Valle Pezzata, il borgo dove i morti aspettano la primavera

Un luogo abbandonato dagli uomini di ieri e riscoperto da quelli di oggi, dove antiche tradizioni e una devozione attenta alla natura si incontrano per tutelare un paesaggio bello e fragile
Stefano Maria Meconi, 17 Set 2025
valle pezzata, il borgo dove i morti aspettano la primavera

Quante volte avete sentito parlare di ghost town? Appellativo inglese che suona raffinato, quasi evocativo, ma dietro il quale si nasconde la realtà spesso triste delle città abbandonate per motivi spesso tragici o insormontabili: terremoti, frane e smottamenti, la fine di un periodo produttivo che ha reso inutilizzabili o non più necessari insediamenti nati ex novo, o semplicemente il progressivo spopolamento di quelle realtà rurali che sempre più oggi cercano modi diversi per tornare a vivere, se non nella loro forma originale quanto meno sotto la guisa di destinazione turistica. Esattamente come è accaduto a Santo Stefano di Sessanio, 100 e rotti abitanti nel cuore d’Abruzzo, che si è riconvertito nel primo borgo al mondo ad aver adottato in toto l’idea dell’albergo diffuso, diventato un caso raccontato dalle pagine dei giornali d’oltreoceano. Ma senza cambiare regione, andiamo a scoprire Valle Pezzata, una di queste città fantasma dove l’abitudine tradizionale coincide con un rituale apparentemente macabro, ma ricco di significato.

Una sepoltura rimandata

Perché si dice, ancora oggi, che a Valle Pezzata i morti aspettano la primavera? Ok, forse oggi queste necessità non esistono più, i tempi sono cambiati e a conti fatti non c’è nemmeno più nessuno da seppellire nel borgo, semplicemente perché nessuno vi abita. Ma almeno fino all’Ottocento, quando l’inverno era foriero di grandi nevicate e altrettanto copiose gelate, e nel paesino (attualmente una frazione di Valle Castellana, nel Teramano) abitavano un centinaio di persone, i decessi erano una normalità che veniva trattata in modo diverso. Ovvero, si aspettava che freddo e neve lasciassero spazio alla primavera, prima di seppellire i cadaveri. Ma come garantire la conservazione del defunto? Il freddo agiva come una cella frigorifera ante litteram, mentre la scelta di posizionare i corpi sui tetti delle case, al riparo dalle possibili incursioni di animali selvaggi, soprattutto i lupi che in Abruzzo erano di casa, serviva a garantire un degno riposo temporaneo. Poi, con il tepore primaverile, si poteva finalmente tornare a scavare il terreno, e consegnare così i corpi a una più consona (ed eterna) sistemazione.

Valle Pezzata, terra di briganti e di biopionieri

L’abbandono del borgo abruzzese di Valle Pezzata pare risalire all’incirca alla prima metà del Novecento. Oggi, in questo luogo che è stato quasi del tutto riconquistato dalla natura ed è immerso nel verde del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, fanno mostra di sé alcune case in pietra che hanno mantenuto l’impianto originario, resistendo alla forza delle intemperie, e disegnando piccole linee di presenza umana in un territorio ampio e incontaminato. Risale al 1519 la chiesa di San Nicola di Bari, mentre l’edificio più recente porta la data del 1911, e in un’altra casa si può ammirare quanto resta di un balcone ligneo, il cosiddetto gafio, la cui origine è da ricercarsi nelle abitudini longobarde. Per ammirarne un esempio funzionante, peraltro, non serve andare lontano, perché Leofara, anch’essa frazione come Valle Pezzata di Valle Castellana, ne offre un bellissimo prospetto.

Curiosa è stata, negli ultimi anni, la scelta di alcune persone di provare a ripopolare il borgo cercando di vivere in totale simbiosi con la natura, abbandonando ogni elemento di modernità e concentrandosi su ciò che la natura ha da offrire: i biopionieri del XXI secolo, si chiamano così, hanno così riportato, anche se in modo molto rispettoso e quasi “intimo”, un po’ di vita in questa città fantasma dell’Abruzzo.

Come muoversi e cosa vedere nei dintorni

Abbiamo visto che Valle Pezzata si trova nel territorio dei Monti della Laga, una splendida realtà ambientale sicuramente degna di nota. Un ottimo modo per scoprire questi luoghi è camminando, affidandosi alla rete sentieristica che tocca le principali località della zona protetta d’Abruzzo. “Laga Selvaggia”, percorso ad anello da 8 chilometri con 600 metri di dislivello e difficoltà E (escursionistico), è un ottimo modo per avvicinarsi al borgo abbandonato e carpirne i segreti più intimi. Di percorsi, comunque, non ne mancano: proprio da queste parti passa l’Itinerario Turistico nel Distretto Cascate e Boschi, che parte da Teramo e attraversa Cortino e Valle Castellana, permettendo di visitare le magnifiche Cascate della Morricana. Sul sito del parco, grasassolagapark.it, è possibile consultare le numerose strade e itinerari (a piedi, a cavallo, in mountain bike, per escursionisti e amanti dell’enogastronomia) che queste terre mettono a disposizione.



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