Alaska, Grande Terra

Un viaggio lontano dal mondo e dal traffico
Scritto da: anna_mrcs
alaska, grande terra
Partenza il: 22/07/2007
Ritorno il: 14/08/2007
Viaggiatori: in coppia
Viaggio attraverso l’Alaska con una ‘scappatina’ nello Yukon Canadese.

“The Last Frontier”, si legge sulle targhe delle macchine. E in un certo senso è così! L’Alaska è una terra affascinante, dove il gusto del selvaggio, gli splendidi paesaggi montani, artici e marini con interminabili ghiacciai la fanno da padrone. L’Alaska è molto di più di quello che si può immaginare e soprattutto è il luogo dove il mondo con il suo traffico e la sua confusione sembra appartenere ad un’altra galassia! Come ha scritto Peter Jenkins “L’Alaska è un luogo pieno di sorprese. Molte cose che pensavo prima di andarci si rivelarono il contrario di quello che mi aspettavo!” [P. Jenkins – Alaska. Il paese dell’oro e dei ghiacci – 2003 Sperling & Kupfer Editori] La letteratura abbonda di libri, romanzi e non solo, che parlano dell’estremo nord, di questo angolo di mondo che affascina ed incanta già dalle pagine di un libro prima ancora di metterci piede, figuriamoci una volta sul posto! Molti dei nostri amici hanno definito la scelta di questa meta ‘fredda’. Allo stesso modo la decisione di effettuare questo viaggio con la tenda è stata oggetto di molte obiezioni: “Ma in Alaska piove sempre” “Fa freddo” “Non potete andare in tenda, piove” sono solo alcune delle perplessità che ci sono state sollevate. Ma intanto noi siamo rimasti fermi sulla nostra posizione: in Alaska in tenda! E che sarà mai… nemmeno fosse la prima volta che usiamo la tenda in luoghi piovosi.

Piovere piove.. Non c’è che dire, ma l’esperienza in campeggio è stata parte di questo viaggio, di questo modo di vivere questo paese. Diversamente non sarebbe stata la stessa cosa! I campeggi, per così dire statali, posso tranquillamente affermare che sono quasi auto gestiti. Quando si arriva si sceglie la propria piazzola tra quelle libere, si compila il fogliettino e la busta, presa all’ingresso, si include l’esatto importo da pagare, si sigilla per benino la busta e la si imbuca in un’apposita cassetta di ferro posta all’ingresso. Et voilà.. La registrazione è fatta, ed il pagamento pure! Non resta che montare la tenda! Dal punto di vista dei servizi si va campeggi con i soli bagni (wc) e la pompa dell’acqua a quelli con tanto di docce calde (funzionano con monete da 25Cent). Molti campeggi si trovano in aree di particolare bellezza ed immersi nel verde e nella natura più assoluta. Ogni piazzola poi ha la sua tavola con le panche e l’immancabile spazio per fare il fuoco serale. Raramente lo usano per fare il barbecue, lo utilizzano la sera per riscaldarsi, quasi più un rito che una necessità.

In ogni campeggio si possono leggere le norme di comportamento per evitare di svegliarsi la mattina con un orso al posto del marito nel sacco a pela di fianco. In alcuni ci sono, posti qua e la, dei contenitori in metallo dov’è possibile lasciare cibo e quant’altro potrebbe attirare l’attenzione di un orsetto. Proprio per evitare che anche l’orso apra questi contenitori le aperture sono sempre ingegnose. Sfido io che poi si mangia i turisti!! Se gli nascondono i biscotti!!! In estate ci sono circa 19 ore di luce. Ci abbiamo messo poco ad abituarci a questo lusso, all’idea di passeggiare tranquillamente alle 22 come se fossero le 19 o di non dover utilizzare le nostre pile per leggere la sera in tenda.

Ancora una volta siamo stati accolti dalla gente comune con estrema gentilezza e disponibilità a dimostrazione che non è giusto giudicare un popolo dai suoi politici o da quello che i media ci propinano. E per chi si aspetta un’America fatta di McDonald’s e compagnia bella.. Beh.. L’Alaska non è niente di tutto questo. ANCHORAGE Atterriamo ad Anchorage una domenica pomeriggio con il cielo coperto di nuvole. Abbiamo scelto Anchorage come luogo di inizio del nostro viaggio perché proprio come si dice di Roma, che ‘tutte le strade portano a Roma’, in Alaska si dice che ‘all roads lead to Anchorage’.

Le procedure di ingresso non sono le più veloci. Tra impronte digitali, fotografie, domande varie e controllo minuzioso di ciascuna pagina e ciascun timbro sul passaporto il tempo scorre e la gente è sempre in coda. Ma alla fine ci troviamo per le strade di Anchorage con la nostra auto. Anchorage non è la capitale dell’Alaska come molti pensano. La capitale è infatti Juneau, situata più a sud, nella parte di Alaska ad ovest del British Columbia canadese. Anchorage è però la città più grande dello stato, sia in termini di estensione che di popolazione. Nasce solo nel 1915 quando l’Alaska Railroad fonda la sua sede in questa zona e grazie alla sua posizione strategica rispetto alle vie di comunicazione: la ferrovia, le strade ed il mare, è infatti posta all’inizio del Turnagain Arm e del Knik Arm, conosce una rapida e veloce crescita. La città di per se non è nulla di particolare; il suo centro che sa di far-west, con un sistema tutto di sensi unici, è piuttosto simpatico ma nulla di che. La sua posizione affacciata sulle acque dell’oceano, ai piedi delle Chugach Mountains contribuisce invece, ad aumentare il fascino di questo posto.

I nativi o i diretti discendenti dei nativi Americani sono solo il 20% dell’attuale popolazione dell’Alaska. Ad Anchorage si trova uno dei più importanti centri culturali dei nativi Americani l’Alaska Native Heritage Centre. I nativi appartengono principalmente a tre gruppi etnici: gli indiani, gli eschimesi e gli aleutini. Spesso con il termine di nativi si indicano gli indiani e con il termine di Inuit gli eschimesi, ma questo non è così scontato e corretto in Alaska. L’Alaska Native Heritage Center fornisce uno spaccato di quello che sono questi cinque popoli, con le loro culture, tradizioni, lingue e soprattutto con la loro storia.

Quando si parla di Alaska non si può far a meno di pensare alle slitte trainate dai cani, ovviamente d’inverno! La Iditarod Trail Sled Dog Race è una delle corse più conosciute al mondo. Si svolge ogni anno in marzo da Anchorage a None coprendo un percorso di circa 1750 km con un tempo medio di percorrenza di due settimane. Per tutto questo tempo i musher se la devono cavare da soli con i loro cani. Circa un terzo dei concorrenti non arriva alla fine della gara. Non è che tutti i ritirati se li sono mangiati i lupi strada facendo (gli orsi dovrebbero essere rintanati da qualche parte in letargo, a fare sogni tranquilli) ma le difficoltà della gara e le estreme condizioni climatiche fanno sì che questa gara non si possa definire una tranquilla passeggiatina nell’affascinante immenso nord. Nel 1985 per la prima volta la gara è stata vinta da una donna: Libby Riddles [Libby Riddles & Tim Jones – Ho vinto l’Alaska – 2003 Edizioni Piemme].

Sull’origine del nome sono state fatte più interpretazioni attribuendolo ai diversi significati che assume la parola Iditarod, o la parola da cui si presume derivi, in diversi idiomi indiani: distante, poco distante.

Per quanto riguarda invece le origini della gara, la prima fu disputata nel 1973 sul medesimo percorso dell’Iditarod Trail. Nel 1925 una terribile epidemia di difterite colpì gli abitanti di Nome. Era inverno, le condizioni meteorologiche erano tali per cui ne gli aerei ne le navi potevano trasportare il medicinale che era disponibile ad Anchorage. Che fare? Si utilizzarono i cani e le slitte, riuscendo così a portare a termine la spedizione e a contenere l’epidemia. Questo episodio ha anche ispirato il cartone animato di Balto che, tutti gli anni, sistematicamente la televisione propina a Natale. La leggenda vuole che sia Baldo il cane leader della spedizione guidata da Leonhard Seppiala mentre nella realtà pare che così non fosse. Per chi non è un musher c’è sempre la Iditarod Invitational Trail, una tranquilla passeggiatina riservata ogni anno a 50 persone che, a piedi, in bici (!?!?!?!) o sugli sci percorrono lo stesso percorso della Iditarod Trail Sled Dog Race. Che coraggio! Lasciamo Anchorage in direzione di Bird Creek, dove passeremo la prima notte. Per la nostra prima notte in Alaska abbiamo prenotato una camera in un motel, dopo un viaggio così lungo in aereo, circa 11 ore e remori dal viaggio precedente, dove il bagaglio è arrivato tre giorni dopo, abbiamo pensato che era meglio avere un giorno di margine, si sa mai… anche solo per scaramanzia! Il motel scelto si trova a Bird Creek, ad est di Anchorage, sulla Steward Highway, una delle strade più panoramiche dell’Alaska.

TURNAGAIN ARM La Steward Highway non è solo panoramica, offrendo splendide viste sul Turnagain Arm, sulle montagne del Chugach State Park, sui ghiacciai della Chugach National Forest e sulla Kenai Peninsula ma presenta particolari punti di interesse, quali il Potter Marsh: dove un percorso su passerelle consente di osservare uccelli e salmoni. Questi ultimi, in questa stagione iniziano a risalire i fiumi per andare a deporre le uova. Oppure ci si può fermare al Beluga Point e lasciare che il proprio sguardo sconfini nell’immensità delle acque del Turnagain Arm in cerca di questi cetacei, oppure fermarsi a Windy Point, dove tira un bel vento proprio come dice il nome, ad osservare le capre di Dall, o Dall Sheep che leccano il sale presente sulle pareti rocciose delle montagne che scendono fino alla strada. GIRWOOD Girwood, situata 40 miglia a sud di Anchorage, è una delle più importanti stazioni sciistiche della zona, ci sono molti impianti di risalita e grossi alberghi a pochi passi dalle piste e da questi impianti. Il paese di per se è piccolo, lo attraversiamo una mattina presto e, forse per l’ora, forse per il tempo leggermente piovoso, in giro non si vede nessuno. Ad un certo punto, da un gruppo di case spunta, alla nostra sinistra, un orso nero. Tranquillamente attraversa la strada e lo vediamo passare davanti alla nostra auto per infilarsi nuovamente tra le case e proseguire il suo cammino. Bellissimo! Fantastico! In Alaska c’è la più alta concentrazione di orsi: orsi neri, bruni e grizzly e siamo venuti qui con la speranza di vederne qualcuno anche noi! Ci sono anche gli orsi polari, ma per questi occorre andare molto più a nord, ma non in questa stagione.

ALASKA WILDLIFE CONSERVATION CENTER Siamo diretti a Seward, nella Kenai Peninsula. Lungo la strada incontriamo l’Alaska Wildlife Conservation Centre, un’ente che si dedica alla conservazione della fauna selvatica dell’Alaska. Ci sono bisonti, buoi muschiati, alci con il palco in velluto, cervi, caribù, wapiti, coyoti, orsi neri e grizzly. Un orso nero dorme su un albero mentre tre cuccioli di grizzly giocano in un pozza d’acqua.

Avevamo deciso di iniziare il nostro itinerario dalla Kenai Peninsula, ma le disastrose previsioni del tempo, che annunciano pioggia per buona parte della settimana, ci fanno cambiare i nostri programmi decidendo di avviarci verso nord, dove le previsioni sono un tantino meno pessimistiche. Il brutto tempo in Alaska, in particolare sulla costa, non è un fatto anomalo od eccezionale, per cui bisogna abituarsi e prenderla con filosofia. Noi intanto andiamo verso nord, lui, il tempo, faccia un po’ quel che vuole! PALMER Palmer situata una sessantina di chilometri a nord di Anchorage è una cittadina rurale posta in una delle poche aree dell’Alaska dedite all’agricoltura. Nasce durante la presidenza di Roosvelt per far fronte alla Depressione che aveva colpito il resto della nazione. Circa 200 famiglie di agricoltori si trasferirono in questa zona dell’Alaska dando così origine ad una fiorente comunità di agricoltori che, ancora oggi, coltiva queste terre coprendo parte del fabbisogno di prodotti agricoli del paese. I paesaggi con campi coltivati, serre e fattorie sono caratteristiche di questa zona.

Ci fermiamo per la notte in un campeggio tranquillo poco fuori dal centro abitato. Trovarlo non è per niente facile, in città sono in corso molti lavori stradali con relative strade chiuse per cui trovare un percorso alternativo non è facile. Ci da una mano, uno sceriffo, ormai vicino alla pensione, che gentilmente ci accompagna fino al campeggio, poiché la spiegazione non sarebbe stata semplice. Il Matanuska River Camp è un posto tranquillo. Ci sono pochi camper e poche tende. L’area ad uso delle tende è immersa nel bosco: si sentono gli uccellini cantare, lo squittio, se così si può definire, degli scoiattoli e tante zanzarine fastidiose. HATCHER PASS Il tempo non si è ancora assestato ma se non altro non piove e ogni tanto si intravede del celeste nel cielo. Lasciamo l’Highway principale per prendere la strada che attraversa le Talkeetna Mountains e ci porterà all’Hatcher Pass. Questo itinenerario è poco affollato e spesso ci fermiamo ad ammirare e fotografare questi splendidi paesaggi montani che si perdono a vista d’occhio. Una delle principali attrazioni di questa zona è l’Indipendence Mine State Historical Park. Aperta nel 1930 fu per molti anni la seconda miniera di oro della zona. La miniera venne chiusa definitivamente nel 1955. Attualmente è possibile visitare la miniera e quel che resta degli edifici di quell’epoca.

Proseguendo verso Hatcher Pass, la strada diventa sterrata ed il transito è consigliato solo alle auto. Lungo la strada dai guardrail, spuntano i testini delle marmotte. Sembra quasi impossibile, con tutto lo spazio che hanno a disposizione questi simpatici mammiferi se ne stanno lungo la strada. Forse vogliono un po’ di compagnia! Arrivati in cima al colle ci accoglie un vento fortissimo e freddissimo. Le nuvole in cielo corrono che è una meraviglia. Che fare? Ci prepariamo i nostri zaini e ci incamminiamo su un sentiero che parte poco distante dal colle e sembra portare in punta ad una montagna. Salendo si incontrano dei piccoli laghetti. Il paesaggio è molto bello e la camminata piacevole. Sulla cima alcuni scoiattoli di terra corrono tra le rocce.

Ritornati alla nostra auto proseguiamo in direzione di Willow. La strada è tutta sterrata ed in alcuni punti non è proprio perfetta. Lungo la strada ci fermiamo un attimo ad osservare un laghetto con alcune costruzioni che indicano la presenza del castoro. E mentre io scatto qualche foto un bel castoro fa la sua comparsa nel lago. E non era solo! I castori solitamente sono animali più notturni che diurni, ma si vede che la tana necessitava di una riparazione urgente, così i tre castori che abbiamo visto indaffarati nel loro lavoro di ricerca e spostamento di rami non si sono accorti della nostra presenza sulle rive del lago! Fantastico! TALKEETNA Proseguiamo in direzione di Talkeetna, dove avevamo ipotizzato di passare la notte, ma poiché i campeggio non ci convincono ci fermiamo per cena e poi riprendiamo il nostro viaggio in direzione del Denali, tanto in Alaska è giorno fino a tardi, quindi… Talkeetna, racconta la guida, è esattamente il tipo di paese che la gente si aspetta di vedere in Alaska. Ma qual è il tipo di paese che la gente si aspetta di vedere in Alaska? La città, il paesino forse è meglio, non è nulla di che. Una via principale polverosa, poiché le strade sono tutte sterrate, un susseguirsi di negozi e ristoranti con un aspetto fermo all’epoca della corsa all’oro. Il negozio di alimentari ha un interno che ricorda un po’ l’emporio degli Oleson de ‘La casa nella prateria’! Per le strade un brulicare di turisti.

Talkeetna è la base per tutte le spedizioni sul monte McKinley, o in lingua Athabasca: Denali, che significa “il più alto”, infatti è la più alta montagna del nord America (6744 m). Il Denali è una piramide di roccia, neve e ghiaccio molto difficile da scalare! Sempre a Talkeetna decolla la stragrande maggioranza dei velivoli turistici che ogni giorno accompagnano i turisti, che se lo possono permettere, alla scoperta del Denali National Park e ovviamente anche gli alpinisti poiché l’avvicinamento non è fatto a piedi, viste le immense distanze, ma in aereo direttamente al campo base. La prima spedizione che ‘guadagnò’ la vetta nel 1913 fu quella guidata da Hudson Stuck un arcidiacono e grande esploratore dell’Alaska. Ogni anno, in tarda primavera, circa 1000-1300 alpinisti cercano di conquistare la vetta del Denali. Se le condizioni del tempo saranno favorevoli circa la metà di loro raggiungerà lo scopo mentre se le condizioni meteorologiche saranno negative la percentuale di coloro che raggiungeranno la vetta scende sotto il 40% e alcuni di loro moriranno. Che prospettiva!! Nel cimitero, un memoriale elenca i nomi e le età di tutti gli scalatori che inseguendo un sogno sono morti tentando di scalare il monte McKinley o le vicine punte. Poco fuori dal paese ci dovrebbe essere una vista strepitosa sul monte McKinley e l’Alaska Range. Si dovrebbe… perché anche oggi non la si può proprio definire un’incantevole giornata di cielo sereno, anzi la si potrebbe definire una triste giornata di quasi pioggia. Bisogna anche ammettere che spesso e volentieri la cima del McKinley è coperta da nuvole o nebbie, per cui non dobbiamo farci troppe aspettative in merito.

Lasciamo Talkeetna e la sua gente per riprendere la strada verso nord. Alla fine ci fermiamo a dormire in un campeggio, che non è un campeggio. A Trapper Creek c’è una stazione di servizio con il suo piccolo negozio, un prato con qualche tavolino da picnic. Mentre montiamo la tenda mi immagino la faccia dei nostri genitori al pensiero che dormiremo nel prato antistante alla stazione di servizio, ma in fondo cosa ci manca in questo posto? Niente… all’interno della stazione di servizio ci sono per fino le docce calde.. Più di così… Anche se vicino ad un Highway il traffico è pressoché inesistente e con l’arrivo del buio sembra fermarsi del tutto. Durante la notte sento un animale, muoversi fuori dalla tenda, lo sento mangiare l’erba, brucare e di tanto in tanto spostarsi. Non dovrebbe essere un orso, mi dico! Insomma, questa è la seconda notte che passo in tenda in Alaska e non mi sono ancora abituata all’idea che gli orsi scorazzino fuori come se niente fosse. Adesso però, mi trovo a ripensare a questi momenti con molta nostalgia. PARK HIGHWAY Riprendiamo il nostro viaggio verso nord: verso il Denali National Park. Il cielo non è ancora completamente sereno le nuvole vanno e vengono e ci sono buone speranze di vedere le montagne dell’Alaska Range e soprattutto la vetta del monte McKinley. Lungo la strada ci sono molti punti panoramici, in particolare due di questi consentono di ammirare, anche se da lontano, l’immensità di questa montagna e della catena di cui fa parte. Ci fermiamo a lungo, nel primo di questi due punti, ma ne è valsa la pena, perché le nubi si sono alzate e il McKinley si ergeva in tutta la sua maestosità dinnanzi a noi! Bellissimo! Riprendiamo così, appagati, la strada verso il Denali National Park. Mentre l’auto corre veloce sulla strada, di fianco a noi passano paesaggi unici: distese di foreste, fiumi, laghi e montagne a perdita d’occhio; un mondo che non finisce di affascinare ed incantare.

Prima di arrivare al Denali Nationl Park si incontra il Denali State Park che offre innumerevoli possibilità di fare trekking, canoa, e di esplorare un po’ di questo mondo selvaggio godendo delle splendide viste sul McKinley. Ci fermiamo spesso e volentieri anche noi ma il tempo passa e la nostra meta di oggi ci attende.

DENALI NATIONAL PARK Il Denali National Park è un enorme distesa di terra subartica con al centro, come già detto, la più alta montagna del nord America: il monte McKinley. Ma non sono solo gli splendidi paesaggi selvaggi, e va detto che non ci sono villaggi all’interno del parco, a fare grande questo parco ma anche le innumerevoli specie di animali che vivono al suo interno: marmotte, alci, caribù, volpi, aquile di mare testa bianca (Bald Eagle), Dall Sheep, grizzly ed orsi neri.

Ogni anno più di 400.000 visitatori si addentrano in questo parco e pensare che nel 1922 si registrarono ben 7 visitatori! In quegli anni soltanto i turisti più temerari e avventurosi si potevano permettere l’ardire di visitare il Denali National Park and Preserve, In tutta questa immensità esiste un’unica strada di 147 chilometri che attraversa il parco. Un po’ come dire: una goccia in mezzo al mare. La strada, costruita tra il 1922 ed il 1938, non è percorribile con auto private. Veramente esiste una sorta di lotteria per cui il fortunato vincitore di questa lotteria è autorizzato a percorre questa strada con la propria auto. Insomma una di queste soluzioni un po’ troppo americane. Per tutti quelli che non hanno partecipato alla lotteria o che vi hanno preso parte ma non sono stati estratti è possibile usufruire degli innumerevoli bus navetta che ogni giorno percorrono questa strada. Arrivati all’ingresso del Denali National Park ci ritroviamo in mezzo a tanti turisti e tanta confusione. Quasi non ne siamo più abituati. Macchine che cercano parcheggio, turisti che vagano e attraversano senza guardare, gente che non sa bene dove andare, insomma gente per tutti i gusti. Ci preoccupiamo di andare subito al Wilderness Access Centre. Nonostante fosse ovunque consigliato di prenotare in anticipo, sia il pernottamento che la visita al parco, noi non abbiamo fatto ne uno ne l’altro. Riusciamo a prenotare l’escursione, in bus nel parco per la giornata seguente e per la tenda nessun problema, ci sono ancora un bel po’ di posti liberi nel Riley Camp. Montata la nostra tenda in una piazzola che ci aggrada, in questo immenso campeggio, ce ne andiamo a piedi, fino al visitor centre del parco. Sembra una piccola città: c’è il campeggio, l’emporio, il centro visitatori, un ristorante (che però alla sera chiude piuttosto presto… mah..), la stazione ferroviaria, certo qui passa l’Alaska Railroad e perfino l’ufficio postale. Ma in Alaska ci sono uffici postali perfino nelle zone più remote, qualcuno in Italia dovrebbe prendere esempio invece di accentrare sempre in città! Un sistema di sentieri collega i vari servizi del parco evitando così ai turisti di camminare lungo la strada asfaltata dove il traffico è piuttosto intenso. Una volta cenato scegliamo di rientrare al campeggio passando per uno di questi sentieri, percorriamo prima il Meadow View Trail dove incontriamo qualche patito dello jogging serale, per poi finire sulla parte terminale del Roadside Trail e prendere il McKinley Station Trail per tornare al campeggio. Passeggiare con il silenzio e la pace della sera lungo questi sentieri è piuttosto piacevole, ogni tanto uno scoiattolino corre veloce da un albero all’altro. Ma le sorprese non sono finite…Poco lontano dal campeggio incontriamo sul sentiero, mamma alce con i suoi due piccoli. Rimaniamo ad osservarci, quasi a voler decidere chi di noi dovrà cedere il passo… ma poi mamma alce decide di lasciare il sentiero per entrare nel bosco seguita dai suoi piccoli. Le gambe dei piccoli certe volte sembrano non sostenerli e ricordano quelle di un burattino o delle renne di Babbo Natale. Il giorno seguente, con il dovuto anticipo, ci facciamo trovare alla fermata del bus alle 7.00. Abbiamo così modo di vedere le altre persone con cui divideremo questo viaggio. C’è un assortimento di gente e abbigliamenti da far sorridere. C’è per fino la signora che si porta il cuscino da casa e quella che per gran parte del viaggio ha lavorato ad una specie di uncinetto, o quella con il cappellino a visiera preso in prestito da un casinò di Las Vegas.

Il bus parte e l’autista, una donna, racconta un po’ del parco. In teoria questo sarebbe solo un trasporto passeggeri, una sorta di navetta. L’autobus fa una serie di fermate, volendo si può scendere e prendere i bus successivi, sia all’andata che al ritorno. Il problema è che i bus sono sempre pieni e il posto lo si ha riservato solo su quello che si è prenotato. Non è previsto il viaggio in piedi pertanto l’autobus ti fa salire solo se c’è posto a bordo. In ogni caso il bus effettua delle soste più lunghe in alcuni punti e si ferma, durante la strada, per avvistare o fotografare gli animali. Avremmo preferito poter visitare il parco per conto nostro, ma non abbiamo partecipato alla lotteria.. Quindi.. La giornata non è delle migliori, anzi… fa piuttosto freddo e il cielo è grigio. 147 chilometri sono tanti e il paesaggio cambia continuamente, foresta, tundra, prateria, ghiacciai. Il McKinley, non è visibile ovunque dal parco, ma solo da alcuni punti, a dover di cronaca l’entrata principale non è tra questi. Il Wonderl Lake, il punto di arrivo del bus, è chiamato così perché nelle sue acque si specchia il McKinley, evento piuttosto raro, un po’ perché per le solite nebbie che celano la punta e un po’ perché il tempo non è mai molto collaborativo! Il bus si ferma giusto il tempo per fare due passi sulle rive del lago e per fare uno spuntino per pranzo, è un peccato il posto meriterebbe una visita più approfondita.

Se il tempo ha un po’ guastato lo splendore dei paesaggi che abbiamo visto, ha per così dire, contribuito a rendere, da un punto di vista faunistico, unico questo viaggio. Non solo volpi, caribù, aquile ma finalmente anche qualche grizzly! Il Denali è uno dei parchi che conta il maggior numero di grizzly sul suo territorio. Fisicamente sono leggermente meno grossi dei loro parenti che vivono sulla costa, e questo sembra che sia dovuto alla diversa alimentazione. Quelli sulla costa si fanno delle vere e proprie mangiate di salmone e altro pesce, mentre questi in prevalenza mangiano piccoli mammiferi e vegetali.

Ma torniamo al nostro primo grizzly… lo abbiamo visto da lontano, il bus si è fermato, la gente ha tirato fuori macchine fotografiche e binocoli. Piano piano si è fatto meno lontano. Un cespuglio attira la sua attenzione, ci gira intorno, ci infila il muso dentro, rovista con la zampa e poi inizia a saltarci sopra. È un’enorme orso grizzly marrone, il cespuglio si schiaccia, un piccolo scoiattolo di terra terrorizzato, schizza letteralmente da quel cespuglio ad un altro. L’orso lo vede e lo insegue. Un altro cespuglio, lo stesso scoiattolino da stanare, la dura legge della natura. L’orso lo cerca, rovista ma lo scoiattolo è ancora un volta più veloce e senza essere visto come un missile scappa correndo lontano dal cespuglio. Il grizzly non se ne accorge, lo cerca ma non lo trova. Rovista nel cespuglio, si alza dritto su due zampe, ci gira intorno, ma la sua preda è scappata. Alla fine, sconsolato, riprende la sua strada. Le sue zampe, il suo muso, il suo muoversi, il suo essere cacciatore, il suo mondo! Solamente per questi istanti per questi momenti è valso il viaggio fin qui.

Incontreremo altri grizzly, due cuccioli che si rincorrono e un orso solitario che passeggia.

Tutto il viaggio, A/R dura circa 11 ore, per la maggior parte passate su questo bus che non si può proprio definire confortevole considerato poi che la strada è tutta sterrata.

Oltre a Wonder Lake e a qualche sosta ‘tecnica’, sono previste soste al Polychrome Overlook, da dove si gode di una bella vista sulla valle e sulle montagne e se si ha un po’ di fortuna si possono vedere le capre delle montagne rocciose pascolare sulle pendici delle montagne aldilà della valle; e nei pressi del Tiklat River dove c’è anche un piccolo visitor centre con un po’ di trofei e pelli esposte.

E così un altro giorno si è concluso.

Oggi avremmo voluto percorrere il Mt Healy Overlook Trail, ma purtroppo, all’ufficio informazioni del parco ci hanno detto che il sentiero è chiuso a causa di alcuni problemi con un orso che staziona da quelle parti. Alla nostra domanda se esistesse un altro sentiero simile il ranger ci ha risposto che non ce n’erano altri, ma che avremmo potuto scegliere un’altra vetta e farci un percorso da soli. Sono rimasta un tantino perplessa… se non posso percorrere un sentiero segnato perché ci sono problemi con un orso, cosa gli fa pensare che il percorso che mi invento non passi proprio sui piedi di un altro orso? Per il momento decidiamo di abbandonare il proposito di fare i piccoli esploratori e di riprendere così il nostro viaggio verso lo Yukon canadese. DENALI HIGHWAY La Denali Highway è una strada sterrata, lunga 216 chilometri che collega Cantwell Junction sulla Parks Highway a Paxson sulla Richardson Highway. Ci permette così di spostarci da ovest ad est in mezzo a splendide catene di montagne che offrono spettacolari panorami: l’Alaska Range, le Talkeetna Mountains e le Wrangell Mountains. Un opuscolo, distribuito gratuitamente all’imbocco della strada ne descrive i punti di interesse. La parte più spettacolare della strada, è sicuramente quella più ad est, le vedute sull’Alaska Range sono uniche, vuoi perché il tempo in questa zona sembra essere migliore, vuoi perché questi paesaggi selvaggi ci incantano e ci affascinano. I ghiacciai, dell’Alaska Range, il Susina, o il West Fork, le vette del McGinnis (3420 m) del Moffit (3906 m) del monte Hayes (4150 m) e altri ancora vengono immortalati dalle nostre macchine fotografiche. E nelle giornate veramente serene si riesce a vedere anche le Wrangell Mountains.

Percorrendo questa strada incontriamo pochissime auto, nessun motorhome, ma questo era prevedibile, le strade sterrate dell’Alaska non sono pane per i denti, o meglio per le ruote, di queste enormi case vaganti. Ci fermiamo per pranzo in un area attrezzata, in perfetta solitudine, in mezzo ad un enorme distesa verde di prati che, con il vento e l’azzurro del cielo mi ricordano tanto la campagna toscana. Ci sono sentieri e piste che partono dalla strada principale, peccato non conoscere la zona, peccato non avere altre informazioni, chissà in che remoti e affascinanti luoghi conducono queste piste. Il fascino del selvaggio, del remoto colpisce anche noi. Quello che da sempre ci ha affascinato e che non smette di stupirci di questa terra sono tutti questi spazi aperti, lontani, immensi e pensare che in un certo senso sono irraggiungibili, inavvicinabili. Il sentirsi piccoli di fronte a tanta grandezza.

A circa 25 km da Paxson si attraversa un’area chiamata Tangle Lakes Archaeological District. In questa zona sono state trovate molte testimonianze che dimostrano che più di 10.000 anni fa questa zona era abitata.

Arrivati sulla Richardson Highway la prendiamo in direzione nord. Per molto tempo l’enorme serpentone del pipeline ci tiene compagnia. Si tratta del Trans-Alaska Pipeline Terminal, un oleodotto che attraversa tutto il paese da nord a sud, da Prudhoe Bay a Valdez trasportando circa un milione di barili di greggio al giorno, coprendo così il 15% del fabbisogno degli Stati Uniti. Fu costruito nel 1975. Lungo la strada ci sono perfino dei punti di interesse dove una serie di pannelli descrive questo esempio di modernità come se fosse un monumento. Beh certo… un monumento al progresso e allo sfruttamento delle risorse terrene.

Dal 2001 è considerato un obiettivo sensibile per il terrorismo, infatti, fino ad allora era possibile visitare la parte finale di questo oleodotto a Valdez, da quella tragica data non sono più ammessi visitatori. Nel 1978 non lontano da Fairbanks qualcuno, con dell’esplosivo, causò un danno che fece uscire dall’oleodotto circa 670.000 galloni di greggio. Nel 2001 un alcolizzato gli sparo contro con un fucile causando la fuoriuscita di altro greggio. A Valdez, nel 1989 un incidente causò un vero e proprio disastro ambientale. 11 milioni di galloni di greggio si riversarono nelle acque del Prince Willam Sound, danneggiando 2240 km di costa, uccidendo uccelli marini, otarie, lontre di mare, aquile di mare e milioni di salmoni e pesci. Un bel disastro ecologico!!! DELTA JUNCTION La nostra tappa di oggi finisce a Delta Junction, dove troviamo un supermercato che vende le fette biscottate per colazione, proprio come quelle che si vendono in Italia! Evviva! Non dobbiamo più spalmare la marmellata su questa sottospecie di pane sintetico! Al supermercato veniamo fermati da un signore di origine est Europea. Sentendoci parlare ha riconosciuto la nostra provenienza Europea. Ci racconta, in un inglese stentato quasi come il nostro, che sono anni che vive in Alaska con la moglie. Delta Junction, come tante altre cittadine in Alaska e nel vicino Yukon deve la sua ‘nascita’, all’inizio del 1900, alla corsa all’oro. Nel 1923 furono reintrodotti 23 bisonti provenienti dal Montana. Gli ultimi bisonti, per così dire, indigeni, morirono circa 500 anni prima. Attualmente si contano circa 500 animali nella zona; per questo motivo Delta Junction è anche conosciuta come Buffalo Centre.

ALASKA HIGHWAY Oggi ci aspetta un bel po’ di strada da percorrere. Attraverseremo il confine con il Canada ed entreremo così nello Yukon spostando avanti l’orologio di un’ora.

Prendiamo subito la Alaska Highway: l’unica strada asfaltata che collega l’Alaska con il Canada, da Delta Junction a Watson Lake: 2450 chilometri di strada asfaltata. Venne costruita nel 1942 in soli otto mesi sfidando non solo le difficoltà dell’epoca nel realizzare un impresa del genere ma soprattutto le difficili condizioni climatiche del posto. Vi lavorarono migliaia di militare americani e canadesi ed anche molti nativi. A differenza di altre strade in America l’Alaska Highway non è il solito rettilineo. Sono state fatte molte ipotesi sul perché ci siano così tante curve, c’è chi dice che le curve servivano per impedire ai piloti giapponesi di utilizzare la strada come pista di atterraggio, in fondo la seconda guerra mondiale era in corso, oppure chi sostiene che gli stretti tempi per la costruzione impedirono la valutazione e la scelta di percorsi migliori. Anche la scelta del nome non fu cosa facile, ora il suo nome è Alaska Highway ma per molti rimane Alcan, abbreviazione di Alaska-Canadian Highway.

La strada non è particolarmente trafficata, ci eravamo immaginati un traffico molto più intenso. Incontriamo qualche motorhome, parecchi camion e alcune auto. La strada è tutta asfaltata anche se il manto stradale non è dei migliori e in alcuni punti, a causa dei lavori, alcuni tratti sono sterrati. Questi, purtroppo, sono gli effetti del gelo e disgelo e di quello che viene chiamato permafrost, tipico di queste zone.

YUKON (CANADA) Passare il confine con il Canada non ci ha creato nessun problema. Un doganiere donna ci da il benvenuto nello Yukon e ci augura buon viaggio.

Di tanto in tanto ci fermiamo ad ammirare qualche paesaggio, a fotografare qualche lago, qualche animale, a goderci questi paesaggi e questa immensità.

Per questioni di tempo la nostra visita dello Yukon si limiterà a ben poco, giusto il Kluane National Park. Ma questa immensa regione, grossa circa un terzo dell’Alaska merita di essere conosciuta più a fondo.. Sarà per un’altra volta. Non è soltanto un’arida tundra artica, come si è soliti pensare quando si immagina l’estremo nord di questo contienitene, ma è una terra ricca di montagne, foreste e tanta fauna. Insieme ai Territori del Nord-Ovest, avendo entrambi una bassa densità di popolazione, in parlamento non hanno una piena legittimità come gli altri stati canadesi. La regione vive oltre che di turismo, in prevalenza grazie alle miniere di oro, piombo e zinco. Il Klondaike con tutto quello che ha rappresentato per la corsa all’oro qui è una realtà. Non solo per l’architettura di alcuni edifici ma anche per i musei e quanto ancora resta a ricordo di un epoca ormai lontana.

La capitale dello Yukon è Whitehorse, che però noi non visiteremo.

Tanto per curiosità nel mese di febbraio ha luogo la Yukon Quest International Sleg Dog Race, un’altra gara di slitte trainate dai cani che si dice sia una delle più dure ed impegnative. Si percorrono circa 1.600 km in una quindicina di giorni su un percorso che porta da Whitehorse (Yukon) a Fairbanks (Alaska). HAINES JUNCTION (CANADA) La strada costeggia, per molto, l’immenso Lake Kluane, il lago più vasto dello Yukon. Se devo essere sincera, mi aspettavo non solo molto più traffico su questa strada ma anche molti più servizi, invece è in perfetta sintonia con il resto dei due paesi: chilometri e chilometri di nulla. La prima cittadina che incontriamo e Haines Junction, dove decidiamo di fermarsi per la notte. La piccola cittadina è anche un’ottima base per visitare il vicino Kluane National Park, che però visiteremo al ritorno.

Con la costruzione dell’Alaska Highway, nel 1942 ha inizio, per così dire, la storia moderna di Haines Junction, posta lungo questa strada. Negli anni successivi al 1942, venne costruita la strada lungo il Chilkat Pass consentendo così di collegare Haines (AK) ad Haines Junction su quello che era conosciuto come il Dalton Trail ossia un percorso che un certo Jack Dalton, nel 1897, aveva tracciato basandosi su antichi percorsi indiani per collegare Haines ai giacimenti di oro del Klondike. Originariamente, prima della costruzione della strada che decretò quindi la nascita ufficiale di Haines Junction, vi era un insediamento indiano conosciuto con il nome di Dakwakada. Un opuscolo, distribuito gratuitamente, ripercorre un po’ la storia degli edifici presenti in città consigliando un piacevole itinerario a piedi. Il giorno dopo prendiamo la strada in direzione di Haines. Ma subito facciamo una prima sosta al Kathleen Lake. È un lago di origine glaciale contornato dalle montagne. Il punto più alto della strada è il Chilkat Pass, è quasi strano il paesaggio che abbiamo intorno, cambia continuamente ed in fretta. Gli alberi hanno lasciato spazio a questo straordinario paesaggio montano. La strada non è per niente trafficata, e più di una volta, percorrendo queste strade principali quasi deserte ci siamo chiesti dove fossero gli altri turisti dove fosse tutta la gente descritta su guide e opuscoli. Ma tutto sommato.. Meglio così.. Man mano che la strada, dal colle scendo verso Haines le montagne si colorano del verde degli alberi e del bianco dei ghiacciai, questa è una zona molto ricca di ghiacciai e quello che si può vedere percorrendo questa strada è solo la minima parte di quello che questa zona ha da offrire, basti ricordare il non troppo lontano Glacier National Park, un’immensa distesa di ghiaccio.

HAINES Andando verso Haines si incontra la Bald Eagle Preserve è stata fondata nel giugno del 1982 con lo scopo di proteggere la più grossa concentrazione di aquile di mare testa bianca (Bald Eagle) ed il delicato ecosistema del loro habitat. La riserva è formata da circa 48.000 acri di terreno attorno ai fiumi Chilklat, Kleheni e Tsirku. In questa zona vi è la maggior concentrazione di aquile in particolare durante il tardo autunno e in inverno quando c’è anche una significativa concentrazione di salmoni. Com’è noto i salmoni iniziano d’estate, a risalire i fiumi per deporre, le femmine, e fecondare, i maschi, le uova. La loro corsa continua fino all’inizio dell’inverno. Dopo tutta questa fatica i salmoni muoiono diventando così cibo per le aquile. La combinazione di spazi aperti tipica di questa zona e quest’abbondanza di pesce fa si che vi sia, ad Haines, un’altissima concentrazione di aquile tale da fare unica quest’area. Tra il 28esimo ed il 33esimo chilometro della Haines Highway è possibile vedere questo delicato ambiente. Haines è una tranquilla cittadina situata al fondo di uno dei più lunghi fiordi del nord America. È un posto piacevole, particolare. Haines è circondata dalle montagne e dal mare, alcune di queste montagne sono ricoperte da ghiacciai che arrivano a perdersi nelle acque del mare. I primi, a parte i nativi Tlingit, ad insediarsi nella zona furono una coppia di missionari accompagnati da un naturalista nel 1879 dando così inizio alla storia di questo paese. Nel 1902 venne insediato il primo avamposto militare permanente dell’Alaska: “Fort William H. Steward” dove ora vi è un centro di arte indiana.

Prima di arrivare da Haines si incontra il bivio per il vicino villaggio di Klukwan. Questo posto, ricco di fascino e di storia, conserva ancora molti ricordi del passato è tiene viva la cultura degli indiani. Dopo un rapido giro della città andiamo a vedere la zona del lago Chilkoot dove c’è anche un campeggio. Nel centro di Haines ci sono due campeggii, uno solo per i motorhome e l’altro anche per le tende, ma ci siamo abituati un po’ troppo bene ad avere il nostro spazio e la nostra quiete che questo campeggio, un po’ troppo simile ai nostri, con la gente quasi ammassata uno sull’altro, non ci ha convinto per niente. La zona del lago Chilkoot è affollatissima. Il fiume che esce dal lago è un susseguirsi di pescatori. Mi sa tanto che ci sono più pescatori che salmoni lungo le rive di questo fiume. Mentre ci avviamo per tornare indietro dalla bordo della strada spunta un orso bruno, ma subito, disturbato da tutte le auto, fugge nel bosco. Scegliamo invece il campeggio del Chilkat State Park. È un po’ fuori mano e proprio per questo ci colpisce. Immerso completamente nel verde e nel bosco è un angolo di pace e di silenzio. C’è pochissima gente, c’è da dire che per arrivarci bisogna percorrere una strada sterrata con una ripida discesa.. I motorhome non se la possono permettere!!! Il parco si affaccia sulle acque del fiordo, ci sono bellissime vedute sul fiordo e sul Davidson e Rainbow Glacier. Alcuni avvisi invitano a prestare particolare attenzione perché in zona girano alcuni orsi. Sebbene mi sono già abituata a questo genere di avviso, al calar del buio, quando da sola ho dovuto percorrere un centinaio di metri per andare in bagno.. Beh… al minimo rumore aguzzavo la vista. Si sa mai… Per il giorno seguente avevamo scelto il Mount Ripinsky, una bella camminata che ci portava in punta ad una delle montagne che sovrastano Haines da cui si sarebbe potuto godere di una splendida vista sulle montagne circostanti, sui canali e si sarebbe perfino visto Skagway; così recitava la guida. Ma appena svegli, ci accorgiamo che le nebbie sono basse e gran parte del monte Ripinsky se ne sta nascosto nella nebbia. Così ripieghiamo sul Mount Riley Trail, una tranquilla passeggiata che ci porta sulla punta del monte Riley, le cui viste, dalla sommità sono comunque molto belle. Certo le punte delle montagne sono nascoste dalle nebbie ma nel complesso il panorama non è niente male. Per gran parte del tempo il sentiero attraversa una fitta foresta. Ci sono alberi altissimi e piante che sembrano arrivare da una foresta tropicale con enormi foglie verdi. Quasi in vetta il paesaggio cambia, gli alberi e la foresta fanno posto a bassi arbusti. Seduti su un masso ci godiamo il nostro pranzo.

Prima di lasciare definitivamente questo posto ci fermiamo all’American Bald Eagle Fondation. Ci accoglie il fondatore, un gentile signore che ci racconta un po’ di questo museo, del filmato che proiettano e delle tante aquile che arrivano in questa zona in inverno. Il filmato è interessante, e ci permette di scoprire che a Juneau esiste un centro per il recupero di questi animali, le riprese autunnali di Haines con milioni di aquile ci fanno invidiare tutti coloro che, in autunno, avranno la fortuna di vedere tutti questi animali. Oltre al filmato, il museo è ricco di animali imbalsamati. Sono sistemati in maniera da formare delle splendide scene reali, qualcosa di unico nel suo genere. Lasciata la Bald Eagle Fondation riprendiamo la strada per il Canada, il nostro obiettivo è nuovamente Haines Junction.

Lungo la strada, quasi in prossimità del Chilkat Pass incontriamo una volpe che corre lungo la strada. La sorpassiamo e ci fermiamo per fotografarla, pensando che lei avrebbe deviato il suo percorso verso l’interno abbandonando così il bordo della strada. Invece niente, passa di fianco alla nostra auto e ci supera. Ci spostiamo avanti un altro po’ e lei nuovamente ci supera. Andiamo avanti così per un bel po’ di tempo, io sarei quasi intenzionata a salutarla e ad andarmene ma Marco è curioso di capire perché continua a correre lungo la strada nonostante la nostra presenza. Beh.. Mentre stavamo aspettando che per l’ennesima volta superasse la nostra auto, improvvisamente si avventa su un povero sventurato scoiattolo di terra che passava di li. Ed ecco spiegato il mistero.. Stava cercando merenda! Spesso questi piccoli mammiferi si trovano lungo la strada e nonostante il traffico sia molto scarso riescono lo stesso a farsi investire questo qua invece di farsi investire si è fatto sorprendere dalla volpe.

Lasciata la volpe alla sua merenda riprendiamo la nostra strada, ma non per molto. Poco lontano un girifalco sta banchettando con uno altro povero scoiattolo di terra. Giornata nera per questa specie! È un esemplare di girifalco giovane, il suo piumaggio è ancora in parte marrone con qualche spruzzatina di bianco. È un rapace piuttosto raro. Una volta rientrati a casa, Marco ha contattato il Wildlife Service in Alaska per avere conferma della specie dell’esemplare che abbiamo visto e fotografato. Ci ha risposto un falconiere molto gentile che non solo ci ha ringraziato per la segnalazione dell’avvistamento ma ci ha anche fornito qualche utile informazione e ci ha inviato una foto dell’esemplare adulto, uno splendido rapace dal piumaggio bianco! Per la notte ci fermiamo al medesimo campeggio di Haines Junction, forse l’unico campeggio. Qualche piazzola più in la della nostra una famiglia di Amish in vacanza con la roulotte ed un pikup. Ma non andavano solo in calesse questi? I loro abiti parlano di altri tempi. Gli abiti neri delle donne messi a confronto con i miei pantaloni rossi e neri ed il mio pile sembrano appartenere ad ere differenti. Gli uomini poi, con le loro barbe e i loro pantaloni neri con le bretelle mi sembrano usciti dal set di “Witness il testimone”. Alla sera si sono ritirati presto nella loro roulotte ma al mattino hanno iniziato a far casino con le loro pentole molto molto presto. KLUANE NATIONAL PARK (YUKON) L’ONU, ha dichiarato il Kluane National Park fondato nel 1943, patrimonio dell’umanità. È un’immensa area selvaggia (circa 22.000 kmq) in parte inaccessibile che insieme al confinante Wrangell-St-Elias National Park dell’Alaska formano una delle più vaste aree protette del continente nord Americano. All’interno del parco si possono vedere i campi di ghiaccio non polari più grandi al mondo, risalenti alla prima era glaciale. Ma anche se in prevalenza il parco è ricoperto di ghiacci, ci sono anche montagne, vallate, laghi alpini, foreste e distese di prateria e tundra e tanta tanta fauna selvatica. Alci, capre di Dall (Dall Sheep), capre delle montagne rocciose (mountain goat), orsi, lupi, falchi pellegrini, aquile di mare sono solo degli esempi della fauna che popola questo immenso parco.

Il suo nome, Kluane, nel linguaggio Tutchone significa ‘molti pesci’. Oggi i nativi Tutchone cercano di mantenere vive le proprie tradizioni e di preservare la propria cultura.

Le montagne che formano questo parco e che sono visibili lungo il suo confine appartengono alle St Elias Mountains ed al Kluane Range e vantano picchi con elevazione media di 2500 metri. Al suo interno si trovano le imponenti vette dell’Icefield Range, dove svettano il monte Logan (5950 m), la più alta montagna del Canada ed il monte St. Elias (5488 m) la seconda montagna del Canada.

Abbiamo scelto di percorre il Sheep Creek Trail. La scelta non è stata difficile, non c’era molta altra scelta! Ci sono alcuni altri sentieri ma sono percorribili in più giorni. Passiamo al Sheep Mountain Information Centre dalla cui balconata si possono osservare le Dall Sheep che pascolano sulla montagna di fronte. Alcuni cannocchiali messi a disposizione del parco agevolano la vista di questi animali. Il sentiero inizia subito bene con l’incoraggiare il povero turista!All’inizio del sentiero è posta una bella lapide in memoria di una sventurata ragazza che 11 anni prima è morta a causa di un incontro con un giovane orso grizzly. Faccio un rapido conto eh.. Ops.. Quest’orso potrebbe essere ancora vivo! Ci incamminiamo lungo il sentiero, incontriamo qualche scoiattolino, qualche uccellino e per fortuna nessun grizzly affamato. Dapprima il sentiero passa nel fitto del bosco per poi uscire allo scoperto nel vallone offrendo fantastici panorami della zona e del Kaskawulsh Glacier. Ad un certo punto come spesso succede con questi sentieri americani, il sentiero finisce e si è arrivati a destinazione. In questo caso siamo arrivati su uno dei tanti promontori in mezzo a questa valle. Potremmo decidere di proseguire e di salire su una delle vicine montagne ma questo significherebbe avventurarsi fuori dal sentiero cosa che non si sa mai bene se gradiscono o meno che venga fatto. Va beh.. Intanto ci accontentiamo della gita, pranziamo e facciamo ritorno alla macchina, in fondo abbiamo davanti a noi molti chilometri di strada per raggiungere Tok, nuovamente in Alaska.

TOK È la prima cittadina che si incontra dopo aver oltrepassato il confine con il Canada, a 147 km dal confine. Per la cena scegliamo un ristorante molto animato e pieno di gente, ma tutta la cittadina ci pare più animata ed affollata di altri posti. La storia di Tok inizia con la costruzione della strada nel 1942, originariamente si chiamava Tokyo Camp, ma i successivi eventi storici e i sentimenti poco amichevoli di alcuni abitanti nei confronti del Giappone tramutarono il nome del paese in Tok. E così è spiegato l’origine di questo curioso nome che, per alcuni versi, poteva ingannare e ricordare un nome di origine indiana.

WRANGELL S. ELIAS NATIONAL PARK – NABESNA ROAD Il Wrangell St-Elias National Park and National Preserve con i suoi 13mila acri di terra selvaggia insieme al confinante Kluane National Park dello Yukon Canadese forma una grande area protetta dove si ergono aspre montagne, le cui vette spesso superano abbondantemente i 4000 mila metri di altezza, ampie distese di ghiaccio, laghi, foreste e grandi spazi incontaminati. Il parco venne istituito nel 1980 e ancor oggi, due sole strade si addentrano nell’infinto spazio di questo parco: una è la McCarthy Road e l’altra è la Nabesna Road. Entrambe sterrate, entrambe lontano dal mondo reale, con le sue comodità e le sue orde di turisti.

Sebbene questo parco sia di straordinaria bellezza, al pari di altri parchi dell’Alaska avendo poche strutture ed infrastrutture per il turismo è un vero e proprio paradiso per chi decide di visitarlo. Non ci sono, infatti, gli affollamenti di turisti che si possono incontrare al Denali. Percorriamo un pezzo della Nasbena Road. La strada è lunga 73 km ma in alcuni tratti vi sono dei guadi transitabili solo con un mezzo fuori strada, in ogni caso la parte terminale della strada, la Nasbena Gold Mine è sita su una proprietà privata. La strada offre splendide viste sulle montagne e sulla vastità di questi posti.

Il monte Wrangell, da cui prende il nome il parco, è il più largo vulcano attivo in Alaska. Lasciata la Nasbena Road riprendiamo la strada asfaltata in direzione di Valdez, poco prima di giungere a Valdez attraversiamo il Thomson Pass. Questa strada, non proprio nelle condizioni in cui la vediamo ora, venne aperta tra la fine dell’estate e l’autunno del 1898 passando attraverso al Keystone Canyon e al Thompson Pass. L’anno successivo le autorità militari adottarono questa percorso come nuova strada militare per arrivare ad Eagle. VALDEZ Valdez è una tranquilla cittadina che si affaccia sulle acque del Prince William Sound situata 40 km ad est del Columbia Glacier uno dei più visitati ghiacciai dell’Alaska, qui termina anche l’oleodotto che attraversa tutto il paese da nord a sud. Anche la storia di Valdez è legata alla corsa dell’oro, nasce infatti in quegli anni quando circa 4000 cercatori d’oro attraversarono la zona diretti nel Klondike. Prima dell’arrivo dei primi esploratori nel 1778, questi territori erano la dimora degli esquimesi Chugach, mentre a nord c’erano le popolazioni degli Ahtna. Entrambe queste popolazioni utilizzavano le zone intorno a Valdez per pescare, cacciare e per commerciare con il rame e le pelli.

La Valdez di oggi però si trova 6 km più ad est rispetto all’insediamento originale; nel 1964 un terribile terremoto rase la cittadina al suolo, che venne ricostruita esattamente dove si trova oggi. Questo fu uno dei maggiori terremoti, sia per durata che per intensità, che si registrò in nord America. Non solo Valdez fu distrutta da questo terremoto, ma questo causo anche un forte tsunami che venne sentito non solo sulle coste dell’Alaska (Anchorage inclusa) ma anche su quelle del Canada fino al Washington State.

Valdez ha un’architettura tipica da far-west, un porticciolo con una piacevole passeggiata in legno che gli conferisce un non so ché di poetico e piacevole. Gli incantevoli scenari in cui si colloca rendono piacevole il soggiorno in questa città. Peccato per il tempo che non è stato molto collaborativo.

Ho letto su un opuscolo che è possibile visitare un vecchio cimitero utilizzato durante l’epoca della corsa all’oro (trai l 1898 e il 1917), le foto che accompagnavano la descrizione mi incuriosiscono, così decidiamo di cercarlo. Sull’opuscolo sono riportate delle istruzioni per raggiungerlo, molto particolareggiate. Senza di questa indicazioni non ci saremo mai arrivati perché non vi è alcuna segnaletica ed è raggiungile percorrendo una strada sterrata poco fuori di Valdez. Poco prima del cimitero c’è un area picnic. L’area ha sicuramente visto tempi migliori e il cimitero è stato dimenticato: ci sono le erbacce, così come l’area picnic. Peccato perché gli avevano fatto un bel vialetto e un cancelletto per entrare. Sparsi ovunque, sugli alberi, avvisi recenti informano di fare molta attenzione agli orsi che stazionano nella zona. Mentre Marco fotografa due aquile di mare su un albero io prendo la macchina fotografica e mi avvio a visitare questo posto che un po’ mi inquieta. Fatto sta che non so se per suggestione o per davvero, mentre passeggio tra quello che resta di queste lapidi sento dei rumori nel fitto del bosco e non sono scoiattolini perché non farebbero così tanto rumore. Poiché il coraggio non è il mio mestiere, onde evitare spiacevoli incontri con orsi o fantasmi me la sono filata e anche molto in fretta. Così è finita la mia esplorazione di questo vecchio cimitero.

Abbiamo scelto uno dei due campeggi privati, in città, ed è stata una piacevole sorpresa, non tanto per l’ubicazione e la sistemazione che ricordava un po’ troppo i nostri campeggi affollati ma per la gente che vi abbiamo trovato e la loro grande ospitalità. Arriviamo che è quasi l’ora di cena. Terminate le registrazioni la signora della reception ci chiede se abbiamo con noi dei piatti. La domanda ci pare alquanto strana ma si affretta a spiegarci che stanno facendo una festa nel campeggio, con il salmone fresco cotto alla griglia e altre cose che hanno preparato alcune signore del campeggio, ma occorre portarsi il piatto e le posate. Rimaniamo un po’ spiazzati ma la signora insiste, non ci lascia nemmeno andare a montare la tenda ma ci spedisce subito a cenare. Il pesce era ottimo, squisito, azzarderei a dire il migliore che abbiamo mangiato. Due tizi puliscono il pesce e altri due lo cuociono. Ci sono tanti tavolini e altre cose da mangiare, come insalate di patate, pasta e snack vari. Conosciamo una gentile signora del sud degli Stati Uniti che ha la pazienza e la volontà di fare conversazione con noi, visto che il nostro inglese non è proprio fluente. Scopriamo così che lei e il marito, come tante altre coppie di una certa età che vediamo in giro, non sono proprio per così dire in vacanza. Una volta raggiunta la pensione, comperano uno di questi microscopici motorhome, chiudono casa e se ne vanno in giro tutto l’anno. Qualche settimana qui o qualche mese là e girano per tutto il nord America. Che invidia! PRINCE WILLIAM SOUND Il Prince William Sound è un area di mare e di circa 3.880 km di costa dove ci sono fiordi, isole e ghiacciai, tra cui il famoso Columbia Glacier. Le acque del Prince William Sound sono molto profonde e ricche di vegetazione e fauna: mammiferi marini, uccelli marini e pesci. Fu chiamato così, nel 1778, dal famoso esploratore James Cook, che passò anche da questa parti! Nel mondo intero si contano 429 statue in onore di questo grande esploratore e una di queste si trova anche ad Anchorage. Purtroppo morì qualche anno dopo alle Hawaii, ucciso dagli indigeni.

Il mezzo migliore per visitare questa zona è la nave. Così anche noi abbiamo partecipato ad una di quelle crociere che si organizzano in questa zona. Partono da Valdez, da Whitter o da Seward e tutte prevedono la visita al Columbia Glacier. Oltre agli splendidi panorami che la zona offre, fiordi, baie, isole e ghiacciai si possono incontrare balene, orche, leoni marini, foche, lontre di mare e tanti uccelli marini come cormorani, pulcinelle di mare e le immancabili aquile di mare. Purtroppo per noi la giornata, da un punto di vista meteorologico non è stata un granché ma dal punto di vista faunistico invece è stata veramente molto proficua. Le lontre di mare ci hanno deliziato della loro presenza con i loro faccini bianchi e il loro galleggiare tranquillo a dorso. Foche e leoni di mare stesi i primi sugli iceberg di ghiaccio i secondi sulle rocce a godersi la giornata. Un orso solitario che passeggia lungo una spiaggia, e ancora la pinna di una balena che velocemente scompare nell’acqua ed il volo delle pulcinelle di mare sono solo un esempio di quello che ci ha riservato quest’escursione. Una volta lasciato il Valdez Arm la nave entra nella Columbia Bay e anche se il Columbia Glacier non è proprio dietro l’angolo i suoi iceberg che galleggiano lungo la baia si iniziano a vedere da molto lontano. Una lunga scia di blocchi di ghiaccio che esce dalla baia per andare a perdersi nell’oceano. Con la nave si arriva a ridosso del ghiacciaio e si rimane impressionati dall’azzurro di alcuni iceberg. Il Columbia Glacier, come purtroppo la stragrande maggioranza dei ghiacciai che ci sono a questo mondo, per effetto del surriscaldamento del globo sta drasticamente retrocedendo.

Lasciato il Columbia Bay si passa vicino alla Glacier Island per arrivare poi in un’altra baia e trovarsi davanti al Meares Glacier, un muro di ghiaccio che ogni tanto lascia cadere blocchi di ghiaccio in mare. Vicino al ghiacciaio fa parecchio freddo ma alcune lontre di mare nuotano felici nelle sue acque e poco lontano due temerari in kayak si avvicinano al ghiacciaio.

Si pranza e si cena sulla nave e si ritorna a Valdez verso sera. A salutare la fine della nostra crociera un maschio di lontra di mare sta cenando nel porto. Ogni tanto si immerge e riesce con alcune cozze che con l’aiuto delle zampette e dei denti rompe, ne mangia l’interno e ributta in mare il guscio. Va avanti un po’, poi a cena ultimata inizia le operazioni di pulizia. Lo lasciamo che si rilassa galleggiando tranquillo nelle acque del porto.

Purtroppo questa sera la solita quiete del campeggio è stata disturbata da tre turisti tedeschi che dopo aver scolato una quantità imprecisata di bottiglie di vino e birra hanno conversato ed urlato finché finalmente non sono crollati e sono andati a dormire. Ma perché capperi la gente quando va in giro deve sempre farsi riconoscere? Comunque, tanto per curiosità, pare che vi sia un regolamento che nei campeggi vieti il consumo di alcol. Tra l’altro lungo le strade abbiamo spesso visto dei cartelli che invitavano a non bere prima di guidare e sotto ciascuno di questi cartelli un altro cartello con su scritto ‘In memoria di …’. A quanto pare in Alaska questo è un bel problema.. Ma non solo li.

WORTHINGTON GLACIER Lasciamo Valdez per dirigersi nuovamente verso il Wrangell S. Elias National Park. Lungo la strada ci fermiamo a fotografare le Horsetail Falls, delle cascate che in inverno gelano e fanno la felicità degli ice-climber. Il Thompson Pass è completamente immerso nella nebbia e la visibilità è molto scarsa fortunatamente, poco più avanti, nei pressi del Worthington Glacier State Recreation Area la situazione è decisamente migliore anche se la giornata è molto fredda. Il Worthington Glacier è un altro ghiacciaio facilmente accessibile. Lasciata l’auto nel parcheggio un brevissimo sentiero porta alla base dello stesso. Il Worthington Glacier Ridge Trail inizia anch’esso dal parcheggio e costeggia tutto il ghiacciaio fino a raggiungere la distesa ghiacciata che sovrasta il sentiero. In alcuni tratti occorre usare un po’ di attenzione perché il sentiero è piuttosto franoso ma nulla di che. wrangell s. ELIAS NATIONAL PARK – KENNICOTT & MCCARTHY Chitina è l’ultimo paese che si incontra prima di imboccare la McCharthy Road, 149 km di sterrato percorribili non solo dai fuoristrada ma anche dalle comuni auto, da piccoli pulmini, moto o dalle mountain bike. Gli enormi motorhome americani non percorrono questa strada: in alcuni punti è troppo stretta per le esagerate dimensioni di questi mezzi. Andare a Kennicott e McCarthy è un po’ come fare un salto in un passato, neanche tanto lontano, ma in un mondo che si è fermato. Si percorre, quasi in assoluta solitudine la McCarty Road, ogni tanto si incontra qualche auto, si vedono spettacolari vedute delle Chugach Mountains, valli infinite e ampi spazi aperti. Il Kuskulana River Bridge, un ponte sospeso su una vertiginosa gorgia che da un pizzico di adrenalina al viaggio. Benché messo in sicurezza la sua altezza e davvero impressionante. La strada finisce al ponte sul fiume McCarthy. Il ponte è solamente pedonale per cui le due cittadine non sono raggiungibili con un auto. L’attuale ponte è stato costruito nel 1996 per sostituire un lento sistema di traghetto manuale che era stato adottato a seguito dell’ennesima alluvione che aveva distrutto il ponte sul fiume nel 1981. Così tutte le auto sono lasciate aldiquà del ponte. Dall’altra parte, un servizio di bus navetta, a pagamento, collega le due città ed il ponte pedonale. Al di qua del ponte, ad accogliervi ci sono alcuni parcheggi, due campeggi, l’ufficio informazioni che fornisce parecchi opuscoli sulla zona ed un lodge e se non piove, tanta polvere! Il primo pensiero che ci è passato per la testa, appena scesi dall’auto è stato ‘ma dove diavolo siamo finiti!’. Poi, abbiamo scoperto che il Glacier Viev Campground accetta la carta di credito e non abbiamo potuto fare a meno di sorridere al pensiero che questo mondo che ci circonda è nettamente in contrasto con il mondo a cui appartengono le carte di credito. Se ci aspettavamo un campeggio anche solo rassomigliante ad uno qualsiasi di quelli che abbiamo visto fin ora, qui è tutta un’altra musica. Le piazzole, tra massi e arbusti secchi, sono un po’ lasciate all’immaginazione dei campeggiatori. La doccia od il bagno sono qualcosa di molto molto originale. Ma non si può far altro che inchinarsi davanti a tanta genialità e a tanta capacità di adattarsi con quanto si ha a disposizione. Sulla porta, dell’unico bagno, non esiste nemmeno la serratura ma un cartello, posto davanti alla porta da girare quando si entra e ri-girare quando si esce: vacancy/no vacancy! Al suo interno, alcune fotografie ritagliate da vecchie riviste cercano di rendere il piccolo ambiente meno wilderness! Che posto ragazzi! Mai come in nessun altro posto la definizione di ‘The Last Frontier’ calza a pennello come in questo!!! Passeggiare per le vie di McCarthy è un po’ come sentirsi parte di una vecchia foto d’epoca. Alcuni edifici sono stati ristrutturati mantenendo però le caratteristiche originali. Così al posto del vecchio McCarthy General Store ora troviamo la sede del Wrangell Mountain Centre, un’istituzione no-profict, che promuove programmi di educazione ambientali per gli studenti universitari. Il vecchio Johnson Hotel tutt’ora utilizzato per ospitare ed accogliere i turisti; di fronte il McCarthy lodge oppure l’adiacente Golden Saloon. E via via, per le strade si incontrano i vecchi empori e ancora altri edifici, altre case che sono parte della storia di questo luogo. Agli angoli delle strade o davanti alle case, si intravedono oggetti dell’epoca: vecchi camioncini fermi da anni, carretti arrugginiti, attrezzi da giardino, vecchie slitte di legno e altri oggetti che testimoniano il glorioso passato di questo posto. Così come il McCarthy-Kennecott Historical Museum che con i suoi oggetti, le sue vecchie fotografie ripercorre la storia di questi luoghi.

Per cena ci siamo fermati, per un hamburger da Mister Potato (Roadside Potatohead) un locale un po’ particolare, dove la cucina è ricavata all’interno di un vecchio vagone. Al suoi interno un gruppo di ragazzi si divide, con la proprietaria o forse solo la commessa, una torta al cioccolato fatta in casa. Ma chi sono questi due paesi che tanto mi hanno affascinato e tanto mi hanno colpita? Kennicott e McCarthy sono due città quasi fantasma che per anni sono rimaste dimenticate, nascoste o protette da tutta questa vastità di boschi e montagne, di terre lontane. Poi quando, nel 1974 la vecchia strada ferrata è stata tramutata nell’attuale strada per automobili, le due città furono predate di tutto quello che poteva servire: finestre, porte, ecc… spogliando così le due città dei propri effetti e dei propri ricordi. Nel 1998 le istituzioni del Wrangell St-Elias National Park and National Preserve acquistano parecchi edifici, tra cui le miniere, nell’ambito di un progetto di recupero per salvaguardare la storia di questa zona dell’Alaska segnando così l’inizio del lento restauro e della ripresa di questa zona. Molti edifici sono ancora a tutt’oggi proprietà private, infatti attualmente vivono stabilmente, nella zona, circa 55 persone. La storia di Kennicott e McCarthy ha inizio nel lontano 1900 quando Jack Smith e Clarence Warner, esplorando la zona, videro una macchia verde sulla montagna tra il Kennicott Glacier ed il McCarthy creek. Fu così che nel 1906 venne fondata la prima compagnia di estrazione del rame che successivamente sarebbe divenuta la Kennecott Copper Coorporation. Il ghiacciaio e la città prendono il nome di uno dei primi esploratori dell’Alaska: Robert Kennicott mentre la compagnia, per effetto di un errore ortografico, fu chiamata Kennecott! Per trasportare il rame estratto fu costruita, nel 1908, una ferrovia che collegava Kennicott a Cordoba: 313 km di strada ferrata. Furono costruite, non solo le miniere, gli uffici e gli stabilimenti per la lavorazione ma gli alloggi per i minatori, gli ingegneri e le loro famiglie, negozi, scuole, perfino un ospedale.

Sette chilometri più a sud nasce invece McCarthy. Se Kennicott era la città in cui si viveva e lavorava, McCarthy era quella in cui si andava per divertirsi. Si aprono ristoranti, saloon, hotel perfino due giornali, un negozio di abiti, scarpe, una ferramenta, e da che mondo è paese anche le prostitute fecero la loro comparsa. Tutto questo rapido sviluppo portò, in breve tempo, il numero di persone presenti nell’area a circa 800.

Ma tutto questo fiorire era destinato a morire, nel 1938 quando la Kennecott Cormporation chiuse definitivamente la miniera di rame; in novembre, l’ultimo treno che forniva un ormai, servizio discontinuo, partì per l’ultima volta, portando con se gli ultimi abitanti di Kennicott e McCarthy. Questo è il glorioso passato di questi posti! Ci svegliamo nel silenzio più assoluto, durante la notte è anche piovuto, e anche se la giornata seguente non è delle migliori, Kennicott aspetta solamente di essere scoperta ed esplorata. Preso uno dei bus navetta, che ha visto tempi migliori, cominciamo l’affascinante viaggio nella città rossa e bianca. Mentre McCarthy resta nascosta tra il folto della vegetazione, Kennicott si inizia a vedere da lontano, posta a ridosso della montagna poco lontano dalle lingua del Root Glacier. Tutta la città è un insieme di edifici e costruzioni diversi tra loro ma tutti rigorosamente colorati di rosso e bianco.

Arrivati a Kennicott girovaghiamo un po’ per la città da soli e ci dirigiamo verso il punto di partenza del Root Glacier Trail che costeggia l’omonimo ghiacciaio. Il centro visitatori del Wrangell-St. Elias National Park and Preserve si trova in quello che era il deposito della ferrovia. Ogni angolo di questo paese, di questa città racconta la storia di quello che fu. Molto è ancora da ristrutturare, qualcosa è andato perduto per sempre, distrutto dal tempo. Ma il fascino che questo posto esercita sulle persone e sulla loro curiosità è molto… ma bisogna prestare un po’ di attenzione quando ci si addentra vicino agli edifici perché potrebbe essere pericoloso. E bisogna sempre ricordare che alcune case sono proprietà private, i cui proprietari magari non gradiscono di trovarsi gente curiosa che passeggia in giardino o che sbircia dalla finestra! Il Root Glacier Trail (5,6 km solo andata) è un bel sentiero che costeggia il ghiacciaio, si può fare una puntatina alla sua base e poi riprendere il proprio cammino. E proprio mentre camminiamo nel folto della vegetazione incontriamo un tranquillo orso nero che, a ridosso del sentiero, si sta strafogando di bacche! Molto probabilmente, anzi sicuramente, ci ha sentito arrivare perché quando lo avvistiamo lui stava esattamente guardando nella nostra direzione. Per qualche secondo ci osserviamo, noi guardiamo lui e lui guarda noi. Noi siamo estasiati mentre lui starà pensando ‘mmiiii ecco altri due scassa … di turisti, non si può più nemmeno fare colazione in santa pace’. Alla fine riprende quello che stava facendo: mangiare e noi riprendiamo la nostra strada.

Rientrati a Kennicott riprendiamo uno dei bus navetta e da qui la nostra auto in direzione di Glennallen. Se ieri sera a farci compagni in campeggio c’erano pochi altri turisti questa sera il campeggio è quasi pieno e il ristorante che abbiamo scelto per la cena è un via vai di gente e gruppi di turisti. Glennallen si trova all’incrocio con la Richardson Highway e la Glenn Highway che percorreremo domani, proprio per questa posizione è spesso definita ‘the hub’. Prima della corsa all’oro, della scoperta delle miniere di rame una vasta zona dell’Alaska era abitata dagli indiani Ahtna Athabascan. Nel 1971 il governo degli Stati Uniti, con l’Alaska Native Claims Settlement Act fornisce pieno titolo legale a questo popolo su un territorio di 1,7 milioni di acri in un’area che si estende da Cantwell fino a Chitina. Questa zona è ora governata dall’Ahtna Incorporated con lo scopo di preservare questa terra e di tramandare la cultura di questi popoli alle generazioni future. Queste terre sono private di conseguenza non è possibile accedervi a meno che si acquisti un regolare permesso. Questo si chiama senso degli affari! MATANUSKA GLACIER E SHEEP MOUNTAIN Percorrendo la Glenn Highway, dove sono in corso dei lavori stradali che prevedono per un lungo tratto il senso unico alternato durante il giorno e la chiusura della strada dalla mezzanotte alle sei del mattino, più o meno verso il chilometro 162 si può osservare il Matanuska Glacier. Si tratta di uno dei ghiacciai più facilmente accessibili dell’Alaska: gli si arriva davanti praticamene in auto. Dalla strada si possono fare delle belle fotografie della lingua del ghiacciaio che si addentra nelle Chugach Mountain. Al chilometro 168 si può osservare la Sheep Mountain, le cui pendici rocciose assumono diverse colorazioni di rosso. La Glenn Highway di recente è stata definita National Scenic Byway, percorre infatti un incantevole valle (la Matanuska Valley) contornata da splendide montagne e ghiacciai E oggi abbiamo deciso di dedicarci all’esplorazione della wilderness proprio come ci era stato consigliato tempo da fa da un ranger del Denali National Park. Scelta una meta, zaino in spalla ci incamminiamo. Diciamo che quasi subito la scelta non si è rivelata molto sensata. Per alcuni tratti seguiamo i percorsi dei quod, per altri tracce lasciati dagli animali perché gli arbusti sono troppo alti e impenetrabili. Chi è che ha detto che era semplice? Poi.. Finalmente usciamo da tutta questa vegetazione e si può camminare a zonzo per il mondo. È stata un esperienza anche questa! Per la notte ci fermiamo nuovamente a Palmer, solito campeggio e solita piazzola, però questa volta lo troviamo senza l’ausilio dello sceriffo.

LAGO EKLUTNA – CHUGACH STATE PARK Il Chugach State Park con i suoi 500.000 acri di estensione è il più grosso parco del nord America con al suo interno un insediamento urbano: Anchorage.

Il programma di oggi prevede una bella camminata: l’East Twin Pass Trail. Il sentiero parte dal lago Eklutna nell’omonima valle situata al centro delle Chugach Mountains. E’ un bellissimo posto dove trascorrere una piacevole giornata in un ambiente che ogni tanto ricorda le nostre vallate alpine. Lasciamo la nostra auto nel parcheggio e zaini in spalla imbocchiamo la strada che ci porterà fino ad un colle da cui si potrà godere di una bellissima vista dell’intera valle e non solo. Dapprima si segue il Twin Peaks Trail inizialmente una strada sterrata e poi un largo sentiero, al termine si prende l’East Twin Pass Trail un vero sentiero di montagna. Il primo tratto scende per poter guadare il fiume dopo di che inizia a salire tra arbusti ed erba alta per poi, lasciare spazio alla tundra, in quest’ultimo tratto il sentiero è solo più una traccia ma il colle è esattamente sopra di noi quindi non si può più sbagliare strada. Il percorso si snoda su 6,4 km, solo andata per un dislivello effettivo di circa 1100 metri.

Sparse sulle praterie ci sono moltissime pecore di Dall (o Dall Sheep), quasi tutte femmine con i loro cuccioli. I maschi, si vedono in lontananza, con il binocolo, sotto le pendici del monte Peak. Salendo incontriamo una coppia, zio e nipote. Con lo zio scambieremo qualche parola sulla sommità del colle mentre osserviamo la nipote, tutta sola, arrampicarsi sulla vetta del monte Peak. Cavolaccio che fisico e che voglia! Sul colle soffia un po’ di vento ma la vista è magnifica, la giornata è splendida e ci possiamo godere la bellezza di questi posti.

KENAI PENINSULA La Kenai Peninsula è una penisola grossa come il Belgio, ricca di fauna e anche di turisti visto che è facilmente accessibile. Le sue coste sono ricche di fauna marina mentre sulle montagne e nelle foreste sono di casa orsi, alci, capre di Dall, mountain goat e altri ancora. Città come Seward, Homer, Soldotna, Kenay City, il famoso Kenai Fjords National Park o la meno conosciuta Kenai National Wildlife Refuge sono un esempio di cosa si può trovare in questa vasta area. Dal punto di vista turistico la zona ha molto da offrire e lo dimostrano anche le montagne di turisti e pescatori che affollano queste zone.

SEWARD Non c’è viaggio in Alaska che non preveda una sosta, seppur breve, a Seward: ottima base per visitare questo splendido angolo della Kenai Peninsula che è il Kenai Fjords National Park: uno dei parchi nazionali più visitati dell’Alaska.

Seward situata all’inizio della Resurrection Bay ai piedi del monte Marathon non è solo una delle cittadine più vecchie dell’Alaska ma è anche una delle più facilmente accessibili. Fu fondata ufficialmente nel 1903 nel medesimo luogo dove sorgeva un villaggio nativo abbandonato. Porta il nome di Willam Henry Seward, che fu Segretario di Stato durante la presidenza di Lincoln e fu colui che pianificò, nel 1867, l’acquisto dell’Alaska dalla Russia. La Seward Highway, considerata non a torto una strada molto panoramica, consente di raggiungere Seward da Anchorage in poco meno di quattro ore D’estate le pittoresche vie della città si animano di turisti, i campeggi e gli alberghi registrano il tutto esaurito, i negozi sono un susseguirsi di gente che entra ed esce, così come le gallerie d’arte presenti in città e i tanti ristoranti che servono, non solo il salmone ma anche altri deliziosi pesci provenienti dai mari dell’Alaska. L’Alaska Sealife Centre, che ha sede in città, con i suoi acquari, le sue vasche, i pesci e gli uccelli marini è solo l’inizio di quello che questa zona e questo parco offrono in termini di wildlife. KENAI FJORDS NATIONAL PARK Il Kenai Fjords National Park è stato istituito nel 1980 con l’intenzione di proteggere e salvaguardare l’enorme Harding Icefield con i suoi enormi ghiacciai le cui lingue si perdono nell’oceano; ed il prezioso e delicato ecosistema presente in questi fiordi. Dei suoi 607.805 acri che ne compongono il parco, la gran parte sono impenetrabili e contribuiscono ad alimentare il fascino di questa terra selvaggia. Più della metà di questo territorio è coperto dall’Harding Icefield, che prende il nome del presidente Warren G. Harding che visitò Seward nel 1923. L’Harding Icefield è ciò che resta dell’ultima glaciazione, è una preziosa testimonianza di come doveva essere questo continente quando era, completamente ricoperto di ghiacci. Il Kenai Fjords National Park non è solo l’Harding Icefield, ma anche un ambiente di foresta pluviale dove vive una vasta varietà di fauna selvatica. Per anni, i nativi americani sono vissuti su queste terre cacciando e pescando lungo i fiordi. Tracce di questo passato sono visibili attraverso i pochi siti archeologici relativi ai Nativi americani e a quel che resta delle miniere di oro di un tempo. I primi a colonizzare la zona furono i Russi.

La maggior parte dei turisti che arriva a Seward ci viene con l’intenzione di prendere parte ad una delle tante crociere offerte dalle molte compagnie che operano in città. E così abbiamo fatto anche noi.

La crociera che abbiamo scelto noi prevede la navigazione nel Resurrection Bay, la visita all’Aialik Glacier e una sosta a Fox Island per la cena a base di salmone grigliato. Abbiamo scelto di fare un’altra gita di questo tipo sia per la fauna che per gli splendidi paesaggi. La giornata è stata proficua ed interessante, abbiamo visto aquile di mare, qualche lontra marina, tante otarie, leoni marini, pulcinelle di mare, cormorani e 3 simpatiche orche, un maschio e due femmine, che per molto hanno nuotato in una baia per poi passare sotto la barca e prendere il mare aperto regalando intese emozioni. Abbiamo perfino osservato qualche capra delle montagne rocciose con il suo manto bianco come la neve pascolare tranquilla sulle pendici di queste montagne che cadono a picco sul mare.

I ghiacciai, sono sempre un emozione, queste immense lingue di ghiaccio che si perdono nel mare, i cui iceberg galleggiano tranquillamente delle acque della baia. Ma in mare non si incontrano solo battelli da crociera ma anche, e soprattutto pescherecci e più o meno piccole barchette di pescatori. L’estate, ricordo, è la stagione in cui i salmoni lasciano il mare per percorrere a ritroso i fiumi per andare a riprodursi, ed è anche la stagione in cui miriade di pescatori si riversano lungo i fiumi per pescare questo pesce di cui gli orsi ne sono molto golosi! Ma la pesca non è solo ed esclusivamente Salmone, si pesca l’Halibut, si pesca il Fish Rock, un enorme pesce rosso con uno sguardo accattivante, e tanti altri ancora. Ci sono persino gare e tornei di pesca, tra le manifestazioni più famose il Jackpot Halibut Tournament, che si disputa in giugno, assegnando un premio in denaro all’Halibut più grosso (e pesante) e il Seward Silver Salmon Derby disputato in agosto per la pesca dell’appunto salmone ‘silver’ che richiama pescatori da tutto il mondo.

Il giorno seguente lo dedichiamo ad uno dei più bei sentieri dell’Alaska: Harding Icefield Trail; il sentiero per alcuni tratti costeggia la lingua dell’Exit Glacier, offrendo parecchi ottimi punti panoramici sul ghiacciaio e sulla valle.

L’Exit Glacier è un’altro dei ghiacciai più facilmente accessibili in Alaska e per questo è anche uno dei più conosciuti e visitati. Da Seward dista più o meno una quindicina di chilometri di strada asfaltata. Alcuni facili percorsi consentono di avvicinarsi alla base della lingua del ghiacciaio per ammirarne la sua imponenza, il suo colore. Alcuni di questi percorsi sono accessibili anche dai disabili in carrozzella.

In poco meno di tre ore percorrendo circa sei chilometri e mezzo su un dislivello di poco superiore ai 900 metri arriviamo dinnanzi ad una piccola parte dell’Harding Icefield: a questa enorme distesa di ghiaccio che abbaglia e travolge nella sua immensità. Se volgiamo il nostro sguardo sulle vette rocciose che sovrastano il mare di ghiaccio riusciamo a scorgere le capre di montagna pascolare tranquillamente. Non è un sentiero impegnativo ma richiede un po’ di allenamento e un po’ di esperienza in montagna, soprattutto l’ultimo tratto, dove il terreno è franoso. Ma consumare il proprio pranzo al sacco, seduti su un masso, di fronte alla vastità dell’Harding Icefield, ripaga ampiamente della fatica.

Un lavagna posta davanti al Exit Glacier visitor centre, riporta gli avvistamenti di orsi e capre di montagna lungo i sentieri. È abbastanza comune, per gli escursionisti che percorrono l’Harding Icefield Trail, nella prima parte del percorso, dove la vegetazione è fitta e abbondante, incontrare gli orsi neri. Noi abbiamo incontrato mamma orsa e il suo cucciolo e poco lontano un esemplare solitario! Ma è bene ricordare che anche se sembrano adorabili peluche a grandezza naturale, è meglio osservare da lontano e non disturbare! KENAI NATIONAL WILDLIFE REFUGE Il Kenai National Wildlife Refuge confina con il Kenai Fjords National Park e copre una vasta quantità di territorio all’interno della Kenai Peninsula. Il Kenai National Wildlife Refuge è stato istituito nel 1981 per proteggere le alci con il nome di Kenai National Moose Range. Nel 1980 il suo nome è stato tramutato nell’attuale nome con lo scopo di protegge non solo tutta la fauna selvatica ma anche il delicato habitat in cui questa vive. La zona è ricca di laghi e fiumi, la pesca abbonda e anche i sentieri per il trekking sono molti. C’è solo l’imbarazzo della scelta.

SOLDOTNA Per la notte ci fermiamo a Soldotna in un campeggio lungo il fiume Kenai. Ci sono moltissimi pescatori che pescano con quella che qui è conosciuta come la tecnica del ‘The Soldotna Flip’ una sorta di pesca a mosca, per chi sa di cosa si tratta. Il nome della città sembra avere due origini, dalla parola russa per indicare la parola ‘soldato’ oppure dalla parola che nella lingua indiana dei Kenaitze significava ‘ruscello’.

È una città, con il suo traffico e i suoi edifici, per noi un posto di passaggio. Il visitor centre è molto fornito e ci sono anche dei pesci imbalsamati; ho letto che a Soldotna è stato pescato il king salmon più grande mai pescato.

In questa zona i segni del passaggio russo sono evidenti.

Il giorno dopo facciamo una puntatine sulla Kenai Beach, la giornata è serena e si gode di un bello spettacolo sulle montagne dell’Alaska Range che stanno esattamente dall’altra parte del canale.

PORTAGE VALLEY La Portage valley si trova all’interno del Chugach National Forest, più o meno a 50 miglia da Anchorage lungo la strada che porta a Whittier, percorrendo la Seward Highway in questa direzione non si può non rimanere affascinati dalla vista di queste montagne e dai tanti ghiacciai. Il Portage Glacier si affaccia sulle acque del omonimo lago. Il lago fino a cent’anni fa non esisteva, la lingua del ghiacciaio arrivava fino a dove ora sorge il visitor centre. Dal visitor centre il Portage Glacier non è visibile, si può scegliere di fare una gita in barca che porta alla base dello stesso oppure si può percorrere il Portage Pass Trail che porta, con una breve camminata, su un promontorio di fronte al ghiacciaio, soluzione che sceglieremo noi.

Montiamo la nostra tenda al Williwaw Campground e se alziamo lo sguardo, tra gli alberi spunta il Middle Glacier, insomma per 13$ abbiamo una sistemazione con vista sul ghiacciaio. Il campeggio è veramente bello, uno dei migliori in cui abbiamo soggiornato.

Dopo cena facciamo una scappatina fino alla Fish Viewing Platform per osservare i salmoni, c’è anche un bel sentiero che costeggia un rio. Una piacevole passeggiata prima di andare a letto nel silenzio e nella pace che questi posti possono regalare.

Al mattino, un simpatico leprotto corre poco lontano dalla nostra tenda.

CAUGAUCH NATIONAL FOREST – GIRWOOD La Chugach National Forest è stata creata nel 1907 e si estende per circa 5 milioni di acri coprendo una vasta area delle Chugach Mountains, parte della Kenai Peninsula e vaste terre che si affacciano sul Prince William Sound. All’interno della riserva è possibile cacciare e pescare, ovviamente ci sono degli opportuni regolamenti e permessi da richiedere e rispettare. Siamo diretti alla fine della Crow Creek Road, una strada che parte poco prima del centro di Girwood dove lasceremo la nostra auto e proseguiremo, a piedi lungo il Crow Pass Trail.

Lungo la Crow Creek Road si incontra il bivio per Crow Creek Mine, un sito storico, costruito nel 1898 come base per la vicina miniera che tra il 1898 ed il 1940 produceva circa 700 once di oro al mese. Un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, ancora oggi non c’è l’acqua corrente, l’elettricità ed il telefono. Quest’oggi non saremo soli a percorrere questo sentiero. Nel parcheggio ci sono parecchie auto e molte persone che si stanno preparando per la gita. Il sentiero inizialmente passa nel folto della vegetazione, ci sono more e mirtilli che crescono lungo il sentiero, ne mangio qualcuna ma poi mi faccio venire i sensi di colpa, forse sono la merenda di qualche orso se glieli mangio io lui che mangia? Me.. Quindi meglio che lascio i mirtilli e le more dove sono. Il sentiero si snoda su un percorso di 6 km per un dislivello di circa 600 metri. Si incontrano delle cascate, dei laghi di origine glaciale, resti abbandonati delle vecchi miniere e se ci guardiamo intorno vette e molti ghiacciai. Dalla sommità del colle si domina la valle che scende verso Eagle River e si può ammirare il Raven Glacier in tutta la sua bellezza. Un bel maschio di mountain goat (capra delle montagne rocciose) pascola tranquillo dall’altra parte del ghiacciaio. Scendendo nei pressi del Crystal Lake incontriamo una femmina di mountain goat con il suo piccolo.

PORTAGE GLACIER – WHITTIER Al mattino presto gli scoiattoli di terra sono già attivi. Alle prime luci dell’alba iniziano a correre e ad emettere il loro verso. Uno in particolare, ci sembra piuttosto vicino alla tenda e anche se è un bel modo per essere svegliati ci chiediamo se non potevano andare a fare casino da un’altra parte. Smontata la nostra tenda ci incamminiamo verso l’Anton Memorial Tunnel. Il programma della giornata prevede una passeggiata fino al Portage Pass per ammirare l’omonimo ghiacciaio e poi una visitina a Whittier, di cui ho letto parecchi pareri e mi incuriosiva.

Whittier nasce durante la seconda guerra mondiale come porto e fu scavata una galleria ferroviaria con lo scopo di collegare il porto al resto del paese. Soltanto nel 2000 la galleria viene aperta al traffico delle automobili. La popolazione locale è stata per anni contraria a questo progetto. In estate i treni arrivavano regolarmente ogni giorno mentre in inverno rimanevano isolati a lungo. Ma non sono state solo esigenze di carattere economico, da parte di compagnie petrolifere che hanno finanziato in parte la conversione del tunnel ferroviario anche in tunnel per le auto a far si che il progetto si realizzasse ma anche le compagnie navali di crociere e la prospettiva di un boom del settore turistico. Come risultato, se prima gli abitanti non volevano andarsene da Whittier preferendo l’isolamento, una volta costruito il tunnel per le auto la maggior parte di questi si è trasferita altrove di conseguenza ora molte delle persone che lavorano a Whittier non vivono più qui.

L’Anton Memorial Tunnel è lungo 3,5 km e attraversa le Chugach Mountains. Funziona a senso unico ad orario. Ad una certa ora il traffico procede in una direzione, ad un’altra nella direzione opposta e ad un’altra ora ancora passa il traffico ferroviario. Whittier si trova alla fine del Anton Memorial Tunnel e si affaccia sulle acque del Prince William Sound. Che cosa devo dire? La guida dice, ironicamente, che potremmo aver visto ghiacciai, posti strepitosi, le montagne più alte del mondo ma anche cercandolo ovunque non avremo mai visto un posto come Whittier… come non dargli torto! Mi aspettavo un posto simile a Seward o ad altri che avevo già visto invece non è niente di tutto questo. Whittier, abbracciata dalle montagne e dalle acque del Prince William Sound di per se avrebbe tutti gli elementi per essere una cittadina affascinante e incantevole, ma i brutti edifici risalenti al secondo conflitto mondiale ed un bruttissimo palazzo in cemento armato non solo deturpano il paesaggio ma rovinano l’insieme di questo strano posto. Sul porto negozi di souvenir, ristoranti e le diverse sedi delle compagnie che organizzano escursioni nel Prince William Sound., per fino un recinto con due renne. E se a Valdez le compagnie che effettuavano crociere ne fiordo erano poche qui sono molte, c’è solo l’imbarazzo della scelta.

L’inizio del Portage Pass Trail si trova subito appena passato il Tunnel in direzione di Whittier. Il sentiero 3,2 km (A/R) è una piacevole passeggiata che porta in punta ad un particolare cucuzzoletto esattamente di fronte al Portage Glacier.

VOLVERINE PEAK – CHUGACH STATE PARK Oggi è una giornata bellissima, in cielo non c’è una nuvola e il sole è molto caldo, forse troppo. Non esistono le mezze misure? Ci incamminiamo presto, con la nostra auto percorriamo la O’Malley Road ad Anchorage, una strada che porta fuori dalla città in una zona residenziale dove posso ammirare delle vere e proprie ville! Se dovessi vivere ad Anchorage vorrei vivere in una di queste splendide case con questi favolosi giardini.

Lasciamo la nostra auto in un parcheggio vuoto e ci incamminiamo per una strada sterrata. Il sentiero che abbiamo scelto è il Wolverine Peak Trail che come dice il nome ci porterà sulla cima del Wolverine Peak una delle montagne più alte che sovrastano Anchorage. Il sentiero inizialmente è una sorta di pista forestale che passa nel fitto del bosco, piano piano, inizia a salire e la vegetazione a diminuire fino a scomparire del tutto. Il sentiero è lungo e anche ben in salita. Salendo, voltandoci indietro scorgiamo, nel fitto della vegetazione un alce maschio che passeggia. Quasi in vetta incontriamo un gentile signore di Anchorage, molto pratico del posto, che ci indica il nome di tutte le montagne più significative che si vedono all’orizzonte, tra cui il McKinley che giustamente lui ha chiamato Denali.. Oh si… benché sia a centinaia di chilometri di distanza si riesce perfettamente a vedere e la giornata di oggi, serena come non ce ne sono state altre, ci concede perfino di vedere la tanto ambita punta. La vista dal Wolverine Peak è fantastica non solo si vede Anchorage ma valli e spazi infiniti. Tutta la fatica è stata ampiamente ripagata. Il Wolverine Peak Trail si snoda su un percorso di 8,8 km solo andata per un dislivello di circa 1080 metri. Il ritorno è stato molto faticoso perché la giornata si è rivelata veramente calda. Scendendo abbiamo incontrato lungo la strada, molte persone che facevano jogging. Ho letto che gli abitanti di Anchorage sono fissati con lo jogging e l’attività fisica in generale, e spesso in pausa pranzo invece di strafogarsi di hamburger e patatine vanno in palestra o a fare qualche altra attività fisica. EAGLE RIVER – CHUGACH STATE PARK E così è arrivato anche l’ultimo giorno di questo viaggio. Il nostro aereo parte nel primo pomeriggio, abbiamo ancora una mattinata da dedicare a questo paese, o almeno quel che resta di questa mattinata visto che la preparazione dei bagagli non è stata un’impresa semplice e veloce.

Percorriamo la Eagle River Road, una strada che segue l’Eagle River addentrandosi nelle Chugach Mountains fino all’Eagle River Visitor Centre. Ci sarebbe piaciuto percorrere l’Albert Loop Trail ma come spesso accade in questa stagione il sentiero è chiuso per permettere agli orsi di pescare tranquillamente i salmoni sulle rive del fiume. Così ci accontentiamo di andare fino al Beaver Dam, che del castoro ne conserva solo il nome e di godere, anche se ancora per poco, di questi immensi paesaggi.

In lingua eschimese la parola Alyeska, da cui deriva l’attuale nome del 49° stato degli Stati Uniti, significa ‘Grande Terra’ e l’Alaska è veramente una grande terra! Questa non è solo stata una vacanza, un viaggio, ma un’esperienza e la scoperta di un luogo dove tornare.

———————————————————————————————– GUIDE UTILIZZATE: Alaska – 3° edizione 2006 – Lonely Planet – Ed. In Inglese Stati Uniti Occidentali – 2° edizione 2004 – EDT Canada Occidentale – 1° edizione 1997 – EDT Hiking in Alaska – 2° Ed. 2004 – AFalcon Guide – Morrison Book Publishing Qualche altra piacevole lettura sul grande nord: Ann Mariah Cook – La mia Alaska – 2001 Edizioni Piemme Pocket Bob Drury – Una stagione da eroi – 2001 Corbaccio; Libby Riddles & Tim Jones – Ho vinto l’Alaska – 2003 Edizioni Piemme; Lynn Schooler – L’orso azzurro – 2002 TEA; Nicolas Vanire – La bambina delle nevi – 2003 TEA; Peter Jenkins – Alaska. Il paese dell’oro e dei ghiacci – 2003 Sperling & Kupfer Editori; Richard Leo – Fuga da Manhattan – 1998 EDT Sam Keith – One Man’s wilderness – 2007 Alaska Northwest Books;



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