Viaggio in Argentina di Laura e Piero

Quando abbiamo preso la decisione di visitare l’Argentina, in particolare la Terra del Fuoco e la Patagonia, non avremmo mai immaginato che sarebbe stata l’esperienza di viaggio più coinvolgente tra quelle già passate e, finora, anche tra quelle successive. Quando decido (Laura) di affrontare un viaggio di solito sono io l’organizzatrice...
Scritto da: Laura Ferrando
viaggio in argentina di laura e piero
Partenza il: 19/12/1997
Ritorno il: 09/01/1998
Viaggiatori: in coppia
Quando abbiamo preso la decisione di visitare l’Argentina, in particolare la Terra del Fuoco e la Patagonia, non avremmo mai immaginato che sarebbe stata l’esperienza di viaggio più coinvolgente tra quelle già passate e, finora, anche tra quelle successive. Quando decido (Laura) di affrontare un viaggio di solito sono io l’organizzatrice “pratica” della faccenda e comincio a studiare e leggere tutto quel che trovo sull’argomento. E’ incredibile che un posto così sperduto abbia coinvolto così tanti scrittori che ne tratteggiano la durezza sia del clima che degli abitanti ma anche l’incredibile solidarietà che si sviluppa tra coloro che si trovano in condizioni disagiate o pericolose. La prima avvisaglia di interesse per la Terra del Fuoco è stata tanti anni fa quando, da bambina, ho letto “I figli del capitano Grant” che ritrovavano il padre proprio nel profondo Sud incontrando indiani e in mezzo mille avventure e come non rimanere poi affascinati dai racconti di Coloane, Chatwin e Sepulveda? Insomma: si va! Per affrontare queste latitudini è necessario partire durante il nostro inverno e comunque arrivare dotati di giacche a vento, guanti e cappelli ma anche, poiché ci fermiamo qualche giorno a Buenos Aires e faremo una puntata alle cascate di Iguazu, di magliette estive, costumi e prodotti solari.

Siamo partiti da Roma il 19 dicembre 1997 e siamo tornati il 9 gennaio 1998.

19 dic: Alle 7.30 siamo all’aeroporto per la prevista partenza con Aereolineas Argentinas (non rifarei lo stesso errore, l’aereo è vecchio, stretto e il servizio ai limiti della decenza), purtroppo subiamo un ritardo di quattro ore ma infine si decolla! Il volo dura complessivamente 14 ore però è prevista una sosta di due ore a San Paolo del Brasile (dove non ci fanno scendere dall’aereo, aprono i portelloni e spengono l’aria condizionata: fuori piove e ci sono 30 gradi di temperatura!). Finalmente arriviamo a Buenos Aires all’una di notte con la sola voglia di un bel letto morbido, non ci sentiamo ancora così “estremi esploratori del profondo Sud”. La sistemazione è al Marriott in ottima posizione al centro e vicino alla Calle Florida (la maggiore arteria pedonale di Buenos Aires).

20 dic: Passiamo una giornata a Baires (come dicono gli argentini) per prendere confidenza con il paese, la mattinata la dedichiamo al “gironzolo”, nel pomeriggio abbiamo invece previsto un giro organizzato della città per poter approfittare all massimo del poco tempo che passeremo qui.

Baires è una città con due volti, come spesso capita alle grandi metropoli sudamericane, i quartieri residenziali sono bellissimi, grandi strade, parchi, giardini, bei palazzi, i quartieri poveri sono infami favelas e la povertà ti prende alla gola. Ovviamente la guida cerca di mostrarci gli aspetti migliori o caratteristici, passiamo vicino allo stadio del Boca Junior (dove è cresciuto calcisticamente Maradona) e poi arriviamo al quartiere della Boca dove si insediarono i nostri emigranti genovesi e da dove parte il pittoresco vicolo del Caminito, qui tutte le case sono dipinte di ogni colore, purché vivace, perché la tradizione vuole che nel passato le case (tutte di legno) fossero dipinte con i residui delle vernici utilizzate per pitturare le barche del vecchio porto. Nel Caminito vivono gli artisti (una specie di Via Margutta argentina?) e il vicolo, che è pedonale, è una esposizione di opere di pittura e scultura. Ci capita di vedere per strada il primo spettacolo di tango, ballato abbastanza bene da due ragazzi che nella radiolona portatile invece di mettere il rap mettono le canzoni tradizionali argentine.

Notiamo con stupore che tutta la gente va in giro con un termos e una zucchetta intagliata con una cannuccia, scopriamo che serve per fare la bevande tradizionale argentina: il mate. Il mate è un’erba che contiene caffeina tre volte più del caffè e che viene messa in infusione nell’acqua calda (ecco perché in termos) e bevuta con la cannuccia. Visto che poi tutti si passano la stessa zucchetta (chiamata anch’essa mate) mi fa venire in mente il calumet della pace degli indiani d’America.

Grande emozione quando siamo arrivati alla Plaza de Mayo dove ogni giovedì continuano a manifestare le madri dei desaparecidos. Sotto un sole cocente abbiamo visto la Casa Rosada e i primi palazzi, risalenti al 1600, che hanno dato origine alla città. Quello che ci fa più impressione è che sono allestiti i presepi in vista del Natale e fa un caldo tale che i babbi e le babbe Natale sono in calzoncini e minigonne.

La sera andiamo a cenare e io (Piero è vegetariano) assaggio la famosa carne argentina, ci vorrà qualche altra volta per poterla apprezzare, infatti, al primo impatto, per il nostro gusto ormai addomesticato è un po’ forte.

21 dic: In mattinata gironzoliamo ancora un po’ e poi si parte per la Terra del Fuoco. Il volo dura cinque ore, mentre siamo sull’aereo ci capita di leggere nella guida che il peggior modo di arrivare nella Terra del Fuoco è via aria a causa dei venti e della cortezza della pista su cui si deve atterrare! Siamo preoccupati ma invece arriviamo, l’aereo fa una dolce curva e si poggia a terra in tutta tranquillità: avevano inaugurato il nuovo aeroporto solo tre giorni prima! Siamo stati anche fortunati perché non c’era vento.

La luce è particolare, siamo quasi al polo sud e si vede, sono le otto di sera e sembra primo pomeriggio. Attraversiamo Ushuaia, la città più a sud del mondo, nata come colonia penale e comunque come città di frontiera. Le case sono piccole, con i tetti appuntiti per evitare gli accumuli di neve e sono trasportabili! Infatti, il governo non ha mai dato l’autorizzazione alla costruzione in alcuni punti del territorio e gli ingegnosi Ushuarensi hanno costruito le case in modo da poterle spostare a piacimento in caso di necessità. Ovviamente sono case piuttosto piccole, sembra di essere nel paese delle bambole.

L’albergo è sul crinale della montagna che sovrasta Ushuaia, lo consigliamo a tutti: Los Glaciares. La vista è mozzafiato, sovrasta tutta la città e si estende al canale di Beagle a perdita d’occhio. All’interno ci sono enormi camini accesi (non vi ho detto che fa un certo freddino anche se noi arriviamo dall’inverno) con accoglienti divani e un ristorante ottimo, qui ho modo di assaggiare la centolla, un granchio di grossissime dimensioni che è il più importante prodotto ittico della Terra del Fuoco ed è esportato in tutto il mondo.

Alle 11.00 è chiaro come di giorno ma crolliamo.

22 dic: In mattinata andiamo a visitare il Parque National Tierra del Fuego, prima prendiamo il trenino che usavano per portare i forzati ai lavori appunto “forzati”, il panorama è brullo, tutti gli alberi sono stati tagliati per riscaldamento. Tra l’altro a queste latitudini il terreno fertile è al massimo di 10 cm per cui gli alberi non possono crescere più di tanto perché crescendo cadono per il loro stesso peso. Sul trenino conosciamo Vittorio e Rosy, due ragazzi di Bergamo che sono diventati nostri amici al punto che poi abbiamo fatto un viaggio in Australia insieme e ci continuiamo a frequentare. Finito il giro in trenino attraversiamo il parco e possiamo renderci conto degli scempi ecologici che sono stati causati dall’introduzione di animali come i conigli (che sono dappertutto) e i castori non originari del paese. Lo scempio è stato perpetrato anche nei confronti dei legittimi abitanti del paese, gli indiani Ona, che sono stati completamente sterminati dai colonizzatori bianchi, ne resta ancora qualche foto di repertorio. Comunque gli animali sono tanti, oche canadesi, conigli, uccelli polari e arriviamo a Baia Lapataia, un posto che toglie il fiato per la bellezza, la pace i colori che ci circondano, non vorrei venire più via. In questa baia finisce la Routa n.3, l’autostrada che attraversa l’Argentina per quasi 4.000 km. Siamo a 10.000 km da casa e non potremmo essere più felici. A Baia Lapataia abbiamo mangiato le bacche di Calafate (una specie di mirtillo) e la leggenda dice che chi le assaggia poi avrà per sempre la nostalgia di tornare, probabilmente funzionano perché torneremmo (e probabilmente torneremo) proprio volentieri.

Nel pomeriggio altra esperienza emozionante: prendiamo un catamarano che ci porterà a fare il giro del canale di Beagle: se ci andate copritevi bene, io che ho passato tutta l’andata del viaggio sul ponte per fare le fotografie alla fine non mi sentivo proprio più le mani!! Il giro è bellissimo e consente di avere la visione dal mare di Ushuaia e della costa, si passa accanto alla prima fattoria impiantata nella Terra del Fuoco ormai in abbandono e ci si accosta a una serie di isolotti su cui vivono gli uccelli tipici delle zone polari (sule, cormorani) e i famosi leoni di mare (in spagnolo lobos de mar a un pelo. Ci hanno spiegato che i leoni di mare a due peli, ossia una varietà che sotto la pelliccia esterna aveva un secondo strato di pelliccia più fine, sono stati praticamente sterminati dai cacciatori di pelli che all’inizio del secolo XX hanno cercato fortuna quaggiù). Dato che sono una fotografa appassionata ed entusiasta credo di averli immortalati proprio tutti! Alla sera siamo andati a mangiare a Ushuaia, un consiglio: non tentate di mangiare la pasta, forse ci sarà ancora qualche discendente di italiani ma come si cucina non gli è stato trasmesso nel DNA! Per Piero che è vegetariano questo è un brutto momento! Io vado a centolla e non mi posso proprio lamentare.

23 dic: In mattinata giriamo per Ushuaia e acquistiamo delle bellissime maschere fatte con corteccia di albero e dipinte a mano, Piero dice che ci saranno sicuramente dentro degli spiriti benevoli.

Lasciamo la Terra del Fuoco per cominciare la risalita della Patagonia, oggi ci saranno moltissimi chilometri da fare.

Arriviamo in aereo a Rio Gallegos e poi in macchina (per 400 km) a El Calafate, un paese sulle sponde del Lago Argentino. Pensate che questo lago è enorme, quasi quanto l’Italia, e ha una profondità tale che non sono riusciti a vedere il fondo con l’ecoscandaglio (arriva fino a 700 metri di profondità). Ci sistemiamo alla “Posada Los Alamos” che dicono sia il più bell’albergo della Patagonia, è sicuramente caratteristico però non mi sembra tutta questa eccezionalità. Il paese è invece accogliente, fa meno freddo che in Terra del Fuoco e la gente è ospitale.

Durante il viaggio da Rio Gallegos abbiamo incominciato ad apprezzare il paesaggio della Patagonia, immense distese pianeggianti con montagne sullo sfondo, animali selvaggi vicini alla strada (abbiamo incontrato i guanacos e gli struzzi) o nei cieli (i famosi condor), colori particolarissimi e nuvole che sembrano di zucchero filato, il rumore del vento, enormi estancias, le fattorie patagoni con perimetri di centinaia di chilometri ma un dubbio ci assale: dove sono i greggi di pecore? Capiremo solo dopo qualche giorno che i milioni di pecore che vengono allevate in Patagonia hanno a disposizione così tanto spazio che non si radunano in greggi come da noi ma vivono in gruppetti di tre/quattro individui e vengono radunate dai gauchos sono al momento della tosatura.

24 dic: Partiamo per l’esplorazione del Lago Argentino. Ragazzi che giornata! Otto ore su un catamarano a esplorare il lago. Si parte costeggiando il lago e si arriva in prima battuta nel profondo canale del ghiacciaio Uppsala, non si può arrivare vicino al ghiacciaio perché il canale è intasato per 8 km di enormi iceberg (qui li chiamano tempanos). Che spettacolo! Se non avete mai navigato circumnavigando questi giganti non potete immaginare che effetto fa! Il ghiaccio è di tutti i colori, mai bianco come lo immaginiamo ma verde, nero, azzurro, blu intenso. Quando esce il sole scintillano come enormi gioielli! Verrebbe voglia di essere un gigante per poterli portare al dito o farne collane brillanti e multicolori! Credo di aver fatto due rollini di foto per immortalare tutte le forme possibili e immaginabili. L’acqua del lago non è trasparente, viene chiamata “latte glaciale” perché in sospensione rimangono degli elementi che la colorano di biancastro e la rendono lattiginosa. Ci spostiamo al ghiacciaio Onelli e qui è possibile accostarsi al fronte del ghiaccio (sempre a distanza di sicurezza) che è alto alcune decine di metri. Ogni tanto si spaccano degli enormi pezzi di ghiaccio che precipitano nell’acqua con fragore: che emozione! A fine giornata torniamo all’albergo non senza aver avuto il brivido di due condor che ci hanno sorvolato nell’ultimo tratto di navigazione.

25 dic: Per regalo di Natale andiamo al ghiacciaio Perito Moreno, è una delle sette meraviglie naturali del mondo, la seconda per importanza dopo le cascate di Iguazu (e sono tutte e due in Argentina!). All’entrata del Parque National de Los Glaciares conosciamo dei simpaticissimi signori brasiliani in vacanza con cui abbiamo passato la giornata veramente bene. Vi assicuro che non avrei mai pensato di poter rimanere a fissare un ghiacciaio per quattro ore di seguito senza stancarmi mai! E’ incredibile! Milioni di metri cubi di ghiaccio multicolore in movimento! Pensate che questo ghiacciaio avanza di 25 cm al giorno e riversa centinaio di tonnellate di ghiaccio nel lago argentino praticamente ogni minuto della giornata! Negli anni passati era consentito avvicinarsi alla riva prospiciente il ghiacciaio ma la caduta di un iceberg e la morte di alcune decine di persone ha fatto si che venissero costruiti dei camminamenti più in alto rispetto alla riva da dove si ammira vicinissimo il ghiacciaio. Il fronte del ghiaccio arriva quasi alla riva e una lingua del ghiacciaio la tocca formando un arco che, quando si chiude completamente, crea una barriera allo scorrimento delle acque. L’acqua del lago sale di alcuni metri fino a provocare una pressione tale da rompere fragorosamente la lingua di ghiaccio in maniera spettacolare. Questo avvenimento capita all’incirca ogni quattro anni e fotografi, cineoperatori e semplici turisti, stazionano per giorni vicino al lago per essere presenti al momento della rottura.

Noi non siamo stati così fortunati ma abbiamo goduto dello spettacolo continuo della rottura e caduta di enormi blocchi di ghiaccio e quello che è impressionante è il rumore: il ghiacciaio parla con scricchiolii, boati, rumore d’acqua e di vento, sembra il canto delle sirene, non vorresti andartene più.

26 dic: Partiamo in pullmann per El Chalten, il paese da cui si parte per le scalate al Fitz Roy e al Cerro Torre. Altri 400 km di strada sterrata nel magico paesaggio della Patagonia.

A metà strada il pullman si ferma e dal nulla si materializza “il vero gaucho argentino” che sale con noi fino al paese. Determiniamo che è un vero gaucho sulla base delle seguenti caratteristiche: è cotto dal sole, puzza come un pecorone e sullo stato delle unghie non mi voglio soffermare. Però è gentile e simpatico e ci augura “muchissima suerte” per il nostro viaggio.

Ci sistemiamo all’hotel “La Aldea” all’ingresso del paese (quattro case, un ristorante, una chiesa e uno spaccio in tutto) e partiamo per raggiungere il campo base ai piedi del Cerro Torre. La strada è facile, all’interno di un bosco. Peccato che ci coglie di sorpresa una bufera di neve che ci costringe a tornare a casa zuppi e infreddoliti. Temiamo per il giorno successivo.

27 dic: alle sette del mattino la giornata è magnifica e abbiamo la fortuna di vedere il Fitz Roy completamente sgombro dalle nuvole. E’ un avvenimento così raro che i primi esploratori pensavano che in realtà fosse un vulcano e che le nuvole fossero i vapori del cratere. Meravigliose foto! Piero tenta l’ascesa fino al campo base mentre io preferisco fare un giro naturalistico sulle sponde del fiume Chalten che passa per il paese. A mezzogiorno, come è tipico di queste parti, il tempo cambia di nuovo e arrivano nuvoloni minacciosi, poco male visto che dobbiamo intraprendere il viaggio di ritorno verso El Chalten dove dormiremo una notte e da cui poi partiremo per risalire ancora un po’ la Patagonia.

28 dic: Partiamo per Rio Gallegos da dove prenderemo l’aereo per Puerto Madryn. L’aereo è un specie di autobus della Patagonia, fa sempre lo stesso giro e noi abbiamo visto sempre lo stesso pilota e la stessa hostess (purtroppo anche i soliti italiani gallinacei che si sentono in dovere di importunare qualsiasi donna non orrenda purché sia straniera e che fanno commenti e battute sulla hostess, peraltro molto carina, per niente lusinghieri. Questi sono “turisti” non certo “viaggiatori” come noi!). La cosa buffa è che l’aereo è in ritardo perché ha forato una gomma! Arriviamo a Puerto Madryn dove la temperatura è ancora più simile a quella della nostra primavera. Siamo sul mare e la città è proprio tipicamente la città di mare delle vacanze anche se qui io non proverei nemmeno a mettere un piede nell’acqua! 29 dic: Ci aspetta la penisola Valdes, paradiso naturalistico dove ci aspettano gli elefanti di mare, le otarie e forse orche e balene. Lungo la strada vediamo un animale stranissimo che sembra un piccolo canguro, ci dicono che si chiama lepre della Patagonia, e i soliti guanachi.

Sulla spiaggia ci aspetta uno spettacolo che finora avevamo visto solo nei documentari: decine e decine di enormi elefanti di mare che oziano pigramente al sole, sono tutte femmine con i piccoli che devono stare il più immobili possibile per non esaurire le riserve di grasso che hanno accumulato in mare nei mesi invernali e che servono al loro sostentamento e all’allattamento dei piccoli. Infatti quando sono sulla terra ferma questi animali non mangiano per tutto il periodo della riproduzione e se consumassero eccessivamente le proprie riserve sarebbero a rischio di morte perché potrebbero non avere l’energia di tornare in mare aperto. I piccoli sono proprio come tutti i cuccioli: giocano e si azzuffano rotolando nell’acqua. Sono imprudenti perché nella baia stazionano le orche che vengono fino a riva per mangiare i piccoli elefanti marini. Ci raccontano che il giorno prima sono arrivate tre orche e sono salite fino sulla riva per catturare dei cuccioli. Grazie al cielo questo spettacolo ci è stato risparmiato perché non so come avrei potuto reagire pur rendendomi conto che è uno degli aspetti della natura che bisogna accettare.

Andiamo a pranzo a Puerto Piramides da dove ci si imbarca per andare a vedere le balene, qualcuno tenta la sorte ma ci avevano avvertito che la stagione è troppo avanzata e che l’ultima balena con il suo piccolo era stata avvistata il 22 dicembre. Decidiamo di goderci il sole attendendo i temerari che, a prezzo dello stomaco, hanno tentato l’impresa senza peraltro avvistare niente. A Puerto Piramides abbiamo mangiato una pizza niente male e finalmente anche Piero ha avuto un po’ di soddisfazione alimentare.

In questa escursione abbiamo incontrato due signori finlandesi che avevano serie difficoltà a capire le spiegazioni in spagnolo così abbiamo fatto amicizia e ci siamo improvvisati traduttori spagnolo/inglese per due giorni consecutivi, nonostante la fatica è stato abbastanza divertente! 30 dic: Altra bellissima giornata alla pinguinera di Punta Tombo. Un milione e duecentomila pinguini che nidificano sulla costa. Sono pinguini di Magellano, alti circa 40/50 cm, per niente intimiditi dalla nostra presenza continuano le loro attività frenetiche. Fuori dall’acqua sono buffissimi e impacciati, in acqua sono dei siluri, nuotano e saltano a una velocità pirotecnica. Tra l’altro il posto è bellissimo, una costa e un mare da fare invidia. La cosa più buffa sono due americani di taglia extralarge (marito e moglie) che si presentano in frac e si fanno riprendere facendo l’imitazione dei pinguini! Chissà quelle povere bestie cosa avranno pensato: sono strani questi umani! Tornando verso Puerto Madryn ci siamo fermati in un villaggio di origine gallese dove la popolazione ancora parla il gaelico e l’architettura richiama quella di origine. Abbiamo trovato una casa da tè gallese (dove si era fermata anche Lady Diana nel corso di un suo viaggio in Patagonia) dove abbiamo assaggiato tantissime specialità dolci e bevuto il tipico te inglese.

31 dic: Torniamo a Baires e nel pomeriggio abbiamo approfittato di una lavanderia a gettone, le lavanderie degli alberghi hanno prezzi impossibili. Abbiamo passato capodanno in albergo perché fuori si è scatenato il diluvio.

1 gen: Baires è attraversata dal Rio della Plata che più che un fiume è un mare color fango. Nel delta del fiume sorge un agglomerato di case raggiungibili solo via barca che viene chiamato Tigre. Approfittiamo del pomeriggio festivo per raggiungere Tigre e visitarlo su un barcone, il cielo è ancora grigio ma non piove più. Passiamo un pomeriggio piacevole e interessante e la sera andiamo a visitare Puerto Madero, il vecchio porto di Baires che un’opera di ristrutturazione ha trasformato in un piacevole lungofiume pieno di locali e ristoranti di tutti i generi.

2 gen: Partiamo per Iguazu dove visiteremo le celebri cascate. All’arrivo il caldo è tremendo (38°) ma l’umido lo è ancora di più (98%). Abbiamo scelto l’unico albergo all’interno del parco delle cascate per poter godere della vista direttamente dalla camera. Pagando un sovrapprezzo si può scegliere la vista lato cascata che è sicuramente spettacolare. Ci dicono che la Garganta del Diablo (la cascata più alta nel fronte di 4 km) è chiusa perché una piena ha trascinato via le passerelle allora scegliamo di partecipare a un giro in gommone sul fiume sotto la cascata. Se decidete di affrontare questo viaggio non perdete questa esperienza! Il gommone fila sull’acqua controcorrente fino ad arrivare in prossimità dei salti e poi, quando meno te l’aspetti, punta diritto sotto la doccia più potente del mondo!!! Se ne esce bagnati fino al midollo ma che meraviglia! 3 gen: Partiamo per visitare il lato brasiliano della cascate (che si trovano per un lato in Argentina e per un lato in Brasile). Nel parco incontriamo degli animaletti simili ai procioni, molto confidenziali con i turisti, che si chiamano qwati. Accettano volentieri anche il gelato e sono buffissimi. Lungo le pendici del dirupo ci sono piante e fiori bellissimi (non per niente è un clima tropicale) e soprattutto meravigliose farfalle colorate.

Nel pomeriggio sarebbe possibile visitare Città del Este in Paraguay ma ve lo sconsigliamo vivamente, è una città pericolosa e piena di traffico che, essendo porto franco doganale, è a tutti gli effetti un unico centro commerciale caotico e puzzolente. Se rinunciate andate invece a visitare il parco de los aves dove si possono vedere (e toccare in alcuni casi) tutti gli uccelli tropicali che vivono nella zona dai flamingos ai pappagalli e ai bellissimi tucani.

4 gen: Dopo un ultimo giro lungo il lato argentino delle cascate partiamo per Baires e, la stessa sera, per Punta del Este in Uruguay. Avevamo deciso di passare tre giorni di relax al mare ma in effetti questa città è proprio solo un centro turistico e il mare non è niente di che. Arrivati all’aeroporto in ritardo a causa della cancellazione del nostro volo da Baires non troviamo nessuno ad aspettarci e ci organizziamo per raggiungere la città con l’autobus. Non è difficile però eravamo un po’ stanchi e avremmo preferito un maggiore supporto, comunque lamentandoci con l’agenzia ci hanno regalato una visita guidata della città e dei dintorni per il giorno successivo.

5 gen: In mattinata ce la prendiamo comoda e stiamo beatamente al sole, io non più di tanto perché la mia carnagione chiara mi impedisce di approfittarne come preferirei. Nel pomeriggio partecipiamo alla visita guidata della città e dei dintorni con piacere. In serata veniamo a sapere che, come ogni anno, ci sarà la Corrida de San Fernando, una corsa di 10 km che passa per il centro della città e alla quale partecipano runners di fama mondiale. Piero (che è un maratoneta convinto e anche piuttosto bravo) si iscrive e arriva nei primi 200 posti. Il tifo è scatenato, tutta la città partecipa all’evento. Mentre aspetto vicino all’arrivo ho l’occasione di chiacchierare con diverse persone e molti hanno origini italiane. Mi chiedono dell’Italia, di come è oggi e mi dicono da dove provengono e se hanno ancora parenti. E’ stato molto bello, ho sentito che l’Italia è ancora molto amata anche dalle seconde o terze generazioni di ormai non più emigranti ma residenti a tutti gli effetti del nuovo paese.

6 gen: Domani ripartiamo per Baires e poi torniamo in Italia, la vacanza è praticamente finita e siamo un po’ giù.

7 gen: Ultimo giorno a Baires, compriamo i regalini per gli amici e i parenti e ci congediamo da questo meraviglioso paese che ci ha fatto non solo venire la voglia di tornare ma anche di scoprire le altre città e le altre zone che in questo viaggio non abbiamo avuto il tempo di veder



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