Strani animali, piante ed umani in terra Australe

DA Sydney a Sydney in camper passando per CAmberra, Melbourne , Adelaide. E poi verso nord, Alice e Uluru fino a Tennant creek. Poi verso est fino a Townville e la barriera corallina, e ritorno lungo la costa. Alleghiamo il report della visita di uluru, la parte più emozionante del nostro viaggio. Di questi report ne abbiamo fatti 7 che, a nostro...
Scritto da: Roberto Fiume
strani animali, piante ed umani in terra australe
Partenza il: 07/04/2002
Ritorno il: 10/07/2002
Viaggiatori: in coppia
DA Sydney a Sydney in camper passando per CAmberra, Melbourne , Adelaide.

E poi verso nord, Alice e Uluru fino a Tennant creek. Poi verso est fino a Townville e la barriera corallina, e ritorno lungo la costa.

Alleghiamo il report della visita di uluru, la parte più emozionante del nostro viaggio.

Di questi report ne abbiamo fatti 7 che, a nostro parere, danno un bel senso del viaggio.

Stiamo preparando anche altri articoli di approfondimento.

Uluru…

Lasciata Adelaide (pronuncia AD’laid) ci siamo immersi sulla mitica Stuar HY. 3400 km in mezzo al nulla, o quasi.

Siamo passati per alcuni dei posti mitici dell’outback, e siamo finalmente entrati nel cuore rosso dell’australia nel northern territory. Dopo 12 girni trascorsi su e attorno a questa “autostrada” all’altezza di Tennant Creek abbiamo girato a destra o meglio verso Est per ricominciare a vedere il mare alla fine del nostro tragitto a Townville.

Al momento ci troviamo a Mount Isa una allucinante citta’ di minnatori. Vi mandiamo un pezzullo su quello che probabilmente sara’ Hi ligth del viaggio che come capirete ci ha molto impressionato.

“Uluru” E’ tutta una questione di aspettative. Nelle cose di viaggio le aspettative sono legate alle foto ed ai miti collegati.

L’Empire State Building e’ come te lo aspetti, le foto gli rendono giustizia, il Grand Canyon soverchia le aspettative, perche’ nessuna immagine puo’ rendere l’idea. Uluru frantuma qualunque aspettativa ti puoi essere fatta.

“L’avvicinamento” Cominci a vederla da una ventina di km., la’ sola in mezzo al niente, non e’ enorme – lo sai -, ma li’ nel vuoto gia’ ti emoziona. Piu’ ti avvicini, piu’ ti sconcerta, sembra che la terra abbia deciso di buttar fuori una parte di se’, come se tu potessi vedere l’interno di un organismo, perche’ questo appare.

E’ organico all’apparenza. Il colore rosa/viola/arancio e milioni di anni la hanno arrotondata, negandole l’aspetto di roccia; sembra una massa non definita di un qualche gigantesco essere. Uluru e’ oscena, perche’ l’assoluta assenza di alberi o cespugli la fa sembrare nuda, ed e’ imbarazzante stare a guardarla. Perdiamo tutto il pomeriggio al Visitor Centre, per il permesso per le foto. E’ una pratica lunga e complicata, manon ci dispiace. “Lei” e’ li’, e noi non siamo ancora pronti. “L’incontro” Dal Visitor Centre sono solo pochi km., e ci avviciniamo lentamente. Vista da vicino e’ molto peggio; la sensazione di un animale si accentua e sul suo corpo ci sono i segni di battaglie planetarie. Tagli di centinaia di metri, grotte che paiono morsi di un mostro incomprensibilmente grande; e poi i segni neri dell’acqua evaporata; i buchi di dita di giganti; gli strappi e le sfregature sulle pareti. Qui c’e’ stata una battaglia. Gli elementi hanno preso forma tangibile e si sono dati battaglia. Uluru ne porta i segni. Camminiamo tra queste memorie sue e dei suoi vicini Kata Tjuta, che sono altrettanto impressionanti, anche se meno compatti. Tutto e’ ciclopico, e i panorami cambiano ogni dieci passi. Tutto e’ epico, non a caso ben quattro vie dei sogni qui si incontrano, dove i miti della creazione trovano il giusto scenario. Ma e’ troppo, troppo emozionante, troppo forte, estremo e drammatico. Ne paghiamo le conseguenze. Un tremendo mal di testa ci attanaglia il secondo giorno, e dobbiamo imbottirci di aspirina. “Il saluto” Il terzo giorno ce la prendiamo piu’ comoda, ma il colore dell’emozione non cambia. Un temporale rende tutta la roccia ancora piu’ epica; i tuoni hanno mille rimbombi. Non possiamo stare qua. Questo non e’ un posto da uomini. Qui, nel mezzo del nulla, i resti di quest’epica battaglia non sono per i nostri occhi, ma solo per gli dei aborigeni. Ci allontaniamo/scappiamo, e ci togliamo di dosso l’alito del mostro, il peso di un’emozione difficile da sopportare, di un ridimensionamento che ci ha schiacciato.

C’e’ una spiaggia in California, dove un fiume crea una laguna prima di finire il suo corso; la marea riempie e svuota continuamente il bacino. Era il posto preferito dai nativi americani per fare un po’ di vacanza. Un posto forte. Ma i nativi raccontano che non si puo’ stare li’ a lungo, pena la pazzia. Uluru ci ha fatto lo stesso effetto. Siamo contenti di esserci venuti, e siamo contenti di andare via. Ecco una Roadhouse: qualcosa di comprensibile, umano, semplice. One beer, please! per favore, una birra!



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