese attraversato da grandi difficoltà( direi tipiche dei paesi meridionali) ma altresì, è una città che può incuriosire e che dunque non merita di essere snobbata dai percorsi turistici.Vi aspetto!!!

P.S : Il nostro amato DeNittis finalmente ritorna dalla sua trasferta al Petit Palais di Parigie il Museo della Marra si fregia di una nuova esposizione: dal 4 Marzo al 5 Giugno accanto ai quadri di DeNIttis “INCANTI E SCOPERTE. L’ORIENTE NELLA PITTURA DELL’800 ITALIANO”



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