Viaggio dall’altra parte del mondo

AUSTRALIA FLY AND DRIVE – 03/08/02 – 25/08/02 Dopo aver visitato U.S.A, Messico, Thailandia e gran parte dell’Europa, volevamo scoprire fortemente anche un po’ d’Australia. Lo abbiamo fatto nel periodo di Agosto 2002, sapendo di trovare le stagioni invertite rispetto alle nostre; comunque, data la vastità del paese, il clima varia a...
Scritto da: Marco Calami
viaggio dall'altra parte del mondo
Partenza il: 03/08/2002
Ritorno il: 25/08/2002
Viaggiatori: fino a 6
AUSTRALIA FLY AND DRIVE – 03/08/02 – 25/08/02 Dopo aver visitato U.S.A, Messico, Thailandia e gran parte dell’Europa, volevamo scoprire fortemente anche un po’ d’Australia.

Lo abbiamo fatto nel periodo di Agosto 2002, sapendo di trovare le stagioni invertite rispetto alle nostre; comunque, data la vastità del paese, il clima varia a secondo di dove ti trovi.

Siamo partiti il 3 agosto da Firenze in quattro, o meglio, in tre e mezzo: Marco, che sarei io, mia moglie Annalisa, mio figlio Lorenzo di 5 anni e Andrea, un nostro caro amico. Visto l’affiatamento che avevamo, abbiamo condiviso sempre le camere dove alloggiavamo, per poter risparmiare. Il nostro viaggio è iniziato da Perth, capitale del Western Australia situata sulle rive del fiume Swan, di faccia all’Oceano Indiano sulla costa occidentale dell’isola. Abbiamo trovato pioggia e vento, un tipico autunno italiano anche se per loro era la fine dell’inverno. Siamo rimasti colpiti dal fatto di non vedere molta gente fuori, per le strade del centro cittadino. Specialmente nelle ore serali le persone non amano uscire, pertanto abbiamo trovato un po’ di difficoltà nell’ambientarci. Oltretutto la cena qui comincia alle 18,30 ed il primo giorno abbiamo rischiato di rimanere senza mangiare visto che ci siamo recati al ristorante come d’abitudine alle 20.30 circa, trovando pochissimi locali aperti. Perth è una città ordinata e pulita, con grandi strade e un bel centro. Ci sono bellissimi parchi come il Kings garden e buoni ristoranti, molti dei quali italiani per chi sente nostalgia della nostra cucina. I quartieri più vivi si trovano proprio nel centro della città; qui, la sera, si può tirare un po’ sull’orario entrando in uno dei tanti pub australiani, definiti dalle guide turistiche, davvero molto validi. Ci sono altri quartieri carini da vedere e, uno di questi, è Fremantle a qualche km dal centro, una località periferica proprio sul mare. Grandi spiagge e, almeno in quei giorni, tanto, tanto vento! A Perth abbiamo noleggiato la nostra prima auto e ci siamo imbattuti in alcune difficoltà prima di abituarci alla guida a sinistra con tanto di comandi spostati! Da Perth abbiamo percorso, per circa 600 km, la Brand Highway, risalendo verso nord fra sconfinate praterie dove centinaia di bovini pascolavano liberi. Siamo così arrivati fino a Kalbarri, una piccola località di mare dove abbiamo soggiornato per una notte prima di giungere, dopo altri 200 km circa, a Monkey Mia. Prima però abbiamo voluto fare una deviazione verso Murchison, per visitare il “River Gorge”, un piccolo canyon sul fiume Murchison da dove si diramano diversi sentieri fra i quali il “loop” (il cappio), che porta fino alla “natural window”: un buco nella roccia scavato dal vento che si affaccia sul canyon. Come inizio non c’è male! Il giorno dopo siamo arrivati a Monkey Mia, rinomato villaggio turistico balneare sulla baia degli squali, dove ogni giorno diversi delfini vengono fino a riva a farsi coccolare dai rangers, sotto gli occhi affascinati dei turisti. Oltre all’alloggio si paga anche l’ingresso, visto che questo luogo viene considerato come un vero parco turistico. Qui un tiepido sole ci ha riscaldato, ma l’acqua della baia era davvero fredda; ciò nonostante il nostro bel tuffo ce lo siamo fatto lo stesso! La sera, per non mangiare sempre al solito e poco economico ristorante del villaggio, abbiamo provato a cenare fuori a pochi km da lì, in un paese di poche case. Abbiamo sicuramente risparmiato, ma pensate che alle 20,00 eravamo già fuori dall’unico locale della zona e, in giro, non c’era più un anima viva! A poca distanza da Monkey Mia, c’è la splendida spiaggia di “Shell beach”, chiamata così perché è fatta solo ed esclusivamente di piccolissime conchiglie bianche. Il posto vale la sosta per qualche scatto fotografico.

Siamo poi ridiscesi verso Perth facendo tappa a Cervantes, il piccolo villaggio dove si trova il parco “Nambung”, più comunemente conosciuto come “deserto dei Pinnacoli”, da non perdere davvero! Le strane formazioni rocciose a punta disseminate su un terreno color ocra, danno al posto un affascinante, quanto particolare, colpo d’occhio, che ti fa sentire su un altro pianeta! La sera poi, nell’unica birreria del paese, non ci siamo fatti mancare una tipica T-bone, la classica bistecca Australiana che ha poco da invidiare alla nostra “fiorentina”, e si può degustare un po’ ovunque, specialmente nelle taverne dove, insieme all’ottimo cibo, si possono gustare le sorprendenti e buonissime birre australiane ad un prezzo veramente accettabile. Poco prima di Perth, a soli 50 km a nord, abbiamo visitato anche lo Yanchep N.P., habitat naturale di Koala, dove si possono ammirare molti canguri liberi di saltellare qua e là.

Ridiscesi a Perth, abbiamo preso un volo interno che ci ha portato a Darwin, località balneare a nord dell’Australia. Qui abbiamo trovato un po’ tutto diverso: dal clima, decisamente più caldo e umido, allo stile di vita locale, fortemente influenzato dai caratteri tropicali, dove la gente ama vivere fuori nelle strade anche fino a tarda sera.

Da Darwin siamo partiti con un’altra auto alla volta del Kakadu National Park. Il famoso parco nazionale distante 250 km circa verso est, dove si possono trovare miriadi di specie di uccelli e molti altri animali, vero paradiso per chi ama la fauna Australiana. Coccodrilli, canguri e koala, si sono fatti ammirare lungo il percorso di questo grandissimo parco. Da non perdere la gita sul fiume Yellow Water, che si inoltra fino ad una stupenda foresta di mangrovie, regno incontrastato dei coccodrilli e di bellissimi uccelli di ogni genere.Il parco è grandissimo e non sarebbero bastati diversi giorni per visitarlo tutto. Comunque, dopo aver soggiornato due notti nel bellissimo Kakadu resort all’interno del parco, dove perfino i canguri e le aquile dalla testa bianca venivano a farci visita fin davanti alla porta, abbiamo deciso di continuare il viaggio. Con l’auto siamo ridiscesi ancora per diverse centinaia di chilometri a sud lungo la famosa “Stuart Highway”, la strada che taglia in due da nord a sud l’immensa isola Australiana. E’ incredibile poter fare tanti chilometri senza incontrare nessuno. La strada sempre dritta, scorre per ore davanti a noi, qua e là carcasse di canguri disseminate ovunque. Non è raro, infatti, trovarsi di fronte questo animale che attraversa la strada saltellando. Lungo la strada si passano alcune cascate naturali, fra le quali, forse attratti dal nome a noi familiare, abbiamo scelto di vedere le “Florence Falls”. Qui abbiamo avuto l’occasione di fare un rinfrescante tuffo nelle sue limpide acque. Poi di nuovo sulla Stuart Highway. Percorrendo ancora questa bellissima e desolatissima strada, ogni giorno abbiamo fatto tappa in altre particolari località.

Una di queste è Katherine, il paese da dove siamo partiti per l’escursione al “Katherine Gorge”, lungo un tratto dell’omonimo fiume. Abbiamo percorso in battello diversi km lungo il famoso corso d’acqua, passando fra le rosse rocce del canyon che lo circonda. Anche qui lo scenario è davvero maestoso. Il fiume può anche essere percorso con delle canoe a noleggio e questo, rende ancora più eccitante il percorso. Lungo il tragitto ci siamo fermati ad osservare alcune pitture rupestri risalenti a migliaia di anni fa. Rientrando in paese, abbiamo osservato con più attenzione il luogo. Come altri piccoli centri del deserto, anche Katherine è abitata da molti aborigeni, che sembrano vivere la maggior parte della loro giornata per le strade. E’ una situazione strana quella di queste persone. Non si sentono nè cittadini, con i diritti e i doveri di una vita in società, ne anime libere come altri loro fratelli che, preferiscono starsene in disparte nel mezzo del deserto vivendo come migliaia di anni fa. Purtroppo in questa situazione, sembrano più disadattati che i veri padroni della terra d’Australia.

Meglio di loro si sono integratiti coloro che lavorano nel turismo o nell’artigianato, creando manufatti che poi vengono venduti anche a caro prezzo nei negozi, sempre che siano originali.

Proseguendo verso il cuore dell’Australia si arriva a Mataranka, una località sperduta nel bel mezzo del rosso deserto Australiano, conosciuto solo per le sue stupende sorgenti di acqua calda.

L’impatto con quella meravigliosa acqua cristallina contornata da enormi palme, nel bel mezzo del deserto, è stato semplicemente meraviglioso. Di comune accordo, dopo aver cenato, ci siamo dedicati anche un bagno notturno. Abbiamo raggiunto la sorgente nel palmeto immersi nel buio della notte, rischiarato solo da una falce di luna. E’ stato incredibile fare il bagno sotto un cielo pieno di stelle, immersi nelle caldo abbraccio della sorgente. Un ricordo che porteremo con noi per sempre.

Proseguendo ancora verso sud, sulla interminabile strada del deserto, dopo 560 km e dopo un veloce break per un hot dog in un tipico punto di ristoro per camionisti e viaggiatori, siamo arrivati a Tennant Creek. Il paese non offre niente, ma ci è servito come tappa prima di arrivare ad Alice Springs, ridente cittadina situata proprio nel cuore dell’Out back, patria della scuola via radio ( school of the air ), unica possibilità di istruzione per i bambini che risiedono troppo lontano dai centri abitati per poter raggiungere fisicamente la scuola. Come negli altri paesi dell’Out back, anche qui le strade sono rese rosse dalla polvere del deserto ma, grazie alla posizione strategica della città, al contrario di altri paesi, qui tutto funziona; perfino il cellulare ha la linea e così abbiamo potuto ricevere e inviare molti messaggi ad amici e parenti. Qui abbiamo avuto occasione di dar da mangiare a dei piccoli canguri di montagna che al tramonto, come d’abitudine, scendono giù dalla collina vicino al paese, per cibarsi dalle mani dei bambini che, entusiasti, non di meno gli adulti, donano cibo a questi piccoli ma simpatici marsupiali. La sera poi, siamo entrati in una caratteristica birreria locale, il “Saloon”, dove abbiamo assaporato ancora un’ottima bistecca, un paio di buonissime birre e della piacevole musica stile Western.! Per una sera, ci siamo sentiti davvero come dei tipici cow boy Australiani! Da Alice Springs ci siamo diretti verso il Kings canyon, sparandoci altri 400 km di strada rossa. Prima di arrivare abbiamo fatto una deviazione di una trentina di km per una stradina sterrata, che abbiamo percorso non senza difficoltà, per arrivare a vedere la “Rainbow Valley”, una montagna di diversi colori, dal rosso all’arancio, dal marrone al giallo, al rosa e perfino bianca alla base. Peccato che, ai suoi piedi, il lago che durante la stagione delle piogge e colmo d’acqua, fosse del tutto asciutto. Così il bellissimo riflesso che crea la montagna specchiandosi nell’acqua del lago, lo abbiamo potuto solo vedere nelle illustrazioni del luogo.

Dopo questa deviazione, siamo giunti al “Kings Canyon. Questo meraviglioso costone roccioso alto fino a 200 metri, di un colore arancio vivo, viene visitato anche con elicotteri che permettono una visuale davvero incredibile,anche se ad un prezzo abbastanza alto. Noi abbiamo preferito scalarlo a piedi, partendo molto presto la mattina, per poter meglio gustare le sensazioni di un alba fuori dal comune.

Siamo infatti arrivati a godere i fantastici colori della roccia proprio mentre il sole sorgevava all’orizzonte, riscaldando la fresca aria del mattino. Arrivati sulla sommità, il panorama era davvero stupendo. Non avrà forse lo stesso fascino del Grand Canyon Americano ma, vi garantisco che anche questa esperienza è molto emozionante. Proseguendo ancora più a sud per altre centinaia di chilometri, prima di arrivare al parco “Kata Tjuta”, ci siamo fermati lungo la “Lasseter Highway” ad osservare da lontano il monte “Connel”. La montagna sembra ricordare i monoliti della Monument Valley americana. Finalmente, abbiamo poi raggiunto il mitico Ayers rock, denominato “Uluru” dagli aborigeni, all’interno del parco Kata Tjuta. La bellissima e maestosa montagna sacra che, ed è vero, ti affascina con strane sensazioni quando le sei vicino. Sarà solo suggestione? La grande roccia rossa non si può toccare, essendo sacra agli aborigeni, salvo in una zona prestabilita, dove è possibile anche scalarla, non senza difficoltà data l’alta pendenza.

E’ bello, durante il trascorrere del giorno, osservare i cambiamenti cromatici che la superficie del rilievo ci mostra. Perfino quando piove, questa montagna è fantastica. Con l’acqua che scorre lungo solchi creati forse in moltissimi anni, Uluru assume, in alcuni punti, un bellissimo riflesso argento, come truccata da un magico tocco. Al tramonto, poi, tutti sono pronti con la macchina fotografica ad immortalare, in un concerto di “click”, questo gigante rosso che ad un tratto, si incendia in un effetto un straordinario! A circa 50 km dall’Ayers Rock, ci sono i 26 enormi macigni del monte Olgas; tutte queste rocce formano un unico enorme elemento naturale di particolare bellezza. E’ stato senza dubbio il momento più significativo del viaggio. L’Ayers Rock, i monti Olgas, il deserto degli aborigeni, ci hanno davvero entusiasmato.

Abbiamo lasciato a malincuore l’Outback, speranzosi però di trovare altre meraviglie da vedere nelle successive tappe.

Con un altro volo, siamo giunti a Cairns, sulla costa orientale, di fronte alla più grande barriera corallina del mondo, per prendere alloggio, una cinquantina di km più a nord, nel tipico e delizioso villaggio balneare di Port Douglas che si affaccia sulla Coral bay. Purtroppo, anche qui, il tempo non era dei migliori. In quattro giorni di mare abbiamo visto il sole solo a sprazzi e, spesso, piovigginava. Comunque la temperatura era ottima, intorno ai 28 gradi, e il posto era davvero eccellente.

Qui abbiamo visitato il famoso parco naz.Di “Cape Tribulation”,inserito addirittura nella lista dell’Unesco come tesoro da salvaguardare, a pochi km da Port Douglas, dove niente o quasi, è forse cambiato dai tempi preistorici. La giungla rigogliosa e verdissima fa da contorno ad un mare tropicale e le palme arrivano fin sulla spiaggia, grandissima, disseminata di piccoli forellini dove alloggiano i granchi. Piante di Mangrovie, che con le loro radici e scavano la sabbia, completano questo paesaggio naturale. A volte, non sempre ci rendiamo immediatamente conto di dove ci si trovi veramente. Ci sono vari percorsi attraverso questo parco naturale e, molti di questi, sono praticabili solo con un fuori strada, che fortunatamente noi avevamo. Il giorno seguente, visto che il tempo non era dei migliori, abbiamo visitato un parco dove molti animali del luogo facevano da padroni; il coccodrillo su tutti! La“Croccodile Farm” sa più di artefatto. Un posto dove gli animali fanno bella mostra di sè solo per accontentare i turisti presenti. Comunque, abbiamo avuto l’opportunità di vedere il “big one”, cioè il coccodrillo più vecchio e grosso del posto. Una creatura di più di quattro metri di lunghezza che, poverino, non aveva nessuna voglia di farsi vedere azzannare un pezzo di pollo che gli veniva donato dai rangers per impressionare con le sue fauci spalancate gli spettatori! L’ultimo giorno del soggiorno sulla costa, abbiamo preso il traghetto per arrivare fin su una piattaforma sospesa sull’acqua nel bel mezzo della barriera corallina. Abbiamo così avuto l’occasione di poter provare cosa significa fare il bagno circondati da centinaia di pesci multicolore che, per niente intimoriti, si facevano addirittura toccare con le mani! Siamo rimasti talmente strabiliati da non credere ai nostri occhi quando un enorme pesce, chiamato Napoleone, ha nuotato per diversi minuti accanto a noi. Dopo quest’ultima divertente esperienza, siamo volati alla volta di Sidney. Qui, finalmente, il sole ci ha accompagnato alla scoperta di questa bellissima città. Abbiamo alloggiato nel coloratissimo e vivace quartiere di Kings Cross, dove puoi trovare gomito a gomito negozianti e prostitute, caffè e case di appuntamento, ma anche tanti negozietti con merce a buon prezzo.

L’Opera House, l’Harbour bridge e la baia, sono incantevoli. Il centro cittadino ( la city) con i suoi grattacieli ed i suoi negozi, ricorda un po’ le grandi metropoli americane. Il quartiere “The Rock” è abbastanza “vivo”, anche la notte: i quartieri nelle colline intorno, infine, sono davvero molto carini. Tipiche casette all’inglese immerse nel verde,sembrano fare da collana alla baia che si apre appena qualche metro in linea d’aria più sotto. In lontananza, i grattacieli della city fanno bella mostra di sè. Verrebbe voglia di fermarsi a vivere qui per un po’ di tempo, visto anche che la città è piena di grandi spazi verdi adatti sia ai grandi che ai più piccoli. Inoltre, il clima non è affatto male! A Sidney abbiamo voluto anche vedere “Bondy beach”, la spiaggia famosa per le sue onde oceaniche tanto amate dai surfisti di tutto il mondo e, dopo aver consumato un po’ di tempo per i soliti, immancabili souvenirs, non ci siamo fatti mancare nemmeno una serata all’ Hard Rock cafè, per una doppia birra e tanta, tanta musica dal vivo. Purtroppo però i nostri giorni, insieme ai nostri soldi, si sono esauriti.

E’ ora di rientrare, ci attende la cosa più noiosa di tutto questo meraviglioso viaggio: il volo della durata di una giornata intera! All’arrivo a Firenze, dopo 24 ore dalla partenza, ancora sconvolti dal viaggio, avevamo nella testa ogni momento passato in Australia. Tutti, compreso Lorenzo, pensavamo la stessa cosa; viaggiare è la cosa più bella del mondo, soprattutto in amicizia ed armonia, lontani da stress e noiose quotidianità, liberi di assaporare il meglio che, fortunatamente, la vita ci ha voluto donare in questi preziosi giorni! Al prossimo viaggio! Marco, Annalisa, Andrea e Lorenzino. firenze.



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