La bolla della scoperta e tutte le meraviglie di Genga: un viaggio tra Acqua e Zolfo nel cuore pulsante delle Marche

Dalle antiche terme romane ai simboli della vita e della rinascita del territorio, intorno al complesso termale di Frasassi si sviluppa una macroarea che racchiude le più interessanti declinazioni turistiche della Regione Marche
Stefano Maria Meconi, 16 Ott 2025
la bolla della scoperta e tutte le meraviglie di genga: un viaggio tra acqua e zolfo nel cuore pulsante delle marche

Good things come to those who wait, dicono gli inglesi. Le cose migliori arrivano a chi sa aspettare, e l’attesa nel caso di Genga, piccola perla incastonata nel cuore pulsante e verdissimo nelle Marche, è quella di arrivare al termine di un percorso che culmina in eccellenze di rara bellezza. Si respira un’aria che non è soltanto pura, ma è la cifra media di una ricercatezza che in realtà fa parte del sentire quotidiano di chi vive e anima questo territorio. Una bolla nel cuore delle Marche, immersa tra le montagne ma allo stesso tempo vicina al mare, dove lo scorrere dei fiumi e la presenza di acque risorgive ha dato vita a capolavori come le Grotte di Frasassi: non le più grandi al mondo, ma le più belle del mondo, come ci tengono a raccontare gli speleologi che accompagnano i visitatori nelle esplorazioni guidate lungo le sale, gli anfratti, le stalattiti e le stalagmiti di questo luogo scoperto poco più di 50 anni fa. Il concetto della bolla, come vedremo, vive nelle diverse espressioni del territorio: naturale, enogastronomico, ambientale, culturale e del benessere, quello rappresentato dal complesso termale di Frasassi, un’eccellenza nel campo della cura della persona di cui vale la pena parlare anche per la capacità attrattiva che esercita sul vasto territorio marchigiano.

La bolla della storia: Papa Leone XII e i conti della Genga

tempietto del valadier, genga

La storia di Genga non può non tenere conto del suo passato nobiliare, nel quale insiste un personaggio apparentemente marginale, ma in realtà fondamentale: è Papa Leone XII, che regnò sullo Stato della Chiesa dal 1823 al 1828. Nei soli cinque anni di un pontificato difficile, per le precarie condizioni di salute di Annibale dei conti della Genga, e per la situazione politica creatasi dopo il periodo napoleonico e la Restaurazione, la rivoluzione di questo nobile marchigiano si fece evidente con maggiore forza proprio nel suo territorio di provenienza. Ancora oggi, il lascito del pontefice – l’unico che riuscì pur tra mille difficoltà a far celebrare il Giubileo ordinario nel corso del XIX secolo – è evidente in ogni luogo gengarino. Lo è nel borgo alto, un gioiello costruito sopra e con la pietra rossa della Genga, dalle sfumature calde e accoglienti che la rendono un unicum nelle Marche e in tutto il centro Italia. Lo è all’ingresso del breve ma impegnativo cammino che porta al tempietto (tempio) del Valadier (definizione impropria: la costruzione si deve invece probabilmente a un architetto marchigiano, e la definizione più corretta è “Tempio di Santa Maria Infra Saxa” o della “Madonna di Frasassi”), su cui troneggia all’ingresso dell’impegnativo percorso una statua bronzea del papa donata dal locale Rotary Club. Sempre all’ingresso del tempietto, una lapide marmorea celebra “[…]La memoria di Leone XII, della illustre prosapia dei conti della Genga che nel suo glorioso pontificato per affetto al suo luogo natale ne allargò il comune l’arricchì di vie eresse questo tempietto istituì nuove parrocchie dotò le povere ed avrebbe più largheggiato se più fosse vissuto”.

Attraversare i vicoli di Genga Alta è una coccola per gli occhi e per l’animo: su una delle sue piazze principali, lo sguardo spazia dalla piccola parrocchiale di Santa Maria Assunta, con le cappelle che ospitano quadri a tema mariano di scuola marchigiana del XVII secolo, al museo di Genga dedicato all’arte e alla storia del territorio che ospita è conservata una copia della cosiddetta Venere di Frasassi. Una statuetta di pochi centimetri ricavata da una stalattite attribuita al periodo paleolitico (20mila anni a.C.) e ricavata dalla scultura di una formazione rocciosa proveniente forse proprio dalle grotte. L’originale si trova ad Ancona e fa parte delle veneri paleolitiche, la Dea Madre come celebre venere di Willendorf (26mila a.C:). E ancora, la tutela del borgo, in cui insiste anche il complesso abitativo ancora oggi appartenente ai conti della Genga, eredi di Papa Leone XII, si vede attraverso la celebrazione di eventi e iniziative di comunità. D’estate, il borgo si trasforma in una vetrina a cielo aperto delle Marche. Botteghe con maestri cartai, fabbri, pittori all’opera e in piazza, calici firmati dalle DOC delle Marche e gastronomiche dove taverne e ristoranti declinano tipicità che spaziano dai salumi pregiati come il Re Ciauscolo, il salame di Fabriano, il prosciutto di Carpegna a formaggi speciali capeggiati dalla storica caciotta d’Urbino e specialità come i paccasassi del Conero, il vino di visciola e lo storico sovrano correttivo, il maceratese Varnelli o l’anisetta ascolana che firma la tazzina di caffè marchigiano.

La bolla della salute: i benefici delle terme di Frasassi (e quelli antichi di Sentinum)

abbazia

Genga è la sua acqua: l’acqua sembra voler accompagnare i numerosi visitatori che, spinti dalla curiosità o dalla ricerca del benessere, giungono fino a qui per trarne tutti i suoi benefici. A neanche 800 metri dall’ingresso delle grotte di Frasassi, comodo da raggiungere in automobile (grazie alla vicina superstrada) o con il treno (la fermata è a un tiro di schioppo), il complesso delle Terme di Frasassi è una struttura che valorizza le proprietà delle acque sulfuree di risorgiva, che emergono dalle viscere della terra portando con sé, oltre al caratteristico odore pungente di zolfo, importanti benefici per la salute di adulti e bambini. Le terme costituiscono un importante polo della salute convenzionato con il Servizio sanitario nazionale. All’ombra dell’Abbazia di San Vittore alle Chiuse, pregevole edificio romanico dell’XI secolo tra i più importanti delle Marche, e accanto a un ponte databile tra XI e XIII secolo, in un quartiere servito da un alimentare “vintage” (il caffè è da assaggiare sul balcone che si affaccia sul fiume), le Terme di Frasassi rappresentano un polo di riferimento nazionale per trattamenti di grande beneficio nelle patologie respiratorie e otorinolaringoiatriche. In questo centro, moderno e di facile accessibilità – oltre al suo contorno storico e naturalistico di pregio – è anche riservata una certa attenzione ai trattamenti estetici e terapeutici, sotto forma di massaggi, massoterapia, rivolti soprattutto a eliminare gli inestetismi, sgonfiare il corpo, favorire la diuresi attraverso l’alto contenuto di zolfo di queste acque che sgorgano dalle fonti naturali alla temperatura di 13 °C e vengono poi usate nei vari trattamenti efficaci per i reumatismi. A completamento dell’esperienza di benessere, la moderna struttura dell’Hotel Terme di Frasassi, dotata di ogni comfort, è aperta tutto l’anno per offrire ai visitatori un luogo dove riposarsi, programmare un weekend di benessere e approfittare dell’ottima cucina territoriale della brigata del Ristorante La Terrazza per accompagnare l’ospite in un’esperienza di gusto che accarezza e intensifica e completa il wellness termale.

turistipercaso

Le terme, si sa, non sono un’invenzione recente: quelle di San Vittore risalgono agli antichi romani che hanno lasciato tracce di come ne usufruivano nel sito delle terme extraurbane del Parco archeologico di Sentinum, alle porte di Sassoferrato. Qui, in uno spazio di 16mila metri quadrati, visitiamo quello che fu il buen retiro termale dell’antica città sorta nel luogo della Battaglia delle Nazioni tra i Romani e le popolazioni italiche del Centro Italia del 295 a.C. e segnò l’inizio della supremazia romana nell’Italia peninsulare. Grazie a un progetto di ricostruzione in realtà aumentata e all’utilizzo di nuove tecnologie, è possibile rivivere gli ambienti delle fornaci e dei bagni termali, in un collegamento identitario e all’insegna di storia e benessere che unisce Frasassi e l’area archeologica Sentinum.

La bolla della natura e la sentieristica del Parco Naturale Gola della Rossa e di Frasassi

sentiero dell'aquila

Poco più di 10mila ettari fanno del Parco Naturale Gola della Rossa e di Frasassi l’area naturale protetta con la maggiore estensione in tutta la Regione Marche. È un territorio caratterizzato dall’amplissima varietà naturale, oltre che dalla presenza di una biodiversità che, anche nella fauna, vede presenze di grande valore come le aquile. Proprio a loro è dedicato uno dei sentieri più belli del comprensorio di Genga, il Sentiero dell’Aquila (sentiero 121 e 121A). L’anello, lungo poco più di 5 chilometri, tocca o sfiora alcuni luoghi di particolare pregio in cui la bolla della natura si esprime in silenzi che parlano e dove si tocca con un dito tutta la varietà di paesaggi di quest’angolo delle Marche. Partendo da Rosenga, borgo e frazione di Genga a circa 500 metri d’altitudine, si parte alla volta di un percorso complessivamente facile, caratterizzato dalla successione armonica di boschi di querce, carpini, pini e numerosi arbusti. Tra questi lo scotano merita una particolare attenzione: in autunno, infatti, le foglie assumono un colore rosso intenso e proprio dalle foglie, così come dai rami, in passato veniva ricavato il tannino, fondamentale per fissare il colore su tinte e pelli, parte essenziale del tessuto economico-produttivo marchigiano. Nell’immediato secondo dopoguerra, molte famiglie sono sopravvissute anche grazie al lavoro delle scotanatrici, le donne che raccoglievano la pianta e la conferivano alle industrie di conciatura. Un rosso che ritroviamo nella pietra gengarina, che disegna paesaggi di particolare bellezza, gli stessi che si ammirano con una breve deviazione dell’itinerario che porta fino al Monte Frasassi, a poco più di 700 m s.l.m. Da qui è possibile ammirare in un colpo solo la confluenza delle montagne nella Gola di Frasassi, il Monte Catria (la cima più alta del pesarese) e le vette dei Sibillini, Rosenga e fino a Cupramontana, che compare come una lingua di case verso l’orizzonte. La presenza di un rifugio gestito da privati, ma liberamente fruibile nel periodo estivo, rende quest’esperienza di un paio d’ore facilmente estensibile a una intera giornata di full immersion, in cui brevi tratti leggermente scoscesi, che regalano la scoperta di erbe aromatiche come la santoreggia o l’origano selvatico. La rete sentieristica, i cartelli di segnalazione e la varietà del paesaggio fanno sì che il Sentiero delle Aquile, come tutti gli altri percorsi del Parco (da citare, a questo proposito, il Sentiero del Papa che parte da Genga Alta e raggiunge la località di Monticelli) sia il modo ideale per immergersi nella bolla naturalistica dell’entroterra anconetano.

La bolla del lavoro e del recupero industriale nel complesso minerario di Cabernardi

cabernardi

La seconda metà dell’Ottocento rappresenta, per l’Italia e per le Marche in particolare, un periodo di profondi cambiamenti socioculturali e lavorativi. Le aumentate necessità produttive fanno sì che, utilizzando le risorse naturali presenti sul territorio, molte realtà fino ad allora legate all’agricoltura e all’allevamento conoscono uno sviluppo industriale senza precedenti. A Sassoferrato, questa rivoluzione industriale all’italiana prende il nome della Miniera di zolfo di Cabernardi, che dal 2015 – dopo un cinquantennio di abbandono – è diventata un parco cosiddetto “archeominerario” e un museo aperti al pubblico per ricordare un polo produttivo che era il più importante d’Europa prima della Seconda Guerra Mondiale. Alto ben 18 metri, il simbolo del polo è il Pozzo Donegani, struttura in cemento armato e monumento industriale che arrivava fino ai 442 metri dal livello del suolo. I forni Gill, in cui veniva spillato lo zolfo fuso, sono l’ultima parte di un processo produttivo che vedeva nei 40 calderoni (dal diametro di alcuni metri) la fusione del materiale, i cui fumi inquinanti per decine di anni hanno impedito la coltivazione di pressoché tutta la frutta e verdura, a eccezione dei pomodori. Dall’antico deposito della nafta, necessaria al funzionamento delle macchine, è stato invece ricavato uno splendido auditorium, in cui vengono effettuate mostre e incontri pubblici, in un dialogo costante con il territorio e anche all’insegna di un recupero funzionale di quegli ambienti che, per quasi un secolo, hanno permesso a Cabernardi e a Sassoferrato di dare lavoro a migliaia di famiglie. Non a caso, quando il polo chiuse, si dimezzò la popolazione nell’area montana a cavallo tra l’anconetano e il pesarese. Emblematica è, infine, l’architettura razionale e ben delineata del villaggio operaio di Cantarino.

La bolla dell’arte: il progetto di recupero di Alessandro Marchesi

pesce di jeans, atelier marchesi, sassoferrato

Drammaticamente colpita dall’alluvione del 2022, oggi Sassoferrato è al centro di una rinascita di un luogo d’aggregazione emblema della catastrofe attraverso la progettualità di uno dei suoi residenti più celebri e visionari.

Allontanandoci di pochi chilometri da Genga, attraversando paesaggi incontaminati su cui, ogni tanto, fanno capolino complessi produttivi simbolo di quella operosità tipica dei marchigiani, raggiungiamo così uno dei centri abitati più importanti del territorio, sede della rinomata MAM’S – Galleria d’Arte Contemporanea che ospita trecento delle quattromila opere di grandi artisti nazionali e internazionali ottenuti attraverso il Premio Salvi, E proprio l’arte contemporanea oggi parla la lingua di uno stilista che ha fatto delle sue collaborazioni e dei rapporti con grandi nomi di musica, arte e cultura (come Lauryn Hill, Kanye West, Jovanotti e Bruno Barbieri) la cifra media di un agire che è anche un inno al recupero e alla valorizzazione della materia prima: Alessandro Marchesi, fondatore di Compagnia del Denim, dei brand 2W2M (Two Women Two Men) e Memory’s, marchio che si occupa dell’upcycle di abiti usati e materiali dismessi, e che ha scelto di realizzare un sito alla confluenza dei tre fiumi che bagnano questo borgo dell’Anconetano, come luogo per un progetto che parla di arte, comunità e che vuole dare nuova vita al territorio. E per simboleggiare questo progetto ha coinvolto un’artista internazionale per realizzare un’opera di street art sotto forma di un pesce tridimensionale fatto di denim, con bottoni, zip e stampelle, che oggi campeggia sulla facciata del locale in Via Donato Bramante, un luogo dove le sue creazioni sono espressioni di un dialogo rituale tra il mondo, la moda e le forme di cultura.

Così, scopriamo che le Marche dove nascono filati pregiati utilizzati dagli stilisti di tutto il mondo, dove le griffes si affastellano per cercare le materie migliori, dove l’enogastronomia è un vanto da preservare (la vicina Acqualagna è, con Alba, la capitale italiana del tartufo pregiato bianco), dove la cultura e la spiritualità viaggiano di pari passo, dove la natura è leggera come il volo delle aquile e con le sue acque e lo zolfo crea capolavori le grotte di Frasassi, è in realtà una grande bolla in cui dialogano le espressioni più nobili dell’identità umana. Dove il passato non è statico, ma si ripresenta e ripropone in forme essenziali, dove la cura della salute fisica è anche un inno a quella mentale, dove assaporare a tutto tondo un territorio buono, bello, accogliente e che sembra volersi isolare, staccare dal resto della quotidianità. Non a caso qui si può provare l’emozione del buio totale nel percorso speleologico guidato, lasciar vagare la mente nell’avventura sotterranea e sentirsi avvolti in una bolla che cambia forma a seconda della sua destinazione. Una magia che stupisce i turisti, commuove i vacanzieri e induce i visitatori a muoversi in punta di piedi: all’improvviso si staccano dalla routine e, come per incanto, si sentono a casa — proprio come è successo a chi vi scrive.



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