Bahamas Mama 2

Le Bahamas non sono esattamente come ce le aspettavamo. Sono a tratti selvagge, incontaminate, sono un paradiso naturale in cui convivono animali e uomini in perfetta simbiosi e con altissimo rispetto reciproco. Tutto procede ad un ritmo completamente diverso dal nostro, a cui noi, inaspettatamente, ci siamo subito adattati, lasciandoci...
Scritto da: Bahamasmama
bahamas mama 2
Partenza il: 05/01/2011
Ritorno il: 16/01/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
05/01/2011

Partenza da Bologna ore 7.15. Arrivo a Parigi, prendiamo la coincidenza per Miami con “transfer” attraverso Philadelphia. Dopo 2 scali quindi raggiungiamo Miami, e passiamo la notte nel nostro lussuoso hotel da 44 $, l’Airways airport Inn, tutti meritati sia per il servizio navetta gratuito che per il bellissimo locale stile american sport bar a cui si accede direttamente dalla hall, e dove si mangiano ottimi hamburger! Per il resto la moquette verde anni 70 e da allora mai cambiata, e la scarsa pulizia delle camere lo rendono perfetto solo per una notte al risparmio.

06/01/2011

La navetta c’è ogni ora, noi prendiamo quella delle 8.00 e arriviamo all’aeroporto. Non si capisce veramente nulla, e dopo numerosi consigli arriviamo nel gate giusto. Ore 11.00 arriviamo finalmente a destinazione, Freeport, Grand Bahama. Il cielo è nuvolo e non c’è esattamente un clima caraibico come dalle nostre aspettati ve, ma nonostante questo ci sembra di essere sbarcati in un paradiso. Usciti dall’aeroporto cerchiamo un taxi, e un’inserviente ci trova un taxi-limousine. Peccato che nonostante numerosi tentativi non volesse proprio partire, quindi scarichiamo i bagagli e abbandoniamo l’idea del nostro primo giro in limousine anni 80, e saliamo su un pulmino sgangherato ma funzionante. Per 25 $ ci porta all’hotel (tariffa standard), il Flamingo Bay, che è un complesso splendido con bellissime camere che noi abbiamo scelto perché hanno anche l’angolo cottura, e possibilità di sfruttare tutte le strutture del vicino Taino Beach Resort, compresa la piscina da film e l’accesso alla spiaggia. L’albergo ci prenota già il taxi per il trasferimento di 3 giorni dopo all’aeroporto di Freeport. Date le condizioni meteo non favorevoli, dopo una prima passeggiata sulla spiaggia (meravigliosa!!) decidiamo di sfruttare quello che resta della giornata per visitare il Lucaya Market e fare un po’ di spesa. Prendiamo il ferry boat a cui si accede direttamente dal porticciolo dell’hotel, al costo di 5 $ a persona andata e ritorno. E’ il modo più veloce e economico per raggiungere il centro di Lucaya, dato che la conformazione dell’Isola, fatta attraverso canali rende impraticabile il percorso a piedi. L’equivalente di 500 metri in linea d’aria sarebbero 5 miglia di camminata. Appena sbarcati andiamo a prenotare lo scopo fondamentale di questo viaggio: prenotiamo la nostra esperienza con i delfini: uno “swim with dolphins” e un “dolphins encounter” per il giorno successivo alle 14.00. Totale costo= 251$.

Visitiamo il Lucaya Market, che è molto carino e offre la possibilità di comprare prodotti anche di artigianato locale, tutti a prezzi ragionevoli grazie al duty free. Acquistiamo birra, patatine e qualche biscotto, e mangiamo uh hot dog e proviamo una “conch salad” in una baracchina. In realtà volevamo mangiare altri tipi di conch, ma il negoziante non ci ha dato molte alternative; ingredienti: peperoncino, cipolla, conch, pomodori, il tutto affogato nel succo di lime. Risultato: non è piaciuto neanche al gatto che passava di li! Meno male che invece i pesci del molo lo hanno apprezzato ..

Ci accorgiamo però che non ci sono negozi di alimentari, e il nostro budget prevede molte cene fatte in casa, quindi ci dirigiamo a piedi verso il supermercato più vicino (che poi cosi vicino non è…) nonostante il consiglio di prendere l’autobus. Mentre camminiamo inizia a piovere. Decidiamo di fare retromarcia, e a 200 metri dal primo porticato disponibile inizia il diluvio universale, tanto che in quei pochi metri riusciamo ad arrivare bagnati fradici. Aspettiamo una mezzora che spiova, e riprendiamo il traghetto verso casa, con tanta voglia di metterci qualcosa di asciutto. Appena prima di imbarcarci troviamo il pane da toast, la nostra salvezza. Giunti in camera tra l’acqua, il fuso orario e la stanchezza decidiamo di fare un riposino, dal quale ci svegliamo il mattino dopo alle 5.30.

07/01/2011

In questo periodo dell’anno il sole sorge verso le 6.30 e tramonta verso le 18.00. Dato che ci siamo svegliati all’alba, anzi prima dell’alba, decidiamo di ottimizzare la giornata: colazione, corsa e bagno in spiaggia. Il check in per i delfini è alle 13.30, quindi ci prepariamo e raggiungiamo il negozio dell’Unexso a Lucaya. Prima di prendere il ferry boat facciamo in tempo a prenotare un auto grazie alla gentilissima signora dell’hotel, che chiama tutte le compagnie per trovare il prezzo minore. Avis è la più cara, quella che troviamo noi è una compagnia locale totale costo dell’auto: 65 ­­­+ 12 $ di assicurazione. Raggiungiamo l’Unexso, e io mi metto la muta da sub (la temperatura non esterna non è proprio perfetta per le immersioni). Raggiungiamo il sito per il nuoto con i delfini, ma dato che facciamo due attività diverse ci separano. Marco gli dà da mangiare e gli fa i grattini, io nuoto con Daphne, e che mi abbraccia e mi dà i baci. Uno spettacolo, ed era il mio sogno… La cosa bella di questo sito a differenza di altri è che i delfini non sono in cattività ma semi addestrati, vivono in mare aperto e sono liberi di entrare e uscire a loro piacimento dalla Salvation Bay. Il sito è molto carino e finite le attività, che durano circa 40 minuti, siamo andati anche a giocare con i pappagalli. Raggiungiamo l’albergo e ci aspetta la nostra auto a noleggio. Il tizio che ci viene a prendere in albergo ci spiega nel tragitto verso l’agenzia le strade e ci da alcuni consigli utili per la guida a sinistra, che sperimentiamo per la prima volta. Dopo qualche piccola difficoltà iniziale nella guida, riusciamo a raggiungere il nostro hotel. Proviamo poi il cavern bar, un barettino fatto in una grotta sotto la piscina, con un bancone rotondo in cui da una parte ci si può fermare per una sosta direttamente dalla piscina, con tanto di sedili sott’acqua. Prendiamo 4 cocktail visto che c’è l’happy hour, due may tay, e due tequila sunrise. Totale 14 dollari. Passeggiata con tramonto sulla spiaggia, poi torniamo in camera, mangiamo una pasta cotta con il nostro fornellino elettrico Chico (che con la 110 W di elettricità non rende proprio al massimo), e verso le 20.00 siamo già a letto.

08/01/2011

Ci svegliamo come sempre all’alba e ci dirigiamo con l’auto verso la nostra prima tappa della giornata, e dopo qualche difficoltà, arriviamo al Lucayan National Park. La nostra guida non indicava bene come trovare questo posto, che si raggiunge semplicemente parcheggiando sulla sinistra dove c’è il cartello del parco nazionale! Noi prima di scoprirlo abbiamo fatto su e giù almeno 4 volte… Per la modica cifra di 3$ ci danno una cartina e ci spiegano cosa possiamo vedere. Le possibilità sono l’esplorazione delle grotte o la spiaggia del parco, nella quale si trova un’area picnic frequentata da procioni… Ovviamente optiamo per la seconda e arriviamo in un paradiso naturale, una vista da cartolina, un mare trasparente, a tratti azzurro e ad altri tratti blu intenso, con una ventina di uccellini strani che ci girano introno e a cui diamo qualche biscotto. La giornata non è bellissima, c’è un po’ di vento ma facciamo comunque il bagno e facciamo molte passeggiate sulla spiaggia nella quale nel frattempo si ritira la marea e si formano bellissime risacche. Mangiamo un toast con prosciutto e formaggio fatto con amore, ma qualche volta l’amore non basta…! Ripartiamo con destinazione Deadman’s reef, spiaggia ad ovest di Grand Bahama, che nonostante il nome poco incoraggiante scopriamo essere veramente meravigliosa. Il cancello per accedere è chiuso a causa del maltempo dei giorni passati, ma noi lo aggiriamo a piedi e raggiungiamo la spiaggia piena di conchiglie giganti (i conch!) e paguri. Raccogliamo tutte le conchiglie, ma non facciamo il bagno a causa del mare che qui è troppo agitato. Si vedono in trasparenza le macchie scure della barriera corallina. Tappa da KFC (che sarà anche la nostra cena take away, e riportiamo l’auto all’agenzia. Tornati in hotel torniamo al nostro happy hour preferito ma stavolta facciamo anche li bagno nella meravigliosa piscina del residence e nella piccola Spa adiacente. Stavolta proviamo il Bahama Mama, a base di cocco e ananas, davvero buono!

09/11/2011

Sveglia presto, corsa sulla spiaggia e bagno ristoratore, poi corriamo in camera a prendere le valigie, ci siamo fatti un po’ prendere dalla bella giornata e abbiamo fatto un po’ tardi per il taxi che ci porta in aeroporto destinazione Nassau. Il costo del taxi varia in base alla lontananza, ci sono tariffe fisse che variano dai 13 ai 27 $ (noi spendiamo 27), la destinazione è vicino al centro e a Paradise Island. Arriviamo a Nassau verso le 12.00, prendiamo un taxi che ci porta al nostro hotel già prenotato, il Quality Inn che abbiamo scelto perché è il più economico vicino al centro. La stanza non è ancora pronta ma ci tengono i bagagli, per cui ci dirigiamo subito verso la spiaggia di fronte all’hotel. Il mare è sempre molto bello, ma la spiaggia è un po’ troppo turistica per i nostri gusti, anche se apprezziamo la baracchina che vende hamburgers e hot dogs. Prendiamo un po’ di sole e verso le 17.00 facciamo spese in centro. Prendiamo la torta al rum tipica dell’isola, magliette e rum alla banana. Capitiamo anche nel bel mezzo di una parata delle forze dell’ordine di Nassau, molto scenica! Ci fermiamo a mangiare al Senor Frog, in cui compriamo anche qualche maglietta molto carina. Menu: hamburger (strano!) e nachos. Ci danno anche un cappellino con i palloncini in omaggio e un sorso di Goombay smash (forse) direttamente dalla bottiglia. Torniamo in hotel a piedi ma le strade di Nassau di notte non ci danno molta tranquillità, per cui se avete molta strada da fare consigliamo un taxi.

10/01/2011

La mattinata è dedicata alla visita di Paradise Island, con il famoso Atlantis, un mega residence con acquario gigantesco e tunnel di vetro che passa in mezzo ai pesci. Prendiamo il ferry boat da Nassau a Padise Island, 6$ a persona andata e ritorno. A bordo c’è una guida, che ci racconta che in questo posto c’è la villa di Nicolas Cage e che è stato girato qui un film di James Bond. Ci tiene anche a specificare che l’unico e vero James Bond è Sean Connery, nel caso qualcuno avesse dubbi! Entriamo dentro al Resort, che è un edificio imponente, molto scenografico e dal gusto molto “kitch”, passiamo attraverso un gigantesco casinò centrale stile Las Vegas, e paghiamo i nostri pass per Discover Atlantis, 78$ in due, che permette la visita all’acquario e al resort ma non dà accesso alle piscine e alle spiagge che questo colosso ha monopolizzato. Morale: luogo molto caro e di gusto scadente, una macchina da soldi per turisti. Tutto è sovrapprezzo, e non ne vale davvero la pena! L’acquario è carino ma ci sono poche varietà di pesci anche se con una bella ambientazione marina, ma 78$ ci sembrano davvero troppi. Ci dirigiamo verso la spiaggia pubblica, dove passiamo la nostra ultima ora a Paradise Island. Anche questa spiaggia è bella, ma con troppa gente (a cui qui ci siamo disabituati) che cerca di venderti qualsiasi cosa, dai salvagenti ai flauti, ai giri in banana boat e i cocktails sulla spiaggia. Torniamo verso Nassau con il ferry boat, facciamo una piccola sosta spesa molto rapida perché il ferry boat era in ritardo e rischiamo di perdere il taxi prenotato per l’aeroporto per le 13.30. Compriamo bacon, formaggio, pane da toast, biscotti, patatine e frutta, necessari per la nostra futura sopravvivenza. Arriviamo in hotel ma il taxi non è ancora arrivato, per cui facciamo in tempo a prenotare la nostra dimora a Eluthera, grazie all’aiuto della gentilissima ragazza della reception.

NB: i cellulari italiani non funzionano per telefonate interne alle Bahamas, per cui bisogna usare i telefoni pubblici con il prefisso 242.

Prenotiamo alla guest house Surfer’s heaven le prime due notti (che poi diventeranno 4) vicino a Gregory Town, North Eluthera. Check in all’aeroporto, saliamo su un aereo a 16 posti con solo due sedili per fila, uno dei nostri viaggi più emozionanti! Il volo dura 20 minuti. L’altra opzione era quella di andare in nave, ma abbiamo optato per i collegamenti aerei per velocizzare i tempi. Sotto di noi compare la meravigliosa isola di Eluthera. Scesi dall’aereo recuperiamo i bagagli all’uscita dall’aeroporto da un ragazzo che li aveva caricati su un carrello (il nastro trasportatore non sanno cos’è!) e subito ci ferma un signore che ci chiede se abbiamo bisogno di un’auto a noleggio. Questo signore si chiama James Mayor, lo scopriamo dalla carta intestata della specie di ricevuta ci dà. Spendiamo 70 $ al giorno per tre giorni, e contrattiamo sull’ultima mezza giornata che dai 50$ chiesti ci fa pagare 35. Crediamo che questo importo comprenda anche l’assicurazione, ma non ne siamo proprio certi. L’auto è un rottame, con la guida a destra, ha un odore incredibile di fumo e qualche buco sui sedili, il paraurti rotto, tutta segnata e di soli 130.000 km! E’ praticamente perfetta per noi. Il negoziante di fronte all’aeroporto (da cui compriamo una bellissima borsa con la bandiera delle Bahamas) ci assicura che essendoci una sola strada a Eluthera non ci possiamo sbagliare.. Infatti dopo 15 minuti ci troviamo dall’altra parte dell’isola in un piccolo paese di pescatori, Current.

Prendiamo la direzione giusta, passiamo un magnifico ponte, il Glass Window, dal quale si vede da una parte il cristallino mare caraibico, e dall’altro il blu intenso dell’oceano, un contrasto davvero spettacolare. Questo ponte è malconcio e ad una sola corsia, ma è impossibile mantenerlo in condizioni migliori a causa delle ondate che periodicamente vi si infrangono. Passiamo il paesino di Gregory Town e dopo circa 3 miglia arriviamo alla nostra destinazione: Surfers Heaven. Si trova sulla sinistra della strada principale, segnalato da un piccolo cartello poco prima del Pineapple Bar. La strada è strerrata e stretta, e passa tra i cespugli. Molte strade dell’isola sono così, capiamo come mai la nostra auto è graffiata su entrambi i lati. La guest house è bellissima, una casetta bianca immersa nel verde, con lo sfondo blu scuro dell’oceano che si vede attraverso la boscaglia. Il tutto in perfetto stile “surfer”. Il padrone di casa si chiama Tom, che vive con la sua ragazza e Diesel, uno splendido cane-fogna che ci accompagna ad ogni pasto, e ci ispeziona tutti i giorni la camera in cerca di qualcosa di nuovo da mangiare. La nostra camera è azzurro pastello con conchiglie e soffitto ad asce di legno. Il letto è invece abbastanza scomodo e cigolante, ma svegliarsi alla mattina con i colori dell’alba sull’oceano attraverso le piccole finestre sempre aperte (non esistono scuri né chiavi in nessuna porta, tutto è completamente “free”), non ha prezzo. L’unica nota negativa di questo posto è che non possiamo proprio definirlo il massimo della pulizia, ma noi non ci scandalizziamo perché abbiamo dormito in posti peggiori. Tom affitta camere come la nostra, con bagno, cucina, soggiorno e giardino in comune, a 30 $, e degli studi a 70$ completi di cucinino e bagno privato. Andiamo a comprare 4 birre a piedi al Pineapple bar, totale 10$, e cerchiamo di guardare il tramonto sul versante ovest (caraibico), ma scopriamo che la costa in questo tratto è rocciosa e non ci sono accessi. Ci cuciniamo un’amatriciana americana, con cipolla (comprata lungo la strada da una simpatica signora senza denti assieme alle banane e al tamarindo) e bacon con pelati portati da casa. Non male!

11/01/2011

Sveglia all’alba, andiamo a vedere il sole che sorge sul mare sulla spiaggia Surfer beach dietro di noi. Questa è l’unica spiaggia dell’isola in cui le correnti marine e i venti rendono il mare perfetto per fare surf. Tom dà anche lezioni ma noi purtroppo non ne approfittiamo. Passeggiata romantica sulla spiaggia ascoltando il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli e guardando i surfisti all’orizzonte attendere l’”onda perfetta”. Torniamo in casa e la ragazza di Tom ci dice che lui organizza per il pomeriggio il drift snorkeling. Noi non capiamo subito cos’è non avendolo mai fatto, ma prenotiamo comunque. Costo 40$ a persona. Decidiamo quindi di tornare a Surfer Beach per finire la mattinata in attesa del nostro tour operator di fiducia. Sulla spiaggia ci siamo solo noi e i surfisti.Torniamo verso le 12.00 a pranzare a casa, uova con bacon e melone e banane per affrontare al meglio i pesciolini. All’una dovremmo partire con Tom, peccato che il suo furgone non parta! Fortunatamente arrivano altri due partecipanti, Phill e Annabell, muniti di macchina, quindi carichiamo da loro tutta l’attrezzatura e partiamo. Phill è sposato con italoamericana, abita a Cincinnaty e tutti gli anni viene in Italia a vedere la mille miglia… conosce anche qualche parola di italiano. Annabell è sua figlia.

Ci portano vicino a Current a fare snorkeling, e noi ci aspettiamo di trovare una barchetta ad aspettarci per partire con la nostra esplorazione. Invece ci mettiamo muta, pinne e maschera e partiamo dalla spiaggia nuotando. Il drift snorkeling sfrutta le correnti marine, ricche di pesci che si nutrono di ciò che la corrente trasporta. Noi facciamo il giro di una buona parte della costa, e finiamo in una piccola baia dove vediamo barracuda, pesce stecco, angelfish, lion fish, tarpon. E’ stato un giro davvero emozionante, anche se abbiamo rischiato qualche testata sugli scogli spinti dalla corrente in alcuni punti veramente molto forti.

Nel ritorno verso casa Tom ci fa da guida, e ci fa fermare in un punto della costa vicino a Glass Window in cui si formano pisci nette naturali tra gli scogli. In una di queste troviamo anche una conchiglia di conch, cosa che qui non è molto difficile, ma la cosa che mi piace di questa è che ha circa 50 anni (cosa che si vede dallo spessore della conchiglia) e che è morta di morte naturale, o mangiata dagli squali come dice Tom, ma non pescata perché non ha il foro nella parte posteriore che su usa per estrarre il mollusco. Quindi decidiamo di portarla nel nostro giardino.

Arrivati a Surfer’s Heaven, prendiamo la macchina e andiamo a fare spesa a Gregory Town da Monica. In questo negozietto classico stile bahamense si trova tutto e nulla: c’è qualche frutto, una zucca, lattine di vari tipi, ma guardando con attenzione si scorge una torta di cocco dal fondo della vetrina o un tortino di ananas, e guardando nei frigoriferi uguali a quelli di casa si trovano bibite, bacon, prosciutto e formaggio rigorosamente congelati. Chiedo a Monica anche qualche bistecca per Hamburger, che tira fuori dal suo freezer, e mentre ci racconta la storia di un suo amico emigrato in Cina ci dà anche il pane e due pezzi di torta. Monica sostiene che Eluthera è una delle più belle isole delle Bahamas, perché qui a differenza di Nassau o Grand Bahama è tutto molto “slow” e la gente riesce a godersi la vita. Fare la spesa qui mi è stato come farla nel negozietto di fiducia sotto casa. Compriamo in un altro negozietto dello stesso stile ma che vende liquori 4 birre, sempre per 10$, dove c’è una meravigliosa bimbetta di nome Talia. Per stasera spaghetti con sugo di tonno, e dobbiamo ammettere che sono veramente buoni, Diesel ce lo conferma. Vediamo le Iene poi nanna.

12/01/2011

Sveglia immancabilmente all’alba, colazione con pancakes fatti in casa con il preparato apposta. Partiamo un po’ in ritardo rispetto ai programmi con destinazione Sud Eleuthera e la spiaggia di Light house beach. Ci vogliono circa 2 ore per fare 110 km, di cui gli ultimi. Ci troviamo di fronte a una spiaggia turchese con dei tratti blu intensi di barriera corallina, ed è tutta nostra. Dopo una lunga passeggiata prendiamo pinne e maschera e ci tuffiamo alla scoperta di questa parte di barriera e nonostante non ci siano molti pesci qui rispetto alla gita con Tom, lo scenario è davvero molto bello con coralli e piante colorate. Mangiamo il nostro Hamburger preparato la sera prima da casa, e dopo un po’ decidiamo di dirigerci verso un’altra bella spiaggia del Sud, Club med beach, così chiamata perché fino a non molto tempo fa questa era la spiaggia del famoso villaggio turistico, fortemente rovinato da un uragano e poi finito in disuso. A metà strada, all’altezza di Rock Sound, ci fermiamo a vedere il blue hole, un cratere vulcanico pieno di tanti “friendly fish”, che apprezzano molto il nostro toast con la Nutella. Ripartiamo e raggiungiamo Club med beach, che si trova a destra dopo il distributore di Governor’s Harbour. Alla fine della strada cerchiamo l’accesso alla spiaggia, ma scopriamo che quello descritto dalla nostra guida è chiuso, per cui ci creiamo un passaggio fai da te nella boscaglia che a me costa qualche puntura in più di Mosquitos. La spiaggia è bellissima, anche se rinunciamo al bagno perché il mare qui è molto mosso e il tempo sta peggiorando. La sabbia è rosa e di una consistenza farinosa fantastica. Camminarci sopra è come calpestare un gigantesco tappeto di fiocchi di cotone. E’ talmente bella che decidiamo di portarcene un po’ a casa dentro alla bottiglietta dell’acqua. Torniamo a casa e ceniamo con i pasta con piselli, bacon, pomodoro. Diesel apprezza sempre.

13/01/2011

Sveglia presto, destinazione della giornata Harbour Island. E’ un’isola che si raggiunge in water taxi dalla strada dell’aeroporto di North Eluthera. E’ l’isola VIP della zona, tutti girano in golf car, e sfoggiano costumini firmati, ma è davvero molto curata e ci ricorda la nostra Key West. Il water taxi costa 5$ a persona. Arrivati all’isola cerchiamo qualcuno che organizzi gite di snorkeling, possibilmente in barca stavolta. Ne troviamo uno a Valentine’s Marina, escursione prevista per le 13.00. Abbiamo un po’ di tempo per un giretto per Harbour’s Island, e troviamo passeggiando una baracchina in cui vendono frutta e verdura della zona. Compriamo una papaya per 2$ e ci facciamo convincere a comprare anche uno Sugar Apple per 1$, un frutto bitorzoluto simile a una pigna di colore verde scuro. Il sapore è di un omogeneizzato alla mela con il miele, proprio non riusciamo a finirlo tutto, è più forte di noi.. Andiamo a visitare la famosa Pink Sand Beach, che ci ricorda molto la spiaggia di Club Med, ed ha meravigliosi riflessi rosa intensi. Mangiamo chicken wings in una baracchina vicino al porto molto “spicy”, e andiamo al molo di Valentine’s per ritirare l’attrezzatura noleggiata comprensiva di muta (l’acqua è molto fredda). Totale costo 70$ a testa attrezzatura e muta compresi. Prendiamo un po’ di sole sul molo in attesa di Sean, il nostro capitano che ha una somiglianza allucinante con il capitano di Love Boat. Partiamo dopo circa mezzora, con una coppia che faceva diving. Sono previste due tappe, la prima in mare più aperto, dove troviamo molti pesci coloratissimi e una barriera stupenda. Il pesce più presente è l’angel fish azzurro, a cui riesco anche a fare una foto con la nuova macchina water proof. La seconda tappa è più vicina a riva, ed è un pezzo di barriera corallina in cui ci sono moltissimi pesci, anche se meno colorati dei precedenti, ma qui riusciamo a trovare una tartaruga gigante accucciata nel suo riposino quotidiano sul fondale. Ritorniamo al molo da dove riprendiamo il water taxi per tornare su Eluthera, e durante il tragitto incontriamo un ragazzo che ci colpisce perché aiuta ad attraccare il water taxi, e ci saluta almeno quattro volte nel tragitto dalla macchina a casa. Qui la gente è diversa, e sembra priva dei pregiudizi a cui siamo abituati quotidianamente. Basta pensare che la maggioranza della popolazione gira l’isola facendo l’autostop. Torniamo a casa e chiediamo a Tom un posto dove mangiare pesce fresco, e ci prenota al Rainbow Inn, un ristorantino stile americano anni 90, a Hatchet Bay. Il posto è meraviglioso, i camerieri gentilissimi e il pesce che mangiamo è un Jack con la picata lime sauce, il pesce più buonissimissimo che ci ricordiamo di avere mai mangiato! Un gruppo canta dal vivo musica country, e alcuni ragazzi americani partecipano cantando. L’atmosfera è fantastica, e la torta di limetta è squisita… un luogo davvero indimenticabile. Costo della cena 80$, tutti veramente ben spesi.

14/01/2011

Ripartiamo verso le 7.30, dopo avere salutato Diesel, arriviamo all’aeroporto e non troviamo James, il proprietario dell’auto che ci aveva detto che si sarebbe trovato li a quell’ora. Alla fine lasciamo le chiavi a un simpatico impiegato tuttofare dell’aeroporto, che ci viene a prendere le valigie dalla macchina, ci fa il check in e ce le carica direttamente sull’aereo! Lasciamo una parte di noi su quest’isola, davvero meravigliosa. Ci imbarchiamo con destinazione Nassau, per poi riprendere circa 2 ore dopo la coincidenza per Freeport, dove trascorreremo la nostra ultima notte alle Bahamas. Altri 22$ di taxi e arriviamo al Bell Channel Inn, che è un hotel non molto distante dal porto di Lucaya, stavolta raggiungibile a piedi, e soprattutto ha una vista spettacolare sul canale che circonda questa parte dell’isola. Decisi a prendere l’ultimo sole delle Bahamas,passiamo il pomeriggio sulla spiaggia di Lucaya mangiando un hot dog e dando patatine ai gabbiani. Ps qui non bisogna avere fretta nelle ordinazioni, il nostro hot dog ci è costato mezzora di attesa oltre ai 4 $ più tasse. Ultima passeggiata sulla spiaggia, e rientro all’hotel dove prepariamo la nostra cena a lume di candela sul balconcino affacciato sul mare. Pasta al ragù e papaya, e per dolce un toast con la marmellata. Per la prima volta in queste vacanze andiamo a dormire dopo le 23.00, guardando Ratatouille.

15/01/2011

Riprendiamo il taxi alle 6.30 per l’aeroporto, prenotato il giorno prima. Il nostro autista si ferma 3 volte per commissioni prima di condurci a destinazione! Alle 8.00 prendiamo il nostro volo per Miami, facendo le pratiche di ingresso in America direttamente da qui anziché a destinazione. Al controllo ci fanno qualche storia sulla bottiglia di sabbia rosa che abbiamo infilato nel bagaglio a mano, ma alla fine riusciamo ad imbarcarci. Dopo Miami arriviamo a Philadelphia, poi Bruxelles (in cui facciamo un po’ di scorta di birre) e infine Bologna, che raggiungiamo il 16 a mezzogiorno, ora italiana, assieme miracolosamente ai nostri bagagli, che non pensavamo giungessero a destinazione dati i molti scali. Le Bahamas non sono esattamente come ce le aspettavamo. Sono a tratti selvagge, incontaminate, sono un paradiso naturale in cui convivono animali e uomini in perfetta simbiosi e con altissimo rispetto reciproco. Tutto procede ad un ritmo completamente diverso dal nostro, a cui noi, inaspettatamente, ci siamo subito adattati, lasciandoci coinvolgere in questo equilibrio quasi ipnotico. Non potremo mai scordare Tom, Diesel, i delfini e la tartaruga gigante, Monica del market e i bambini delle scuole che ci salutavano dall’autobus e ci indicavano dai cortili della scuola durante la ricreazione.

Lasciamo qui una parte di noi, con la promessa di rivedere questo infinito azzurro… prima o poi..

Tania e Marco



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