La via delle Ande

Tour di gruppo tra i colori e i sapori di Perù e Bolivia
Scritto da: antocimani
la via delle ande
Partenza il: 30/06/2010
Ritorno il: 16/07/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €

La via delle ande

Il viaggio in Perù è stato uno di quei viaggi tante volte pensati ma sempre rimandati vuoi per il tempo, vuoi per il costo, vuoi anche perché il problema dell’altitudine e il soroche ci spaventavano. E’ arrivato però un momento in cui la voglia di fare ‘il viaggio della vita’ ha preso il sopravvento, e cosi siamo partiti. Ci siamo rivolti ad un tour operator on line specializzato in America Latina, dopo aver fatto svariate ricerche in internet, consultato cataloghi e agenzie di viaggio. Il giro proposto era molto simile a quelli classici ma si aggiungeva la chicca della puntatina in Bolivia. Abbiamo preso accordi via mail, completato l’iter burocratico di passaporti ed assicurazioni, fatto i bonifici e ricevuto puntualmente a casa voucher, tickets elettronici ed una guida turistica. Nonostante il costo elevato n’è valsa veramente la pena e il viaggio, questa volta più che mai, ci ha cambiati e ci ha arricchiti di racconti, parole, persone, odori, sapori, colori.

Siamo partiti da Bari con voli di linea Alitalia per Roma e da qui abbiamo proseguito per Caracas. Sapevamo che Roma sarebbe stato il punto di partenza anche degli altri partecipanti al viaggio ma non sapevamo chi fossero. Li abbiamo conosciuti via via, i primi in aereo, gli altri al ritiro bagagli, altri ancora all’uscita. Eravamo in 9, e per noi si trattava del primo viaggio di gruppo.

Il volo è stato molto confortevole, ci hanno servito i pasti e lasciato coperte, calzettoni monouso, tappini per le orecchie e mascherine. A Caracas, benché siamo in transito ci obbligano a uscire e rientrare dal gate per pagare le tasse di ingresso al paese. La mia valigia, intanto, non c’è. Ripartiamo per Lima con la Lan che ci sorprende per puntualità e comfort. Come da programma, nel parcheggio dell’aeroporto Jorge Chavez, ci aspetta il furgoncino del corrispondente locale con a bordo la guida che ci accompagna in hotel, zona Miraflores. Andiamo a letto distrutti dalle ore di percorrenza e dal fuso orario ( -7 ore). Stranamente però svegliarsi non è affatto difficile. Per colazione, le prime specialità peruviane come la yucca fritta e il primo scambio di informazioni con il gruppo. Si parte, dunque, in direzione della riserva naturale di Paracas.

A metà strada circa visitiamo il sito archeologico di Tambo Colorado, nella valle di Pisco. Si tratta di un complesso inca molto ben conservato che deve il suo nome ai colori sgargianti dei suoi muri ancora quasi perfettamente visibili grazie al clima caldo e asciutto. Si pensa che sia stato usato dagli Inca come quartiere amministrativo e posto di controllo lungo la strada principale che univa la costa alle alture interne. Dopo l’ingresso al piccolo museo proseguiamo per Ica e per l’oasi di Huacachina, che purtroppo noi non ci godiamo perche veniamo accompagnati in uno pseudo centro commerciale per rifornirci di biancheria e di qualche felpa. Gli altri si divertono con il sandyboarding e con i tubolares, lanciandosi a gran velocità giù dalle dune. Arriviamo in hotel e siamo accoltidalle zanzare ma la cena è discreta. Paracas è una città costiera ma noi vediamo solo il lungomare dal quale, la mattina seguente ci imbarchiamo alla volta delle Islas Ballestas, paradiso di leoni marini e pinguini di Humboldt edi circa 200 altre specie di fauna marina, volatile e acquatica. Nonostante il tempo non fosse dei migliori, dalla lancia si vede molto bene anche la grande ed enigmatica figura del candelabro incisa sul versante della montagna. Pranzo a base di ceviche e poi proseguimento per Nasca. Questa è una tappa molto attesa da tutti perche include il sorvolo delle linee. Già strada facendo, appena giunti nei pressi del deserto il minivan fa una sosta e la nostra guida ci invita a salire sulla torre mirador per scorgere i primi disegni: le mani e l’albero. Ci fermiamo anche ad ammirare i pozzi di Cantalloc, costruiti dalla civiltà preincaica dei Nazca circa 1500 anni fa.

Dopo la cena in hotel, un’antica hacienda ristrutturata ma che ha mantenuto tutto il suo fascino (Hotel Majoro), raggiungiamo il centro. Facciamo un giro e qualche acquisto e poi rientriamo preparando, con cartine e mappe, la nostra avventura dell’indomani. Arriviamo al Marie Reiche, un’unica pista per una decina di monoplani ad elica, abbastanza presto, prenotiamo il nostro velivolo e ci mettiamo in coda. Il tempo passa e noi iniziamo a spazientirci per l’attesa, anche perche abbiamo l’autobus di linea per Arequipa prenotato per le 14.00.

Senza non poche insistenze riusciamo a salire sul dieci posti e guidati da un uomo che compie il sorvolo circa 30 volte al giorno e conosce alla perfezione le coordinate di ogni singola figura incisa nel deserto, cerchiamo di avvistarne qualcuna. Anche noi abbiamo ora le nostre belle foto: il colibrì si mostra in tutto il suo splendore, il condor si libra con le sue grandi ali, l’astronauta ci saluta e ci sorride.

L’autobus per Arequipa ci attende. Affidiamo i nostri bagagli al facchino, che li etichetta e li sistema nel bagagliaio. Appena saliti e seduti un agente di polizia ci fotografa uno ad uno ripetendo ad alta voce il numero del posto in cui siamo seduti. Ci spiegano che si tratta di una procedura antiterroristica contro il sendero luminoso. A bordo servono la cena in stoviglie di acciaio riutilizzabili e le poltrone sono semicama, ossia quasi un letto (business class). Arriviamo ad Arequipa in piena notte, dopo dieci ore di panamericana deserta e desolata. Il mattino dopo la visita della città biancainizia di buon’ ora con il centro storico coloniale fondato dai conquistadores spagnoli nel 1600. Visitiamo il Museo delle Ande, che custodisce la mummia della giovane vergine inca Juanita e poi la Chiesa della Compagnia dei Gesuiti. Dedichiamo il resto della giornata al monastero di Santa Catalina, una città nella città dai muri rossi e blu colbalto. A cena mangiamo per la prima volta il lama che, ci spiegano, è una carne totalmente priva di grassi e colesterolo. Siamo a 2400 metri e il mal di altitudine inizia a farsi sentire. Saremmobugiardi se dicessimo che da questo punto di vista sia andato tutto bene. I sintomi che noi abbiamo avvertito appena saliti di altitudine sono stati mal di testa, nausea, diarrea, senso di pesantezza. Unico modo per alleviarli sono le foglie di coca che noi abbiamo preso più volte al giorno come infuso. Si possono anche masticare ma hanno un gusto amarognolo. Si trovano a disposizione in hotel, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Alcuni consigliamo il Diamox, un farmaco che aiuta ad abbassare la pressione e ad espellere i liquidi in eccesso ma con me non ha funzionato. È bene sottolineare, pero, che è tutto molto soggettivo e che il soroche tende a passare nel giro di 24 ore, non appena l’organismo si abitua alle nuove condizioni climatiche.

L’indomani partiamo alla volta del Colca, sostando più volte per ammirare gli alpaca e le vigogne. Arriviamo a Chivay e, nonostante il malessere decidiamo di non perderci le conche naturali di acqua bollente che si trovano a ridosso delle montagne: temperatura dell’acqua 38°, temperatura dell’aria 2°. D’obbligo una foto con sciarpa e costume. Abbiamo abbondantemente superato i 3000 metri e ci prepariamo all’avvistamento del condor. Lungo la strada sostiamo nel villaggio di Yenque dove ci aspettano graziose bimbette che vestite in abiti tipici ballano nella piazza principale attorno ad una fontana. Poi proseguiamo e ci appostiamo su un mirador in attesa che lui decida di volare. Fa molto freddo ma il cielo è limpidissimo e non passa molto che i primi esemplari iniziano a spiegare le loro ali e a lanciarsi leggeri. Tutt’intorno cactus e natura a strapiombo. Riprendiamo il minivan per un tragitto di circa 7 ore in direzione di Puno. Il nostro autista, l’unico, non fa altro che masticare foglie di coca. Ci fermiamo al Mirador de los andes presso il passo di Patapampa a 4910, il soroche ci ha quasi abbandonato e ci godiamo lo spettacolo. Arriviamo a Puno e la nostra guida ci accompagna a cena, poi a dormire.

Nonostante i 3800 mt riusciamo a mangiare anche a colazione(che ormai non facevamo da diverso tempo). Ci imbarchiamo dal porto turistico per la navigazione del lago più grande del mondo il Titicaca. Vedremo oggi da vicino come vivono gli Uros, famosi per aver creato le isole galleggianti di totora. La totora è una canna che questi aymara utilizzano come base su cui appoggiare le loro capanne, legandone grosse quantità tra di loro e ancorandole al fondo del lago. È commestibile e quando ci viene offerta la assaggiamo. La guida ci spiega come si svolge la vita su queste isole. Segue lunga contrattazione per acquisto manufatti/ souvenir…ci sanno fare, non c’è che dire. Facciamo un giro in canoa e proseguiamo per Taquile, altra isola nativa ma stavolta non artificiale. Il suo ingresso, quasi fosse un monumento, costa 5 soles.

Per raggiungere il centro dell’isola bisogna affrontare una salita che nel suo punto più alto sfiora i 4000 mt. In piazza ci riuniamo al resto del gruppo e con la guida puntiamo il ristorante dove consumeremo il pranzo, che non poteva non essere che a base di pesce. La discesa al molo è più rapida e dalla parte opposta e la facciamo tutta d’un fiato. Ceniamo nello stesso locale della sera precedente e poi facciamo una passeggiata nella strada principale affollata di negozietti artigianali. I prezzi sono davvero accessibili e facciamo scorta di cappellini e calzettoni lavorati ai 4 ferri, molto particolari e di buona qualità.

La prossima tappa è la Bolivia. Sulla strada per il confine facciamo un’ultima sosta culturale nella città di Chuquito che ospita le rovine del tempio fallico di Inca Uyo. Ok, forse dire culturale qui è troppo. Poi dritti verso il Desaguadero per attraversare la frontiera a piedi, superando la dogana in uscita e in entrata.

In fila, uno dietro l’altro con uno zainetto in spalla (le valigie sono rimaste per comodità a Puno e le riprenderemo alritorno) avanziamo cercando di schivare i carretti che trafficano ogni genere di mercanzia. Timbro dell’ufficio immigrazione sul passaporto, permesso di soggiorno e il cartello Bienvenidos a Bolivia ci accoglie. Prima di raggiungere La Paz ci fermiamo al sito archeologico di Tiwanaku, unico resto di una civiltà preincaica che fiorì in questa zona tra il IV e il VI secolo.

La visita esterna si completa con quella del museo che ospita, tra gli altri reperti, una serie di teschi deformati per evidenziare il prestigio sociale del bambino. Pranziamo in una piccola locanda su una tovaglia di plastica e in piatti di ceramica sbrecciati ma il cibo, zuppa di quinoa, è molto buono e lo gradiamo. Raggiungiamo La Paz che appare dall’alto come fosse un alveare. Ci sono case costruite ovunque arroccate fin sopra le pareti della conca che accoglie il centro, e capiamo come mai le frane fanno nella zona molte vittime ogni anno. Il nostro hotel è in centro e proprio nella piazza antistante un maxischermo è pronto per una delle partite dei quarti di finale dei mondiali. La guida ci prospetta la possibilità, con un extra, di cambiare il ristorante previsto e di cenare in una parrileria. Accettiamo e dopo aver messo al sicuro passaporti e documenti, dato l’elevato tasso di corruzione dei militari, prendiamo due taxi. La cena si rivela in effetti una chicca: diversi tipi di carne alla brace vengono serviti accompagnati da un’infinità di contorni. Come dolce arroz con leche, che io adoro.

Domattina giro della città. Partiamo dalla Plaza de Armas, dove si affacciano sia il Palazzo del governo che la cattedrale e proseguiamo con il mercato delle streghe e degli sciamani. Qui ci mostrano i feti di lama che i boliviani usano agghindare e seppellire nelle fondamenta della propria casa per scacciare il malocchio e come augurio di fecondità. Ci spostiamo nella zona conosciuta come El valle de la Luna e ci arrampichiamo su queste formazioni che sembrano davvero marziane. Riprendiamo il pulmino per rientrare in Perù ed affrontiamo nuovamente, ma al contrario, la trafila con dogana e immigrazione. Trascorriamo ancora una notte a Puno e il giorno dopo il corrispondente locale ci accompagna alla stazione degli autobus turistici da dove partiamo per Cuzco con l’Inkaexpress. Si tratta di un ottimo servizio turistico che offre nel costo del biglietto una guida parlante spagnolo e inglese, 4 tappe intermedie, ingresso a vari siti e monumenti e un pranzo a buffet davvero buono. Chi come noi parte da Puno sosterà a Pukara e ne visiterà il museo Alkra (non dimenticate di comprare una coppia di tori da esporre sul tetto di casa come benedizione), proseguirà per il Paso La Raya, punto di unione tra le culture quechua e aymara, e per Sicuani dove consumerà il pranzo in un tipico ristorante andino, per poi visitare la fortezza di Raqchi dedicata al culto del dio Wiracocha e la cappella sistina delle ande, ad Andahualillas. Ultima tappa il villaggio di Huaro, con l’organo più antico di tutto il Perù. Ogni sosta ha il suo mercatino, anche quelle più impervie. Donne e bambine sbucano dal nulla coi loro aguayos e improvvisano bancarelle ed esposizioni di prodotti a cui è impossibile resistere.

In stazione ci attendono per accompagnarci prima in hotel (Hotel Fundador) e poi a cena in un ristorante in cui vi è perennemente il sottofondo di El Condor pasa.

Ci danno appuntamento per la mattina dopo quando conosceremo la nostra ultima guida. Iniziamo il nostro tour con il giro delle cuatro ruinas, Saqsaywaman, Qoricancha, Pukapukara e Tambomachay e proseguiamo per il villaggio di Chincero. Qui l’intera popolazione, che ammonterà a qualche migliaio di persone, ha pensato bene di fondare una cooperativa in cui lavorano tutte le donne e le ragazzine del pueblo, abilissime nell’arte della tintura e tessitura della lana di alpaca. Ci mostrano tutto il processo di realizzazione del tessuto e acquistiamo qualcosa da portare in Italia, certi che sia originale. Il tour prosegue con i terrazzamenti inca di Moray e con le saline di Maras, splendide vasche nei toni del rosa incastonate nel verdognolo delle montagne.Torniamo a Cuzco efacciamo insieme il giro della città di Cuzco, l’ombelico del mondo, visitando la cattedrale, la piazza principale, la casa-museo di Garcilaso de la Vega. Ci resta un po’ di tempo libero prima di ritornare, ciascuno per suo conto, in hotel.

Il giorno seguente è il grande giorno: raggiungeremo Aguas Calientes per poi salire di prima mattina verso Machu Pichu. Lasciamo i bagagli in hotel e portiamo con noi solo il necessario perche il treno turistico non è proprio spaziosissimo. Attraversiamo in minivan tutta la valle sacra, dove scorre impetuoso il fiume Urubamba. La nostra prima sosta è la visita al mercato domenicale di Pisac, un esplosione di colori e sapori, dato che ci sono molti forni che sfornano ghiottissime empanadas che noi accompagniamo con la chicha morada, una bevanda violastra che deriva dal mais. Continuiamo in direzione di Ollanataytambo e ne visitiamo la fortezza. La sera in stazione è tutta una coda, al buio e anche un po’ al freddo. Turisti ovunque, ma anche locali che però non possono viaggiare insieme a noi, bensì in scompartimenti a loro destinati. All’alba ci incontriamo per fare colazione e poi emozionatissimi iniziamo la salita a questa meraviglia del mondo. La cittadella sembra dall’alto una ricostruzione in miniatura, tanto è perfetta. Trascorriamo a Machupichu l’intera giornata, spingendoci fino all’Inti Punku, e riprendiamo il treno delle 17.00.

Sistemiamo le valigie perche l’indomani abbiamo l’aereo per Lima dove ci fermiamo ancora un giorno per fare il giro della città e la visita al museo Herrera Larco, che avevamo rimandato. È l’ultima sera e concludiamo il nostro viaggio con una cena- spettacolo sul lungomare di Lima, ammirando ancora una volta gli abiti tipici e le danze del popolo peruviano.

I consigli per affrontare al meglio questo viaggio non sono molti:

1. Partire consapevoli di ciò che si sta facendo: le condizioni economiche del paese si ripercuotono, ovviamente, su quelle sociali ed igieniche. Benché gli alberghi in cui abbiamo soggiornato siano stati tutti più che accettabili e puliti, alcuni non avevano il riscaldamento e abbiamo dovuto ovviare chiedendo stufette portatili e borse dell’acqua calda.

2. Non farsi rovinare il viaggio dal soroche. Dopo i primi giorni passa. Come abbiamo già detto, è bene aiutarsi con il mate di coca. Vi assicuriamo che vi disabituerete facilmente e che non crea alcuna dipendenza. Portate con voi qualche antiemetico e dei fermenti lattici. Se potete, evitate di bere il latte che è molto più grasso del nostro e viene mal tollerato dal nostro organismo.

3. Se fate scalo a Caracas, fate attenzione a cosa avete in valigia. Io, per delle caramelle alla coca, regolarmente acquistate in Perù ed accompagnate da tanto di scontrino, me la sono vista proprio brutta. In generale, possiamo affermare che l’atmosfera nell’aeroporto venezuelano non è delle più tranquille e che spesso il personale dell’esercito cerca delle scuse per creare disagio ai turisti.

4. Non perdetevi neanche un minuto di questa meravigliosa esperienza che porterete con voi per sempre. Se troverete i compagni giusti, come è successo a noi, si creeranno anche delle sincere amicizie occasione di confronto e di crescita anche a distanza di anni e di kilometri.



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