Albania in Vespa: in viaggio verso le Meteore

Un viaggio in solitaria sulla mia vecchia Vespa Px tra l'Albania e il nord della Grecia... destinazione i misteriosi monasteri delle Meteore!
Scritto da: fspx125
albania in vespa: in viaggio verso le meteore
Partenza il: 16/07/2019
Ritorno il: 29/07/2019
Viaggiatori: 1

Dopo tre ore di guida sulla statale Adriatica, arrivo sulla circonvallazione di Ancona a bordo della mia vecchia Vespa PX, che sta iniziando a sgocciolare. Di lì a un quarto d’ora, una pioggia torrenziale mi coglierà preparatissimo (ero partito apposta di buon’ora da casa per giocare d’anticipo sui nuvoloni neri) mentre sto riparando in un supermercato del centro dove acquisterò provviste per la traversata. Dopo un bel pranzo propiziatorio con amici anconetani, alle 17 sono al molo dove dovrebbe partire il traghetto per Durazzo. Unici motociclisti a bordo, io e una coppia di veneti (o lombardi?) a bordo di una Honda che si rintaneranno subito in cabina e non vedrò più.

Arrivo a Durazzo

Lo sbarco è in una piovosa Durazzo, si aspetta di attraccare in compagnia di passeggeri albanesi che guardano nostalgicamente la costa del paese natale fumando una sigaretta dietro l’altra incuranti del divieto. In men che non si dica passo la dogana con la sola carta d’identità e un cordiale “buon viaggio” da parte della polizia di frontiera, detto in italiano. Raggiungo la sistemazione che avevo prenotato qualche giorno prima dall’Italia e dormo un po’ ascoltando la pioggia battente.

Durazzo sembra una Rimini degli anni ‘80 ma con i burek al posto delle piadine, e la carne grigliata invece delle fritture di pesce. Per il resto mi sento a mio agio, visto che sono romagnolo. In un batter d’occhio cambio valuta e acquisto una SIM con Internet, e dopo un giro in centro ceno in un ristorantino sul lungomare, pollo arrosto, patatine e una birra gigante per 5 euro o poco più.

L’indomani mattina una gentile famiglia kosovara ospite della stanza a fianco della mia mi invita per una “colazione” in veranda con ogni sorta di cibo tra cui anche della carne praticamente fritta su un fornello a gas, e quintalate di tè. Riusciamo a comunicare perché la madre dei bambini è insegnante e sa un po’ di inglese.

Il viaggio inizia: vai Vespa!

Un po’ appesantito carico il mio zaino sulla Vespa e riparto in direzione Berat sull’autostrada, in cui nel primo tratto sono stati tolti dei tombini che simpaticamente rischiano di fare secchi me e la Vespa se non sto attento. Teoricamente non potrei percorrerla con il mio veicolo (le regole sono identiche a quelle italiane) ma quando vedo una bicicletta e persino un chiosco di frutta e verdura (!) a bordo della corsia di emergenza gestito da un bambino, decido che potrei anche farla in monopattino.

Poco traffico, comunque, anche se c’è da stare molto attenti negli incroci e rotonde, e distributori di benzina abbastanza frequenti (consiglio la marca Kastrati, più costosa ma più affidabile, visto che non esistono i grandi marchi petroliferi in Albania) percorro una strada di campagna con villoni costellati di aquile (il simbolo del Paese) ed arrivo nel primo pomeriggio nel centro storico della cittadina di Berat, che consiglio a tutti di visitare con i suoi due quartieri (cristiano e musulmano) divisi dal fiume, e il borgo antico nella città alta, ancora abitato dal medioevo, con le sue chiese ortodosse. Alloggio per un prezzo irrisorio nell’ostello di un simpatico signore chiamato Lorenc che ha tutta l’aria di essere un personaggio noto in paese. Lorenc intrattiene gli ospiti cucinando, offrendo vino e cantando canzoni liriche italiane nel bel giardino di quella che è una delle case più antiche della città (dichiarata monumento nazionale), oltre che denigrando ironicamente l’ostello adiacente al suo; fino a tardi chiacchiero con dei giovanissimi francesi che, nonostante si siano appena fatti mezzi Balcani in autostop, mi chiedono se “non ho paura di morire a girare in Vespa in Albania”. (no comment) Decido di lasciare pagare a loro la mia birra.

Valona (Vlore in albanese)

Incurante delle velate maledizioni dei miei compagni d’ostello e d’oltralpe parto per Valona (Vlore in albanese), quando sulla strada un motociclista su una moto stesa mi fa segno di fermarmi, dopo aver visto la mia targa italiana. Con mio stupore inizia a parlarmi in perfetto dialetto romagnolo con l’inflessione della mia città dove ha lavorato e vissuto vari anni, e mi invita seduta stante alla sua officina (è gommista) a bere una birra mentre mi elenca i luoghi da lui più frequentati quando abitava oltre l’Adriatico. Io sono ancora incredulo perché parla il dialetto molto meglio di me che sono nato lì. Prima di salutarci e abbracciarci mi regala un ricambio per il filo del freno a mò di rito propiziatorio e comincio ad arrampicarmi su per i tornanti del passo del Llogara (m 1043 slm), bellissima strada appena risistemata (asfalto perfetto e zero traffico, a parte qualche cavallo libero) con splendidi panorami sul mare che da Adriatico sta diventando Ionio. Qualche foto e qualche ricordino acquistato in una bancarella sulla cima e si riscende.

Sono moltissime le auto con targa italiana, ma scopro che in realtà la maggior parte è di albanesi che vivono da noi e sono tornati per le vacanze estive. Ci sono anche parecchi turisti francesi. Saltata a piè pari Valona, che ha l’aria di una città spagnola della Costa del Sol con il lungomare con le palme e i palazzoni, proseguo e mi sembra di essere arrivato in Grecia: strada montagnosa, sul mare, e paesi con chiesette e case dipinte di bianco. Qua e là dei greggi di caprette che a volte ti colgono impreparato. Scopro infatti che in questa zona dell’Albania si parla anche il greco, eredità forse di quando gli ellenici scappavano dall’impero ottomano. Anche la cucina, che provo in un ristorante della (brutta e costosa) cittadina di Himare, base del turismo della zona, è perfettamente uguale a quella tipica greca: verdure fresche, polipo o carne alla griglia, e pesce saganaki cioè grigliato con feta. Alla fine cocomero e “raki” o “ouzo” che dir si voglia.

L’indomani, constatato che Himare è un posto fatiscente e pieno di ecomostri senza alcun piano regolatore, mi dirigo a poca distanza a visitare il castello di Porto Palermo (si chiama proprio così), già base degli italiani durante il periodo di occupazione dell’Albania da parte di Mussolini. Mi intrufolo in una visita guidata e poi un meritato bagno nella spiaggetta circostante con splendide acque limpide e l’unica compagnia di un pescatore che si fa i fatti suoi. In questa zona ci sono molte calette facilmente raggiungibili, alcune delle quali con bar e ristoranti improvvisati sotto verande o tettoie di legno. Spesso però è obbligatorio pagare ombrellone e lettino, in un tentativo di “riminizzare” la costa. Per fortuna qui non hanno cementificato come a Saranda e Ksamil che visiterò in seguito.

Arrivo a Saranda

A Saranda arrivo il giorno dopo, dopo una lunghissima strada costiera che si inerpica tra le colline ancora prive di costruzioni e coltivate a terrazzamenti. L’effetto Rimini a Saranda è terrificante: non c’è più uno spazio libero per costruire neanche un capanno degli attrezzi, il traffico è praticamente paralizzato (per fortuna che sono in moto!) e la “vista mare” del mio alloggio Airbnb è ostruita da un palazzo in costruzione dall’anno scorso, mi spiega il gentilissimo padrone di casa che mi invita perfino a un giro in centro serale con i suoi amici (ma c’è un centro?).

Io però declino perché sono stanco e voglio alzarmi di buon’ora per non farmi arrostire dal sole mentre visito le interessanti rovine di Butrint, a una mezz’ora (in moto: in auto sono tre ore, con questo traffico) dalla città, che testimoniano la presenza dei romani in questa parte d’Europa. Dopo aver evitato la morte per insolazione e avere salutato il custode del parcheggio che indossa una maglietta di un candidato pugliese di Forza Italia, riparto verso la blasonata Ksamil, località di mare esattamente di fronte a Corfù (Grecia) dove con grande delusione constato che anche le spiagge descritte come selvagge” sono dotate di sdraio, ombrelloni, bar con musica tamarra (italiana) e cementificazione per allungare lo spazio disponibile. Sigh!

Ormai ho capito che per trovare storia e belle città, in Albania, bisogna andare nell’interno: e infatti il giorno dopo mi inerpico verso la cittadina di Gijrokaster o Argirocastro, non senza una sosta obbligata e rinfrescante alla famosa sorgente dell’”Occhio Blu”, dove una maleducata comitiva di italiani cerca di infrangere qualsiasi norma imposta dai cartelli rovinando la pace e la tranquillità del luogo. In questa parte di Albania i cartelli stradali cominciano ad essere scritti anche con l’alfabeto greco, ed infatti siamo a poche decine di km dal confine.

Agirocastro

Arrivo in un bollente pomeriggio nella casa di un’anziana signora che mi affitta una piccola cameretta per la ridicola somma di 8 euro dalla quale vado alla scoperta della stupenda città di Agirocastro, tra vicoli con chiesette nascoste e antichi palazzi ottomani; ne visito uno guidato da una ragazza, membro dell’antica famiglia nobile che ne era proprietaria prima del periodo comunista, che mi spiega in perfetto italiano (sono l’unico visitatore) tutte le peculiarità dell’antica dimora.

La sera c’è movimento in città: nel centro storico una troupe americana sta girando un film d’azione e i bar sono pieni. Non riesco però a socializzare perché sono tutti impegnati ad intrattenere gli statunitensi e mi ritiro “nelle mie stanze”. Il giorno dopo mi aspetta l’Epiro, in Grecia.

Le meteore, meta finale del mio viaggio, si avvicinano

Spendo i miei ultimi LEK in un distributore poco prima della frontiera, e dopo il passaggio in dogana rientro in Unione Europea. Le meteore, meta finale del mio viaggio, si avvicinano! Come ci arriverò precisamente non lo so ancora, visto che l’unica alternativa sembra l’autostrada per Salonicco, che non mi fido a percorrere con il mio vespino. La cosa mi viene confermata da un benzinaio di Ioannina, vivacissima ed orientaleggiante città studentesca piena di locali e bar sul lago dove tira una fresca brezza serale. Ma io non demordo e percorro la strada normale che serpeggia su per il passo del Katara (1700 m slm) dove con minacciosi cartelli si invita a procedere a proprio rischio e pericolo. A quanto pare, prima della costruzione dell’autostrada questa era una delle strade più pericolose della Grecia per via della guida spericolata dei camionisti, ma ora è pressoché vuota ancorché in pessimo stato di manutenzione. Vi incontro solo qualche macchina, una stazione di spazzaneve abbandonata, delle mucche, e alcuni pastori a uno dei quali cerco di chiedere informazioni nelle 20 parole di greco che conosco. I paesaggi sono spettacolari e assolutamente inaspettati per il paese ellenico, sembra di essere in Trentino Alto-Adige.

Finalmente, verso il tramonto, inizio a scorgere all’orizzonte delle montagne di forma strana, che piano piano sovrastano la strada… eccomi finalmente arrivato alla mia meta, il paese (o centro turistico) di Meteora! Prendo alloggio in men che non si dica nel moderno e confortevole ostello Holy Rock con aria condizionata e bagni pulitissimi dove i simpatici gestori mi intrattengono con chiacchiere e aneddoti sul loro lavoro. Meno simpatico è il mio compagno di stanza, un californiano che a quanto pare è venuto in Grecia per non parlare con nessuno e guardare serie al computer tutto il giorno. Per fortuna c’è anche una signora danese piuttosto simpatica con cui scambiare due chiacchiere e un caffè.

Finalmente arriva il gran giorno e scopro con mia enorme gioia che posso muovermi autonomamente nella zona dei monasteri con la mia Vespa! Ed è quello che farò per tutta la (caldissima) giornata, visitando 5 dei 6 monasteri inerpicati sulle rocce (l’ingresso di ognuno è di circa 3 euro, e ognuno di essi ha un giorno diverso di chiusura, cosicché il giorno dopo visiterò quello che avevo trovato chiuso) ed ammirando il panorama straordinario della zona, che durante la giornata purtroppo si riempie sempre più di pullman di visitatori giornalieri da Atene, Salonicco etc.

La sera ci ritorno, al tramonto, con un ragazzo inglese ospite dell’ostello ed un motociclista spagnolo che vuole percorrere tutto l’Est Europa. Per fortuna quasi tutti i visitatori sono tornati ai loro autobus originari.

Viaggio di ritorno

Da qui è tutto ritorno: attraverso tutto l’Epiro guido fino alla città portuale di Igoumenitsa, dove acquisto sul momento un biglietto del traghetto per Ancona della sera stessa (90 euro, moto compresa), salutando la Grecia con un ultimo bagno nelle limpide acque di una caletta dei dintorni…. E sperando di tornare per nuove avventure! Kalò taxidi (buon viaggio!)

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Minacce velate sul passo del Katara

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Scalinata per le Meteore

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Senza parole

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Durazzo: architettura creativa

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Cavalcature sul passo del Llogara

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Sul ponte di Berat

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In Albania si mangia bene

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Saranda di notte

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Attenti alle capre!

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Pescatore a Porto Palermo

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Cartelli bilingue

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Passeggiata ad Argirocastro



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