L’Austria dal Brennero al Tarvisio

L’AUSTRIA: TRA FORTEZZE, CASTELLI, PALAZZI IMPERIALI E ARCHITETTURA CONTEMPORANEA Il nostro viaggio comincia all’alba di un lunedì di fine luglio. Non abbiamo una destinazione fissa, bensì una serie di mete da raggiungere una dopo l’altra. Il nostro si potrebbe definire un viaggio all’avventura attraverso l’Austria, se non fosse che la...
Scritto da: emiliano41
l'austria dal brennero al tarvisio
Partenza il: 27/07/2009
Ritorno il: 07/08/2009
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
L’AUSTRIA: TRA FORTEZZE, CASTELLI, PALAZZI IMPERIALI E ARCHITETTURA CONTEMPORANEA Il nostro viaggio comincia all’alba di un lunedì di fine luglio.

Non abbiamo una destinazione fissa, bensì una serie di mete da raggiungere una dopo l’altra. Il nostro si potrebbe definire un viaggio all’avventura attraverso l’Austria, se non fosse che la voglia di sicurezza e soprattutto l’enorme risparmio ci hanno portato a prenotare con largo anticipo tutti gli hotel.

Dunque partenza all’alba da Brescia; primo obiettivo: Innsbruck. Per vedere qualcosa di diverso dal solito ponte d’Europa, decidiamo di passare il confine attraverso il vecchio passo del Brennero uscendo dall’autostrada a Vipiteno.

La strada è tortuosa ma ben tenuta e si arrampica fino a Brennero, poi inizia a ridiscendere in mezzo al classico paesaggio austriaco da cartolina: immensi prati da pascolo e tipici cascinali tirolesi.

Arriviamo ad Innsbruck in tarda mattinata; parcheggiamo nei pressi dell’Hofgarten, un parco con piante secolari e giardini magistralmente coltivati che costeggia il lungo fiume dalla fine del centro storico fino al centro congressi ed oltre; qui, in primavera e in estate, è sempre possibile assistere alle partite a scacchi degli anziani della città che giocano su enormi scacchiere disegnate sul terreno. Appena fuori dall’Hofgarten è possibile accedere alla nuova funivia di Zaha Hadid.

Essendo chiuso per ferie il rifugio presso il quale volevamo pranzare, ripieghiamo su un locale nella Altstadt (www.Elferhaus.At) che a prima vista sembra proprio il classico bar-ristorante-pub da turisti, ma che in realtà prepara dell’ottima cucina tipica. Ad ogni modo, se fosse stato possibile avremmo sicuramente pranzato al Butzi Huette (www.Buzihuette.At), il massimo della cucina tirolese; da non perdere i loro Käsespätzle (piccolissimi gnocchetti di patate serviti con formaggio fuso e cipolla arrostita) e la Eterbeule (definirlo un gigantesco cordon blue è riduttivo, però rende un pochino l’idea).

La nostra prossima meta è Kufstein, una piccola cittadina al confine con la Germania ad 80 km da Innsbruck. Dal centro della cittadina prendiamo la funicolare che ci porta alla fortezza – per i più coraggiosi c’è anche il sentiero a piedi. Giunti a destinazione, visitiamo il museo etnografico, passeggiamo lungo le mura, ma soprattutto visitiamo la sala che racchiude le canne dell’organo all’aperto più grande del modo. Siamo arrivati giusto in tempo per un concerto, ma per ascoltarlo dobbiamo scendere con la funicolare fino ai piedi delle mura. Tra le canne e la tastiera c’è infatti un dislivello di ben 100m. L’organista suona ai piedi del colle su cui sorge il palazzo e il suono esce da una torre della fortezza. Assolutamente da non perdere. Pare che in determinate condizioni atmosferiche il suono raggiunga anche la fortezza di Hellbrünn a quasi 15 chilometri di distanza.

Dopo l’aperitivo sul lungo fiume, decidiamo di cenare a Kufstein, in quella che le guide definiscono, a tutta ragione, la Via delle Fiabe per via dei suoi dipinti e per le insegne come quelle delle botteghe di un tempo e pure il ristorante che scegliamo sembra d’altri tempi. Anche qui un’ottima cucina tipica (www.Auracher-loechl.At).

Per la notte abbiamo prenotato a Kiefersfelden, già oltre il confine tedesco, in un tipico Gasthaus tirolese dai balconi fioriti, il tetto spiovente e il pavimento in legno.

L’indomani, dopo un’abbondante colazione, si riparte. La nostra prossima meta è Salisburgo, ma prima di arrivarci facciamo due tappe davvero divertenti.

La mattina è riservata ad un’esperienza davvero unica: la miniera di salgemma di Hallein (www.Salzwelten.At). Il tempo non è dei migliori, ma non importa, perché staremo sotto terra per un bel po’ di tempo. Dopo la fila per il biglietto e la fila per aspettare il nostro turno (si scende a gruppi ad un quarto d’ora l’uno dall’altro), scendiamo nei sotterranei dove ci fanno indossare una tuta bianca davvero buffa. Scesi all’ingresso della miniera, saliamo a cavalcioni su un trenino che ci porta più in profondità all’interno della miniera. Il percorso prosegue a piedi accompagnato dalle spiegazioni della guida (in inglese e in tedesco, ma ci sono anche visite guidate in italiano) e da un video a puntate che di volta in volta ci spiega la storia della miniera e come questa fece la ricchezza di Salisburgo. La miniera si estende fino ad oltrepassare il confine tedesco con dei dislivelli notevoli, tanto da costringere i minatori a realizzare lunghi scivoli in legno per superarli. Lungo il percorso ci troviamo anche davanti ad un laghetto sotterraneo da attraversare a bordo di una zattera. L’ultima sorpresa che ci riserva la visita è il corpo di un antico uomo celtico perfettamente mummificato dal sale e rinvenuto dai minatori.

Dopo essere andati in treno, essere scesi per scivoli lunghissimi, aver camminato per cunicoli ed aver navigato, finalmente torniamo alla luce. Gluck auf! Per il pomeriggio ci aspetta un’altra divertente visita, Hellbrünn, una residenza estiva che nasconde molte sorprese. Visto che siamo arrivati proprio all’ora di pranzo, ci fermiamo nel Würstelstand che si trova all’ingresso del palazzo, ma per chi avesse più tempo o volesse un pasto completo, c’è anche un ristorante proprio nel cortile.

La sorpresa più divertente sta nel fatto che dal giardino del castello è praticamente impossibile uscire asciutti: le sedie, l’anfiteatro, i tavoli, le statue, la pavimentazione, i gradini, le pareti, gli stipiti delle porte, i soffitti, qualsiasi cosa è stata posta con l’unico scopo di nascondere dei getti d’acqua che si attivano improvvisamente bagnando i visitatori. Di notevole fattura è anche un grande teatro di statuine in legno mosse da un impianto idraulico e raffiguranti tutti i lavori che si svolgevano nella tenuta del castello. All’interno sono esposti quadri di animali e fiori che furono allevati e coltivati nel parco e che per qualche motivo si distinsero per le loro caratteristiche; ad esempio vediamo un girasole e una carpa di dimensioni spropositate e un capriolo albino, tutti riprodotti a grandezza naturale.

Verso sera ci mettiamo in viaggio per Salisburgo.

Per cena scegliamo di recarci nel centro storico che si dimostra davvero affascinante anche se un po’ troppo turistico e soprattutto eccessivamente italiano: pizzerie, ristoranti, gastronomie e bar con nomi e presunti proprietari italiani riempiono ogni vicolo.

La mattina successiva seguiamo l’itinerario a piedi proposto dalla nostra guida, così da non perderci niente. L’impressione che si ha scoprendo la città a piedi è che la musica classica sia ovunque. Le note invadono ogni via fino alla Festung, la fortezza che domina Salisburgo, sulle cui mura ancora riecheggiano le note provenienti dalla città bassa. La Festung si raggiunge in pochi attimi con una funicolare il cui biglietto comprende anche la visita al palazzo arcivescovile e a tutte le altre esposizioni che si trovano all’interno delle mura. La vista di cui si gode dalla fortezza è eccezionale; raggiunta la cima della torre lo sguardo si apre su tutta la città e i dintorni; quello che colpisce di più guardando Salisburgo dall’alto è l’assoluta mancanza di una dispersione graduale del centro abitato: non appena termina il centro abitato, iniziano immense distese di prati verdi ed è quello che abbiamo notato anche per tutte le altre città austriache, Vienna compresa.

Per il pranzo siamo provvisti di panini e all’interno della fortezza troviamo panchine e aree pic-nic dove fermarci, ma per chi non volesse preoccuparsi di procurarsi il pranzo in anticipo, all’interno della fortezza ci sono dei ristoranti e dei bar.

Finita la visita alla Festung, prima di scendere in città ci concediamo una Radler in un bar proprio a ridosso delle mura. Ripresa l’auto, in circa un paio d’ore di viaggio (e un barattolo di Haagen Dasz…) raggiungiamo Linz.

Per la cena scegliamo un locale tipico (Alte Welt), che nonostante sia nella via principale della città, rimane all’interno di una corte e quindi un po’ nascosto; si tratta di un’osteria all’aperto che offre cucina tipica di ottima qualità e ben servita ad un prezzo decisamente modico.

Il quarto giorno è dedicato alla visita di Linz, capitale europea della cultura 2009. A prima vista la città non mostra nulla di particolarmente caratteristico: il corso che porta alla piazza principale è invaso da negozi delle grandi catene e da fast food, la piazza è invece circondata da gelaterie, ristoranti e pizzerie rigorosamente dal nome italiano (proprio come a Silisburgo). Appena oltrepassata la piazza e arrivati al ponte sul Danubio, si cambia però atmosfera; ci si trova infatti di fronte all’Ars Electronica Center e volgendo lo sguardo verso destra si vede il Lentos Museum confinante con il parco che costeggia il fiume.

L’Ars Electronica Center è davvero un’esperienza da non perdere; al centro di tutto c’è la tecnologia ed è come se fosse un parco giochi all’interno del quale provare le varie attrazioni. Mi ritrovo così a giocare, proprio come i bambini a fianco a me, con dei robot guidati da IPhones, a muovermi imitando una farfalla dietro ad un telo sul quale sono proiettati di volta in volta dei fiori, delle stelle o delle foglie che si muovono ed emettono note in base ai miei movimenti o ad indossare degli occhiali per un giro in 3D attraverso le galassie dell’universo.

Ciò che invece più colpisce del Lentos Museum, sia internamente che esternamente, è la sua forma, ovvero un grosso parallelepipedo con uno spazio vuoto al centro. Le esposizioni interne sono di arte contemporanea e anche il portico esterno viene utilizzato, almeno nella stagione estiva, come spazio espositivo.

Per la cena decidiamo di fermarci proprio a fianco dell’hotel presso un altro Würstelstand, ma decisamente più professionale di quello di Hellbrünn, dove su richiesta ci preparano un piatto con tutti i vari tipi di Würstel: un’esperienza questa che non può mancare durante un viaggio in Austria! Il quinto giorno ha come meta finale Vienna, ma lungo la strada abbiamo altre due tappe.

La prima è quella di Mauthausen. La primissima cosa che colpisce, ancora prima di arrivare al campo, è la strada per arrivarci, una salita tutta a tornanti che conduce ad un luogo immerso nelle verdi colline austriache. Guardandosi attorno si percepisce un’assoluta tranquillità, quasi indifferenza, come se si trattasse di un posto da villeggiatura. Una volta entrati nel campo non ci si può assolutamente perdere il documentario (anche in lingua italiana) della durata di 45 minuti, che raccoglie filmati originali dell’epoca, testimonianze di sopravvissuti o di chiunque abbia avuto una qualsiasi esperienza del campo. Finito il filmato, la visita prosegue iniziando dal muro del pianto ricolmo di targhe lasciate in ricordo delle vittime; si continua poi attraverso le prigioni, le camere a gas, l’infermeria, i forni crematori, le sale frigorifere, le stanze dei generali e le capanne. Uscendo dal campo vero e proprio si percorre una discesa lungo la quale sono disposti i monumenti delle varie nazioni; quello che più colpisce è senza dubbio il monumento ebraico, collocato alla fine della discesa e raffigurante un gigantesco candelabro a sette bracci. Da questo punto inizia un’altra discesa che conduce ad una scalinata davvero impressionante, la quale a sua volta porta alla cava dove i prigionieri erano costretti a lavorare. Noi la cava l’abbiamo raggiunta in auto lungo una strada che porta direttamente all’ingresso.

Lasciatoci alle spalle Mauthausen, ci dirigiamo verso il castello di Grafenegg, che però al nostro arrivo è ormai chiuso. Sono visitabili solo il parco e l’auditorium costruito recentemente dallo studio di architettura Coop Himmelb(l)au. È decisamente interessante osservare l’accostamento tra il castello e l’auditorium, il primo a testimonianza di un’epoca che fu, il secondo a simbolo del presente.

Dopo esserci ristorati nel bar del parco ci rimettiamo in auto per un’altra ora di viaggio: finalmente Vienna! Decidiamo subito di fare un giro in città di sera. Per raggiungere il centro utilizziamo la metropolitana scendendo a Stephanplatz e uscendo dalla stazione ci troviamo immediatamente davanti al duomo. Purtroppo i lavori per ripulirlo non sono terminati, quindi l’impressione che ne abbiamo è quella di un capolavoro abbandonato un po’ a sé stesso. Proseguiamo per la via principale in direzione del Teatro dell’Opera. Come ormai tutti i centri città delle grandi capitali, anche Vienna è invasa da catene di multinazionali alternate però a pasticcerie e gioiellerie dal sapore antico. Per la cena c’è solo l’imbarazzo della scelta.

L’indomani, come da programmi, visitiamo il duomo dall’interno e questo riscatta la prima impressione un po’ deludente che ne avevamo avuto la sera precedente. La giornata prosegue con la visita dell’Hofburg, la residenza di città degli Asburgo. La vastità del palazzo ha permesso l’allestimento di vari musei, ognuno con un biglietto a sé stante. Noi decidiamo di comprarne uno combinato che ci permette di visitare gli appartamenti imperiali, quelli di Sissi, il museo delle argenterie e anche il castello di Schönbrunn. Gli appartamenti imperiali colpiscono per la loro relativa spartanità, mentre quelli di Sissi sono allestiti in maniera tale da alimentare ulteriormente il mito intorno alla sua figura. All’interno si trovano pannelli che spiegano le varie stanze, la vita che conduceva la principessa, chi incontrava in quei luoghi e il tutto corredato da oggetti originali dell’epoca. Finita la visita agli appartamenti ci rechiamo al museo delle argenterie, anche se non ne siamo molto attratti; con grande sorpresa siamo costretti decisamente a ricrederci. Anche le stoviglie esposte raccontano infatti piccoli spaccati della storia degli Asburgo; ad ogni nuova generazione, ad esempio, corrispondevano nuovi servizi da tavola. Si possono così ammirare ad esempio bicchieri che passano dalla semplicità assoluta del vetro liscio al cristallo con inserti in oro, da servizi a tema floreale a sontuosissimi centri tavola placcati in oro ancora addobbati come per una grande occasione.

La mattinata la concludiamo con la visita dell’Albertina Museum che si trova poco distante dall’Hofburg e che proprio per questo motivo veniva usata come residenza per gli ospiti della famiglia reale. Il museo raccoglie opere dei maggiori artisti del ‘900 e dei nostri giorni.

Il pomeriggio ci trasferiamo invece al vicino Museum Quartier. Si tratta di una vasta zona recuperata dalle antiche scuderie della corte imperiale e alla quale si accede entrando da un portone, quasi fosse un castello con delle mura a proteggerlo. All’interno ci sono numerosi edifici che uniscono la struttura originale a costruzioni contemporanee. Decidiamo di visitare il MUMOK ed il Leopold Museum. Il primo ospita collezioni di artisti contemporanei, mentre il secondo espone opere di artisti del XIX e XX secolo, tra cui la più vasta collezione di opere di Schiele.

La domenica mattina la dedichiamo alla visita di Schönbrunn. Vista la fila di turisti alle casse, apprezziamo il fatto di aver comprato il biglietto combinato all’Hofburg, così possiamo recarci direttamente all’entrata degli appartamenti saltando la coda, inoltre scopriamo che il nostro biglietto comprende il tour più completo che si possa compiere all’interno della residenza. Ciò che colpisce di questa residenza estiva è la sontuosità e la raffinatezza degli arredi curati in ogni loro particolare; nemmeno all’Hofburg gli appartamenti imperiali sono così ricchi ed eleganti. Il parco ospita uno zoo, vari giardini, il museo delle carrozze, un labirinto ed una Gloriette dalla cui terrazza panoramica si ha la vista dell’intero palazzo.

Il pomeriggio lo passiamo nel centro di Vienna anche se tutti i negozi sono chiusi per il riposo settimanale. In compenso ci sono numerosi artisti di strada che si esibiscono lungo la via principale. La sera decidiamo di trascorrerla al Prater dove imperdibile è il giro sulla ruota panoramica; proprio come un grande parco divertimenti, le attrazioni presenti sono molto, alcune dedicate ai bambini più piccoli ed altre esclusivamente per gli adulti. Per cena ci sono molte opzioni. Da non perdere assolutamente è il pane fritto all’aglio che sembra una gigantesca frittella di una quarantina di centimetri di diametro spalmata di olio all’aglio: difficile da digerire, ma decisamente invitante! Il lunedì mattina decidiamo di visitare il Belvedere, una residenza nella prima periferia viennese.

Purtroppo i giardini sono in rifacimento, ma questo non diminuisce la bellezza del palazzo.

All’interno si trovano alcune tra le maggiori opere di Klimt tra cui il Bacio e Giuditta, anche se questo artista sembra messo in secondo piano, visto che in tutta la città vediamo solo manifesti riguardanti le collezioni di Schiele che si trova esposto praticamente in ogni museo. I quadri di Klimt si trovano nell’Oberes Belvedere, mentre nell’Unteres Belvedere e nell’Orangerie è allestita una mostra temporanea su artisti austriaci minori.

Per pranzo ci dirigiamo verso il mercato di Vienna (Naschmarkt), situato nella stessa via della Palazzina della Secessione che però il lunedì è chiusa, così come il MAK (Museum für angewandete Kunst).

Decidiamo allora di tornare al Museum Quartier per visitare il museo dedicato all’architettura.

Per concludere il pomeriggio, torniamo in centro città per visitare la cripta imperiale. Così come successo per le stoviglie, anche dalle tombe si identificano le varie epoche della dinastia asburgica. Ciò che più ci ha stupito è che in realtà non si tratta di vere e proprie tombe, bensì di sarcofagi in ferro che custodiscono le bare. Il più maestoso e regale è senza dubbio quello matrimoniale che ospita le salme dell’imperatrice Maria Teresa e del marito. Più ci avviciniamo ai giorni nostri, più i sarcofagi si fanno discreti e poco lavorati, eccezione fatta per quello di Sissi e dell’imperatore Francesco Giuseppe, uno a fianco all’altro, in marmo e riccamente scolpiti. Gli ultimi sarcofagi sono dell’imperatrice Zita (mai salita al trono) morta nel 1989 e del figlio, deceduto nel 2007; i loro sono molto sobri, in rame e senza alcuna decorazione.

Il martedì torniamo a visitare il MAK e la Palazzina della Secessione.

Il primo è un antico palazzo riadattato a museo che raccoglie varie esposizioni. La più interessante è certamente quella dedicata alle sedie. Si possono infatti ammirare vari esemplari che partono dal XV-XVI secolo fino alle poltrone più moderne, per arrivare all’assoluta assenza della seduta di un’opera d’arte che rappresenta i contorni di un tavolo e delle sedie solamente con dei fili arancioni. Macabra e repellente la sala dedicata a quelli che vengono chiamati “trofei”; si tratta di sedie e poltrone realizzate con pelli o addirittura parti di animali veri. Assolutamente ripugnante lo sgabello ricavato dal piede di un elefante e la sedia che come rivestimento ha la testa e il pelo di un cane. Le altre sale raccolgono reperti archeologici provenienti dall’estremo oriente.

La Palazzina della Secessione è dedicata ad un tipo d’arte più concettuale. L’opera che più mi colpisce è un’installazione composta da alti tubi di plastica contenenti acqua e sapone (David Medalla, Bubble machine). Le varie colonne di schiuma escono dalle estremità dei tubi e, scontrandosi, creano sculture sempre diverse e di effimera durata, giusto il tempo di unirsi e poi cadere a terra lasciando il posto a dei nuovi incontri. Un’altra opera esposta è una stanza completamente riempita da strisce di carta che scendono dal soffitto e finiscono a terra; anche qui si tratta di un’opera in eterno divenire perché con il passaggio della gente le strisce si modificano continuamente.

Al piano interrato è conservata un’altra grande opera che Klimt aveva dipinto proprio in occasione di una esibizione alla Palazzina della Secessione; si tratta del celebre Fregio di Beethoven che rappresenta la IX Sinfonia del compositore.

La merenda che ci concediamo è davvero imperdibile ed ineguagliabile: una fetta di Sachertorte presso il Cafè del Sacher Hotel accompagnata da un ottimo caffè viennese ricco di panna montata (da non perdere).

L’ultima sera a Vienna si rivela una vera sorpresa grazie alla visita di Haus der Musik. Un museo interamente dedicato alla musica, concepita non solo come suono da ascoltare, bensì come esperienza sensoriale da scoprire. Al centro di tutto il museo c’è infatti l’interattività. È possibile sperimentare come la percezione di un suono cambi in base al luogo in cui viene prodotto, oppure, un po’ come all’Ars Electronica Center di Linz, si possono produrre suoni in base allo spostamento del proprio corpo o guidando attraverso una sorta di sentiero della musica. Molto divertente è anche il modo in cui vengono spiegate le biografie dei maggiori compositori austriaci: ad ognuno è dedicata una sala arredata nello stile della sua epoca, dove sono esposti scritti e spartiti originali e l’audioguida racconta la loro vita in modo divertente e per nulla pedante (Scoprire che il grande Beethoven cambiò 90 abitazioni per problemi coi vicini o coi proprietari delle sue case fa una certa impressione). L’esperienza più divertente è però quella di poter dirigere l’Orchestra Filarmonica di Vienna. Mediante una bacchetta da direttore d’orchestra, ma elettronica, si può infatti simulare un concerto modulando l’esecuzione dei musicisti dell’Orchestra riprodotti da un video. Attenti a non sbagliare troppo o l’orchestra si alza, vi rimprovera e lascia il palco insoddisfatta della vostra direzione! L’indomani mattina, ripresa la macchina per la prima volta dopo l’arrivo a Vienna, lasciamo la città, non prima però di aver visto alcune edifici realizzati recentemente come le abitazioni progettate da Zaha Hadid nel quartiere Spittelau o la riqualificazione dei gasometri in abitazioni ad opera dello studio viennese Coop Himmelb(l)au o il nuovo Siemens Center ancora in fase di ultimazione.

La nostra nuova meta è Graz, ma prima di raggiungere la città decidiamo di visitare Eisenstadt, la capitale del Burgerland, un tempo dominio della famiglia di principi ungheresi Esterházy.

Il castello ricorda quello di Schönbrunn anche se di dimensioni notevolmente inferiori. Alla corte di questi principi lavorò per gran parte della sua vita e fino alla sua morte il compositore Haydn. La sua tomba si trova nella Bergkirche, una chiesa poco distante dal castello e che non si può assolutamente perdere. L’attrazione in realtà più che il sarcofago di Haydn è la chiesa in sé, una struttura dalla forma davvero bizzarra, frutto di continue aggiunte che ospita una Via Crucis molto particolare; ogni stazione è infatti rappresentata con statue in legno a grandezza naturale e riposte in grotte dalle quali si accede dal retro dell’altare. Le ultime stazioni sono invece collocate lungo la scalinata che porta alla cappella al colmo del tetto.

Anche se la fame non è moltissima, tornando al parcheggio notiamo una sorta di fast food interamente dedicato alla Schnitzle; viste le dimensioni, ne ordiniamo una in due, di maiale, ripiena di prosciutto e formaggio e accompagnata da patate al forno e insalata: la migliore Schnitzle mangiata in Austria! (http://www.Schnitzelhaus.Com) Raggiungiamo Graz verso sera e decidiamo di cenare in un locale non proprio tipico, ma comunque carino, un ristorante spagnolo (Las tapas, Sporgasse 11). Il giro in centro di sera ci permette di ammirare di notte la Kunsthaus opera di Peter Cook e Colin Fournier e la Murinsel un’isola fatta d’acciaio costruita in mezzo al fiume e progettata dell’artista-architetto newyorkese di origini italiane Vito Acconci.

La mattina successiva è dedicata alla visita della Kunsthaus. Oltre a colpire per la sua architettura esterna, anche all’interno dell’edificio le sorprese non mancano. Abbinate ad una struttura così contemporanea, si trovano opere di artisti altrettanto contemporanei. Dalla sala panoramica del museo si può ammirare la città intera e anche lo Uhrturm, la torre dell’orologio, unica costruzione superstite del castello che si ergeva sulla Schlossberg, la collina nel centro della città, e che fu demolito per volere di Napoleone. Per raggiungere la collina evitando il sentiero, entriamo in una grotta e prendiamo un ascensore in vetro che sale dall’interno della montagna, mentre per scendere ci serviamo della funicolare.

La nostra ultima serata austriaca la passiamo nella piazza del Rathaus dove artisti spagnoli si esibiscono in un numero davvero divertente fingendo di essere le statuine di un orologio, forse un omaggio al simbolo della città che li ospita per la manifestazione in corso dedicata agli artisti di strada di tutta Europa.

Il nostro viaggio attraverso l’Austria è ormai finito. Quello che ci portiamo a casa è sicuramente il ricordo di un Paese in equilibrio tra le antiche glorie del suo passato e l’ormai irruente modernità. Un Paese fortemente turistico ed invaso dalle più note multinazionali, ma che si difende dall’invasione grazie ad una cultura molto ancorata alle proprie radici, tradizionalista e che protegge il suo territorio. Gute Reise!



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