larrimah hotel

Eravamo: in 2. Periodo: dal 7 al 27 agosto 2009. Il nostro itinerario: Sydney Volo interno Sydney – Townsville Macchina/1: Townsville – Cairns – Daintree NP – Green Island e barriera corallina – Atherton Tableland Volo interno Cairns – Darwin Macchina/2: Darwin - Kakadu NP – Katherine Gorge – Devil’s Marbles –...
Scritto da: gallinapadovana
larrimah hotel
Partenza il: 07/08/2009
Ritorno il: 27/08/2009
Viaggiatori: in coppia
Eravamo: in 2.

Periodo: dal 7 al 27 agosto 2009.

Il nostro itinerario: Sydney Volo interno Sydney – Townsville Macchina/1: Townsville – Cairns – Daintree NP – Green Island e barriera corallina – Atherton Tableland Volo interno Cairns – Darwin Macchina/2: Darwin – Kakadu NP – Katherine Gorge – Devil’s Marbles – Mataranka – Larrimah – Daly Waters – Wycliffe Wells – Alice Springs – West Macdonnell Range – Mereenie loop – Kings Canyon – Ayers Rock Volo interno Ayers Rock – Sydney.

Venerdì 7 agosto: Venezia – Sydney via Dubai (Emirates).

Dubai: dato che restiamo in transito qualche ora usciamo (si può fare, non servono visti o altro) a fare un giro in taxi per vedere in esterni la Dubai by night: facciate di alberghi, centri commerciali, strade a sette corsie per senso di marcia, tutto illuminatissimo. Un tratto di “isola pedonale” con negozi. Il fiume. Cantieri ovunque. Nulla più. La Las Vegas degli Emirati Arabi è ancora mezza in costruzione.

Domenica 9 agosto: Sydney.

Usciamo dall’aeroporto alle 6.00 di domenica mattina, ci sono 6° C.

Arrivati all’Ibis Hotel World Square la stanza ovviamente non è disponibile, vista l’ora, e ci estorcono 7 dollari per il deposito valigie in attesa della suddetta. Usciamo, siamo vicini ad Hyde Park: vediamo dappertutto gente in tenuta da corsa (che atletici questi australiani…). Sono davvero sempre e comunque matti per lo sport, ma stavolta è la “City to surf run” che si tiene una volta all’anno: 14 km da Hyde Park a Bondi beach. Continuiamo verso i Royal Botanic Gardens, Mrs. Macquaries’point e poi la zona di the Rocks e Circular Quay. Nei parchi pappagalli dappertutto, e strepitose colonie di volpi volanti (pipistrelli da kilo) appese ad un albero a testa in giù. Nel pomeriggio saliamo sulla Sydney Tower e poi procediamo verso Darling Harbour entrando all’acquario: bello, ma il nostro di Genova è migliore. Qui le particolarità sono i lamantini e la vasca oceanica con parecchi squali di diverse razze.

Lunedì 10 agosto: Sydney.

Andiamo al Taronga Zoo in traghetto, partendo dal Circular Quay. Lo zoopass (trasporto + entrata) costa 48 $ ben spesi, lo zoo ci piace. Ospita soprattutto la fauna tipica australiana, quella che “chissà se riuscirò a vederla dal vivo” ed anche quella che “spero di NON vederla dal vivo” (rettili ecc). Quel che resta della giornata lo spendiamo a zonzo in città. Sydney è piacevole, il fatto è che noi europei siamo abituati a ben altro, e le città australiane sono tutte troppo recenti per farci effetto più di tanto.

Martedì 11 agosto: Sydney – Townsville (Queensland).

Volo interno (Jetstar). A Townsville ritiriamo la nostra 1° macchina a noleggio, una Toyota Corolla.

Puntiamo verso Cairns, contando i morti (canguri); perdiamo subito il conto, e questo ci fa passare del tutto la voglia, casomai ne avessimo avuta, di viaggiare di notte.

Il cambio di clima e di paesaggio è evidentissimo, la strada è costeggiata da campi di canna da zucchero e banani; palme; all’interno si coltivano anche tè e caffè. Di fianco a noi scorrono i binari dei trenini usati per trasportare la canna da zucchero dagli appezzamenti ai mulini di trasformazione (alcuni visitabili).

Ad Innisfail ci fermiamo a visitare la Johnston River Crocodile Farm, un allevamento di coccodrilli. In effetti le bestiacce più grosse (le star dello spettacolo) fanno la loro figura ingoiando al volo i mezzi polli che sono abituati a mangiare. Altre comparse: un gruppo di canguri, un gruppo di dingo, una coppia di casuari ed un emù che imperversa a dritta e manca facendo finta di niente per darsi un contegno.

Scopriremo in seguito che qui nel nord ci sono croc farms dietro ogni angolo, i coccodrilli (allevati per carne e pelle) sono anche un bel business turistico.

Arrivati a Cairns ci fermiamo all’Holiday Inn, in fondo all’Esplanade (il lungomare). E’ una città molto turistica, ci sono parecchi alberghi e ristoranti; si cena presto comunque, ma almeno la sera c’è movimento. Notevole l’enorme piscina pubblica sul lungomare, gratis e con tanto di bagnini, per ovviare alla presenza di meduse 6 mesi all’anno.

Come tutti o quasi i centri abitati sulla costa del Queensland è la base per escursioni alla barriera corallina qui di fronte.

Mercoledì 12 agosto: Green Island – Barriera corallina Escursione giornaliera in barca alla (molto) turistica Green Island per vedere la barriera. L’isola è abbastanza piccola, ospita un resort, un bar/ristorante e qualche negozietto. Ricca di vegetazione, è vicina alla costa – un’oretta è sufficiente per arrivarci. Usciamo sulla barriera sia con le solite barche con fondo di vetro sia con pinne e maschera. Ci sono pesci colorati e tartarughe, però mi pare di ricordare che nel mar rosso (visto diversi anni fa) i colori fossero più vivi…Forse per apprezzare questa bisognerebbe spingersi più lontano dalla costa, verso l’outer reef (la barriera esterna).

Giovedì 13 agosto: Daintree NP Lasciamo Cairns, puntando a nord verso il parco di Daintree e la foresta pluviale. Facciamo tappa a Mossman per vedere la Mossman Gorge: unica cosa notevole la vegetazione che la circonda, per il resto potremmo essere sulle Dolomiti. Procediamo, arrivando leggermente lunghi all’imbarco del traghettino sul Daintree river (infestato dai coccodrilli come ogni corso d’acqua australiano che si rispetti). Ilarità generale in un gruppetto di pedoni locals, anche se riusciamo ad evitare di entrare in acqua.

Raggiungiamo il Daintree N.P. E ci fermiamo a Cow Bay, al Daintree Discovery Centre. Dopo questo assaggio decidiamo di cambiare programmi in corsa, ed invece di puntare su Cape Tribulation e Cooktown torniamo indietro, salendo sull’Atherton Tableland (circa 900 metri slm) alle spalle di Cairns.

Incalzati dal tramonto incombente, terrore di tutti i turisti automuniti in Australia (peggio che in Transilvania), ci fermiamo a Mareeba, ridente cittadina dell’outback. Il prescelto è il Mareeba Motor Inn, da noi subito ribattezzato “dal baffo”. Ora, astenetevi dalla sosta se astemi: dategli soddisfazione quando vi offrirà una “birretta di benvenuto” e non costringetelo a tirare fuori dal frigo della limonata, vi compatirebbe un pochino.

Mareeba la sera è tranquillissima; dopo un tentativo (fallito) di cenare nell’unico locale non take-away avvistato in paese ripieghiamo su due pizze mangiate in camera. Venerdì 14 agosto: Atherton Tableland Si va a vedere il Mareeba Coffee Works, visto che qui in zona producono e lavorano il caffè. Speravo in una visita guidata allo stabilimento di lavorazione, in realtà è un negozio dove fanno degustazioni e vendono qualsiasi cosa sia collegabile al caffè, tazzine e caffettiere comprese.

Una cosa che ci ha colpito in questo tour australiano è la loro capacità di fare marketing, spacciandoti e vendendoti qualsiasi cosa (a volte anche sciocchezze colossali) come se fosse una grande attrazione. Proseguiamo verso Atherton sempre accompagnati da Rete Italia, la radio in italiano che qui si prende sui 91.1. C’è un quiz a premi con telefonate degli ascoltatori (tutti italo-australiani emigrati qui da chissà quanto) e se avessimo il numero telefoneremmo anche noi. Arrivati ad Atherton ci rendiamo conto che è molto più vivo di Mareeba, e la sera prima avremmo fatto meglio a tirare fin qui, maledetti canguri mannari. Laghi vulcanici, cascate, il Bellenden Ker National Park ed i Babinda Boulders sono alcune attrattive dell’altopiano. Yungaburra è un paesino “storico” (dicono loro) e nei dintorni ci sono un famosissimo fico strangolatore e lo stagno degli ornitorinchi (visti e fotografati, da lontano).

Scendendo dall’altopiano verso la costa ci toccano una ventina di km di strada a tornanti abbastanza secchi, i 900 mt sul livello del mare si azzerano tutti in una volta. Tornati a Cairns, abbiamo ancora parte del pomeriggio ed un giorno intero da riempire aspettando il prossimo volo interno (Cairns – Darwin), tagliare Cape Trib ci ha scombinato i piani. Decidiamo per il noleggio di una barchetta a motore (senza patente) ed andiamo a fare un giro nelle mangrovie di fronte al porto, passando di fianco all’Esperanza, una nave di Greenpeace.

La sera per cambiare dormiamo al “The Hotel Cairns”, sempre in fondo al lungomare, vicino all’Holiday Inn precedente. La camera è buona, speriamo solo che il letto (a scomparsa) non si chiuda stanotte incastrandoci dentro come Fantozzi. Il pezzo forte comunque è il bagno-design, bellissimo da vedere e per certi versi scomodo da usare. L’albergo ha una serie di Smart che noleggia in giornata ai clienti, ci dispiace quasi di avere già la macchina.

Sabato 15 agosto: Kuranda Ultimo giorno a Cairns, finalmente. I voli interni prenotati da casa sono fondamentali ma possono diventare sbarramenti micidiali se nell’organizzare il viaggio a tavolino sovrastimi una zona sostando più del necessario.

Decidiamo di salire a Kuranda in macchina, il che significa altri 20 km di tornanti secchi per risalire sull’Atherton Tableland. Arriviamo presto, prima dell’ondata turistica che scende da trenino e skyrail. Proviamo il Kuranda Rainforest Tour, la crociera fluviale sul Barron River, che si rivelerà molto interessante. A bordo siamo solo 4 più il pilota-cicerone, una pacchia. Per il resto l’Australian Butterfly Sanctuary ed il Kuranda Koala Gardens sono piacevoli ma niente di eccezionale, mentre i mercatini vendono tanta paccottiglia. Una mattina ci basta e riscendiamo a Cairns per andare a vedere i Giardini Botanici Flecker: flora locale ed un paio di coppie che si sposano in mezzo al verde. Domenica 16 agosto: Cairns – Darwin Si parte: volo interno Cairns – Darwin. Tra l’altro scopriamo in aeroporto che non è tanto “interno” visto che la destinazione finale è poi Singapore. E qui si verifica l’exploit della sottoscritta… In un “momento di mona” – come diciamo noi veneti – (distrazione ndr) lascio “I LIQUIDI” nel bagaglio a mano e, totalmente inconsapevole di averlo fatto, affronto spavalda i controlli. Mi sequestrano tutto, si salva solo lo stick antizanzare. Ovviamente, in quanto sospetta, seguirà anche perquisizione e controllo esplosivi “a campione”. Mi imbarco per Darwin furiosa come una bestia per la figura da dilettante; per vendetta ricomprerò tutto in enormi confezioni famiglia.

Domenica pomeriggio a Darwin: pochissima gente in giro, eppure è in corso il festival, dovrebbe esserci movimento. La città è tutta moderna, quello che non hanno bombardato i giapponesi nella II° guerra mondiale è stato raso al suolo dal ciclone Tracy nel ’74. Non abbiamo il tempo (forse nemmeno la voglia) di vedere le attrazioni fuori città della “grande Darwin”, ad es. Mindil beach ed i giardini botanici; siamo anche, ormai, un po’ diffidenti nei confronti di tutto quello che ti viene pubblicizzato come “attrazione turistica”.

La sera ceniamo nei giardini pubblici, il festival di Darwin finalmente prende vita. Ci sono allestimenti colorati e luminosi (anche sugli alberi), bancarelle, spettacoli teatrali, gente, in un atmosfera da festa paesana. Meno male! Dormiamo all’Holiday Inn sull’Esplanade.

Lunedì 17 agosto: Kakadu Ritiriamo la seconda macchina prenotata, un fuoristrada Toyota con cui faremo Darwin – Ayers Rock, e partiamo verso Kakadu N.P. Lungo la Arnhem Hwy è pieno di termitai enormi.

Entrati nel parco facciamo sosta all’Aurora Kakadu Resort, il primo che si incontra arrivando da Darwin. E’ abbastanza decentrato da quello che è il cuore del parco, siamo contenti di avere prenotato due notti a Cooinda che, come Jabiru, è in posizione più comoda rispetto alle principali attrattive del Kakadu.

La Visitor Guide di Kakadu – scaricata e stampata dal sito del parco prima della partenza – si rivela molto utile con le sue mappe dettagliate e le spiegazioni sulle varie zone; ci evita di visitare “alla cieca” questa prima parte del Parco finchè non arriveremo a Bowali dove è ubicato il Visitor Centre.

La prima tappa è a Mamukala, dove è possibile vedere gli uccelli acquatici su una piattaforma d’osservazione oppure seguendo un percorso di tre km adiacente gli stagni.

La seconda tappa sono i dipinti rupestri di Ubirr ed il vicino belvedere sulla pianura sottostante. Qui abbiamo la fortuna di avvistare dei wallabies delle rocce.

Terza tappa il Bowali Visitor Centre, dove recuperiamo opuscoli e materiale vario sul parco.

Infine verso le 17.30 siamo al Gagudju Lodge di Cooinda, dove resteremo due notti. Meno male che abbiamo prenotato, è tutto esaurito. Il resort è immerso nel bush, sulle nostre teste c’è uno stormo di pappagalli (sono una costante, come coccodrilli e canguri); la camera è buona, anche se in bagno ti avvisano che l’acqua non è potabile, va bollita. Il telefono non prende: da qui ad Ayers rock prenderà solo nei centri abitati più grandi e, strano ma vero, ad Ayers Rock (forse perché c’è un aeroporto?..). Al ristorante self service sperimentiamo quello che noi chiamiamo “il telecomando”: ordini alla cassa, paghi, e ti danno un aggeggio a forma di telecomando; quando è pronta la tua ordinazione suona e vibra come una sveglia per avvisarti che devi passare al banco a ritirarla. Martedì 18 agosto: Kakadu All’alba crociera sullo Yellow Water, la prima, partenza alle 6.30. Meravigliosa, con la classica foschia dell’alba in dissolvimento sull’acquitrino. Fotografiamo diversi coccodrilli, uccelli acquatici di ogni tipo (anche rapaci) e in lontananza cavalli selvatici e bufali (nelle zone a pascolo limitrofe).

Al ritorno – ormai è metà mattina – partiamo col fuoristrada verso “l’avventura”: Twin Falls e Twin Gorge, Jim Jim Falls. Lasciata la Kakadu Hwy il primo tratto di strada (60 km) è sterrato ma percorribile da qualsiasi macchina. Arrivati al Garnamarr Camp c’è un ranger in postazione che consente di proseguire solo ai veicoli 4 WD; qui si acquista inoltre il biglietto per la navigazione fluviale nella Twin Gorge (ma abbiamo visto gente comprarlo anche all’imbarco).

L’ultimo tratto di strada di 10 km circa è sterrato con vari banchi di sabbia (incrociamo degli “insabbiati” sia all’andata che al ritorno), qualche pozza d’acqua e, dulcis in fundo, un torrente da guadare per arrivare alle Twin Falls. Il fondo è lastricato, ci sono le aste graduate che segnano 40 cm d’acqua. Proviamo pian piano, sperando di non restare bloccati in mezzo: sulla riva c’è il solito cartello “allerta coccodrilli”. Arrivati a Twin Gorge si lascia la macchina, nella gola c’è una barca che fa continuamente la spola tra il parcheggio ed un punto d’approdo poco distante dalla cascata, che si raggiunge poi a piedi. Al momento di sbarcare vicino alla cascata ci indicano un walkie-talkie sulla riva, a disposizione per contattare la barca in caso di necessità. La cascata si raggiunge a piedi in 15 – 20 minuti; la fotografiamo anche se è abbastanza “magra”. Questa è la stagione secca, il dry, che ti permette di raggiungere molti punti del parco inaccessibili nella stagione delle piogge, la contropartita è che fiumi e cascate hanno poca acqua e, a volte, sono secchi. Tornati con calma all’approdo attendiamo la barca, ed il mio socio Luca vuole provare l’eco nella gola; senza preavviso gli sento urlare a squarciagola (ed accento vagamente polacco): “…FRATELLI…E SORELLE …” L’eco glielo fa il walkie talkie (che credevamo spento eheh), dalla barca i Rangers gli gracchiano un “WHAT??!!??” per fortuna senza seguito, stiamo morendo dal ridere e non riusciremmo a rispondere.

Ripresa la macchina torniamo indietro verso le Jim Jim Falls; anche in questo caso si parcheggia e c’è da fare un tratto a piedi in mezzo alle rocce per arrivare alla base delle cascate; 900 mt (dicono loro) secondo noi è il doppio. Le Twin Falls ci sono piaciute più delle Jim Jim.

Unico rimpianto della giornata non avere fatto in tempo a vedere anche i dipinti rupestri di Nourlangie Rock (l’uomo a raggi x).

Mercoledì 19 agosto: Katherine Gorge – Mataranka – Larrimah Partiamo da Kakadu scendendo a sud sulla Stuart Hwy. Un wallaby ci attraversa incolume la strada. È il primo che vediamo in libertà, a parte quelli delle rocce di Ubirr.

Dopo un 300 km circa arriviamo a Katherine. A 30 km da qui c’è il parco di Nitmiluk (Katherine Gorge): una serie di 13 gole distinte scavata dal fiume omonimo. Le crociere nelle gole partono ad orari fissi ed hanno diversa durata in funzione del numero di gole (2, 3, ecc) proposte. In alternativa si possono noleggiare canoe singole e doppie.

Vediamo 2 gole in due ore, con passeggiata e cambio barca tra una gola e l’altra: il livello del fiume è basso. Sulle pareti vi sono dipinti rupestri, in acqua coccodrilli freshwater che abitualmente depongono le uova negli angoli sabbiosi delle rive. Katherine offre diverse sistemazioni per la notte, ma ci sono ancora tre ore di luce e vogliamo proseguire per fare meno strada domani. Dalla cartina (e dalla Lonely) i possibili stop per la notte sono Mataranka (100 km a sud) o Larrimah (270 km).

Tagliamo la visita alle famose grotte di Cutta Cutta, 30 km a sud di Katherine; ospitano rari tipi di pipistrelli e serpenti, non è il nostro genere.

Dopo un’ora siamo a Mataranka, la capitale del “never-never” e qui – voce fuori campo alla Fantozzi – abbiamo il 1° riscontro pratico di cosa può corrispondere ad un nome ed un pallino, segnati sulla nostra carta stradale lungo la Stuart Hwy. Un incrocio con 7 – 8 case, 1 stazione di servizio con annesso negozietto-bar-ristorante-motel-campeggio ed officina. Titolare della suddetta e familiari sono gli unici abitanti del “paese” e rivestono tutti i ruoli, da benzinaio a cuoco passando da tourist information. “Sono solo le 16.30, altre 2 ore di luce, proseguiamo”. Compiamo una piccola deviazione per vedere le famose sorgenti termali a Rainbow Springs, poco a sud di Mataranka, ed il Resort annesso.

Le sorgenti sono piccoli stagni immersi nel verde, carini ma strapieni di turisti a bagnomaria. Intorno ci sono diversi wallabies molto schivi, scappano al primo movimento quando ti vedono. Andiamo.

Altri canguri ci attraversano la strada, troppo veloci, non riusciamo a fermarci per fotografarli. Forse sono stati spaventati dal concerto del clacson che Luca usa molto spesso (con varietà di ritmo) per vivacizzare queste lunghe tirate in macchina senza incrociare quasi nessuno… “Siamo in vantaggio sulla tabella di marcia”: a forza di proseguire ci fermiamo infine nel posto in assoluto più genuino e più fuori tra tutti quelli visti finora: il LARRIMAH HOTEL & PINK PANTHER PUB. La Lonely alla voce Larrimah recita “13 abitanti”, e confermiamo che semmai sono anche di meno. Qui tutto è fermo agli anni ’50, cioè la data in cui Larrimah e la vicina Birdum (ora città fantasma) hanno smesso di costituire un capolinea ferroviario per uomini e vettovaglie dell’esercito australiano, che qui aveva un distaccamento (potenziato durante la II° Guerra Mondiale).

Il Birdum Hotel fu smantellato, trasportato e ricostruito a Larrimah, cambiando nome ma restando intatto quanto ad arredi e materiali costruttivi; arrivando qui si fa un incredibile salto indietro nel tempo, che pare essersi proprio fermato.

Arrivati al calar della sera il “Boss” è già alquanto alticcio, il campeggio abbastanza pieno, e (delle 7 stanze 7 dell’hotel) a noi tocca la favolosa stanza N° 5, dove l’unico punto luce presente si spegne tirando il cordone da tende che penzola dal centro del soffitto. Il proprietario ha riempito tutto lo spazio qui intorno con voliere piene di pappagalli (fino al tramonto un casino pazzesco) ed un paio di gabbie con coccodrilli saltwater che hanno ancora il coraggio di farti le imboscate saltando fuori dall’acqua quando passi.

Arriva un’altra coppia di italians in camper e passiamo parte della serata a chiacchierare.

Nota degli autori: consigliamo caldamente la sosta, vale veramente la pena (anche solo per il Boss).

Giovedì 20 agosto: Larrimah – Aileron Sveglia all’alba; ci laviamo come i gatti nei bagni in comune, puliti ma così vecchi e vetusti che nonostante la pulizia ti danno quel certo non so che. Ripartiamo e facciamo sosta a Daly Waters, nel famoso pub dei tosatori itineranti. Daly è più o meno come Larrimah, per fortuna non dobbiamo fare gasolio, qui è esaurito. Per sicurezza non siamo mai scesi sotto la metà serbatoio tra un rifornimento e l’altro, comunque lungo la Stuart Hwy la situazione non è poi così tragica: ogni 100 – 150 km una stazione di servizio si trova. Qui lungo la Hwy abbiamo incontrato finalmente i famosi “road trains”; gli autisti di questi bestioni ti agevolano il sorpasso facendoti l’occhiolino con freccia a dx (se puoi andare) o a sx se vuoi aspettare per evitare un frontale.

Ad ora di pranzo siamo a Tennant Creek, cittadina strategica quanto a posizione, per il resto niente altro. Proviamo a visitare la locale Telegraph Station fuori città ma è chiusa, un cartello dice che le chiavi sono disponibili altrove (forse al Visitor Centre, non ricordo), basta andarle a prendere. Nel pomeriggio superiamo una serie di amene “accomodations” sempre lungo la Hwy, tutte con stazione di servizio poche camere e qualche piazzola: Larrimah però non ce la batte nessuno.

Un centinaio di km a sud di Tennant Creek ci fermiamo a vedere i Devil’s Marbles, enormi massi tondeggianti di granito rosso.

Arrivati a Wycliffe Wells sostiamo al bar degli UFO, questa proprio ci manca e non vogliamo perderla: pare che questa zona sia la capitale australiana degli avvistamenti.

Sosta per la notte ad Aileron, 130 km a nord di Alice Springs. Solita stazione di servizio + negozio con intorno il bush e nulla più, però il motel ed il ristorante sono grandini e abbastanza degni di tale nome; tutto sommato può andare bene per una notte e via. Notte travagliata per colpa del generatore di elettricità: finchè funziona fa parecchio rumore, alle 5.00 di mattina si ferma e ci toccano anche gli accidenti con cui si aiuta chi lo ripara.

Venerdì 21 agosto: Alice Springs – West Macdonnell Range Ci fumiamo in fretta i 130 km che ci separano da Alice Springs, ma nonostante sia mattina, relativamente presto e gli alberghi non manchino troviamo una camera libera in città solo al 5° tentativo (Alice Motor Inn). Impieghiamo la giornata nei West Macdonnell Range: Simpson Gap, Standley Chasm, Ocre Pitt, Ormiston Gorge ed infine Glen Helen. Serpentine Gorge alla fine tagliata per mancanza di tempo.

Simpson Gap ci è piaciuta molto, visti anche dei canguri. Standley Chasm è privata, quindi a pagamento: di suo sarebbe molto bella, se non fosse che all’ora consigliata da tutte le guide (12.00 – 13.00) è molto gettonata e troppo affollata per godersela. Ocre Pitt è molto particolare, mentre Ormiston Gorge non ci ha fatto molto effetto (forse perché il fiume era in secca). A Glen Helen c’è uno specchio d’acqua fra due pareti rocciose, che non ci ha detto molto…Ma qui abbiamo incrociato i pazzi scatenati della VARIETY BASH 2009 ed è un’altra storia.

Ad un certo punto abbiamo iniziato ad incrociare una serie di macchine vecchie, tutte taroccate e coloratissime, a tema: quella verde degli Shrecks, i Simpsons, i Flintstones, le spose, vecchi camioncini dei pompieri, ambulanze in pensione – con a bordo equipaggi travestiti; una via di mezzo tra sfilata di carnevale, trabiccoli degli alpini ed il film “Cannonball” (ricordate Dean Martin e Sammy Davis jr preti in Ferrari?). Arrivati al Glen Helen Resort scopriamo che è il loro quartier generale per la notte, stanno montando le tende e finalmente possiamo chiedere a qualcuno “che cos’è??”.

Variety Bash è una Charity, un’associazione benefica che raccoglie fondi da destinare a bambini in situazioni difficili. Gli associati hanno tutti queste macchine (rigorosamente ante dicembre ’74) sponsorizzatissime, taroccatissime e modificate “a tema” ed ogni anno le varie Sezioni organizzano (tra le altre cose) un itinerario a tappe da coprire in gruppo, divertendosi e raccogliendo fondi come sempre.

Tornati ad Alice Springs a fine pomeriggio scopriamo che la Variety sta imperversando anche qui: macchine assurde in giro dappertutto – anche nei parcheggi di tutti gli alberghi; unito al fatto che la mattina dopo si tiene anche la famosa Henley on Todd Regatta, capiamo di colpo perché avevamo fatto fatica a trovare una camera libera per la notte…

Sabato 22 agosto: Alice Springs – Kings Canyon Iniziamo la giornata con la Telegraph Station di Alice Springs: quando ancora Stuart Hwy e linea ferroviaria non esistevano il centro del Paese era collegato alle zone costiere da questi avamposti isolati ed autosufficienti, mentre per le merci si usavano carovane di cammelli.

Nel frattempo “quelli della Variety” stanno sfilando in parata nell’isola pedonale di Alice Springs: sono talmente tanti (più di 700 equipaggi) che facciamo in tempo a vederne parecchi al nostro ritorno in centro. In tarda mattinata si tiene anche la “Henley on Todd Regatta”, dove gruppi di 4 persone si sfidano correndo a piedi nel letto in secca del fiume Todd; ogni gruppo regge intorno ai propri fianchi la struttura più o meno verosimile di una barca (senza fondo, ovviamente)… Possiamo perderci un assaggio di questa “boiata pazzesca” dato che siamo qui proprio nel giorno giusto? Chiudiamo in bellezza; nel pomeriggio ci attende la Mereenie loop. Quest’ultima attraversa territorio aborigeno, ottenuto il permesso di transito al Visitor centre dopo pranzo partiamo per il Kings Canyon via Mereenie loop. Che a noi, sinceramente, non è piaciuta più di tanto. Abbiamo percorso circa 180 km di sterrato in mezzo al bush, la metà dei quali abbastanza brutti. Incontriamo solo 3 macchine (2 delle quali con roulotte) e 2 pazzi scatenati in bici, con T° esterne siu 30° – 33°C. I bordi della strada sono un cimitero di pneumatici e carcasse di auto di tutti i tipi e, visto lo scarsissimo traffico e la totale assenza di campo dei nostri telefoni speriamo che la macchina non abbia problemi, rilassandoci solo 3 ore più tardi, arrivati al Kings Canyon Resort.

Ceniamo al BBQ sotto un capannone, mentre i Roadies (una coppia sui 55/60) si esibiscono in classiche canzoni folk australiane. Restiamo ad ascoltarli finchè non iniziano a coinvolgere il pubblico nelle loro canzoni, e sulle note di un Waltzing Matilda molto partecipato usciamo alla chetichella prima che ci piazzino in mano nacchere e didjeridoo.

Domenica 23 agosto: Kings Canyon – Ayers Rock Partiamo a piedi per il giro superiore del Canyon (6 km, impiegate 2 h 15’), il cosiddetto Rim Walk. Fa già caldino, e Luca non sa che intendo percorrerlo tutto: lui pensa che faremo solo un pezzetto, “un assaggio” del Grand Canyon australiano, come viene chiamato (potenza del marketing…). La sua fatica verrà ripagata una volta in cima, sull’orlo del canyon: qui il “…Fratelli…E sorelle…” di polacca memoria ha un rimbombo strepitoso, e scatena la reazione di tutti i presenti che iniziano ad urlare di tutto a loro volta – una babele (un gran casino). L’altro percorso (la passeggiata all’interno del canyon) è meno bello di questo, secondo noi.

Ripartiamo verso Ayers Rock, fermandoci a mangiare qualcosa a Curtin Springs. Qui attenti all’EMU domestico a piede libero, a caccia di patatine dai vostri piatti. Una lotta quasi all’ultimo sangue.

La Variety intanto continua a girarci intorno: ogni tanto incrociamo qualche riconoscibilissimo equipaggio disperso.

Ad Ayers dormiamo all’Outback Pioneers dove – volendo – vi è anche la possibilità di acquistare la carne e cuocersela poi di persona in un grande spazio attrezzato a disposizione; chi acquista e cuoce la carne accede ad un buffet gratis di contorni (verdure). Altrimenti ci sono i soliti ristoranti selfservice di tutti i tipi.

Foto al tramonto su Uluru (ore 18.30) e poi tutti in processione si torna a Yulara per la cena, rigorosamente dalle 18.00 alle 21.00 anche se il posto è al 1000% turistico ed i ristoranti potrebbero rimanere aperti di più. Lunedì 24 agosto: Alba su Uluru (h. 07.05) h. 05.30: siamo all’ingresso del Parco; è notte fonda e la sbarra è alzata; un cartellino dice di NON entrare fino alle 06.00 h. 05.35: ovviamente entriamo (e non solo noi).

300 m dopo: I Rangers appostati in attesa al buio accendono gli abbaglianti della loro auto e ci rimandano all’ingresso, dove restiamo confinati a vista fino alle 06.00.

Finalmente andiamo a stiparci tutti insieme appassionatamente al Sunrise Point, dove i turisti in gruppi organizzati attendono l’alba sorseggiando caffè caldo dal bicchierino in plastica, e gli altri no. Non è freddissimo, sono 14° C (a fronte dei 28° – 30° C delle T° massime).

Dopo l’alba si va a fare colazione al Cultural Centre poco distante, e si prosegue verso gli Olgas, che comunque a noi sono piaciuti meno di Uluru. Nel pomeriggio, aspettando il 2° tramonto su Uluru, facciamo parte dell’itinerario a piedi intorno al monolito. Ci sono dipinti rupestri, grotte, piccole cascate. I giapponesi provano tutti l’arrampicata, da sotto sembrano una fila di formiche.

Martedì 25 agosto: voliamo a Sydney.

Aeroporto Connellan di Ayers Rock: in questo capannoncino a gestione quasi familiare c’è il “tutto pieno/tutto vuoto” in coincidenza con gli orari dei voli. Durante il “tutto vuoto” gli impiegati vanno a farsi la barba nel bagno, i negozianti abbassano la serranda per farsi la merenda di metà mattina. Chi arriva qui (in anticipo) in queste fasce orarie crea eccitazione negli addetti ai controlli che finalmente hanno una valigia da aprire… se avessi avuto un mazzo di carte avrei organizzato un torneo di briscola, sarebbe stato un successone.

Dormiamo a Sydney all’Ibis Airport.

Mercoledì 26 agosto: Sydney Lasciate in albergo le valigie (qui il deposito è gratis) prendiamo la metro per andare in centro e da lì un autobus per Bondi beach, dove passiamo la mattina. Oggi è caldo, nelle ore centrali basta una maglietta.

Il pomeriggio passa (di nuovo) tra Darling Harbour e The Rocks. Alle 21.00 decolliamo per Dubai, arriveremo a Venezia alle 14.20 del giorno dopo… e anche questa vacanza 2009 è andata.

CONCLUSIONI: L’Australia vista ci è piaciuta ma non ci ha esaltato come altri viaggi già fatti, forse siamo partiti con aspettative esagerate.

Pianificando il nostro itinerario abbiamo scelto di limitare il N° di voli interni, effettuando invece 2 noleggi auto non brevissimi, per “entrare in contatto” maggiormente con la realtà australiana (invece di fare le cavallette saltando in aereo da un luogo all’altro).

I voli interni, comunque, pur nella loro utilità ci hanno fatto perdere tempo (attese in aeroporto, ritardi, orari dei voli, ecc) e sono dei “paletti” che a volte impediscono di tagliare una parte di programma rivelatasi meno interessante del previsto… ma si sa. Come del resto altri paletti sono le pur necessarie/obbligatorie prenotazioni alberghiere in posti “a rischio” (per poca disponibilità) come Ayers Rock, Kings Canyon, Kakadu. A parte queste non abbiamo prenotato null’altro, per non essere vincolati all’arrivo a tutti i costi ed avere maggiore libertà di programma.

Dopo l’imprescindibile arrivo a Sydney abbiamo scelto di visitare parte del Queensland e di effettuare la discesa in macchina da Darwin ad Ayers Rock sia per ragioni climatiche che di attrattive, senza dimenticare i giorni disponibili.

Se tornassimo indietro, a ragion veduta ridurremmo di un paio di giorni il nostro soggiorno a Cairns e taglieremmo la sosta a Darwin (partendo subito in macchina dall’aeroporto per Kakadu) a favore magari di 2 – 3 giorni a sud, sulla Great Ocean Road.

A nostro avviso le città australiane viste (a parte Sydney, sulla quale ci siamo già espressi) non valevano la pena di perderci tempo più di tanto. Un lato negativo dell’Australia è il fatto che dopo le 17.00 tutto si spegne, la maggior parte dei centri abitati (tra quelli visti da noi) la sera erano dei mortorii… Forse la gente fa vita sociale in modo diverso rispetto alle nostre abitudini.

Cibo: le massicce ondate immigratorie verificatesi nel Paese hanno portato con sé anche abitudini alimentari diverse. In sintesi, in Australia si può veramente mangiare di tutto/di più. Noi quanto a cibo ci siamo sempre trovati abbastanza bene. Il costo della vita generalmente non ci è sembrato elevato, zone esclusivamente turistiche a parte.

Guidare in Australia: all’inizio non è semplice, ci si deve completamente “resettare”. Posto di guida a destra e comandi invertiti fanno sì che negli incroci si usi molto il tergicristallo (anziché le frecce).

Aborigeni: ne abbiamo visti parecchi, alcuni apparentemente integrati e molti altri meno, soprattutto nell’outback. Non abbiamo mai avuto problemi, sono comunque situazioni che ti fanno pensare.

Barriera corallina: a Green Island non è che sia esaltantissima, ma probabilmente in altre zone è molto più bella, magari uscendo in barca per escursioni di più giorni.

Ci è piaciuto moltissimo, invece, il Kakadu NP e tutto il tragitto in macchina da Kakadu ad Ayers Rock. Specifichiamo però che macinare km in macchina, cercando di vedere molto per entrare in contatto con realtà diverse è una nostra passione. Stavolta, oltretutto, pesantemente condizionata dalla brevità delle giornate invernali e dal rischio di investimento-canguri.

Larrimah: è stata solo la sosta di una notte, ma ci ha “colpito” particolarmente; penso che se avessimo avuto il tempo per fermarci di più il proprietario del favoloso Hotel avrebbe potuto raccontarci chissà quali storie sui tempi andati.

Concludendo, un bilancio di fine viaggio con luci ed ombre, come talvolta accade.

Le dimensioni del Paese ed il ridotto periodo a disposizione ci hanno costretto, purtroppo, ad accantonare per tempi migliori (forse) Western & South Australia. In ogni caso siamo soddisfatti di avere colmato almeno in parte la nostra curiosità per questa meta che ci “stuzzicava” da anni.

I due.



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