Argentina chiquita

Ecco alcuni dei luoghi più belli di questo Paese: Perito Moreno, Ushuaia e Terra del Fuoco con tappa finale del viaggio a Buenos Aires
Scritto da: Alice Monitillo
argentina chiquita
Partenza il: 11/10/2014
Ritorno il: 30/10/2014
Viaggiatori: 1
Spesa: 4000 €
Il mio viaggio in solitaria in Argentina nasce come una vacanza studio. Diciamo che l’apprendimento dello spagnolo è stato la scusa per andare finalmente a visitare una piccolissima parte di questo Paese.

In questo diario, mi limiterò a descrivere la mia esperienza in quanto turista, tralasciando il corso di spagnolo – per la cronaca, lo spagnolo che parlano qui è un po’ diverso da quello parlato in Spagna, per cui, per quanto mi riguarda, la prossima volta che vorrò fare un corso, andrò in Spagna!.

Dunque, per quanto riguarda il viaggio, io l’ho organizzato in queste tappe: Ushuaia – dove ho fatto il corso per due settimane-, El Calafate e Buenos Aires. Ho visto ben poco di tutto ciò che l’Argentina ha da offrire, ma come si dice dalle mie parti, “piuttosto che niente è meglio piuttosto”.

Trasporti

Per quanto riguarda i trasporti, io ho viaggiato con Alitalia da Linate a Buenos Aires (via Roma). I voli interni li ho fatti con Aerolineas Argentinas per andare a Ushuaia e con Lan per andare al Calafate e poi per tornare a Buenos Aires. La prenotazione dei primi voli, cioè Linate -Buenos Aires A/R e Buenos Aires -Ushuaia l’ho fatta tramite lasminute.com e mi è costata 1073,96 euro (di cui 42 lasciati a lastminute.com, che non ho digerito affatto, ma quel sito era l’unico che mi costruiva i voli come li volevo io). I voli Lan per il Calafate e Buenos Aires li ho prenotati tramite expedia e li ho pagati 266,50 di cui solo 8 euro sono andati ad expedia.

Alloggi

Ad Ushuaia ho alloggiato a casa di una signora del posto, al El Calafate all’Hosteria Schilling ( 96 euro colazione inclusa, prenotato tramite booking.com) e a Buenos Aires al Gran Hotel Hispano ( 125 euro colazione, city tour e show di tango inclusi, trovato tramite booking.com e prenotato tramite il sito dell’albergo dove veniva menzionato il pacchetto promozionale).

Consigli

Consiglio molto importante: portatevi con voi tanto contante in euro, se non riuscite a cambiare in pesos prima della partenza. Io non l’ho fatto, perché avevo con me bancomat e carta di credito per prelevare e ho avuto qualche problema: non sono riuscita a prelevare né con una carta né con l’altra. Primo perché devi beccare la banca che aderisca al tuo circuito – il mio era cirrus-, poi perché io tentavo di prelevare somme elevate, per farlo una volta sola, tipo 300-400 euro in pesos e mi diceva sempre che non potevo. Dopo un po’, casualmente ho scoperto che non si possono prelevare più di 300 pesos alla volta, che sono un’inezia, tipo 30 euro, e nel mentre la mia carta si era bloccata. Alla fine ce l’ho fatta a prelevare 300 pesos col bancomat, peccato che abbia lasciato alla banca argentina 50,70 pesos di tasse e a quella italiana 3 euro. Insomma, per prelevare cifre ingenti non è per nulla conveniente!! Per fortuna abitando in famiglia sono riuscita a farmi cambiare gli euro che avevo da un conoscente, che mi ha anche fatto il cambio del mercato nero, o blu come lo chiamano loro, 1 a 14, però per scrupolo, portatevi dietro contante in abbondanza per evitare di finire come me!

GIORNO 1

Il viaggio è stato, come ogni volo intercontinentale, mediamente faticoso. Milano-Roma, Roma- BA e BA-Ushuaia, il tutto in un giorno e mezzo e infatti sono arrivata stravolta. Per fortuna il giorno dopo era festa nazionale e inoltre c’è stata una tormenta di neve, quindi ho potuto riposarmi e recuperare le ore di cattivo sonno in aereo.

Ushuaia è una città di quasi 100 000 abitanti, cresciuta in maniera disorganizzata e disordinata negli ultimi 30 anni, tant’è che il cimitero sta praticamente in centro. Ha il suo perché come cittadina, nulla a che vedere con ciò a cui siamo abituati in Italia. Le costruzioni hanno quasi tutte il tetto in lamiera e alcune case sono addirittura tutte costruite in lamiera. Le più belle sono in legno e molte poche in muratura. Non c’è praticamente nulla di storico, però quest’accozzaglia di colori, forme e materiali dona alla città un carattere distintivo. Peccato che ci siano anche tanti cani randagi ( direi una costante argentina, perché li ho visti in tutti i posti in cui sono stata).

Il primo giorno sono stata a visitare il museo del fin del mundo, perché, per chi non lo sapesse, Ushuaia si trova alla fine del mondo, al polo sud a poche centinaia di km dall’Antartide. Il museo costa 90 pesos ed è veramente orrendo. Sono 3 stanze di ricostruzioni storiche e un paio di sale per mostre temporanee, quando sono andata io, c’era un’esposizione di cartelloni sugli architetti paesaggisti svizzeri. Il prezzo è esorbitante per quello che offre, lo sconsiglio vivamente.

Dopo sono andata a visitare casa Beban, altre due stanze, ma questa volta gratis. I Beban erano una famiglia storica di Ushuaia e la loro casa è diventata un’attrazione turistica. Nulla di che comunque.

GIORNO 2

Ushuaia è la città di partenza per un sacco di escursioni in Terra del Fuoco, che ti fanno scoprire ciò che è davvero bello in questi posti: la natura.

Io sono andata alla pinguinera di Isla Martillo per camminare con i pinguini. Questa escursione è organizzata esclusivamente da Piratour, che ha appunto l’esclusiva per poter portare la gente a camminare con i pinguini. Costa 1200 pesos più l’ingresso di 140 pesos all’Estancia Harberton, che è una “fattoria” donata a suo tempo alla famiglia Bridges, che avendo la fortuna di avere i pinguini su un’isola all’interno della sua proprietà, si fa pagare dai turisti per andare a vederli!

L’estancia è a due ore di bus dalla città e l’escursione parte alle 14h30. Si arriva all’estancia e in gruppi di massimo 20 persone prima si visita un piccolo museo- centro scientifico in cui studiano le specie marine e poi si va in gommone alla Isla Martillo. I pinguini tendono a spostarsi su questa isla durante la bella stagione. Ottobre è primavera in Argentina e pur essendoci già molti pinguini, il clou lo si ha verso gennaio. Siamo rimasti sull’isola un’ora circa, sempre con la guida, perché non si può girare per conto proprio. Però è stato molto bello, ho fatto un sacco di foto e i pinguini non avevano nessuna paura di noi! Se si vogliono vedere questi buffi animaletti da vicino, è sicuramente la migliore escursione, perché con le altre ci si avvicina solo all’isola e i pinguini li vede quindi rimanendo sulla barca.

Al ritorno in città ci siamo fermati nel posto dove ci sono gli alberi bandiera, alberi che praticamente invece di stare verticali sono quasi paralleli al suolo a causa del vento, per questo li chiamano bandiera! Fanno veramente impressione, e per fortuna quando ci siamo stati noi, non c’era il vento che li rende degli alberi bandiera!

GIORNO 3

Per il weekend ho prenotato altre due escursioni con l’agenzia Canal Fun, che si trova in calle Roca 136. Consiglio vivamente di rivolgersi a loro, perché sono molto professionali, molto bravi e anche molto simpatici.

Il sabato sono stata alla laguna Esmeralda e a fare avvistamento di castori. L’escursione è costata 810 pesos ( con lo sconto del 10% perché ho prenotato due escursioni) e parte alle 14h30 con ritorno verso le 21h30, cena inclusa. I castori sono animali notturni, per questo l’escursione è solo pomeridiana.

La nostra guida, Norbi, un ragazzo molto carino che assomigliava a Gesù Cristo, è stato davvero molto bravo, simpatico e alla mano. Ci ha portati fino alla laguna, che è un lago incastonato dalle montagne, che in virtù dei minerali contenuti nell’acqua assume il colore verde smeraldo. Purtroppo però in questo periodo l’acqua è ancora molto ghiacciata, in fatti non era verde, ma bianca ghiaccio. Per arrivare fino alla laguna si fa un trekking di circa 3 ore in una zona che è tutta ricoperta di torba, che quando è bagnata rende la camminata difficile, perché sembra di stare nelle sabbie mobili! Comunque l’agenzia fornisce anche gli stivali di gomma, per cui non c’è pericolo di sporcarsi troppo!

Alla laguna Norbi ci ha servito il thè con le madeleine e sorpresa, sorpresa, c’era un castoro molto curioso che si è avvicinato alla riva per scrutarci!

Ridiscesi ci siamo fermati in due – tre punti per avvistare i castori. Questi animali sono stati importati dal Canada molti anni fa e stanno praticamente distruggendo tutto per costruirsi le loro casette di legno. Non avendo predatori in Argentina, hanno la vita facile: da 25 coppie che hanno importato, ora sono circa 80 000, quasi come la popolazione di Ushuaia. Si dice che vogliano sterminarli tutti, ma sono troppo ottimisti, è impossibile, gliene sfuggiranno sempre un paio, che ripopoleranno la zona.

Comunque, durante l’avvistamento Norbi ci ha offerto un bicchiere di vino e tra un sorso e l’altro siamo riusciti a vedere 5-6 castori e a fare delle foto discrete – ci vuole un bello zoom o un teleobiettivo, perché a differenza dei pinguini, non si avvicinano mai troppo e non si può avvicinarsi, anche perché stanno in acqua-.

Finito il trekking siamo andati in una specie di rifugio sperso nel mezzo del bosco dove Eduardo ci ha servito la cena a base di carne e lenticchie davanti ad uno splendido fuoco che ci ha riscaldato le membra e anche il cuore. Ho avuto la fortuna di fare l’escursione con solamente altre 4 persone, ed è stato veramente bello, perché abbiamo potuto conversare in tranquillità tra di noi e con le guide.

Siamo rientrati verso le 21h30 con il 4×4, ed è stata veramente una bella giornata, anche e soprattutto perché ho avuto la fortuna di scegliere un giorno di splendido sole!

GIORNO 3

La seconda escursione che ho fatto con Canal Fun è stata al parco nazionale della Terra del Fuoco. Ero un po’ indecisa se spendere altri 954 pesos, perché al parco ci si può arrivare dalla città e lo si può visitare in solitario, però alla fine sono stata contenta, perché da sola non so quanta strada avrei fatto. Inoltre, quando ho chiesto all’ufficio del turismo come arrivare al parco con l’autobus, mi è stato risposto che non ci sono degli orari fissi, è bene andare alla stazione per le 9 e per quanto riguarda il ritorno, mettersi d’accordo con l’autista… quindi alla fine ho preferito l’organizzazione all’avventura.

L’escursione, cominciata alle 8h30 con pick-up all’alloggio, ha consistito in un trekking di 3 ore, pranzo e circa 40 minuti di canoa. Non è un’escursione per esperti di canoa o di trekking, la può fare chiunque. Sicuramente 3 ore di camminata con numerosi sali-scendi sono impegnativi, ma se riesco a farli io, che sto tutto il giorno seduta su una sedia, possono farli tutti! Anche in quest’escursione la guida era Norbi, e ne sono stata contenta, perché è davvero bravo e simpatico, oltre che carino.

Durante il trekking abbiamo costeggiato la senda costera fino ad arrivare al Lago Roca, dove abbiamo pranzato in una zona camping, che data la giornata di sole, era invasa dai locali che facevano il barbecue all’aria aperta – se c’è una cosa che gli argentini amano, è il barbecue, con qualunque tempo e in qualunque stagione!.

Dopo pranzo siamo andati in canoa. Anche qui ci hanno fornito stivali, pantaloni impermeabili e giubbotto salvagente, che in realtà non serve, perché la canoa – che in realtà è una specie di gommone- è sicura. In cinque per canoa abbiamo remato per il canale per circa 40 minuti, fino ad arrivare al punto in cui termina la ruta 3, che è la panamericana che va dall’Alaska fino a bahia Lapataia. Stando a Norbi c’è gente che se la fa tutta in bici o moto o auto! Beati loro che hanno così tanto tempo libero!

In quest’escursione eravamo in 14, di tante nazionalità – anche italiani ovviamente- però nonostante il numero più alto, è stato bello. Che dire, le escursioni nella natura sono il must di Ushuaia e direi di gran parte dell’Argentina, farle tramite agenzia, soprattutto per chi non ha la possibilità di spostarsi in auto, rende tutto sicuramente molto più semplice e anche divertente, perché si conoscono tante persone e si passa del tempo in compagnia, e per dirlo una come me, a cui la gente di solito non piace, vuol dire che è veramente bello! Consiglio l’agenzia Canal Fun, mi sono trovata benissimo!

GIORNO 4

Ho saltato un pomeriggio di lezione perché la bambina dell’insegnante si era ammalata, così ne ho approfittato per andare al glaciar Martial, che è comodamente accessibile dalla città. Ci sono andata in taxi e ho speso circa 14 euro per andare e tornare e senza lasciare mance!

Una volta arrivata, sono rimasta un po’ delusa perché la seggiovia era chiusa, così ho dovuto risalire quella che d’inverno è la pista da sci e vi assicuro che è una bella salita ripida!!! Si arriva a quello che è l’arrivo della seggiovia e poi da lì si può proseguire fino al ghiacciaio o verso dei punti panoramici. Io volevo andare ai punti panoramici per fotografare la città dall’alto, però non sono riuscita a trovare il sentiero e siccome c’era ancora molta neve, non sono poi andata da nessun altra parte, perché non ero vestita in modo adatto, e soprattutto non avevo scarpe adatte. Ho proseguito un po’ verso il ghiacciaio, sperando di trovare punti per fotografare la città, ma alla fine ho lasciato perdere. Diciamo che sono stata un po’ stupida io, perché pensavo di arrivare semplicemente ad un punto panoramico per fare alcune foto, invece non sono arrivata neanche lì. Sicuramente però, i sentieri non sono segnalati e soprattutto con la neve, non è molto semplice sapere dove si sta andando! Ad ogni modo, è una camminata impegnativa, per chi non è preparato, e la chiusura della seggiovia non aiuta!

GIORNO 5

Questo è il giorno della mia ultima escursione a Ushuaia, che segna anche un po’ la fine delle prime due settimane di vacanza.

L’unica escursione che davvero mi mancava era la navigazione nel canale di Beagle fino al famoso faro e per vedere i leoni marini. Dopo aver guardato per 3 giorni svariati meteo, tutti che davano indicazioni diverse, alla fine ho optato per il martedì 21 ottobre, che si è rivelato l’ultimo giorno bello in città. Ho prenotato l’escursione in uno dei casotti che stanno davanti al porto. L’agenzia è le Tres Marias e l’ho scelta perché, un po’ come Piratour per la camminata con i pinguini, è l’unica autorizzata a sbarcare sull’isola H, che sta lì in mezzo al canale. Inoltre, proprio in virtù del mini trekking sull’isola, i gruppi sono limitati a massimo 15 persone e la barca è piccola, a volte può essere anche un veliero. Questo è decisamente meglio che fare la navigazione su un catamarano che può contenere fino a 50 persone, tutte ovviamente che vogliono fotografare la stessa cosa.

L’escursione è costata 550 pesos più 15 di tassa portuale, io l’ho fatta la mattina e dura 4 ore; per chi vuole c’è anche il pomeriggio.

Mi è piaciuta molto, il mare in teoria era calmo, ma mi ha dato qualche grattacapo e il “capitano”, per distrarmi mi ha fatto prendere i comandi!

Abbiamo navigato fino all’isola in cui “alloggiano” i cormorani. Ce n’è talmente tanti che c’è una puzza di guano insopportabile! Poi siamo passati ad ammirare i leoni marini, che sono di due tipi: quelli ad un pelo e quelli a due. Se non erro, quelli a due rimangono tutto l’anno, mentre quelli a un pelo emigrano verso luoghi più freddi durante l’estate. Che belli che sono! Grassi e simpatici, tutti coricati sulle rocce, che sembrano stanchissimi, come se fossero arrivati a nuoto dall’Antartide. Anche qui, come per i castori, avere un buono zoom o un teleobiettivo è fondamentale per poterli fotografare ben da vicino! Comunque la barca si avvicina molto agli scogli. Dopo i leoni siamo arrivati al faro, che una volta era quello della fine del mondo, ora non lo è più, perché il più a sud è quello di Capo Horn. L’abbiamo circumnavigato dopo aver fatto mille foto, per fortuna addirittura con un’ occhiata di sole e poi ci siamo diretti verso l’isola H. Arrivati all’isola siamo sbarcati sugli scogli, senza pontili o altro (per questo l’escursione è vietata ai minori di 12 anni) e abbiamo fatto un mini trekking di un’oretta per un sentiero dell’isola, che è decisamente molto verde e molto carina, però nulla più. Poi siamo tornati indietro e ci hanno offerto thè, caffè e alfajores.

Diciamo che forse il trekking sull’isola non è poi qualcosa di imperdibile, però sicuramente la navigazione nel canale è un must per chi viene a Ushuaia.

Sulla barca ho conosciuto una ragazza tedesca e sbarcate siamo andate a mangiare insieme al Ramos Generales- El almacen. È un locale con interni davvero molto belli e tipici, fa un sacco di dolci, ed è più un café con cucina che ristorante. Abbiamo mangiato due zuppe alla zucca, che non so se fossero fatte con la polverina sciolta nell’acqua bollente o no, però erano buone. Una zuppa è costata 49 pesos e la pepsi 24.

Per quanto riguarda altri luoghi di ristoro, non ne ho frequentati molti, perché alloggiavo in casa. Però per un pranzo sono andata da Villaggio, un ristorante di pesce in calle San Martin, di fianco al più famoso Cantina fuegina di Freddy. Volevo andare lì, però era chiusa e allora sono andata al Villaggio, che è esattamente attaccato. Ho preso una casseruola di granchio in salsa roquefort ( nonostante sia un formaggio francese, in Argentina è celeberrimo e usato in tantissimi piatti!), per il prezzo di 185 pesos. Ai primi assaggi mi è piaciuta molto, poi però non sono riuscita a finirla, un po’ perché ero piena e un po’ perché c’era un po’ troppa cipolla.

Poi sono stata da Chiko, ristorante cileno. Lì ho mangiato un piatto di calamari fritti per 80 pesos e una pichanga cilena per 205 pesos – divisa per due però perché il piatto è davvero abbondante – che consiste in un mix di pezzi di carne, uova sode, patatine fritte, prosciutto e qualche verdure, il tutto cotto nel vino. Non è male, ma onestamente non mi è neanche parso un granché. I calamari invece erano buoni e alla fine, avendo diviso tutto perché le porzioni sono abbondanti, ho speso 159 pesos, non male.

Per una merenda sono stata da Ovejitas, che è una cioccolateria dove vendono il cioccolato e dove puoi anche sederti a bere/mangiare qualcosa. Ho preso una mega fetta di torta ovejitas e una cioccolata calda piccola, il tutto per 90 pesos, non poco direi. La fetta di torta era davvero grande, ma la cioccolata davvero piccola e onestamente meno buona delle nostre. Tra l’altro, deve essere una consuetudine argentina servire la cioccolata in bicchieri piccolissimi e fartela pagare non meno di 25 pesos, perché anche da Laguna Negra, altra cioccolateria, le porzioni sono le stesse. La differenza qui sta che in tante agenzie che organizzano escursioni ti lasciano un coupon per una degustazione gratis da Laguna Negra, così invece di spendere 25 pesos per letteralmente due sorsi di cioccolata, la bevi gratis.

GIORNO 6

Il secondo e anche ultimo museo che ho visitato è quello del Presidio. Il costo è di 150 pesos, pagabili anche in dollari – come ho fatto io – e con lo stesso biglietto si può entrare due volte nel giro di 48 ore. A differenza del museo del Fin del Mundo, questo è davvero un museo ed è molto bello. È costruito in quella che era la vecchia prigione di Ushuaia e si divide in museo della prigione, museo marittimo e museo antartico. In ogni braccio della ex prigione vi è una mostra diversa. C’è anche un braccio che è lasciato esattamente com’era quando fungeva da prigione, con le celle i bagni e le docce, molto suggestivo.

Fatto curioso, a fine visita ho incontrato un mio compagno del corso di spagnolo che ho fatto in Italia! Incredibile quanto il mondo sia piccolo!

Comunque il museo è bello, ne vale la pena visitarlo. Narra la storia di Ushuaia (colonizzata in gran parte da italiani e croati) e dei tanti naufragi che sono avvenuti qui, ci sono le ricostruzioni della prigione e le narrazioni delle varie spedizioni antartiche. In più ci sono anche mostre temporanee, io ho visto quella sui pinguini, con sculture, foto e dipinti dedicati a questi buffi animaletti.

GIORNO 7

Ho lasciato Ushuaia e credo di aver visto e fatto tutto ciò che c’era da fare e da vedere, salvo il giro in 4X4, ma non mi ispirava.

Ho preso il volo LAN delle 9h10 per El Calafate, punto di accesso allo splendido ghiacciaio Perito Moreno. Il volo è stato puntuale come un orologio svizzero e sono arrivata in albergo alle 11 circa. Dall’aeroporto all’Hosteria Schilling ho preso lo shuttle Ves Patagonia, che forse è anche l’unico servizio di shuttle, non so. Ho prenotato tramite email prima di partire, ma in realtà non ce n’è bisogno, all’uscita dal ritiro bagagli c’è il loro ufficio e si può semplicemente comprare il passaggio sul momento. Andata e ritorno mi è costato 170 pesos, ovviamente pagati in contanti, però direi che non è molto, visto che pensavo di dover prendere un taxi, che sicuro costa di più.

L’hotel non è male, è una via di mezzo tra un ostello e un albergo di poche stelle. Internet funziona perfettamente e la colazione non è abbondante, però buona. L’unica nota negativa è il fatto che tra le varie informazioni che ti danno, ora della colazione, password wi fi… c’è anche quella importantissima di non buttare niente nel water, inclusa la carta igienica. E questo pare perché il sistema fognario della città fa schifo. Io mi chiedo, anche negli hotel a 5 stelle, supponendo che ci siano, ti dicono che non puoi buttare la carta igienica nel water? Tra l’altro, non solo in albergo, questo divieto c’è anche in tutte le toilette pubbliche che ho visitato, aeroporto incluso. Solo che in un bagno nel mezzo di un parco nazionale, lo posso anche capire, in città o in aeroporto proprio no!

Comunque… arrivata a El Calafate e depositata la valigia ho fatto un giro per il centro, che consiste nella solita avenida San Martin, piena di ristoranti e negozi per turisti. Fondamentalmente El Calafate è insignificante, forse più che Ushuaia. Sono i dintorni che vale la pena vedere. Camminando un po’ si può arrivare ai margini del lago Argentino, che è veramente bello perché l’acqua è quasi smeralda! Poi c’è anche la laguna Imenez, un’oasi naturale, dove però non sono andata perché ero troppo stanca e volevo riposare prima dell’escursione all’Estancia Nibeko Aike, in sostanza una fattoria, che avevo prenotato dall’Italia.

Per pranzo sono stata in un ristorante-bar in avenida San Martin, Don Pedro, dove ho mangiato tre empanadas e un budin de pan con dulce de leche- il tutto per 89 pesos. E nonostante praticamente non abbia mangiato nulla, sono riusciti a sbagliarmi l’ordinazione delle empanadas e ho aspettato quasi 30 minuti per mangiare 3 panzerotti! Non erano male, ma non credo sia il miglior ristorante della città.

La partenza per l’estancia è stata alle 17, quando ci sono venuti a prendere in albergo. L’estancia si trova nel parco nazionale a 50 km di strada sterrata dalla città, e così come per la Harberton in Terra del Fuoco, i proprietari non la possono vendere e hanno dei vincoli da rispettare, visto che si trovano nel parco. Per esempio non possono tenere più di 150 pecore, perché se no si mangiano troppa vegetazione. Oltre alle pecore tengono un sacco di mucche, circa 500, i cavalli e tanti cani e gatti.

Arrivati ci hanno accolti con un maté – o thè o caffè – che qui davvero bevono tutti a qualunque ora e in qualunque posto si trovino – a passeggio, in macchina o semplicemente a casa – e con delle fritas, che fondamentalmente a me sono sembrati del gnocco fritto, senza ripieno però, perché non erano accompagnate con niente.

Dopo lo spuntino ci siamo divisi in due gruppi: chi aveva prenotato la cavalcata e chi, come me era destinato ad altra attività. Tramite Patagoniachic.com, il sito dove ho prenotato l’escursione per 1070 pesos, si parlava della possibilità di scegliere tra varie attività, tra cui la salita al Cerro Cristal per vedere il panorama. Io speravo in quella ma alla fine, siccome stavo con un gruppetto di 3 carampane, siamo andate a passeggiare in riva al lago Argentino. Comunque la salita al Cerro Cristal era anch’essa una passeggiata fino ad un mirador. Inoltre, nella descrizione sul sito si parlava di svariate fermate durante il tragitto verso l’estancia, per ammirare il panorama. Si parlava di guida disponibile e esperta nel descrivere il paesaggio… non c’è stato niente di tutto ciò.

Il paesaggio in riva al lago e attorno alla fattoria era decisamente molto bello, peccato però che la passeggiata sia stata davvero breve. È durata tanto, un’oretta, perché le carampane più che camminare chiacchieravano con la guida, però io speravo in qualcosa di più; in pratica siamo andati dalla fattoria alla riva del lago e poi siamo tornati indietro. Saranno stati 500 metri? Non credo di più.

Dopo la passeggiata abbiamo assistito al rientro delle pecore accompagnate dai gauchos e dai cani pastore che hanno svolto egregiamente il loro lavoro abbaiando, scodinzolando e correndo di qua e di là-. È stato molto bello vedere tutte queste pecore i loro agnellini…peccato che agli argentini piaccia così tanto mangiarsi l’agnello… povere stelle… come si fa a mangiare un cucciolo così indifeso? In teoria per cena era previsto agnello, ma per fortuna ho potuto chiedere di mangiare altro… una bistecca… sempre carne, però almeno di un animale adulto!

Comunque, dopo il rientro delle pecore abbiamo assistito ad una rapida gara tra due gauchos: fare un percorsi a zig zag tra dei bidoni il più rapidamente possibile. Pare che in passato questo percorso fosse usato per insegnare a cavalcare ai novelli, oggi sono semplicemente gare che si fanno durante le feste.

Finita la gara ci hanno mostrato come si tosa una pecora a mano, ovviamente dove tengono tante pecore da lana, la tosatura avviene a macchina. Carra… mi ha fatto tanta tenerezza la pecora… era del tutto inerme, non so se spaventata, perché non sembrava, però non opponeva resistenza né faceva alcunché. Era seduta e basta e ci hanno spiegato che non avendo addominali sviluppati, da sedute praticamente non riescono a tirarsi su. Mi sono anche un po’ commossa perché mi ha fatto tanta pena e tristezza pensare che noi tutte queste creature indifese le mangiano come se nulla fosse. Le trattiamo male, le uccidiamo e poi ci cibiamo di loro, quando loro a noi non farebbero nulla, come la pecora che stavano tosando. Certo, forse è nell’ordine delle cose che sia così, però a me ha fatto un po’ di tristezza… figurarsi poi vedendo i vitellini e gli agnellini…

Finite le dimostrazioni siamo andati a cena: carne, insalata e crepe – fredda – con dulce de leche. La carne era buona, la crepe no perché era fredda. Siamo tornati a casa verso le 23. È stata una bella escursione in generale, però sicuramente non vale il prezzo che l’ho pagata. E soprattutto, mi sarei aspettata di muovermi un po’ di più; di fare un mini trekking o un giro in jeep, perché così era spiegata sul sito.

GIORNO 8

Finalmente è arrivato il giorno dell’escursione con la E maiuscola, quella al Perito Moreno. Anche questa l’ho prenotata dall’Italia. L’ho fatto tramite l’albergo con l’agenzia Hielo y Aventura, ma in realtà si prenota tranquillamente tramite il sito dell’agenzia. Io speravo che tramite l’albergo sarebbe costata meno, ma non è stato così. Ci sono varie possibilità per fare una gita al ghiacciaio. Io ho scelto quella più facile, visto che non sono una gran camminatrice: il mini trekking sul ghiacciaio al costo di 1100 pesos più 215 di entrata al parco. Ne sono rimasta molto soddisfatta e sono contenta di non aver fatto quella più lunga. Alla fine camminare per circa un’ora sul ghiacciaio è stato più che sufficiente!

Come per la estancia, ci sono venuti a prendere in albergo: alzataccia e pick up alle 7h30 di mattina, con ritorno alle 17.

Eravamo un gruppo grande di 40 persone, però ciò non ha creato alcun problema. Dopo una sosta a fare alcune foto al lago argentino e circa un’ora di pullman, siamo arrivati al porticciolo dove ci siamo imbarcati in direzione ghiacciaio. Da lì è cominciato il mini trekking e il bello dell’escursione. Ci hanno diviso in due gruppi a seconda della lingua, nonostante fossi in Argentina per studiare spagnolo, ho preferito unirmi al gruppo degli inglesi, perché era più piccolo: eravamo una decina, 15 massimo. Abbiamo fatto una breve camminata per il bosco e poi siamo arrivati al punto di partenza per la “ scalata” al ghiacciaio, dove ci hanno messo i ramponi alle scarpe e poi…via!

È stato molto bello, e direi piuttosto semplice dopo i primi istanti di spaesamento causati dai ramponi, che sono piuttosto pesanti. La guida era molto brava e simpatica e ci ha spiegato varie cose sul ghiacciaio. Quella che mi è rimasta più impressa è che il nome Perito Moreno, deriva dal signor Francisco Moreno, che era appunto un perito! Non pensavo, stupidamente forse, che “perito” stesse proprio per perito in quanto professione. Ci ha spiegato che il Signor Moreno ha giocato un ruolo fondamentale nella diatriba sul confine argentino-cileno!

Sul ghiacciaio abbiamo fatto un sacco di foto, è davvero bello e in alcuni punti di un azzurro vivissimo! Anche qui ci ha spiegato che è solo un effetto ottico causato dal sole, perché in realtà è trasparente. La parte azzurra è il ghiaccio più duro, quella che vediamo bianca invece è quello più “morbido”. Al termine della camminata ci hanno offerto un whiskey e un alfajor, sempre sul ghiacciaio. Il whisky ovviamente era servito con ghiaccio preso direttamente dal Perito Moreno. Io ho preso il whiskey, ma solo per farci una foto, perché mi faceva davvero schifo!

Finito il trekking abbiamo pranzato al sacco laddove ci avevano fatti sbarcare – il pranzo non è incluso nell’escursione, è al sacco e io l’ho comprato in hotel per 80 pesos: due panini – pan carré – prosciutto e formaggio, una mela, un alfajor, una barretta energetica e l’acqua.

Finito il pranzo e dopo aver fatto altre duecento foto al ghiacciaio siamo risaliti in barca e poi in pullman e siamo andati alle passerelle: letteralmente delle passerelle da cui si può ammirare il lato nord del ghiacciaio e i punti di rottura. Pensavo che fosse un semplice punto panoramico, e anche che non fosse un granché, invece le passerelle sono tante e lunghe e si può vedere il ghiacciaio da vari punti: dall’alto, di lato e di fronte in basso. Molto bello per fare un sacco di foto, cosa che io ho fatto.

Quest’escursione mi è piaciuta davvero tanto, il paesaggio è fantastico, imponente e da togliere il fiato. Abbiamo anche assistito al distaccamento di alcuni pezzi di ghiaccio, dal rumore sembrava quasi che fossero cadute delle bombe! E che onde generavano i blocchi di ghiaccio caduti in acqua, dei mini tsunami!

Al rientro dall’escursione, dopo essermi riposata, sono andata a cena. Volevo cenare in albergo, visto che in teoria c’è il ristorante, ma alla fine sono uscita, perché si è rivelato chiuso. Non so se perché non si è presentato nessuno o cosa…

Ho cenato sempre in avenida San Martin al ristorante Rick’s. Ho preso una trota al roquefort – di nuovo lui – con patate lessate. Assieme alla coca mi è costato 205 pesos e siccome mi sentivo buona, gli ho pure lasciato 2 pesos di mancia! Che sono tipo 20 centesimi di euro, ma quel che conta è il gesto – e poi io odio lasciare mance-!

Purtroppo sono rimasta al Calafate solamente un giorno e mezzo, ma in realtà meriterebbe almeno 2 -3 giorni, per poter fare altre escursioni come al Chalten o al lago Viedma. Io, stupidamente, per una questione di soldi e tempo ho preferito fare solo il Perito Moreno e poi andare a Buenos Aires. Pazienza, vorrà dire che tornerò!

GIORNO 9: verso buenos aires

Lasciata El Calafate e l’immenso Perito Moreno alla volta della capitale! Ho volato ancora con LAN e sono atterrata all’Aeroparquedi Buenos Aires, dove mi aspettava un autista per portarmi al Gran Hotel Hispano. Ho prenotato una cosiddetta “remis”, cioè noleggio con conducente tramite Go Airport Taxi e ho pagato 34,90 dollari americani. Sicuramente sono tanti soldi, però siccome su internet ti mettono il terrore dei tassisti di Buenos Aires, ho preferito andare sul sicuro, inoltre avendo quel piccolo problema riguardo al prelievo di contanti, ho preferito questa soluzione perché con Go Airport Taxi si paga tranquillamente con carta di credito tramite paypal.

Arrivata all’hotel sono rimasta un po’ così. L’interno del palazzo effettivamente è bello, perché è in stile coloniale. Il punto è che credo anche gli arredi siano rimasti quelli dell’epoca! L’unica cosa moderna è la tv, il cui aggancio alla parete comunque lascia molto a desiderare. La doccia non esiste, nel senso che non c’è il piatto doccia, per cui quando ci si lava si allaga il bagno, infatti hanno lasciato una specie di scopettone per asciugare…che carini. Il peggio del peggio, come scoprirò il giorno seguente, è la colazione. Grazie al cielo è inclusa, perché pagare a parte sarebbe veramente un furto. La colazione consiste, nell’ordine, in: una tazza di caffè o thè, un bicchiere di aranciata, un fetta di pan carré tostato, una marmellatina e un burro, una medialuna ( i loro cornetti) e un’altra cosa simile. Finito. Ti servono loro e ovviamente non puoi mangiare di più, a meno di chiedere e onestamente mi domando se l’extra lo facciano pagare oppure lo offrano…

Comunque, sono arrivata a Buenos Aires alle 15, con un caldo che sembrava di stare nella foresta amazzonica. C’erano 35 gradi e io avevo ancora su la giacca a vento, pensavo di morire!

Prima di partire dal Calafate, Ramiro, il gentile ragazzo dell’albergo mi aveva suggerito di provare i free tour di Buenos Aires ( bafreetour.com). Come fanno in Europa, ci si incontra senza prenotazione in un punto prefissato della città e si fa un tour pre-stabilito di un paio d’ore con una guida. Alla fine del tour si dà la mancia alla guida, a discrezione. Essendo da sola, ho subito pensato che fosse una buona idea, così lasciata la valigia in albergo, mi sono immediatamente recata al punto di incontro con la metro. A proposito di metro: il biglietto costa un’inezia: 5 pesos. I treni ricordano vagamente quelli della metro B di Roma, o in generale treni vecchi. Purtroppo sono senza aria condizionata, infatti si muore. Non oso pensare quando in gennaio fa ancora più caldo…

Al punto di incontro, dopo aver temuto che non si sarebbe presentato nessuno, ho fatto conoscenza con la guida Victoria e gli altri 4-5 partecipanti. Il tour del pomeriggio prevede un giro di un paio d’ore nei quartieri ricchi di Buenos Aires, Palermo e la Recoleta, e la guida ci ha raccontato un po’ della storia di quegli splendidi e antichi palazzi e anche un po’ di gossip sulla vita moderna. Per esempio, Buenos Aires è una della città in cui ci si rivolge di più al chirurgo plastico e questo perché le assicurazioni sanitarie offrono una volta ogni paio d’anni un intervento di chirurgia estetica gratuito! Poi ci ha raccontato che una volta esisteva una specie di via Montenapoleone, ma in seguito al blocco delle importazioni, tanti negozi hanno chiuso e i pochi rimasti probabilmente pagano cifre esorbitanti allo Stato per poter rimanere. La zona effettivamente è bella, sembra di stare in Europa e a volte a Parigi, perché ci sono molti palazzi in stile francese, costruiti così o dai francesi o da argentini che comunque hanno portato tutto il materiale dall’Europa. Siamo passati davanti al monumento alla memoria delle Falklands e a quello degli attentati all’ambasciata ebraica. Abbiamo finito davanti al cimitero della Recoleta, dove riposa Evita e dove Victoria ci ha raccontato l’orrenda storia del corpo della povera Eva: prima rubato, poi sfigurato, poi portato di nascosto in Italia e lì rimasto per oltre 10 anni al cimitero maggiore di Milano sotto falso nome e infine riportato a casa negli anni 70. Finito il giro abbiamo salutato e lasciato la mancia alla guida. Io le ho dato 100 pesos e credo più o meno anche gli altri ( per precauzione avevo chiesto a Ramiro e lui mi aveva suggerito 100 pesos).

Sono poi ritornata verso l’albergo e ho cenato in un posto lì vicino, appena dopo il café Tortoni, dall’altra parte della strada. Ho mangiato una milanesa, cioè una cotoletta alla milanese, che era letteralmente grande come il piatto, e patatine fritte. Il tutto con Coca mi è costato 102 pesos.

GIORNO 10

Primo giorno intero a Buenos Aires. Siccome ho prenotato questo hotel perché nel prezzo c’era incluso il tour e lo show di tango, la mattina del secondo giorno sono partita per il city tour. Mi sono venuti a prendere alle 8h30 e alla fine, dopo un’ora e mezza di giri per il centro a raccogliere altri turisti, siamo finalmente partiti per il tour. Abbiamo ripercorso le stesse strade che avevo fatto a piedi la sera prima, poi ci siamo fermati in plaza de Mayo per alcune foto. Ho visto la Casa Rosada – che conto di rivedere meglio il giorno successivo facendo l’altro free tour a piedi-, che mi ha fatto impressione perché me l’aspettavo grande, invece è piccola! Secondo me ben più piccola di Buckingham Palace per esempio! Anche la piazza, notoriamente luogo di assembramento delle folle argentine, mi è sembrata molto più piccola di quello che si vede in tv!

Comunque, poi siamo passati dall’obelisco e ci siamo diretti al famoso e pericoloso quartiere la Boca per la seconda sosta. Abbiamo fatto un rapido giro delle 2-3 vie attorno allo stadio del Boca Juniors. Questo quartiere è povero rispetto a Palermo e la Recoleta e il contrasto con le vie di palazzi lussuosi ed europei è davvero impressionante. Però, sarà che era una giornata di sole, i colori e le casette della Boca mi sono piaciute di più dell’austerità dei palazzi signorili. Attorno allo stadio tutto è giallo- blu, i palazzi e perfino le persone, che quasi tutte indossano magliette del Boca, soprattutto i ragazzi. Il rosso, il colore del River Plate, è ufficialmente bandito dal quartiere!

Fatte le foto di rito allo stadio, abbiamo proseguito per il famosissimo Caminito, una viuzza di casette in lamiera tutte colorate che prende il nome da un passo di tango. Benché la Boca sia un quartiere pericoloso, il Caminito è una zona super turistica – solo di giorno però- , piena di locali e di negozi di souvenir. Io volevo comprare una calamita da attaccare al frigo e lì alcuni negozi le vendevano a 75 pesos, praticamente 7 euro!! Ho preso un gelato confezionato e una bottiglia d’acqua, così per non svenire, è mi sono costati 73 pesos! Come si dice, è a carnevale che si vendono le maschere! I souvenir li ho comprati successivamente, tentando di trovare prezzi più umani! Comunque il Caminito è molto carino, in generale le viuzze meno degradate e più turistiche – perché ci sono anche le vie in cui si nota la povertà quasi estrema delle persone che vivono in quel quartiere – sono molto carine.

Alla fine dopo 6 ore tra raccolta dei turisti e tour, mi sono finalmente liberata e dedicata a ciò a cui più tenevo: Evita. Tra l’altro, non farò mai più un tour del genere, alla fine non vedi nulla e anche quelle poche fermate, le fai talmente di fretta che non ti godi niente di ciò che hai intorno. Sconsiglio vivamente qualunque tour organizzato che venga fatto in pullman, decisamente troppo turistico. Piuttosto i bus hop on- hop off, almeno lì sali e scendi come vuoi!

Sono andata al cimitero della Recoleta a vedere la tomba di Evita. L’ingresso è gratuito, ma come metti piedi all’entrata, subito arriva una signora che ti chiede 15 pesos in cambio della cartina del cimitero – perché non c’è solo la tomba di Evita, ma anche di altre persone più o meno famose – e con la scusa che i soldi servono per i restauri. Io non la volevo, però alla fine, un po’ pensando che tanto i pesos li dovevo spendere perché non li si può più cambiare in euro, e un po’ perché pensavo che avrei trovato più facilmente la tomba di Evita, alla fine ho lasciato il mio obolo. Purtroppo però mi sbagliavo sulla storia che avrei trovato facilmente la tomba: la cartina non serve assolutamente a niente, perché non è per nulla facile riuscire a raccapezzarsi tra le centinaia di tombe che ci sono e nelle varie viuzze non c’è nessuna indicazione che sia di aiuto. Infatti, girando di qua e di là ho stramaledetto più volte la signora e la sua mappa. Alla fine, dopo 20 minuti di giri in tondo, per quasi puro caso ho trovato la tomba di Evita. In realtà è la cappella della famiglia, una cappella come ce ne sono tante. La bara di Evita è sepolta molto sotto terra, per evitare che qualcuno riprovi a rubare il cadavere. Fuori dalla cappella ci sono alcune targhe commemorative e qualche fiore, ma per il resto è davvero una cappella standard. Mi domando perché nessuno abbia ancora pensato di renderle i giusti omaggi.

Fuori dalla Recoleta sono andata alla volta del museo Evita, che si trova in via Lafinur, nella zona della fermata Plaza Italia della metro. Sono stata dentro al museo per oltre un’ora e mi è piaciuto molto, quasi come il museo di Sissi a Vienna, che tuttora reputo il migliore. L’entrata costa 40 pesos. L’audioguida 60 pesos. Sempre per la storia che i contanti li dovevo spendere, ho deciso di prendere l’audioguida. Anche per questo sono rimasta dentro un sacco. Comunque il museo è davvero bello. Racconta tutta la sua storia, con video e audio d’epoca, foto e reperti. Davvero bello. Finita la visita mi sono dedicata al negozio e ho comprato: una maglietta, un libro, un libriccino di foto e la cannuccia per bere il maté – la tazza per il mate la comprerò successivamente, perché quelle di Evita erano più tazzine da caffè. Mi sono anche fatta spiegare dalla ragazze del negozio come fare bene un mate e loro molto gentilmente mi hanno spiegato e mi hanno pure fatto assaggiare il loro – gli argentini non hanno schifo delle persone, tutte le persone che ho incontrato, mi hanno sempre fatto assaggiare il mate dalla loro cannuccia, senza nessun problema; qui da noi sia prima che dopo come minimo avrebbero usato l’amuchina!.

La sera mi aspettava l’altra attività super turistica inclusa nel mio pacchetto: lo show di tango. Così, prima di andare, ho deciso di fare merenda al café Tortoni, storico caffè della città, che è di fianco all’albergo. L’interno assomiglia molto a quello dei caffè storici triestini o viennesi, molto chic. Ho preso una fetta di torta selva negra – cioccolato e panna- e una pepsi per 84 pesos.

La sera, come previsto dal mio pacchetto, sono andata ad uno spettacolo di tango, sempre con ritiro e scarico all’hotel. Anche al caffè Tortoni fanno show di tango e giusto di fianco c’è l’accademia nazionale di tango, dove fanno anche lezioni. Ovviamente però il mio show era nel luogo più turistico che possa esistere: il Senor Tango. Non ho idea di dove fosse, so però che era un posto molto grande con al centro il palco rotondo e tutti attorno i tavoli. A giudicare dalla quantità infinita di minibus che c’erano fuori, credo che all’interno non ci fosse un solo argentino, salvo i dipendenti.

Lo show di per sé avrebbe anche potuto essere carino, per quanto piuttosto pacchiano e a volte anche troppo volgare, peccato però che l’unica cosa che era fatta dal vivo, perché altrimenti è impossibile, era il ballo. In quanto sia il canto che la musica erano in playback. C’era l’orchestrina e i cantanti, tutti che facevano finta molto bene di suonare e cantare, ma in realtà era un banale cd. Tra l’altro, credo di essere l’unica che se n’è accorta, visto che gli altri applaudivano estasiati e facevano i complimenti a cantanti e orchestra! Cantare e suonare sotto un disco è facile! Comunque il tutto si è concluso nella maniera più pacchiana possibile: Don’t cry for me Argentina in versione spagnola “cantata” da un uomo e tre donne e in conclusione la calata dall’alto di un drappo che riprendeva i colori della bandiera argentina, il tutto mentre sullo schermo passavano immagini di Evita. Devo dire che mi sono commossa, ma solo perché la canzone mi piace molto e perché guardavo le immagini di Evita, per il resto avrei molto fatto a meno di assistere ad un tale spettacolo per turisti. Di nuovo insomma, evitare caldamente qualunque genere di pacchetto con visite e show, perché sono fatti esclusivamente per turisti rimbambiti. Meglio cercarsi le milonghe o gli show in luoghi un po’ più piccoli. Me ne ricorderò per la prossima volta.

GIORNO 11

Il mio ultimo giorno a Buenos Aires la città piangeva dalla disperazione per la mia partenza. A dir la verità ha cominciato addirittura il giorno prima e per tutta la notte ci sono stati tuoni e fulmini, con il risultato che la mattina dopo in città si contavano i danni.

Si può ben immaginare il mio disappunto, visto che avevo programmato la giornata per farmi l’ultimo tour in centro a piedi. Alla fine mi sono armata di scarpe, pantaloni e giacca impermeabile e sono andata al punto di incontro per il tour. Per fortuna la guida, Gaston, c’era, e c’erano anche altri due avventori. Il tour questa volta ha riguardato più la storia della città e del Paese che il gossip. Siamo partiti dal palazzo del Congresso per terminare in Plaza de Mayo, passando per avenida de mayo, dove c’era il mio hotel. Devo dire che ho preferito la guida del lunedì, però anche questo tour mi è piaciuto e ho imparato cose che non sapevo. Per esempio che davanti alla Casa Rosada per terra sono dipinte delle strane forme bianche, che in realtà rappresentano i foulards delle madri e delle nonne di plaza de Mayo, quelle a cui hanno rapito i figli durante la dittatura e che tuttora cercano di rintracciare i loro nipoti, perché i militari hanno ucciso tante persone, ma per qualche strano motivo – forse un’anima l’avevano anche loro?- i bambini nati dai prigionieri poi desaparecidos non li hanno uccisi, ma dati in adozione.

Anche questa volta, alla guida ho lasciato 100 pesos. Terminato il giro, durante il quale grazie al cielo la pioggia aveva un po’ rallentato la sua caduta, sono andata al museo del bicentenario, appena di fianco alla Casa Rosada, dove è narrata la storia dell’Argentina, che nel 2010 ha compiuto appunto 200 anni di indipendenza. La storia è raccontata divisa in periodi storici, in ogni sezione ci sono reperti e un video da vedere. Mi è piaciuto molto, peccato però che l’abbia visto in fretta perché avevo deciso di fare un altro tour a piedi nel pomeriggio, con un’altra “agenzia”(Buenos Aires free walking tours www.buenosairesfreewalkingtours.com), e non avevo tanto tempo a disposizione, anche perché prima ho fatto un salto a Puerto Madero per vedere il ponte delle madri, che se non erro è di Calatrava, e la fregata Sarmiento, che è visitabile, ma ovviamente quel giorno era chiusa per pioggia.

Il punto di incontro del tour era all’obelisco, quindi lasciato Puerto Madero, ho risalito avenida Corrientes e mi sono fermata a mangiare la pizza dove ci aveva suggerito Gaston, alla Cuartetas, dove fanno anche empanadas e panini. Ho preso una pizza al roquefort – ovviamente- e una soda, che alla fine si è rivelata acqua frizzante. La pizza era molto buona, bella alta, come una focaccia nostra più o meno, e ricca di formaggio! Il tutto mi è costato 110 pesos. Finito il pranzo sono andata al punto di incontro e ho aspettato quasi mezz’ora, ma alla fine non è arrivato nessuno. Conto ovviamente di lamentarmi su Facebook, vediamo se scopro che in realtà c’erano e si sono incontrati da un’altra parte!

Così mi sono incamminata alla ricerca di qualche souvenir. Sono andata in calle Lavalle, che è una pedonale come calle Florida, piena di negozi e di gente che quando gli passi vicino ti dice “ cambio?”. Mi domando se lo vedono dalla faccia che non sono argentina o se lo dicono a tutti quelli che gli passano davanti e basta. Effettivamente, come aveva detto Gaston, queste vie sono piuttosto squallide, così come i negozi che ci sono. Alla fine però ho preso la calamita, è costata tanto secondo me, 50 pesos, ma comunque meno che al Caminito!

Siccome aveva ripreso a piovere con insistenza e cominciavo a sentire i piedi umidi, sono ritornata verso l’albergo. Prima però mi sono fermata al bar Ronas, appena all’uscita della fermata della metro di avenida de Mayo, a prendere un submarino, anch’esso suggeritomi da Gaston. La mattina ci ha spiegato che in Argentina sono grandi esperti e bevitori di caffè – oltre che di mate-. Esistono tanti tipi di caffè, a seconda di quanto latte metti e se lo metti. Poi c’è anche il submarino, che è un bicchiere di latte caldo con servito a parte un cioccolatino, che tu immergi nel latte per renderlo cioccolatoso! Molto buono! Assieme ci ho mangiato un alfajor, il solito dolcetto ripieno di dulce de leche. Costo 37 pesos.

Prima di tornare definitivamente in albergo mi sono comprata la tazza per bere il mate. L’ho presa in un negozietto di cose strane in avenida de mayo, Artentino. L’avrei anche presa più standard diciamo, però non ce n’era nessuna che mi piaceva e di quelle nei negozi di souvenir onestamente avevo un po’ schifo.

GIORNO 12

Rientro a Milano con volo Alitalia. Per andare a Ezeiza, l’aeroporto internazionale, ho prenotato un remis con Taxi Ezeiza. C’era una promozione e ho pagato solo 280 pesos. Il tassista è fin arrivato con 30 minuti di anticipo!

Il volo di ritorno è stato meraviglioso, perché l’aereo era quasi vuoto e c’erano file intere per tanti passeggeri, me compresa. Così ho potuto coricarmi e godermi la trasvolata. Ho anche avuto la fortuna di incontrare uno steward molto gentile con il quale ho chiacchierato un po’ e che appena prima di arrivare a Roma mi ha portato un dolcetto caldo dalla prima classe! Che peccato dover scendere!

Il mio viaggio è finito alla velocità della luce. Ho visto pochissimo di quello che l’Argentina ha da offrire, ma tutto quello che ho visto mi è piaciuto molto. La natura è fantastica, e per quanto riguarda Buenos Aires, mi è piaciuta anche lei. Ha un suo carattere, è un misto tra una città europea e una megalopoli del sud America, tra palazzi signorili in stile europeo e favelas e case in lamiera. Quello che mi è piaciuto di più della città sono sicuramente i parchi: ha degli splendidi parchi verdi e gli alberi che maggiormente incorniciano il volto della città sono gli jacaranda, che in questo periodo dell’anno – la primavera- fanno degli splendidi fiori viola.

Ho letto cose orrende su Buenos Aires, città pericolosissima e bla bla bla. Devo dire che io non ho avuto nessun problema e che non mi fiderò mai più delle opinioni lette online. Come sempre, la sera in giro da sola non ci vado, come non ci vado nemmeno in Italia, e di giorno mi è sembrato di stare in una qualunque città moderna. Ovviamente bisogna sempre prendere le accortezze del caso, io giravo con un borsino piccolo a tracolla, che tenevo sempre sotto controllo. Però tali accortezze è bene prenderle ovunque nel mondo, quando si va in giro per turismo e non solo.

Infine poi, la gente è molto cordiale, disponibile e amichevole. Non ho trovato nessuno che non fosse disposto ad aiutarmi se ne avessi avuto bisogno. Sarà che sono tutti mezzi italiani, ma sono veramente una popolazione aperta e simpatica!

Se per quanto riguarda i luoghi naturalistici, prenotare escursioni organizzate è una bella cosa, perché ti permettono di fare e vedere cose che altrimenti in solitario sarebbe molto più difficile fare, in città è del tutto sconsigliato fare qualunque genere di tour – salvo quelli a piedi-.

Che dire, spero di tornare presto a completare la visita di questo splendido paese, che merita molto più di 20 giorni di viaggio!



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