Un viaggio altrove: l’Antica Monterano è un borgo di meraviglia da scoprire nei dintorni di Roma

Scritto da: Francesco De Luca
un viaggio altrove: l’antica monterano è un borgo di meraviglia da scoprire nei dintorni di roma

A Monterano ho avuto la viva percezione di essere stato catapultatoaltrove, verso un tempo ideale, fuori dal presente che sono abituato a vivere e pensare; d’altronde, chiunque, almeno una volta, ha potuto sognare una terra lontana, e magari una terra, come in questo caso, popolata da pellegrini, attori,registi, e un viavai di mercanti lungo antiche vie su cui si arrampica scomposta la macchia mediterranea. 

Ecco, questa è stata la mia percezione. 

Ho trascorso una sola giornata all’Antica Monterano – che non mi è bastata, perché mi sarei fermato volentieri un’altra settimana –, eppure una giornata è stata sufficiente per capire che in un posto del genere bisogna tornarci un tot di volte nella vita; da soli, in coppia, in compagnia di un amico o di un familiare: il tufo degli antichi edifici, che raccolga il sole o le nuvole di una brutta giornata, riesce, sempre e comunque, ad accendersi di vita;ci sono poi le foglie che scricchiolano sotto i passi e il vento nelle valli, che pare la voce di chi è vissuto prima di noi.

L’ingresso attraverso l’acquedotto, con le sue arcate che dominano la campagna, è stato il primo colpo di fulmine: la pietra morbida, i licheni, il silenzio. Poi il sentiero che sale, dove gli alberi si aprono appena per lasciare intravedere l’antico borgo; è oramai da tempo che nessuno abita più qui, eppure, a guardare gli edifici, non si stenta a credere che qualcuno – un locale, un turista, perfino un forestiero –, potrebbe, presto o tardi, fare ritorno. 

Lungo il cammino che porta al cuore medievale della città – quel nucleo che un tempo fu il borgo di Monterano – ribolle ancora la vita naturale; un fermento diverso da quello delle città, ma altrettanto potente: la rinascita qui non è nelle botteghe, ma nella vegetazione che riabbraccia le strutture, nei sentieri custoditi e nelle storie condivise dai pochi che ancora parlano di Monterano come luogo vivo, familiare, identitario.

La sagoma della chiesa di San Bonaventura, quella stessa chiesa in cui resiste il fico centenario sotto al quale, ne “Il Marchese del Grillo”, si siede il prete Don Bastiano, cattura lo spirito sublime di questo angolo del Lazio, quel sublime che – al di là delle frasi fatte –, genera al contempo nello spettatore una sensazione di meraviglia e timore, di piccolezza davanti al paesaggio e alla natura circostanti. 

Tutto intorno, la valle del Mignone, i rumori lontani di Canale Monterano – la nuova Monterano –, i calanchi, le colline che si frantumano verso l’orizzonte. 

Come spesso capita, avevo più volte sentito parlare di Monterano, e, come capita altrettanto spesso, non avevo mai avuto l’occasione di staccare il cervello e di dedicare a questo luogo il giusto tempo. 

Il pretesto – finalmente direi – me l’aveva dato una giornata di fine settembre; me ne ero partito da Roma per conto mio, in auto, così da poter godere di quel passaggio panoramico che conoscevo bene, fra la campagna romana e la Tuscia laziale. 

Un dolce passaggio, ci tengo a sottolinearlo, in cui, anche percependo che si sta andando altrove, non si soffre della vista di un confine brusco ed evidente. 

Arriviamo allora a quel giorno.

Due passi fra Monterano Vecchia e Monterano Nuova

Scelgo di non farmi accompagnare da nessuno, neanche da una guida; l’idea è quella di addentrarmi nella città antica, e poi fare un salto verso Monterano Nuova, “città del pane”, per visitare il centro storico e magari sbirciare in qualche forno.  

La lavorazione del pane, la produzione dell’olio, la gestione dell’acqua, le sorgenti sulfureenella Riserva, la struttura aristocratica degli Altieri, i nobili che dominarono la città nel Seicento e nel Settecento; insomma, magari non le avrei viste tutte quel giorno, ma c’erano davvero parecchie cose da scoprire. Alla fine di un sentiero ombreggiato, sterrato ma ben curato, mi trovo davanti a un “ingresso libero”,cioè contraddistinto da una piccola staccionata in legno apribile e richiudibile tramite un cordoncino; da lì si entra nelle viscere dell’Antica Monterano.

Il sentiero si apre in un tratto panoramico che conduce alla Fontana del Leone, opera attribuita al Bernini come la vicina chiesa di San Bonaventura. La scultura – un leone che con la zampa fa zampillare l’acqua dalla roccia su cui è posto – è oggi muta, per dire che non parla più attraverso l’acqua, eppure mantiene una bellezza riconoscibile.
Il leone sta al centro della facciata del Castello Altieri, sulla sommità di una fontana barocca che consta di una parete rocciosa e una vasca di raccolta delle acque. Palazzo Altieri è una struttura antica, imponente, dove il respiro della nobiltà si fa denso e l’ambizione di un’epoca passata trasuda da ogni blocco di tufo. 

Proseguo verso lo scorcio più iconico, la chiesa di San Bonaventura – il luogo in cui Monicelli aveva scelto di girare alcune scene de “Il Marchese del Grillo” e di “Brancaleone alle Crociate” –, dove l’impianto scenografico della facciata emerge come un sipario teatrale: arcate aperte sul cielo, colonne sbrecciate, nicchie vuote. Ho voglia di continuare a esplorare la città antica, ma decido di fermarmi per qualche secondo; mi appoggio a un blocco di tufo, così da pensarci un po’ su: di solito qui ci si viene solo per visitare l’antico abitato, dimenticando l’importanza della natura circostante; è lei che accende, che rende possibile questo scenario da fiaba, questo set che sembra creato ad hoc in uno studio di Cinecittà, ma che, invece, con la finzione non ha nulla a che fare. 

Le radici che stringono la pietra sembrano tenere insieme gli edifici come cemento; l’edera e le fronde degli alberi che sbucano da qualche tetto divelto; il prato che si sostituisce al mattonato delle antiche vie. La natura, tenuta a bada e instradata dall’uomo quel tanto che basta, è riuscita, da sé, a concentrarsi negli spazi giusti, a ricucire le crepe del tempo, a perpetrare la vita anche in un luogo disabitato.

Per visitare la Riserva e le sorgenti sulfuree non c’è tempo, un buon motivo per tornare una seconda volta. 

È primo pomeriggio, ritorno verso l’auto ribattendo il sentiero dell’andata; prima di tornare verso Roma, c’è tempo per fare due passi a Canale Monterano, la città nuova, e, soprattutto, di mangiare qualcosa. 

Scopro con stupore che l’abitato moderno sorse attorno alla metà del XVI secolo, ma non per causa diretta dello spopolamento della città antica; furono infatti i braccianti provenienti dal centro Italia – nello specifico da Toscana, Umbria e Marche – chiamati a disboscare i boschi rigogliosi di queste zone, a popolare la nuova Monterano. In un secondo momento, per svariati motivi e, da ultimo, a causa delle incursioni delle truppe francesi occorse alla fine del XVIII secolo, si trasferirono qui anche gli abitanti della città antica. 

L’odore del pane non risparmia né i vicoli né la piazza centrale; qui, l’arte della panificazione ha alle spalle 500 anni di esperienza, e, ancora oggi, viene portata avanti da pochi mastri panettieri nei loro forni a legna. 

D’altronde, per questo si è meritata il titolo di “città del pane”.  In uno dei due forni su Corso del paese i proprietari mi spiegano la storia di questo prodotto: “È cotto nel forno a legna, per il quale utilizziamo ancora le fascine di quercia e castagno. Il pane è sciapo, e, per questo, riesce bene ad accompagnare qualsiasi alimento, non coprendone, ma, anzi, esaltandone tutto il gusto. Lo capirai dopo che avrai assaggiato questo panino prosciutto e formaggio”.  Pago, esco e porto con me il panino che mi hanno incartato; me lo mangerò tornando verso Roma. Al primo morso, stupito, ripenso alle parole dei signori; il ripieno è ottimo, non c’è dubbio, ma il pane è davvero di un altro pianeta. 

Un progetto che riporta l’antico al centro del presente

Non solo passeggiate, ma anche e soprattutto una full immersion in una storia straordinaria. Ed è proprio per tutelare l’Antica Monterano, oltre al corollario di luoghi che la circonda, che è nato il progetto raccontato attraverso il portale anticamonterano.it, fortemente voluto dall’Amministrazione locale e i cui interventi sono stati finanziati grazie all’Avviso Pubblico DTC – Ricerca e Sviluppo di Tecnologie per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale promosso dalla Regione Lazio, e realizzato dal Comune di Canale Monterano, che a dicembre 2025 vedrà la sua conclusione. Dall’illuminazione artistica al monitoraggio satellitare del sito, dagli access point digitali alle ricerche storiche fino al marketing territoriale, questi interventi sono chiamati a dare al sito di Antica Monterano una sempre maggiore visibilità e riconoscibilità, rivolta al turismo di prossimità e non solo. Per scoprire questi luoghi nel periodo delle feste, il Presepe Vivente nell’antico borgo è il momento giusto: 26 e 28 dicembre 2025 e 4 gennaio 2026 le date da segnare in agenda, per un ambiente pronto ad accogliere i visitatori-spettatori con spirito di accoglienza, serenità e sorpresa.



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