Motogiro in Abruzzo

Tre uomini in moto nel Parco Nazionale d'Abruzzo
Scritto da: Giovanni Jack
motogiro in abruzzo
Tre uomini in moto Racconti di viaggio Eccoci qua, nuovamente assieme in giardino da Robi, l’estate è partita alla grande, le moto, parcheggiate sullo stradello ghiaiato, ci guardano sornione mentre sorseggiamo birra fresca e sgranocchiamo noccioline, seduti attorno ad un tavolino di cemento, all’ombra di un salice piangente.

Sono le 18 di un pomeriggio di fine giugno, argomento di conversazione il motogiro estivo di quest’anno.

La discussione si concentra sul quando, il lavoro, le ferie, impegni di famiglia, limando un pò qua ed un po’ là, riusciamo ad individuare il periodo che ci vede tutti disponibili allo scopo, dal 15 di luglio.

Destinazione: parco nazionale d’Abruzzo, punto d’arrivo da decidere in loco.

Sono le sei del mattino, il cielo ha ancora una coperta grigio-azzurrognola, il sole non è ancora completamente sveglio, io e Gilberto (Gegè) arriviamo assieme al punto di ritrovo, Robi è già lì, saluti …Saluti…Saluti. Si parte! Usciamo da Ferrara, direzione Argenta>Ravenna>E45.

Sulla E45 c’è poco traffico, l’andatura è molto scorrevole, l’aria è frizzantina, in lontananza giochi di nuvole coprono e scoprono le cime della criniera appeninica.

Arriviamo alla vista del lago Trasimeno, sono le 12,30, un bel terrazzo panoramico a lato strada, con staccionata in legno, ci offre ospitalità.

Il sole è alto, c’è il vento che tiene limpido l’orizzonte e che arricchisce il cielo sul lago di fiocchi di nuvole che si rincorrono, si accoppiano e creano nuove forme.

Scattiamo alcune foto, una sigaretta, una grattatina in testa, pulizia visiera casco e di nuovo on the road.

Il traffico scorre, le nubi viaggiano, la compagnia è buona.

Direzione Terni, cascata delle Marmore.

Siamo a Terni, mi vengono in mente le “acciaierie”, ma non mi interessano! Cerchiamo indicazioni per la cascata, due incroci con semaforo e niente cartelli, un altro incrocio, sullo spigolo di una casa scalcinata, un cartello indica – Belvedere superiore – deduciamo ed imbocchiamo.

Dopo qualche centinaio di metri la strada diventa uno stradello che si arrampica tortuoso fra piccoli agglomerati di casette rurali e zone boschive.

Si arriva in una comoda area di parcheggio attrezzata con area ristoro, il tutto ricavato da una radura di bosco e ben inserito nel contesto del verde.

C’è poca gente e possiamo scegliere un buon posto per fermarci nei pressi di un tavolone con panche in legno ad uso pic-nic.

Enel che regola il flusso delle acque dal lago di Piediluco, apre le chiuse che alimentano la cascata alle ore 16.

Manca poco più di un’ora, decidiamo di apparecchiare e dare fondo alle riserve di cambusa.

Una tovaglia rossa decorata a fiorellini bianchi, esce dalla borsa di Gegè, assieme a tre cartoncini da ¼ di Tavernello rosso, bicchieri e posate di plastica.

Dalle altre borse esce un 20 cm. Di salame da taglio, un coltello tattico, due coppie di pane, un meloncino.

Qualcuno che passa ci guarda e sorride, un ragazzo ed una ragazza, vestiti da motociclisti si soffermano per chiederci la direzione del posto di ristoro, li invitiamo ad assaggiare il nostro salame. Se si accontentano!! Si! No! Dai! Accettano. Successone!!! Sono di Pesaro e sono di ritorno da Roma.

La conversazione si rallegra, si scambiano indirizzi e numeri di telefono.

Il tempo chiacchierando vola, sono quasi le 16, sparecchiamo ed accettiamo di andare a prendere un caffè offerto dai nuovi amici, presso il posto di ristoro.

L’urlo lacerante di una sirena ci avvisa che le chiuse si stanno aprendo, ci avviamo per il sentiero che porta al Belvedere.

Attraversiamo un boschetto, si sale e si scende per un sentiero che termina davanti ad una specie di pontile – balconata in legno che si erge e si prolunga, in sospensione come una palafitta, a lato del primo salto ( quello più alto) della cascata – siamo sul Belvedere superiore -.

“La Cascata delle Marmore, con la sua stupefacente bellezza, appare come una scrosciante colonna d’acqua che si distribuisce su tre salti coprendo un dislivello di 165 metri e avvolgendo la rigogliosa vegetazione in una nuvola di schiuma bianca! Lo scenario mozzafiato che si presenta agli occhi del visitatore è il frutto di oltre duemila anni di lavoro da parte dell’uomo che, a partire dall’età romana, ha tentato di canalizzare le acque del fiume Velino per farle precipitare nel sottostante fiume Nera.

La sua storia ha inizio nel 271 a.C., quando il Console Curio Dentato intraprese un’opera di bonifica della pianura reatina, facendo realizzare un canale di oltre due chilometri terminante sul ciglio della rupe di Marmore.” Quello che all’inizio si presenta come un rigagnolo che tracima da un dirupo, nello scorrere di pochi minuti aumenta il suo volume e velocità in maniera tale da non sembrare più acqua, ma una valanga di schiuma bianca che termina il primo salto con uno scroscio assordante in una nuvola di vapore acqueo che rimanendo in sospensione innesca il fenomeno dell’arcobaleno che incornicia lo spettacolo da monte fino a valle. Foto…Foto…Foto.

Bello spettacolo, salutiamo i ragazzi di Pesaro con la promessa che saremmo andati a trovarli, raggiungiamo le moto che si sono rinfrescate all’ombra della radura, riconquistiamo la strada in direzione L’Aquila. La ss79 è panoramica e per un tratto costeggia il lago di Piediluco, con un misto di brevi rettilinei, sali-scendi e serpeggiamenti vari, ci porta verso Rieti che non attraversiamo, ma la sorpassiamo e ne vediamo lo sviluppo alla nostra destra.

In montagna il sole scompare presto dietro qualche cima, ma c’è ancora luce mentre arriviamo alla periferia di L’Aquila.

Entriamo nell’area di servizio di un distributore di carburante, facciamo rifornimento e chiediamo informazioni per un albergo dove passare la notte e cenare a costi contenuti, il gestore, molto gentile, ci indica un locale che conosce e che, ci assicura, si mangia bene ed è conveniente.

Il locale si trova a Pizzoli un paesino a 5 km. Da lì, ringraziamo e ci avviamo.

Troviamo facilmente il posto indicatoci dal benzinaio, parcheggiamo ed entriamo, l’aspetto è semplice, ma si presenta bene, pulito ed ordinato, salutiamo, prenotiamo, cena, camera e colazione.

Si cena, si chiacchiera un po’ sui fatti del giorno e si va a letto.

Robi russa che sembra una segheria, Gegè digrigna i denti ed io non riesco a dormire.

Allungo una gamba ed imprimo uno scossone a Robi che si gira sul fianco ed interrompe il lavoro in segheria, tiro una ciabatta a Gegè che bofonchia qualcosa, cambia posizione e non stride più.

Riesco ad addormentarmi, non so se poi le musiche abbiano ripreso! E’ mattino, stiracchiamenti vari, andirivieni dal bagno, colazione con latte – caffè e croissant alla marmellata, ripartenza.

Decidiamo di andare a fare una visitina al lago di Campotosto prima di raggiungere il Parco del Gran Sasso.

Da Pizzoli fino al lago non incontriamo nessuno, nemmeno una qualche mucca a lato strada, si viaggia in scioltezza, in trenta minuti siamo in vista dello specchio d’acqua.

Il panorama è bello, cerchiamo un’area per fermarci e fare qualche ripresa con la videocamera.

Troviamo una piazzola comoda, parcheggiamo, io salgo in moto dietro a Robi munito di telecamera, Gegè rimane sul posto, percorriamo a ritroso un paio di km ed inizia la ripresa “on the road”.

Il lago è alla nostra sinistra, le rive degradanti scorrono, scompaiono e ricompaiono tra spazi aperti e cortine di alberi, un vecchietto con bastone ed un cagnolino peloso ci guardano passare e li riprendo, un recinto con allevamento di cavalli, placide mucche in ordine sparso e greggi di pecore si alternano sui declivi verdeggianti.

Anche questa è fatta, via per Campo Imperatore! Entriamo nel paesaggio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

Fonte Cerreto, 1.120 mt.S.L.M, una specie di passo obbligato, vi sono alberghi e ristoranti, case di vacanza, funivia per i rifugi.

Una sosta per visionare il posto è scontata, un caffè, una sigaretta.

A pochi passi dalla nostra postazione una panchina in traversini di legno tinto ospita tre anziane signore, due con cappellino bianco ed una con cappellino rosa.

Quest’ultima, seduta a fine panchina in direzione nostra, si alza e ci si avvicina con fare deciso, scarpette similtennis rosa in tono con il cappellino.

Si ferma in prossimità della moto di Gegè, BMW R 45 nera, in lingua tedesca inizia a parlare indicando la moto e nel mentre sorride mettendo in mostra una luminosa dentiera.

La guardiamo incuriositi, ci guarda come se aspetasse una risposta da noi, ma non abbiamo capito niente, sorridiamo e diciamo – yes…Yes..!- Lei alza un braccio a metà poi lo abbassa in segno di sconforto, si gira e recupera il suo posto in panchina.

Un intermezzo così non ci era ancora capitato! Commentando e ridendo ripartiamo, un colpetto di clacson al passaggio davanti alla panchina.

Dal verde di Fonte Cerreto che abbiamo lasciato alle spalle, siamo contornati sempre più dal giallo – marrone della vegetazione delle montagne e delle vallate che incorniciano il Gran Sasso.

Ci stiamo muovendo in un paesaggio, per noi, nuovo ed affascinante, ricorda sfondi di film western, con grandi vallate incorniciate da rilievi brulli coperti di sterpaglia mista a fiorellini secchi e spinosi.

La strada serpeggia ai piedi delle colline ed esce da una valle per entrare in un’altra.

Posti del genere sarebbe bello girarli a cavallo! Noi ci accontentiamo dei notri cavalli d’acciaio! Non ci sono gli “indiani” ed i bufali, in compenso si possono trovare pecore o mucche! Nel mezzo di una vallata, con uno sfondo da cartolina, troviamo una costruzione in legno tipo “Saloon” del far – west, andiamo a vedere da vicino.

E’ una macelleria, con annesso posto di ristoro attrezzato di griglia e bracere in funzione. Qui preparano degli spiedini chiamati “arrosticini” , costolette d’agnello e braciole che si possono cuocere sul posto con l’uso della griglia, sempre pronta in uso gratutito, adiacente al baraccone (protetta da un paravento in lamiera).

Alcuni camper sostano nelle vicinanze.

E’ una bella iniziativa, ma non ci facciamo lusingare, l’obiettivo del momento è raggiungere Campo Imperatore! La strada, fino ad ora con dolci saliscenti, all’incrocio con la derivazione per Campo Imperatore, comincia decisamente a salire, ci deve portare ai 2.200 mt. Del Campo.

La strada sale e la temperatura scende, nella gambe ho quasi freddo, anche gli altri, vedo che tra una curva e l’altra si massagiano le ginocchia.

Una corona di nuvole nasconde la cima, la penetriamo, ci bagnamo, ne usciamo, ultime tre curve e ci troviamo nel piazzale dell’albergo.

Parcheggiamo le moto, ci stiracchiamo un po’, qualche piegamento per riscaldare le gambe, guardiamo il cielo, la corona di nubi che abbiamo penetrato cala lentamente verso valle, il sole, liberato, ci regala un po’ di timido tepore.

Nel piazzale c’è una bancarella in cui fanno bella mostra i classici ricordini ed un’esposizione di accessori da cucina in rame, un’altra bancarella vende formaggi e salsicce di produzione locale con adiacente una griglia di circa 2 mt. E due persone che cuociono e vendono a tutto spiano arrosticini e salsicce calde.

Sentita la temperatura, è la bancarella più frequentata, anche noi ci mettiamo in coda per un assaggio.

Un giro dentro l’albergo, nell’atrio c’è una targa che ricorda di aver ospitato Benito .Mussolini in una camera del posto, chi volesse, visite a pagamento. Abbiamo ripreso temperatura, il tremore alle gambe è passato, usciamo, c’è il sole.

Antistante l’albergo , oltre il piazzale, c’è l’osservatorio astronomico e un piccolo recinto adibito ad orto botanico con una raccolta di piante tipiche della zona, a noi sembrano fiori secchi! Bene! Abbiamo visto quello che c’era da vedere, assaggiato gli “arrosticini”, possiamo anche andare! Scendiamo a riconquistare la vallata, il prossimo obiettivo è raggiungere il paese di Villa Santa Lucia dove, Domenico, un amico, lì in ferie, nativo del posto, ma residente in città da noi, ci ospiterà per la notte nella casa di famiglia.

Sono le 13, il sole è in piena attività, il cielo è blu e qualche nuvoletta si sfilaccia tra una cima e l’altra, si sta bene, la calma ed il silenzio sono totali, sembra perfino che il rumore dei motori sia attutito, assorbito dal silenzio locale! Stiamo viaggiando su un crinale e c’è una bella vista a destra ed a sinistra, quando un insetto enorme si impatta, spargendo il suo liquido giallo e verdognolo, sulla visiera del mio casco, la sollevo immediatamente perché non vedo quasi niente, faccio cenno agli altri di fermarsi, ho un problema! Siamo fermi a bordo strada! Mi tolgo il casco e guardo la situazione della visiera, non riesco ad immaginare che insetto potese essere, ma doveva essere enorme per avere tutta quella roba addosso! Se non avevo la visiera mi spappolava un occhio! La bottiglietta da ½ litro d’acqua che ho di scorta, mi serve tutta per fare pulizia.

Mentre io sono impegnato con il mio casco, i miei compagni accendono una sigaretta e si guardano in giro, Robi allunga un braccio indicando giù verso valle un gruppo di costruzioni prospicienti un laghetto, guardo anche io, sembrano ruderi.

La vista panoramica merita uno sguardo ravvicinato, andiamo a vedere.

Santo Stefano di Sessanio, questo è il cartello che ci accoglie ai piedi della collinetta su cui e installato quel gruppo di case.

Si ha l’impressione di avere fatto un salto nel tempo, siamo alla vista di un borgo medioevale, che, nascosto fra le montagne, sembra avere ignorato il trascorrere dei secoli. Torniamo indietro di 300 mt., verso la sponda del laghetto ci è sembrato di aver visto una specie di osteria con annesso fienile e stalla.

Parcheggiamo nei paraggi ed entriamo, quattro tavoli ed un bancone, sui muri qualche mensola con uccelli imbalsamati, oltre il bancone un personaggio che sembra uscito da un racconto del Boccaccio, chiediamo informazioni sul paese, sembra non capire, ordiniamo tre caffè, ripetiamo la domanda, …Da alcuni anni il paese è stato ristrutturato e reso abitabile ad uso turistico, abitanti fissi un’anziana signora che si è autoeletta guardiana del paese.

Ci incamminiamo per i vicoli.

Ogni vicolo, ogni stradina o cortiletto è motivo di stupore e meraviglia, – guarda quel portico! Guarda quella scaletta! Guarda quella porticina! Il cortiletto, la chiesetta, ecc…- Foto… Foto…Foto…Filmino! Usciamo affascinanti da questa specie di oasi in cornice medioevale.

Riprendiamo la via per Villa Santa Lucia.

Attraversiamo Castel del Monte, arriviamo al paesello di Domenico verso le 18,30.

Ci fermiamo nella piazza davanti al municipio, alcuni ragazzini si avvicinano incuriositi a guardare le moto, diverse stradine partono dal fondo, telefono all’amico che siamo arrivati, lo aspettiamo, che ci venga a prendere, non conosciamo l’indirizzo.

In un attimo è lì, eravamo vicini! Saluti…Saluti… Tutto bene! Ci fa strada, è in motorino, ci accompagna in uno spiazzo piano dietro casa dove fermare le moto. Villa Santa Lucia degli Abruzzi Le case sono fatte con sassi e malta, sembra la versione povera e contadina del borgo medioevale visitato in precedenza.

Scarichiamo i bagagli, entriamo in casa attraverso una piccola porta ed un paio di gradini.

C’è l’anziana mamma che ci fa grande accoglienza, ci diamo una rinfrescata, ci chiede se vogliamo cenare con loro, se ci accontentiamo! Per non essere scortesi e perché ci fa anche piacere accettiamo l’invito.

A tavola! Alla faccia del “se ci accontentiamo”, ci ritroviamo sul piatto una braciola di agnello grossa un dito e cucinata a meraviglia, insalatina e pomodori dell’orticello dietro casa, vinello sfuso locale bello fresco che va giù che è una meraviglia, fette di pane fatto in casa.

Così si passa la sera, raccontandoci storie a vicenda.

La nostra camera è un locale, nello stradello, fronte porta dell’appartamento, è attrezzato con letti per dormire, ma abbiamo il sospetto, vista la particolare sagomatura, che in origine fosse la camera del somaro che in queste zone era usato come mezzo di trasporto.

Non so se qualcuno ha russato o prodotto altri rumori, mi sono addormentato subito.

Sveglia! Sono le 8, abbiamo dormito bene! Accettiamo una tazza di caffè dalla Signora mamma.

Rimontiamo sulle moto “armi e bagagli”, salutiamo e ringraziamo, partenza! Ofena – Popoli – Sulmona – Anversa degli Abruzzi – Lago di Scanno. Fermata strategica, alleggerimento vestiario, il sole comincia a scaldare.

Siamo sulla strada regionale 479, ci avviciniamo al lago di Barrea, ad un certo punto, una grande insegna a lato strada ed un cippo di marmo ci informano che stiamo entrando nel Parco Nazionale d’Abruzzo, breve sosta e giriamo alcuni secondi di filmino con lo sfondo del tabellone.

Dall’alto della strada si vede, giù…Giù, un laghetto, è il lago di Barrea, il contorno è bello, molto verdeggiante, un campanile che si erge su un insieme di costruzioni ci segnala un paese, è Villetta Barrea.

Raggiungiamo il paese, non troviamo strutture ricettive, proseguiamo, ci sono indicazioni, Civitella Alfedena e i nomi di un paio di ristoranti e pensioni.

Seguiamo le indicazioni, abbiamo deciso che questa è la nostra zona di arrivo, Civitella Alfedena è un paesello abbarbicato su un versante della montagna che degrada verso il lago, seguiamo le indicazione per il centro.

Troviamo a fatica uno spazio che sia almeno un po’ piano per fermare le moto, tutte le strade interne sono in lastroni di pietra o sasso, non so! A vista d’occhio leggiamo – Trattoria con alloggio -, ci avviciniamo, entriamo, contrattiamo, prenotiamo, tre giorni mezza pensione, ci accomodiamo.

La solita camera con letto doppio e un singolo, bagno in camera.

Dopo cena ci concediamo una passeggiata conoscitiva del luogo, non è ancora buio, è uno di quei momenti limite in cui la luce del giorno non c’è più, ma il buio non è ancora arrivato, raggiungiamo un piccolo belvedere con vista sul lago.

Sembra uno specchio appoggiato a terra per riflettere i fianchi delle montagne che gli fanno da cornice, è più lungo che largo, come cala il buio si vedono le luci del paese alla fine del lago, è Barrea, da cui il nome! Ci ritiriamo, una giornata di viaggio reclama una notte di riposo! E’ una nuova giornata, la prima nel Parco, andiamo a visitarlo! Raccogliamo più informazioni possibili sui punti strategici della zona, da un depliant prelevato in albergo scegliamo “La Camosciara”.

Le moto partono bene, non abbiamo l’ingombro dei borsoni solo uno zainetto per la telecamera, con prudenza (i lastroni sono scivolosi!) scendiamo dal paese e raggiungiamo la strada per “La Camosciara”, la giornata è limpida e soleggiata, traffico minimo, siamo circondati da boschi, il verde è il colore dominante, il grigio della strada sembra una traccia di matita su un foglio verde! La Camosciara, arriviamo in un piazzale largo e asfaltato sufficientemente in piano ad uso parcheggio ed area di sosta, chioschino in legno con veranda e tavolini che offre bibite, panini, cartoline e mappe dei sentieri.

Arrivano due moto, parcheggiano vicino a noi, i guidatori scendono e si mettono ad armeggiare con un cacciavite sulla leva della frizione di una moto.

Distrattamente osserviamo, uno dei due ragazzi si avvicina a noi e con aria sconsolata ci chiede se, casualmente, abbiamo una pinzetta, poiché, non si sa come, gli è uscito il cavo della frizione dal registro sulla leva, rendendo problematico l’uso del cambio.

Nel giro di un minuto, appoggiate sulla sella, fanno bella mostra di se tre pinzette, l’espressione sconsolata di un attimo fa si trasforma in un sorriso! Il problema frizione si risolve in bellezza! L’atmosfera è più rilassata, ci presentiamo, sono due fratelli risiedono a Napoli e sono in giro turistico per un paio di giorni.

Festeggiamo la nuova amicizia andando al chioschino a bere un caffè.

Antonio e Nicola, così si chiamano, si aggregano a noi nell’affrontare il sentiero che si infila nel bosco sul fianco della montagna.

Approfittiamo dell’occasione per affidare la telecamera ad Antonio, che dice di essere pratico, per farci filmare tutti e tre assieme.

I due fratelli napoletani si dimostrano di buona compagnia, scherzosi e sempre pronti a cogliere o dire una battuta.

Antonio ha la risata facile e gesticola molto brandeggiando vistosamente la mia telecamera, sono in leggera apprensione, con la scusa di voler filmare una cascatella del ruscello che costeggia il sentiero, rientro in possesso della videocamera.

Cammina…Cammina, salita e discesa, le gambe cominciano a stancarsi, siamo gente di pianura! Non abbiamo visto né camosci nè uccelli né scoiattoli, ma sentito versi strani con sottofondo il mormorio del ruscello, visto farfalle, libellule in riva al torrente, insetti vari che fuggono dai fiori, disturbati dal nostro passaggio, in compenso l’atmosfera è rilassante e l’aria odorosa delle essenze del bosco.

Decidiamo di ritornare.

Il chioschino è in piena attività, il fumo della griglia e l’odore della carne ai ferri si diffonde per l’area parcheggio.

Conquistiamo un tavolo e con grande sollievo ci sediamo.

Ordiniamo una grigliata mista innafiata da vino rosso locale e contorno di patatine fritte.

Nell’attesa ci accordiamo per un giro esplorativo da effettuare l’indomani, tutti assieme, per le strade della zona.

Il resto della giornata passa cazzeggiando…Cazzeggiando…Cazzeggiando.

Cena in albergo, passeggiata digetiva per il paese, i vicoli sono tutti in pendenza, o si sale o si scende, i polpacci sono ancora leggermente indolenziti.

Siamo avvolti da un silenzio quasi magico, si sente il rumore dei nostri passi sul lastricato, le stradine sono illuminate da lampioncini simili a lanterne, bella atmosfera! Si va a letto, Robi comincia a russare e Gegè a digrignare i denti, adotto il solito sistema collaudato, uno scossone a Robi e una ciabatta a Gegè.

Ci ritroviamo al mattino, nell’area del belvedere, con Antonio e Nicola, che hanno le moto cariche di bagagli perché poi proseguono per casa.

Partiamo! Sorpassiamo Villetta Barrea direzione Oppi – Pescasseroli, la strada è buona, traffico quasi assente, alberi e vegetazione boschiva ci circondano, in certi tratti sembra di passare in un tunnel che si apre davanti a noi e si richiude dietro.

Ad Oppi, nei pressi del bivio per Pescasseroli, ci fermiamo, ci organizziamo per girare un filmino ricordo.

Parcheggio la moto in una piazzola, giù di strada, antistante una casa all’apparenza disabitata, videocamera in mano salgo, dietro, in moto con Robi.

Ripartiamo in direzione confine con regione Lazio, visiera sollevata, comincio a riprendere, mi sento regista.

Breve ripresa al contakm, inquadro la ruota e la strada che scorre sotto di essa, sorpasso con ripresa del gruppetto di testa, panoramica frontale, ripresa posteriore con leggera torsione del busto ed ondeggiamento della moto, mi rimetto in asse fermo la videocamera. Robi urla qualche cosa, ma non capisco! Confine Abruzzo – Lazio, lo raggiungiamo dopo alcuni km. Di strada sempre in dolce salita e ricca di curve da penellare.

C’è un piazzale attrezzato con area di ristoro, baracchina con ricordini, baracchina con griglia fumante e salsiccie gocciolanti e scricchiolanti, parcheggio.

Sembra che nella zona ci sia un eremo o santuario in cui è usanza fare pellegrinaggio, non individuiamo il nome! Parcheggiamo, beviamo una birra in compagnia, salutiamo Antonio e Nicola che poi proseguono, saluti…Saluti…Saluti… Grazie della compagnia, ci scambiamo i numeri di telefono.

Ritorniamo! Io sono ancora in moto con Robi, ho riposto la videocamera nello zainetto e mi passo il tempo ad osservare il paesaggio, un po’ a destra un po’ a sinistra, alberi di qua e alberi di là, in qualche spiazzo cataste di tronchi sfrondati e ben allineati.

Ci avviciniamo al piano, il bosco si dirada, il sole del tardo pomeriggio è ancora tiepido, sentiamo la differenza con il fresco e l’umido della zona boschiva, si sta bene! In distanza vedo la mia moto posizionata dove l’avevo lasciata, con un raggio di sole, che riflette nella parabola del fanale, senbra mi faccia l’occhiolino.

Controllo, salgo, metto in moto e via verso Civitella Alfedena.

Parcheggiamo le moto nel solito posto a 50 mt. Dalla pensione, raggiungiamo la nostra camera, ci turniamo per la doccia con intervallo di riposino, non c’è televisione, a qualcuno scappano gli occhi e si assenta, e qualcun altro consulta carte geografiche.

Dopo cena, passeggiatina per il paese, l’immobilità è totale, non c’è nemmeno un bava di aria che muova una foglia, decidiamo di muoverci noi.

Recuperiamo caschi e giubbotti, cavalchiamo le moto e ci avviamo verso il lungolago in direzione Barrea, obiettivo: un gelato al bar! La strada costeggia il lago per diversi tratti mentre in altri se ne allontana infilandosi fra gli alberi del bosco che alla luce dei fari assumono aspetti strani o proiettano ombre curiose, La serata non è molto luminosa, in cielo, la luna mostra una misera fettina bianca, in compenso risaltano molto bene le stelle che si riflettono anche nello specchio del lago, avanziamo ad andatura quasi da corteo, per osservare meglio l’effetto stelle-lago.

Io sono in testa con gli abbaglianti accesi, ad una distanza di circa 200 mt. Mi sembra di vedere brillare qualcosa in mezzo alla strada, penso sia un pezzetto di vetro od un qualche altro materiale che riflette la luce dei fari.

In avvicinamento comincio a distinguere meglio la fonte del luccichio, sono due punti luminosi che si sono mossi per un attimo e riposizionati.

Potrebbe essere un coniglio selvatico o una lepre abbagliata dai nostri fari.

Alzo il braccio sinistro indicando agli altri di avanzare molto lentamente con gli abbaglianti accesi, ad una ventina di metri ci fermiamo puntando tutte le luci sull’oggetto misterioso.

Distinguiamo bene, ciò che ad un primo momento poteva sembrarci anche un gatto, ora, vediamo essere un bell’esemplare di volpe, abbagliata e disorientata dall’intensità dei nostri fari.

Siamo fermi, spegnamo i motori, spegnamo anche le luci, per qualche attimo, abituati a vedere con i fari, ci sembra di essere avvolti in una coperta nera, frazioni di secondo, ma sufficienti perché la volpe, ritrovata la condizione naturale, si riprende e con agilità raggiunge il bordo strada e scompare nel fitto della boscaglia.

Meravigliati e contenti per quell’incontro ravvicinato con un abitante del bosco, riprendiamo la strada in direzione Barrea.

Strada Regionale Marsico – Sarentina (SR 83), ponte sul fiume Sangro.

Il Sangro nasce dai monti della zona di Pescasseroli, si espande in una vallata nei pressi di Barrea formando l’omonimo lago, esce e continua la sua corsa verso l’Adriatico formando altri invasi di cui il più consistente è il lago di Bomba.

Sono le 21,30, entriamo in paese, cerchiamo la piazza principale, è al solito posto tra la chiesa ed il municipio, contornata dalla farmacia, un bar-trattoria-pizzeria ed un bar gelateria frequentato da giovani, lo si intuisce dai motorini parcheggiati e dal movimento di auto con ragazzi che salgono o scendono, si fermano o ripartono.

Il posto è buono, parcheggiamo, conquistiamo un tavolino e tre sedie in posizione esterna, ordiniamo tre gelati ed una bottiglia di acqua.

Ci scambiamo le impressioni sull’incontro con la volpe, i gelati sono buoni! Si è fatto tardi, per noi, raggiungiamo le moto e ci avviamo sulla strada del ritorno in albergo, stessa strada, nessuna sorpresa! In camera prepariamo le borse tenendo fuori solamente l’abbigliamento da viaggio, domani partenza per il ritorno.

Buongiorno,sono le 8,30, scendiamo per la colazione.

Recuperiamo un pacchetto di fette biscottate e qualche confezione di marmellata ad uso scorta viaggio, un paio di bottigliette da ½ litro di acqua.

Partiamo, ripercorriamo la Marsico – Sarentina per Barrea, non c’è la volpe, ma in compenso tante farfalle che è impossibile schivare e un bel panorama, a destra il lago e a sinistra la montagna.

Raggiungiamo Alfedena sulla s.S 83, prendiamo per Castel di Sangro, rimaniamo sulla ss17 direzione Roccaraso.

Rivisondoli, Pescocostanzo, ci addentriamo nel Parco Nazionale della Maiella.

Per diversi kilometri, alla nostra destra, siamo accompagnati da una linea ferroviaria che, a tratti, scompare e ricompare, fino ad un punto in cui cambia nettamente direzione ed infilandosi in una galleria si dirige a sinistra verso il centro della Maiella verso Campo di Giove.

La strada si snoda tra boschi e colline in modo poco impegnativo, il chè ci permette di ammirare il panorama senza bisogno di tenere andature da passeggiata.

Lama dei Pellegrini, Corpi Santi, Fonterossi, abbandoniamo la zona verde del Parco per addentrarci in un paesaggio il cui colore dominante è il grigio-bianco-marroncino dei fianchi franosi delle montagne che ci fanno da contorno. Strada Provinciale Frentana, Fico San Martino, Vicenne, da qui in poi, alla nostra destra, una vegetazione ricca di cespugli di ginestre e querceti, ci fa da cornice fino al lago di Sant’Angelo, creato dal fiume Aventino.

Per diversi kilometri la strada costeggia il lago Sant’Angelo, i cespugli gialli di ginestra incorniciano le sponde e creano un piacevole contrasto con lo sfondo azzurro-verde del lago.

La Ginestra “La Ginestra è un arbusto sempreverde che può raggiungere i 3 metri di altezza. Originaria del bacino del mediterraneo, è diffusa allo stato naturale in tutte le regioni d’Italia, ove cresce spontanea anche su terreni aridi e franosi. Il suo habitat naturale è costituito da boschi radi, brughiere, scarpate e terreni sabbiosi o rocciosi. Per la sua resistenza anche agli agenti inquinanti è usata spesso per il recupero ambientale per il l consolidamento di terreni franosi. La Ginestra si trova dal livello del mare fino ai 1400/1500 metri.” La vista panoramica merita una sosta, una piazzola contornata da ginestre ci accoglie.

Mai visto tante ginestre in vita mia! Le fette biscottate e le marmellatine recuperate al mattino, si dimostrano provvidenziali, le finiamo! Scattiamo qualche foto immersi in uno sfondo giallo.

Dedichiamo alcuni minuti alla pulizia delle visiere dei caschi da frammenti di insetti e sbavature appiccicose.

500 mt. Più avanti c’e un distributore di carburante con bar, facciamo il pieno di benzina e di caffè.

Proseguiamo per Casoli e ss 84 Contrada Vicenne, Contrada Selva di Antino, ritoviamo la linea ferroviaria che a destra sepeggia fra roccie e boschi di ginestre, poi, come è spuntata scompare inghiottita dalla montagna.

A Selva imbocchiamo la sp113 fino ad incrociare la strada Fondovalle Sangro ss 652 che ci accoglie larga e dritta che sembra tirata con un righello.

Raggiungiamo lo svincolo per la statale Adriatica ss16, direzione nord.

La ferrovia litorale adriatica si sviluppa a destra, parallela alla strada, oltre, si può vedere la spiaggia ed il mare.

Mi viene un’idea! Perché non ci facciamo un bagno? Accedere alla spiaggia non è facile, c’è sempre la ferrovia di mezzo! Finalmente una deviazione con sottopasso: via Lungomare.

Imbocchiamo ed al primo chioschino da spiaggia ci infiliamo nel parcheggio.

Sono le 14, fa caldo, ci spogliamo degli abiti da viaggio, razzolando, ognuno dentro al proprio borsone, recuperiamo il costume da bagno, stendiamo un paio di asciugamani tra due manubri ad uso paravento – cabina e ci cambiamo in tipi da spiaggia.

Posare i piedi nudi sulla sabbia bianca, fine e soffice è una piacevole sensazione, il mare è leggermente mosso, ci avviciniamo alla battigia, appoggiamo a terra gli asciugamani.

I piedi sono lambiti dall’ultima ondina che si disperde sul bagnasciuga, sembra fredda, superiamo il primo impatto, dentro fino al ginocchio, un’onda un po’ più alta bagna il costume a me e Robi, che siamo più bassi di Gilberto, a questo punto ci buttiamo.

Che meraviglia! L’acqua mi sostiene, mi lascio galleggiare, il corpo sembra non avere peso, cerco di godermi al massimo questo momento.

Robi e Gilberto starnazzano e sguatterano spruzzandosi a vicenda.

I polpastrelli raggrinziti delle dita ci avvisano che è il momento di risalire.

Ci stendiamo con gli asciugamani, sulla sabbia che ci accoglie sofficie e calda, il sole ci asciuga ed una leggera brezzolina ci accarezza, chiudo gli occhi , mi lascio andare.

Apro gli occhi, sono solo, mi alzo, sono passati una ventina di minuti, guardo verso il chioschino, Robi e Gilberto sono là, seduti a tavolino davanti a due boccali di birra e mordono qualche cosa.

Mi avvicino, mi additano ridendo, mi accorgo di avere fame e sete, birra e piadina anche per me! Bella sosta! Ci ricomponiamo, vestizione da viaggio, via per l’Adriatica direzione nord.

Attraversiamo paesi e frazioni talmente contigui che solamente dalla lettura delle indicazioni stradali si può capire dove finisce uno ed incomincia l’altro, tanti incroci e tanti semafori, la media è molto bassa.

Cerchiamo un raccordo per l’autostrada.

Pescara Sud – Francavilla al Mare! Imbocchiamo l’autostrada, andiamo meglio, niente incroci di paese, niente vecchiette o bambini che attraversano la strada senza guardare.

Lasciamo andare i cavalli, media da codice 120 kmh.

Giunge il momento di fare rifornimento, entriamo in un’area di servizio, il pieno di carburante ed un caffè, Gilberto non si sente bene, appoggiato ad un palo della luce in un’aiuola, lo vediamo vomitare.

Accorriamo, è pallido, lo accompagnamo a sedersi sul bordo di una fioriera, non ci sono ne panche ne sedie, pensiamo che la birra fredda gli abbia inchiodato la piadina ed il viaggio ha fatto il resto, vado a prendere un the caldo, non ha voglia di parlare.

Sono trascorsi una trentina di minuti, Gilberto accende una sigaretta e mastica un chewing – gum, ha ripreso colore, sembra a posto, aspettiamo ancora cinque minuti, ok si parte.

L’andatura è un po’ rallentata, Gegè rimane indietro, forse non è ancora in piena forma, comunque si va! E’ quasi il tramonto, siamo a 400 km. Da casa, ed è dal mattino che guidiamo, io e Robi decidiamo che è meglio uscire e pernottare, una bella riposata rimetterà in sesto anche Gilberto che ci segue senza dire altro.

Prossima uscita: Fermo – Porto San Giorgio.

Porto San Giorgio è una classica località turistico-balneare, il paese con gli alberghi, il lungomare con la passeggiata, la spiaggia con i chioschi e gli sdrai.

Dopo un paio di tentativi andati a vuoto troviamo alloggio in un albergo sul lungomare, una camera singola ed una doppia, nella singola Gegè.

Prenotiamo dormire e prima colazione, Gilberto si ritira in camera, io e Robi, fatta una doccia, scendiamo a cercare una pizzeria.

Guardiamo il passeggio, c’è bella gente, chi discute, chi lecca un gelato, chi telefona, chi si guarda attorno per vedere se lo guardano, ci siamo anche noi e sembra che non ci guardi nessuno! Torniamo sui nostri passi, raggiungiamo la camera e ci affidiamo alle cure del materasso.

Mattino, dalla mia finestra si vede il versante dell’appennino marchigiano rigato dai filari dei vigneti illuminati dal sole che ne esalta i colori e le sfumature delle foglie.

Abbiamo dormito bene! Ci ritroviamo al tavolo delle colazioni, Gilberto è in forma, si scherza e si mangia.

Siamo pronti, percorriamo il lungomare fino al lido di Fermo dove individuiamo le indicazioni per un sottopasso della ferrovia verso la statale Adriatica.

Imbocchiamo la ss 16, la giornata è buona, è fresca e luminosa, il traffico è scarso e l’andatura scorrevole, siamo fortunati, attraversiamo alcuni incroci a semaforo verde.

Non abbiamo ancora visto le indicazioni per il raccordo autostradale A14.

Alla nostra destra, la strada ferrata ci accompagna fedele, per alcuni kilometri siamo affiancati da un treno che sembra non funire mai, su alcune vetture riesco a leggere LECCE – VENEZIA, lo perdiamo nei pressi di Civitanova Marche, dove troviamo le indicazioni per l’Autostrada adriatica, le seguiamo.

Siamo in autostrada, oramai il nostro unico pensiero è arrivare a casa senza problemi e concludere in bellezza la nostra motovacanza.

Il giallo dei campi di girasole ha preso il posto delle ginestre, sciepi di oleandri di vari colori delimitano i bordi strada, la nostra media 120 kmh è scorrevole, qualche puntata ai 130 -140 per sorpassare gli autotreni e via così.

All’altezza di Portorecanati, l’autostrada si allontana dalla costa e di addentra sull’appennino, anche se, girando in alto, in certi punti, si può ancora vedere l’azzurro del mare perdersi all’orizzonte.

Oltrepassiamo il Conero, Ancona, Senigaglia, all’altezza di Fano rifornimento e riposino in area di servizio, pulizia visiere, grattatina in testa, caffè.

Ci siamo stancati di autostrada, decidiamo di uscire a Rimini nord – Bellaria – Santarcangelo, Riprendiamo la ss16, è più impegnativa, ma meno monotona, è un tratto che conosciamo.

A Ravenna imbocchiamo la ss 309 Romea dir. Venezia.

Passiamo il Santerno, il Reno, siamo nel territorio dei lidi ferraresi, respiriamo aria di casa, la strada ci è nota e le moto la conoscono a memoria, ogni crepa ed ogni buca.

La solita coda di auto tra Spina, Estensi ed il ponte sul canale di Portogaribaldi, sorpassiamo la fila fino oltre il ponte, raggiungiamo il raccordo autostradale Ferrara-Portogaribaldi, In trenta minuti siamo alle porte della città Ultima tappa a casa da Robi, qui dove è incominciato il progetto del viaggio, qui è terminato.

Sono le 17,30 di un pomeriggio di luglio i motori tacciono, hanno caldo, anche noi, ci togliamo l’abbigliamento da viaggio, la moglie di Robi si affaccia al balcone e ci saluta – tutto bene? – Ok! -.

Il tavolino di cemento sotto il salice piangente ci suggerisce una birra fresca ed un brindisi che ci apprestiamo a fare.

Bel giro, ci accordiamo per una serata con le mogli per visionare filmino e diapositive e ricordare i momenti vissuti.

Saluti…Saluti…Saluti…, grazie della compagnia! Alla Prossima! La moto è in garage, slaccio le borse, la guardo, brava! Domani ti faccio uno shampoo! Giovanni



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche