Sulle orme di Charles Darwin: viaggio tra Ecuador e Isole Galápagos

Scritto da: Lurens55
sulle orme di charles darwin: viaggio tra ecuador e isole galápagos

Prologo doveroso: a febbraio 2020 guardiamo le proposte di viaggio per l’estate e ci attira un viaggio in Ecuador con estensione alle isole Galápagos. Se ci si iscrive entro fine marzo c’è la possibilità di avere un po’ di sconto. Decidiamo allora di aspettare ad iscriverci fino a metà marzo. Sembra che si stia diffondendo uno strano virus sconosciuto. Il giorno 8 marzo 2020 la Lombardia diventa zona rossa e nel giro di poco finiamo tutti chiusi in casa causa Covid e per un bel po’ di tempo di viaggi non se ne parla. A febbraio 2025 ci riproviamo. Confrontiamo un po’ di proposte di alcuni Tour Operator per agosto. Alcuni non hanno già più posto, altri partono solo da Roma (e noi siamo di Torino), altri hanno un operativo voli molto scomodo con scali che hanno attese infinite, altre sono costosissime (sono fuori budget). L’offerta che incontra abbastanza (ma non del tutto) le nostre esigenze è quella di viaggigiovani.it con cui abbiamo fatto già alcuni viaggi. Ci iscriviamo il 7 febbraio. Il costo del viaggio per 2 persone in camera doppia è circa 9200€, esclusi pasti e esclusi persino i biglietti di alcune attrazioni e trasporti che costano pochi dollari (dato il costo del viaggio avrebbero anche potuto includerli per comodità). Inoltre ci sono 4 escursioni facoltative da fare alle isole Galápagos e vanno pagate a parte. Il pacchetto che le comprende tutte e 4 costa circa 700€ a persona. Se si acquistano in loco da agenzie locali costano meno. Un’escursione che acquistata dal T.O. costa 300€ da una agenzia locale (con catamarano bello invece della barca) l’abbiamo pagata 240$ (225€ circa). L’handicap del viaggio al momento della prenotazione sono i voli con Iberia. Partenza da Linate, ritorno su Malpensa, però rispetto a dover andare a Roma da Torino o fare un’attesa di 12 ore a Madrid è il male minore. Colpo di fortuna! Ad un paio di mesi dalla partenza Iberia cambia il ritorno su Linate. L’andata parte alle 7.50 con richiesta di essere in aeroporto 3 ore prima (anticipo che risulterà esagerato). Per comodità andiamo a dormire all’hotel Montini a Peschiera Borromeo e prenoto un parcheggio detto low cost ma in realtà caro (150€ per 15 gg). A Malpensa i parcheggi costano circa la metà.

Diario di viaggio in Ecuador

Giorno 1 – Arrivo a Quito

La sveglia suona inesorabile alle 4. Tempo di un caffè e poi si va al parcheggio. All’aeroporto ci riceve una addetta di viaggigiovani che ci consegna le carte di imbarco. Alle 5.45 siamo già al gate con due ore di anticipo ad annoiarci. Il volo per Madrid parte in orario e alle 10 siamo a Madrid. Alle 11 inizia l’imbarco per Quito di circa 500 persone con i pullman. Assurdo! Alle 12.30 si parte con 40’ di ritardo. Ci aspettano 10h30′ di viaggio. Alle 15.30 ora di Quito atterriamo. Al controllo passaporti c’è una coda piuttosto lunga e due sportelli aperti. Dopo un po’ ne aprono un terzo, ma si va comunque a rilento. Superati i controlli andiamo al nastro bagagli. Le valige non arrivano. Quando tutti se ne vanno vediamo in un angolo della sala le valigie del nostro gruppo. Non abbiamo capito chi si sia preso la libertà di toglierle dal nastro mentre eravamo al controllo passaporti. Nuova coda per controlli doganali a campione (scanner bagagli) e finalmente dopo un’ora e mezza dall’atterraggio alle 17.00 troviamo la guida. Il cambio valute è già chiuso. Si parte con il bus e alle 18 siamo all’hotel Casa Aliso Hotel Boutique a 2850 metri di altitudine. Hotel carino, ma in una zona abbastanza brutta a 4 km dal centro storico. Quattro passi per sgranchire le gambe e poi alle 21 crolliamo addormentati in camera

Giorno 2 – Basilica del voto nacional

Il jet lag si sente e il sonno è disturbato da frequenti sveglie. Alle 4.30 non c’era più verso di dormire. Alle 7 colazione e poi giro a piedi. Nei tratti di salita i 2850 m. un po’ si sentono. Con il pullman andiamo alla cabinovia (Teleferico) che sale lungo la parete del vulcano Pichincha (ancora attivo). Il biglietto costa 9$ ma per gli over 65 e i disabili stranieri 6.50$. Arrivati alla sommità (4000 m), percorriamo faticosamente a passo lento ancora una sentiero in salita con un dislivello di circa 150 m. Dalla cima si vede il panorama della città di Quito incassata nella valle circondata dalle Ande. Andiamo poi a fare un giro al mercato ortofrutticolo dove vediamo (e in qualche caso assaggiamo) molti frutti locali che da noi non sono importati.

Tappa successiva la Basilica del voto nacional; una chiesa cattolica romana. È la più grande basilica neogotica delle Americhe. Ingresso 4$. Il 10 luglio 1892 fu posata la prima pietra. La basilica fu benedetta da Papa Giovanni Paolo II il 30 gennaio 1985 e consacrata e inaugurata il 12 luglio 1988. Quasi cento anni di lavori. La basilica rimane tecnicamente “incompiuta” perché la leggenda locale narra che quando la Basilica sarà completata, arriverà la fine del mondo. Acquistando il biglietto si può salire con una ripidissima scala sulla punta della Torre del Condor. Il punto più alto della basilica.

Successivamente abbiamo visitato la Chiesa dei Gesuiti realizzata in stile barocco spagnolo la cui costruzione è terminata nella seconda metà del 1700. L’interno è interamente ricoperto di foglia d’oro a 24 kt. Biglietto di ingresso 6$. Poiché l’Ecuador ha una notevole produzione di cacao di qualità molto pregiata siamo andati a fare una degustazione gratuita di una ventina di tipi diversi di cioccolati ecuadoriani. Quelli al 75% sono davvero eccellenti. La giornata si è conclusa con la visita gratuita della chiesa di San Francesco, costruita nel corso di 143 anni (1537-1680). A causa della durata della costruzione non ha uno stile ben definito.

Tornando al bus la guida ci ha indicato la collina in cui sorge la favela di Quito. Stanchi morti siamo tornati in camera.

Giorno 3 – Otavalo

Alle 8 si parte per Otavalo. Lungo il percorso facciamo alcune soste per vedere i vulcani della provincia di Imbabura (Cayambe, Imbabura e Cotacachi). Facciamo poi sosta in un villaggio dove c’è un laboratorio familiare che produce strumenti musicali completamente a mano. Una visita molto interessante con esibizione finale di alcuni membri della famiglia che hanno suonato i loro strumenti. Successiva tappa, un laboratorio artigianale per la lavorazione di lana di pecora e alpaca con dimostrazione di tessitura a mano con telaio in legno. Le tecniche sono grosso modo le stesse viste lo scorso anno in un laboratorio analogo in Perù. Ci siamo poi fermati alla Laguna de Cuicocha a 3100 metri di altitudine, una caldera vulcanica formatasi più di 3000 anni fa oggi circondata dalla vegetazione. La laguna di Cuicocha è legata a tradizioni ancestrali e ancora oggi si tengono cerimonie come l’Inti Raymi (Festa del Sole) ogni solstizio d’estate.

Sosta successiva: il Mercato del poncho di Otavalo. Un mercato molto grande dove ci sono bancarelle che vendono più o meno tutte le stesse cose. Abbastanza deludente. La cittadina è piuttosto malandata. Una curiosità interessante è l’abbigliamento degli uomini dell’etnia otavalo: giacca nera, pantaloni bianchi e strane calzature tipo ciabattine aperte in punta generalmente bianche, cappello nero e una lunga treccia di capelli dietro. Le donne invece hanno abiti più colorati con camicette e gonne lunghe. Abbiamo approfittato della presenza di un supermercato per vedere i prezzi dei prodotti di prima necessità scoprendo che molti sono ben più costosi che in Italia.

Giorno 4 – Baños de Agua Santa

Ore 8 partenza con meta finale Baños de Agua Santa. A circa un’ora da Quito c’è il vulcano Cotopaxi che erutta circa ogni 100 anni e se rispetta la regola una eruzione potrebbe essere tra pochi anni. La guida ci ha detto che sotto questo vulcano c’è una quantità notevole di magma e che se dovesse esplodere creerebbe danni immensi. Lungo la strada vediamo coltivazioni di agrumi su pareti scoscese. Contrariamente a quanto visto in Perù qui non hanno terrazzato le pareti delle montagne e quindi il lavoro degli agricoltori è molto più faticoso. Facciamo una sosta nel villaggio dove vive l’etnia Salasaka (una delle tante etnie quechua dell’Ecuador) dove c’è un piccolo mercato artigianale con bancarelle gestite da donne vestite con abiti tradizionali.

Il giro prosegue e giungiamo alla Cascata “Manto de la Novia” (mantello della sposa). La cascata è sul versante di fronte oltre una profonda gola, sul cui fondo c’è un fiume impetuoso, che si può attraversare con una funivia costituita da un cestello un po’ traballante (2$ andata e ritorno). Esperienza da brivido. Giunti dall’altra parte percorriamo un sentiero dove ci sono tantissimi fiori uno più bello dell’altro. Ritornati con lo stesso cestello, ci spostiamo alla cascata Pailon del Diablo. Per accedere si pagano 3$ (anziani e disabili metà prezzo). É una cascata di dimensioni impressionanti. Per poterla vedere dal basso bisogna percorrere un sentiero cercando di scansare (senza successo) gli spruzzi della cascata. Ci siamo un po’ bagnati, ma ne vale la pena. Quando siamo usciti abbiamo visto un colibrì. Pranzo in un modestissimo ristorante locale alle 4 del pomeriggio. Trota alla plancia verdure riso patate 9.50 $.

Si parte verso Baños de Agua Santa dove arriviamo verso le 19. Dopo esserci dati una sistemata in camera usciamo sotto la pioggia per dare un’occhiata al centro storico by night. La guida ci propone di visitare un piccolo laboratorio che lavora l’avorio vegetale, un seme dei frutti della palma tagua. È un seme ricoperto da una buccia scura, ma all’interno è bianchissimo e durissimo e si può lavorare con il tornio con utensili da legno o ferro. Davvero curioso!

Giorno 5 – El Puyo

Oggi si fa un’escursione a El Puyo, ai margini della foresta amazzonica, dove incontreremo la comunità indigena di Kotococha che gestisce l’impresa turistica Ukuy Wasi (in quechua ukuy=formica, wasi=casa, quindi formicaio) che dal 2016 fa conoscere ai visitatori la cultura, la gastronomia e le abitudini della comunità. Saremo accompagnati da una guida indigena parlante quechua e spagnolo. Il piccolo villaggio ha un ampio cortile coperto di frasche dove si svolgeranno le varie attività di intrattenimento. La nostra attenzione è stata catturata da un tucano quasi domestico che aspetta che gli vengano dati pezzi di frutta e da una piccola scimmietta intenta a mangiare vari avanzi di cucina.

Per accoglierci secondo le usanze della comunità fanno passare una scodella (ricavata dalla scorza di qualche frutto) piena di chicha da cui, si aspettano, che tutti ne bevano un sorso. La chicha è una bevanda che gli indigeni preparano masticando il mais per avviare la fermentazione grazie agli enzimi presenti nella saliva. Dopo averlo masticato lo sputano nel recipiente in cui avverrà la fermentazione che produce una bevanda leggermente alcoolica. Poi le nostre facce vengono decorate con il wituk «frutto dell’inchiostro»; un pigmento naturale di colore rosso. La guida quechua ci dà una dimostrazione dell’uso della cerbottana per frecce lunga un paio di metri. Da una distanza di circa 10 metri ha centrato un bersaglio di pochi cm di diametro disegnato su un asse di legno. Infine c’è stata una esibizione di danza tribale coinvolgendo anche alcuni del nostro gruppo.

Terminata la visita, facciamo un giro nei dintorni per ammirare la rigogliosa vegetazione e dei fiori spettacolari. Andiamo quindi a fare una passeggiata nel bosco dove crescono piante usate dagli indigeni a scopo medicinale. Il clima è umidissimo da togliere il respiro, ma noi andiamo a passo spedito fino a raggiungere una cascata con un piccolo lago in cui si potrebbe fare il bagno. Ma l’acqua è freddissima e la temperatura dell’aria molto fresca, per cui solo la guida si fa una breve nuotata. Si va a pranzo in un ristorante dall’aspetto un po’ spartano, ma con una cucina ottima. Ci servono una zuppa molto buona e poi una tilapia (pesce d’acqua dolce locale) cotta al vapore con yucca e platano (una specie di banana che si mangia solo cotta) entrambi fritti.

Il programma di viaggio prevede la discesa del fiume con una scomodissima canoa tipica delle comunità indigene. Ci sono piccole rapide e la canoa imbarca facilmente acqua col risultato che dopo venti minuti arriviamo a destinazione con i pantaloni bagnati. Saliamo infine faticosamente al mirador per vedere dall’alto l’immensa distesa di alberi della foresta pluviale. Poi si torna in hotel.

Giorno 6 – Guamote

Sotto un cielo grigio tipo novembre a Torino (e temperatura analoga) si parte per Guamote, una città a circa 3000 m di altitudine, con varie soste lungo la strada con la speranza (che si rivelerà vana) di vedere qualche vicuña (vigogna). La strada si inerpica nella Provincia di Chimborazo e verso i 4000 m c’è un nebbione con visibilità di pochissimi metri. Poi tutto ad un tratto la nebbia sparisce, il cielo è azzurro e c’è un vento gelido che porta via. Ci fermiamo in un’area di sosta a circa 4100 m. Scendiamo dal pullman e facciamo fatica a stare in piedi tanto è forte il vento (ovviamente freddissimo). Però vediamo benissimo la cima del vulcano Chimborazo (6263 m) che è il punto sulla terra più vicino al sole. Risaliamo sul pullman e via verso Guamote, dove vive prevalentemente l’etnia indigena Puruha.

C’è un mercato enorme. Si vende di tutto. C’è anche un mulino elettrico per farsi le farine. Molte bancarelle vendono erbe medicinali e prodotti medicinali a base di erbe. Pare che i farmaci naturali siano preferiti a quelli di sintesi. Molto interessante la grande varietà di costumi indossati dalla gente che frequenta il mercato. La guida ci indica le etnie in base ai costumi che  indossano. Prendiamo possesso delle camere all’hotel Inti Sisa. È molto spartano. Non c’è riscaldamento (e a 3000 metri non sarebbe male averlo). Inoltre la finestra della camera affaccia sul corridoio. Una menzione speciale per la “cassaforte”. Una cassetta di compensato (esteticamente molto carina) con una serratura ridicola.

Facciamo un giro per la città e vediamo l’Ecuador non turistico. Ceniamo in hotel (non ci sono molte alternative). Per 14$ abbiamo un cocktail di benvenuto che ha un po’ il sapore del nostro vin brulé, una buona zuppa di verdure, una mega porzione di lasagne con ragù di carne e un dolce a base di platano. Dopo cena i ragazzi che gestiscono l’hotel ci raccontano delle attività sociali che svolgono a favore dei bambini e ci fanno visitare il centro. La metà di quello che si paga per la camera serve a finanziare il centro.

È ora di andare a dormire e poiché le stanze non sono riscaldate ci consegnano una borsa dell’acqua calda ciascuno.

Giorno 7 – Ingapirca

Giornata soleggiata e cielo blu. Si parte con meta Cuenca e soste lungo la strada larga e ben asfaltata, ma molto tortuosa tra montagne altissime. Si scende molto, si sale molto, si ridiscende molto, si risale molto e così via fino ad arrivare ad Ingapirca, dove c’è un sito archeologico a 3000 m di altitudine. In quest’area viveva la comunità dei Cañari. Nel corso del tempo arrivarono gli Inca e le due comunità iniziarono a convivere più o meno pacificamente. Il sito presenta una combinazione dei due stili architettonici (cañaro e inca) che si fondono in maniera abbastanza armoniosa.

Ingresso 3$ (ridotto anziani e disabili). Pranzo veloce in un modesto ristorante e poi verso Cuenca. Arrivati a destinazione la guida ci porta a visitare una storica fabbrica di cappelli Panama. La visita di 15 minuti per vedere il processo di fabbricazione di questi famosi cappelli è interessante. Purtroppo poi abbiamo aspettato 1h30’ a girare nel negozio in attesa che 3 persone del gruppo decidessero cosa acquistare. La soletta pubblicitaria è una prassi dei viaggi organizzati.

Giorno 8 – Cuenca

Il programma di viaggio prevede un tour guidato a piedi della città di Cuenca. Iniziamo dal variopinto mercato dei fiori dove spiccano magnifiche rose di cui l’Ecuador è uno dei maggiori esportatori mondiali. Nelle immediate vicinanze c’è la Cattedrale dell’Immacolata Concezione (o Catedral Nueva). Una chiesa imponente in grado di ospitare 9000 persone. La costruzione è iniziata nel 1885 e terminata dopo 90 anni. Andiamo poi al mercato per assaggiare alcuni frutti tipici della zona. Molti edifici sono decorati con murales molto belli, ma purtroppo rovinati da matasse di fili elettrici, lampioni davanti, scarabocchi, ecc. Peccato, perché molti sono vere e proprie opere d’arte.

Si è fatta ora di pranzo e per non perdere troppo tempo la guida ci accompagna in una panetteria che fa dei panini da leccarsi i baffi. Per 8$ (inclusa bibita) ho mangiato un panino di dimensioni pantagrueliche con una abbondante farcitura a base di tonno, avocado, verdure e salse. La visita di Cuenca si conclude al Museo Etnografico dove sono raccolti migliaia di manufatti delle varie comunità etniche che popolano l’Ecuador. Per alcuni visitatori la collezione più interessante (e per me inquietante) è quella delle teste mozzate e rimpicciolite dei nemici della popolazione Shuar dell’Amazzonia. Attraverso un complicato procedimento che prevede l’asportazione di tutte le ossa del cranio e dei tessuti molli a cui seguono tecniche di essicazione una testa diventa grande come un’arancia e fa un po’ impressione a guardarla.

Si parte per Guayaquil. Prima si sale fino a 4000 metri. Poi si scende verso il mare. Prima di arrivare a Guayaquil la guida ci propone una sosta in una piccola azienda agricola gestita da una contadina che coltiva le piante di cacao. Facciamo un giro a vedere le piante di cacao su cui crescono dei grossi frutti che contengono al loro interno le fave del cacao. La fave vengono fatte fermentare, poi vengono tostate e infine macinate in un torchio da cui esce la pasta di cacao 100%. Così è molto amara, ma il sapore è ottimo. Con l’aggiunta di un po’ di zucchero il gusto risulta più gradevole. La giornata si chiude con una passeggiata serale lungo il fiume.

Giorno 9 – Galápagos, Santa Cruz

Oggi ci trasferiremo alle Galápagos. Alle 8.45 si parte per l’aeroporto dove arriviamo con larghissimo anticipo. La guida ci aiuta a fare il self checkin e in 11 persone finiamo per fare un po’ di casino. Per poter far il self checkin bisogna mostrare il modulo di controllo transito per le Galápagos (TCT) ottenuto via web prima di partire dall’Italia per la modica cifra di 20$.

Con le etichette dei bagagli stampate passiamo il primo controllo mostrando di nuovo il TCT. Arrivati alla postazione dove scannerizzano le valigie da imbarcare mostriamo di nuovo il TCT (verificato 2 minuti e 10 metri prima). Le valigie vengono sigillate con delle fascette invece i bagagli a mano non vengono sigillati. Al banco dove consegniamo le valigie da imbarcare controllano di nuovo il TCT, stampano le carte di imbarco, ristampano l’etichetta del bagaglio e la buttano perché l’abbiamo già stampata noi alle macchinette. Mollata la valigia ci dirigiamo ai gate. Sono le 9.30 e il volo il volo parte alle 11.40. Finalmente aprono l’imbarco e controllano per la quarta volta il TCT.

Prima di partire dall’Italia abbiamo compilato (gratis) on line una “Declaration Juramentada” in cui si dichiara che non portiamo alle Galápagos una lunghissima serie di cose che potrebbero danneggiare il delicato ecosistema dell’arcipelago. Abbiamo provveduto a stampare la ricevuta e ce l’abbiamo con noi. Sull’aereo ce ne fanno compilare un’altra e quella compilata on line non serve a niente. Viva la burocrazia inutile. Arrivati in aeroporto a Baltra andiamo ad uno sportello dove controllano per l’ennesima volta il TCT, ritirano la declaration juramentada compilata in aereo (ribadendo che quella stampata da noi non serve), paghiamo cash 200$ a testa di tassa di ingresso. Non ho visto possibilità di pagare con carta. Scaricano i bagagli su degli scaffali. Bisogna aspettare l’ispezione canina. Arriva un poliziotto con un bel pastore tedesco indubbiamente giovane con evidente voglia di giocare. Scorrazza sulle valigie senza dare segni di riconoscere qualche cosa di vietato. Forse indugia un po’ su uno zaino piccolo che viene prelevato dal poliziotto per una ispezione fisica e noi possiamo prenderci le nostre valigie. Il bagaglio a mano non è stato sottoposto ad ispezione.

All’uscita ci aspetta Lucia di viaggigiovani che ci darà un minimo di assistenza. Per questa settimana non avremo una guida. Acquistiamo i biglietti del pullman per andare al porto (5$ – anziani e disabili metà prezzo). Saliamo su una barca per attraversare il canale di Itabaca e siamo sull’isola di Santa Cruz. Scesi dalla barca vediamo su un tavolo del bar un leone marino che sta ronfando della grossa. Vicino alle jeep che ci aspettano ci sono grosse iguane marine.

Partiamo e facciamo una sosta per vedere un tunnel di lava lungo quasi 1 km. Poi proseguiamo verso la riserva delle tartarughe terrestri giganti. La guida del parco ci dà informazioni in spagnolo e in inglese (no italiano) su questi mastodontici rettili che vivono 150-200 anni. Questa riserva non è recintata. Le tartarughe possono andare fuori dal parco. Infatti lungo le strade sterrate e nei prati circostanti se ne vedono parecchie. Arriviamo all’hotel North Seymour a Puerto Ayora. La nostra camera è piccola e accessibile con una lunga scala molto ripida. Hotel molto scarso con wifi che funziona malissimo. Usciamo per cena. Ad un tratto inizia a cadere una pioggia finissima, ma siamo fortunati perché mentre ceniamo smette e rientriamo in hotel asciutti.

Giorno 10 – Galápagos, Tintoreras

Sveglia antelucana e alle 6.15 col taxi si va al porto perché ci sposteremo su un’altra isola. C’è una coda bella lunga per prendere le barchette taxi che portano alle barche veloci per andare a Isla Isabela. La barca è un po’ claustrofobica. Così decidiamo di occupare i posti sopra dove c’è la postazione del pilota, che quando parte apre il parabrezza così per due ore siamo in una corrente di aria fredda. Sbarcati paghiamo la tassa di 10$ a persona. Noi siamo gli unici del gruppo a cui hanno fatto pagare solo 5$, ma non abbiamo capito come mai. Usciti dal porto troviamo già un bel po’ di iguane marine, due leoni marini che dormono in mezzo al passaggio e un cucciolo di leone marino. Con un pulmino ci portano all’hotel La Laguna di Puerto Villamil. Di fronte all’hotel c’è una piccola laguna con quattro fenicotteri rosa. Per pranzo ci sono varie taverne che propongono il menu del dia a soli 6$.

Nel pomeriggio è prevista un’escursione con la barca nella baia con visita all’isoletta Tintoreras. A fine pomeriggio sarebbe possibile fare una mezz’ora di snorkeling, ma ci vuole la muta. Il negozio che le noleggia non ne ha nessuna che mi vada bene. O troppo stretta o troppo larga. Lascio perdere e tutto sommato non me ne pento (vedi oltre). Con il pulmino andiamo al molo dove c’è una barca che ci porta all’isoletta Tintoreras. Si fa un percorso in mezzo ad un campo di lava. Ci sono parecchie iguane marine, qualche leone marino, un paio di uccelli endemici delle Galàpagos, qualche tartaruga marina, un bel po’ di fragate che volteggiano e in un canale vediamo parecchi squali tintoreras. Dei pinguini e delle sule dalle zampe azzurre, che il programma di viaggio dice che avremmo visto, invece nemmeno l’ombra. L’accompagnatore del parco nazionale dice che sono da un’altra parte dell’isola Isabela. Perché non prevedere magari un giro col taxi? Non avrebbe modificato in modo sostanziale il costo del viaggio.

Tornati sulla barca, qualcuno si butta con maschera e pinne (e muta). Dopo mezz’ora sono di nuovo a bordo e non è che abbiano visto tanto a causa dell’acqua torbida. La cosa più divertente è stata la presenza di un giovane leone marino che ha girato un po’ in mezzo a quelli che facevano snorkeling. Per cena abbiamo trovato un ristorante che ci ha servito una grigliata di pesce di qualità straordinaria per 18$. In Italia un piatto simile non meno di 50€.

Giorno 11 – Galápagos, Puerto Villamil

Oggi è prevista la giornata libera. Il programma di viaggio consiglia di fare una camminata lungo l’oceano per vedere fenicotteri, iguane, tartarughe e molti uccelli. In realtà vediamo un pellicano (in altri viaggi ne abbiamo visti a decine), qualche uccello marino abbastanza comune, una miriade di iguane (vista una nuotare). La pozza dei fenicotteri è deserta. Un po’ deludente questo soggiorno all’isola Isabela. Tra il programma e la realtà c’è una certa differenza (in negativo). In alternativa avremmo potuto fare un’escursione abbastanza costosa con snorkeling. Il paese di Puerto Villamil dove siamo alloggiati non ha nessuna attrattiva. Il ristorante di ieri era chiuso e abbiamo dovuto accontentarci di una cena in tono minore.

Giorno 12 – Galápagos, Puerto Ayora

Mattina libera. Alle 6 giro per la spiaggia in cerca delle sule. Ce ne sono parecchie in volo, ma le zampe azzurre mentre volano le tengono ritratte tra le penne. Scandagliano dall’alto il mare e poi si buttano in picchiata verticale finendo sott’acqua per prendere i pesci. Per passare il tempo andiamo a noleggiare le bici per percorrere i 6 km di strada lungo l’oceano per vedere alcune curiosità e sperando di vedere le sule. Quattro ore 8$. Proviamo le bici, ma per Franca sono troppo grandi. Ne tirano fuori una più piccola che ha l’aspetto molto “vissuto” (è un rottame), ma sembra andare. Si parte. Cielo nuvoloso. Speriamo che almeno non si metta a piovere. Il percorso ha qualche modesta salita, che però diventa molto impegnativa con la bici rottame. Facciamo alcune soste intermedie per vedere anfratti nascosti, scansando iguane e tartarughe presenti sulla strada sterrata e arriviamo al muro delle lacrime. Un gigantesco muro di pietre totalmente inutile fatto costruire tra il 1945 e il 1959 dai prigionieri della colonia penale dell’isola, probabilmente per tenerli impegnati con massacranti lavori forzati.

Ci riposiamo un po’ su una panca e iniziamo il ritorno. Comincia un po’ di pioggerella finissima. Per migliorare le cose dopo nemmeno 1 km la bici di Franca ha la gomma anteriore a terra. Sulla pista di sabbia si riesce comunque ad andare sbandando e faticando, ma per buona parte del tragitto si deve spingere a mano. Intanto un po’ pioviggina un po’ smette. Arrivati dal noleggiatore vede che siamo un po’ furenti e ci rimborsa 5$ senza bisogno di chiedere, ma la mattinata è stata rovinata. Per pranzo ci fermiamo in uno dei tanti ristorantini che propongono il menu del dia a 6$. Nonostante i prezzi bassi sono sempre buoni. Dopo pranzo si torna a Santa Cruz con la barca veloce. Appena usciti dal porto il mare è abbastanza agitato con onde alte anche un metro, per cui si balla parecchio. Ogni tanto la barca fa dei salti molto inquietanti. Purtroppo ci aspettano oltre due ore così. Meno male che non patiamo il mal di mare. Quando siamo a meno di mezz’ora dall’arrivo una signora probabilmente ha una crisi di panico e comincia ad urlare e agitarsi, ma non si può fare nulla. Bisogna solo resistere.

Finalmente arriviamo a Puerto Ayora e scendiamo felici a terra. Andiamo all’Agenzia NINFATOUR S.A. per prenotare la gita all’isola Bartolomé per venerdì per 5 persone. Il costo della gita con un bel catamarano invece della barca è di 240$ a testa. Se l’avessimo comprata anticipatamente dal T.O. italiano avremmo speso 300€ con una barca meno bella. Possiamo pagare in contanti oppure con carta (ma aggiungono una commissione del 10%). Accettiamo l’offerta e diciamo che andiamo a ritirare al bancomat distante 500 metri. Torniamo dopo meno di un quarto d’ora e la titolare dell’agenzia ci dice che è sorto un problema e nel frattempo ci sono solo più tre posti disponibili. Per fortuna è con noi Lucia che parla bene spagnolo e ci rassicura dicendo che la titolare sta facendo un po’ di telefonate per trovare una soluzione. Finalmente ci sono 5 posti. Lasciamo un sostanzioso acconto. Ci fanno omaggio del noleggio delle mute per lo snorkeling. Per cena ci mangiamo un ottimo pesce scorpione grigliato buonissimo.

Giorno 13 – Tortuga Bay

Oggi è prevista una escursione in barca nella baia (inclusa nel viaggio). Scendiamo ad un pontile da cui parte un sentiero che percorriamo in compagnia di una guida del Parco delle Galápagos. Finalmente vediamo le famose sule dalle zampe azzurre (pata azul). Si vedono da pochi metri di distanza. Una sta covando, due stanno completando il corteggiamento che dura una decina di minuti e termina con l’accoppiamento che si risolve in meno di 5 secondi. Le sule fanno tipicamente 2 uova una sola volta l’anno, quando sta per arrivare la corrente di Humbolt. Una corrente marina fredda ricchissima di pesci e altri nutrienti. Molto raramente depongono 1 o 3 uova. Il sentiero porta ad una spiaggia di sabbia bianca finissima che si affaccia su una piccola baia. Un po’ di gente fa il bagno nonostante le nuvole e la temperatura bassa. Siamo all’equatore e ci va il giubbotto imbottito!

Rientrati dalla gita andiamo a versare il saldo dell’escursione. Il nipote della titolare ci dice di tornare alle 18 per provare le mute. Comperiamo dal panettiere 2 empanada (veramente scarse) e un pan cioccolato per 1.5$ in totale. In Cile e Perù lo street food è decisamente meglio. Al pomeriggio ci facciamo una bella camminata di oltre 6 km (tra andata e ritorno) per andare a Tortuga Bay. Una spiaggia meravigliosa dove dovrebbero esserci tantissimi uccelli, ma non c’è la minima traccia di animali di nessun tipo. Alle 18 andiamo all’agenzia per misurare le mute, ma ci dice che le porta domani mattina la zia alle 6.30 all’hotel. Sono abbastanza casinisti e imprecisi. Speriamo in bene.

Giorno 14 – Batolomé 

Alle 6.30 arrivano zia e nipote con le mute (manica e gamba lunga, data la temperatura dell’acqua). Molto belle e che ci vanno a pennello. Poi ci accompagnano al pick up point. Il bus dovrebbe passare alle 6.50 ma arriva alle 7.10. L’autista si dimentica di raccogliere gli ultimi due e dopo un po’ torna indietro a recuperarli. Finalmente al porto. Con un gommone raggiungiamo il catamarano. Si parte. Il mare è abbastanza calmo e le due ore di viaggio sono piacevoli. Costeggiando un isolotto vediamo vari uccelli e leoni marini.

Arrivati in prossimità di Batolomé si getta l’ancora e con il gommone andiamo al pontile. Su una roccia ci sono due pinguini delle Galápagosche ci aspettano. Sono alti circa quaranta cm. e hanno il petto bianco con dei puntini neri (ogni pinguino li ha diversi). Al pontile c’è una femmina di leone marino che dorme. Mostra un po’ di fastidio per il nostro arrivo, ma non si schioda. Dobbiamo scendere senza calpestarla. Giro a piedi sull’isola vulcanica disabitata. Ci sono vari viewpoint sulle bocche dei vulcani (spenti) Col gommone facciamo un giro per prendere visione della zona in cui faremo snorkeling. Quelli che non fanno snorkeling vengono portati alla spiaggia.

Grazie alla muta con gamba e manica lunga mi tuffo senza esitazioni. In effetti a parte i primi 30 secondi di shock termico poi si sta bene. Nella mezz’ora che è durato il giro con maschera e pinne sono riuscito a vedere: 4 squali (lunghi un metro, un metro e mezzo non pericolosi per l’uomo), un pesce palla, 2 stelle marine giganti, tantissimi pesci tipo mar rosso, una tartarugona che dormiva sul fondo e un pinguino che nuotava a 50 cm. Tornati al catamarano abbiamo la gradita sorpresa di una doccia calda di acqua dolce e un soddisfacente pranzo a base di pesce e verdure. Poi si torna con mare mosso.

Giorno 15 – Centro Darwin

Alle 9 sono a disposizione dei taxi per andare alla Playa Garrapatero. Bellissima, ma è nuvoloso, ventoso e fa freddo. Siamo al mare appena ad una settantina di km a sud della linea equatoriale e ci va la giacca a vento. Non si può fare altro che passeggiare sulla sabbia finissima. Sotto una pianta c’è un leone marino che dorme della grossa con la testa appoggiata ad un tronco. Mi avvicino da dietro. Apre gli occhi e ci guardiamo da meno di mezzo metro. Poi ritenendomi di nessun interesse e meno che mai un possibile pericolo li richiude e torna a dormire.

Visto il clima inclemente alle 12.30 ripartiamo col taxi per tornare in hotel e andiamo al centro Darwin dove c’è una stazione di ricerca per la salvaguardia delle isole Galápagos. Veniamo arpionati da un tizio che si spaccia per guida autorizzata mostrandoci una maglietta con delle decorazioni delle Galápagos. La cosa ci puzza e lo scarichiamo (e ci tratta pure male). Infatti alla biglietteria, situata al primo piano di una casa e segnalata molto male, vediamo che le divise delle guardie del parco sono completamente diverse. La visita guidata (in inglese o spagnolo) costa 10$ a persona e dura circa un’ora e mezza.

In questo centro ci sono prevalentemente le Tartarughe Galápagos che hanno il carapace a sella di cavallo e un collo lunghissimo (anche fino a un metro). Nel centro ci sono gli incubatori per controllare la nascita delle tartarughe. Quando le femmine depongono le uova queste vengono prelevate e messe nell’incubatore che ha condizioni climatiche controllate. È importantissimo mantenere durante il trasporto dalla tana all’incubatore l’uovo nella posizione in cui è stato trovato. Se si capovolge l’embrione muore. Mantenendo una temperatura costante a 28 °C nascono maschi, invece a 29.5 °C nascono femmine. In natura la tartaruga cammina anche km per trovare un luogo in cui la temperatura si mantenga entro questo range. Depone da 8 a 12 uova in una buca profonda e poi se ne va. L’incubatrice invece ha complessi sistemi di controllo (sensori vari, umidificatori, ventilatori, ecc. ecc.). Mentre in natura non si può controllare quante femmine nasceranno, qui nel centro fanno nascere più femmine, per ovvie ragioni.

Dopo 4 mesi nascono i piccoli e per un mese sfruttano ancora il sacco alimentare che è nell’uovo. In natura solo una minima parte sopravvive. Quelle dell’incubatrice invece sopravvivono al 90%. Quando il carapace è sufficientemente robusto (ci vogliono molti mesi) le tartarughe vengono messe in libertà. Il tour del centro si conclude con la visita alla teca di “solitario George”, l’ultima tartaruga gigante maschio della specie Abingdon che non essendo riuscito a riprodursi prima della morte dell’ultima femmina ha segnato l’estinzione della specie. È stato imbalsamato e la teca è in un ambiente climaticamente controllato. Preparate le valigie. Domani si torna.

Giorni 16 e 17 – Rientro in Italia

Colazione e alle 8.30 locali (16.30 in italia) col taxi si inizia il lunghissimo ritorno. Canale Itabaca, battello per attraversare, bus per raggiungere l’aeroporto. Check in alle macchinette obbligatorio. Quando deve stampare l’etichetta adesiva dei bagagli si pianta. Interviene un umano (funziona meglio delle macchinette) e abbiamo i documenti per l’imbarco. Finalmente a bordo del volo per Guayaquil dove ci attende uno scalo di quasi 5 ore. Arrivati dobbiamo ritirare le valigie agli arrivi nazionali e fare il check in del volo internazionale. In serata si riparte e dopo circa 11  ore siamo a Madrid. Dopo un paio d’ore si riparte e verso le 20 siamo a Linate. La navetta del parcheggio arriva abbastanza in fretta. Alle 22.30 (cioè dopo 30 ore dalla partenza dall’hotel di Santa Cruz) siamo a casa in stato comatoso.

Note e informazioni utili sull’Ecuador

Se decidete di fare questo viaggio confrontate bene le varie offerte. Se sono economiche verificate cosa è escluso, se sono costose verificate cosa è già compreso come ad esempio pasti, escursioni, ecc. Potrebbe essere più conveniente quella un po’ più costosa. Valutate la categoria degli hotel e non trascurate di controllare l’operativo voli. Il nostro viaggio di ritorno da quando siamo usciti dall’hotel a Santa Cruz a quando siamo arrivati a Linate ha richiesto 28 ore a cui ne abbiamo dovute aggiungere 2 di auto fino a Torino. Un viaggio di 30 ore senza soluzione di continuità con un totale di 7 ore di attesa negli scali è massacrante.

  • L’Ecuador produce molto rame e la più grande miniera del paese è stata data in concessione ai cinesi
  • L’Ecuador ha adottato nel 2000 come moneta il dollaro statunitense (che ottengono dagli USA in cambio di petrolio e dai turisti che si portano i dollari) abbandonando la loro moneta locale (sucre). Per questa ragione le banche non cambiano valuta. Per avere dollari ci sono solo poche possibilità:
    • prelevare dai bancomat (per gli stranieri il limite è di 200$ a prelievo) che applicano una tassa fissa di 4.80 USD a cui si aggiungono le commissioni applicate dalla propria banca italiana (circa 3-4€) e quindi invece che a 1.16 (cambio ufficiale) il cambio netto è 1.08-1.10
    • cambiare gli euro allo sportello in aeroporto che applica commissioni minime
    • rivolgersi alla pochissime case de cambio autorizzate che cambiano 1€=1$ (disonesto)
    • oppure può capitare di incontrare negli hotel qualche ecuadoriano che ha in programma di venire in Europa e quindi è disposto a cambiare secondo il cambio ufficiale (1,16).
  • Pochi esercizi commerciali accettano pagamento con carta di credito e molti applicano una commissione fino al 10%.
  • Lo stipendio minimo possibile stabilito dal governo in Ecuador è pari 480$.
  • La benzina 95 ottani costa 2.80$/gallone (circa 62 eurocent/litro), quella a 98 ottani 3.60$/gallone (circa 1€/litro) e il gasolio 1.80/gallone (40 eurocent/litro)
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