Relax, cultura e tanto buon cibo: l’itinerario giusto per vivere l’Abruzzo in 7 giorni

Scritto da: letisutpc
relax, cultura e tanto buon cibo: l'itinerario giusto per vivere l'abruzzo in 7 giorni

Anche quest’anno le nostre vacanze di luglio si svolgono in Italia, più precisamente in Abruzzo, regione che conosciamo solo in parte. Quale occasione migliore per approfondire la conoscenza?

Abruzzo in 7 giorni: diario di viaggio

Giorno 1 – Atri, L’Aquila

atri

L’autostrada A 14 scorre veloce e in qualche ora ci porta alla prima tappa del nostro viaggio, Atri. Due le cose pronte ad accoglierci in questa cittadina: un bel caldo ed il mercato settimanale che si snoda lungo tutte le vie del centro. In breve raggiungiamo la piazza principale dove troneggia la famosa cattedrale di Santa Maria Assunta, risalente al XIII° secolo. Una semplice facciata rettangolare in pietra d’Istria con un rosone sopra il portale principale ed uno svettante campanile sempre in pietra istriana. La semplicità degli interni è arricchita dal bellissimo ciclo di affreschi con le storie di Cristo, della Vergine, di San Gioacchino e di Sant’Anna. Di fronte alla cattedrale sorge il teatro comunale, ispirato, nella costruzione, al teatro alla Scala di Milano. Ci incamminiamo lungo il Corso Elio Adriano, sede di molte attività commerciali cittadine. Il nostro dito scorre su Google Maps alla ricerca di un posto in cui pranzare e si ferma sull’Hostaria Zedi, luogo davvero carino e colorato, dove degustiamo con soddisfazione alcune specialità della cucina abruzzese.

Tempo di bere un caffè ed eccoci in partenza per la nostra seconda meta, l’Aquila, dove rimarremo due giorni. Parlando di questa città è facile cadere nella retorica, noi cercheremo di non farlo, limitandoci a descrivere quello che vediamo che, in tutta onestà, abbiamo trovato bellissimo. Trovare il nostro b&b appena fuori da una delle porte cittadine è stato facilissimo, un po’ meno trovare un parcheggio: il centro dell’Aquila è un groviglio di vicoli strettissimi, molti dei quali in salita o in discesa e spesso interessati da cantieri. Ci vogliono un po’ di giri prima di trovare un parcheggio nelle vicinanze dell’abitazione. Dopo il check-in ci concediamo una sosta, sia perché la temperatura esterna è superiore ai 30 °C, sia perché questa mattina ci siamo svegliati molto presto.

Quando usciamo di casa abbiamo una bellissima sorpresa: l’aria si è rinfrescata e ci consente di percorrere senza batter ciglio le scale che, attraverso Costa Masciarelli, ci conducono in Piazza del Duomo, una piazza enorme e di impianto medievale, su cui si affacciano la cattedrale (ancora sottoposta a restauro) e la chiesa di Santa Maria del Suffragio o delle Anime sante, una delle immagini simbolo del terremoto del 2009. Fu anche una delle prime strutture ricostruite, grazie ad un cospicuo intervento economico del governo francese (circa 3 milioni di euro). All’interno della piazza trovano posto due fontane che risalgono agli anni ’30 del 1900, mentre dove oggi sorge l’edificio delle poste, un tempo si trovavano le cancelle, case-bottega medievali, quattro delle quali sono state fortunatamente ricostruite nella vicina via Simeonibus: sotto un susseguirsi di archi trovano posto la porta ed il banco di vendita del negozio, al piano superiore l’abitazione del commerciante. Vale la pena fare qualche passo per vederle, di notte sono ben illuminate e molto suggestive!

Sul resto della piazza del Duomo trovano posto negozi e locali di ogni genere, fra cui il bellissimo ed antico bar dei fratelli Nurzia (1835), famoso per il torrone al cioccolato, tenerissimo, ed altri dolci buonissimi dei quali il cameriere ci omaggia di un assaggio. Percorrendo il corso Federico raggiungiamo la villa comunale, sul cui sfondo sorge il Palazzo delle Esposizioni a forma di emiciclo, oggi sede del Consiglio regionale dell’Abruzzo.

Il vicino Palazzo dell’ex GIL è oggi sede del Rettorato del Gran Sasso Science Institute, mentre nella Casa della Giovane Italia, sull’altro lato della villa comunale, c’è la sede del prestigioso istituto. In questa area è presente anche la statua della Vittoria alata, monumento ai caduti. La presenza di tanta architettura razionalista all’Aquila è dovuta alla grande risonanza che il fascismo ebbe in città: Adelchi Serena fu podestà dal 1926 al 1934, diventando poi segretario nazionale del partito. La sua operazione di allargamento della città prese il nome di “Grande Aquila” e portò ad enormi investimenti nel campo dei lavori pubblici (oltre agli edifici statali vennero costruiti lo stadio, campi da tennis e la stazione sciistica di Campo Imperatore; la sorte volle che proprio in questa località venisse imprigionato Benito Mussolini, dopo la caduta del fascismo l’8 settembre 1943).

Il nostro primo tour della città prosegue verso le zone più centrali, fra vicoli e piazze, spinti anche dalla ricerca di un posto in cui cenare che battezziamo nell’Irish pub via Verdi, locale molto carino in una via di passeggio dove mangiamo un ottimo fish and chips. Non si tratterà di cibo locale ma va bene così. La città si va sempre più animando di gente seduta ai tavoli per l’aperitivo o per un drink serale o semplicemente per una passeggiata e questo ci piace molto. Anche noi, una volta cenato, ci incamminiamo lungo il corso Vittorio Emanuele, detto anche il corso stretto. Tanti sono i palazzi nobiliari con i portoni aperti ai cittadini e anche ai (pochi) turisti. Ben visibile in fondo al corso è la fontana luminosa ed i suoi giochi di luce.

Oltre la piazza Battaglione degli alpini ha inizio il parco del Castello, che contiamo di visitare domani. Ritornando sui nostri passi una sosta è d’obbligo in Piazza Regina Margherita, centro della movida aquilana con i suoi tanti locali e la gente ai tavoli o semplicemente ferma a chiacchierare. La socialità degli abruzzesi e quasi come quella di noi romagnoli, mi piace! A malincuore riprendiamo la via di casa, fermandoci a dare un ultimo sguardo alla piazza del Duomo ormai quasi deserta. Rituffandoci nel dedalo di vicoli rientriamo nel nostro b&b tranquillo e silenzioso: buona notte, L’Aquila!

Giorno 2 – L’Aquila, 

Dopo una bella colazione nel nostro alloggio, la giornata inizia con la visita della basilica di Collemaggio, poco distante. La sua struttura rettangolare in pietra bianca e rosa, tipica delle chiese abruzzesi, è semplice e priva di fronzoli: tre i portali, un rosone centrale e due laterali. Sul fianco destro un torrione che era sormontato da un campanile demolito a fine ‘800 e ricostruito alla sinistra dell’abside. La basilica fu fatta costruire alla fine del XIII secolo dall’eremita Pietro di Morrone, futuro papa Celestino V, “colui che fece per viltade il gran rifiuto”, come recita Dante nella Divina Commedia. Le spoglie del Pontefice sono custodite in una regalissima urna d’argento e cristallo posta alla destra dell’altare maggiore, Legata a Celestino è la cerimonia della Perdonanza che si celebra ogni anno il 28 e 29 agosto: trattasi di un’indulgenza plenaria voluta dal Pontefice per tutti i fedeli che varcavano la Porta santa della basilica. Una sorta di giubileo ante litteram.

A fianco della basilica sorge il Parco del sole, un’area verde che si affaccia sulla vallata e sulle montagne circostanti. Al suo interno l’Amphisculpture è un’arena progettata dall’artista americana Beverly Pepper: i suoi colori riprendono quelli della basilica, creando una continuità fra questi due spazi contigui. Riprendiamo il cammino a piedi e ci troviamo ancora nella zona della villa comunale, dove un gruppo di reclute del corpo degli Alpini stanno seguendo le spiegazioni di un istruttore. La nostra prossima metà vorrebbe essere la fontana delle 99 cannelle, ma un cartello turistico ci fa deviare in direzione della Fortezza spagnola, ponderosa struttura costruita a partire dal XVI secolo. Gli aquilani la vissero come un atto di dominazione, anche se in realtà non venne mai usata a scopo difensivo, bensì come caserma o carcere. All’interno della fortezza aveva sede il MUNDA, museo nazionale d’Abruzzo, oggi spostato in altra sede. Scendendo verso il centro incontriamo l’Auditorium del parco, progettato da Renzo Piano per sostituire temporaneamente l’auditorium della fortezza danneggiato dal terremoto: la costruzione, interamente in legno è formata da 3 strutture cubiche la più grande delle quali contiene un palcoscenico che può ospitare un’orchestra di 40 musicisti. Durante la nostra passeggiata incontriamo di nuovo gli Alpini in marcia verso la fortezza e poi di ritorno. Scopriremo poi che si trattava di reclute in addestramento che sono state poi consacrate Alpini a tutti gli effetti con tanto di cerimonia ufficiale in piazza del Duomo qualche giorno dopo la nostra visita. Giunta l’ora di pranzo torniamo all’Irish pub via Verdi per una sosta rifocillante, poi, dopo una sosta rinfrescante dentro la chiesa di San Bernardino, torniamo a casa per dedicare le ore più calde ad una meritatissima siesta.

Finalmente è ora di visitare la fontana delle 99 cannelle, senza auto non è semplice, ma alla fine ci arriviamo. La fontana si trova nel borgo Riviera, uno dei più antichi della città, sede del primo insediamento urbano, precedente alla fondazione del XIII° secolo. Perché 99 cannelle? Tutto è da far risalire alla fondazione della città ad opera dai cittadini residenti nei borghi vicini, abbandonati per sfuggire alle angherie della baronanza locale e anche di qualche invasore straniero. Ogni gruppo, per ricreare una comfort zone nei nuovi insediamenti, pensò bene di ricostruire la chiesa, la piazza e la fontana uguali a quelle del borgo d’origine. Nacque così la leggenda della città del 99 (chiese, piazze e fontane). Anche dalla torre comunale, prima del fatidico 2009, un’ora dopo il tramonto, partivano 99 rintocchi. La fontana delle 99 cannelle è il simbolo per eccellenza dei vari castelli fondatori: l’acqua di ogni fontanella si unisce alle altre nella vasca comune, in segno di unione. Se si vogliono contare (e tutti quelli che vengono qui lo fanno) le cannelle con mascherone sono 93, a cui ne furono aggiunte 6 prive di mascherone a fine ‘800, per un totale di 99, numero perfetto. Seduti sul bordo della grande vasca ci godiamo, insieme a poche altre persone, il rilassante rumore dell’acqua che sgorga, in un luogo davvero magico!

Di fronte alla fontana sorgono la chiesa di San Vito con 2 meridiane sulla facciata e, in quello che fu il mattatoio cittadino la sede del MUNDA, il museo nazionale d’Abruzzo trasferito qui dopo il 2009 a seguito dell’inagibilità della sede del Forte spagnolo. Fortunatamente la risalita verso il centro è meno impegnativa dell’andata e ben presto siamo al ristorante consigliatoci dal nostro host per la cena, “La quintana”. Non possiamo lasciare la città senza aver fatto un ultimo giro per le vie del centro, ammirando ancora una volta i bei palazzi restituiti a nuovo splendore.

Giorno 3 – Fossa, Santo Stefano di Sessanio

Oggi è tempo di muoverci verso la nostra prossima destinazione, Santo Stefano di Sessanio, dove trascorreremo i prossimi 5 giorni. Imboccata la mitica SS 17 che collega tutta questa parte d’Abruzzo, è d’obbligo una deviazione verso il piccolo centro di Fossa, alla scoperta di due gioielli nascosti. Il primo è la necropoli, situata appena prima dell’abitato e risalente ad un periodo compreso fra il IX e il I secolo a.C. Nonostante le informazioni di Google la dessero aperta, è invece inesorabilmente chiusa al pubblico e non possiamo far altro che ammirare i menhir da lontano, che peccato!

Speriamo di essere più fortunati con il secondo gioiello, ovvero la chiesa di Santa Maria ad Cryptas. Non impostate il navigatore perché impazzisce, procedete sulla strada principale poi girate a sinistra in direzione cimitero e vi troverete la chiesetta davanti. Inaspettatamente la fortuna, rappresentata da una gara automobilistica stile 1000 miglia, ci assiste, facendoci trovare aperta la chiesa solitamente chiusa. Oltre a leggere le informazioni sulla chiesa di Wikipedia, possiamo beneficiare anche della visita guidata della vice sindaco. Non ci sono parole per descrivere questo capolavoro: chi l’ha definita la cappella Sistina dell’Abruzzo non stava scherzando. A dispetto della semplicità della facciata, l’interno della chiesa conserva uno spettacolare ciclo di affreschi della seconda metà del XIII. secolo, molto ben conservati. Scene della vita, morte e resurrezione di Cristo si alternano a quelle della Genesi, del peccato originale e della cacciata dal paradiso terrestre. Santi e profeti, salvati e dannati si rincorrono sulle pareti con l’espressività semplice ma efficace della pittura del Duecento.

Dopo aver scambiato qualche parola con gli automobilisti, quasi tutti stranieri e anche attempati e anche con la vice sindaco, riprendiamo il nostro itinerario fermandoci a comprare e mangiare qualche panino a Barisciano, non lontano dalla nostra destinazione finale. Eccoci finalmente a Santo Stefano di Sessanio, ridente paesino a 1250 m s.l.m., in prossimità di Campo Imperatore. L’appartamento del nostro residence è molto carino ed arredato secondo lo stile contadino abruzzese. La vista dalla nostra camera spazia sul paese e sulla vallata circostante.

Dopo un meritatissimo riposino usciamo alla scoperta del paese ma anche di un ristorante in cui cenare. Il borgo, di origine medievale, è incantevole: sorto nel 1240 come borgo fortificato (di cui mantiene le caratteristiche, con le case tutte compatte) visse per un lungo periodo di pastorizia e transumanza. Dal Rinascimento e fino alla fine del XVIII secolo appartenne ai Medici, che ne fecero il loro serbatoio di lana cardata, poi trasferita in Toscana per la lavorazione.

Già dopo l’Unità d’Italia e con il declino della transumanza il paese cominciò a manifestare segni di decadenza a cui fece seguito, come conseguenza, lo spopolamento. A partire dagli anni ’90, grazie ad un imprenditore italo olandese che ha acquistato molte abitazioni del borgo per trasformarle in albergo diffuso, si è assistito ad una rinascita sia dal punto di vista turistico che imprenditoriale. Purtroppo il terremoto del 2009 non ha risparmiato neanche Santo Stefano, in particolare la sua torre medicea simbolo del paese, oggi ricostruita e visitabile.

È bello perdersi fra le vie super strette, alcune coperte, tutte con le case in pietra allineate come tanti soldatini. Per la nostra cena scegliamo la Locanda del Palazzo, dove mangiamo pappardelle, un ottimo coniglio ed anche la crème brûlé. Quando usciamo è quasi fresco, così facciamo un breve giretto per il paese dove non circola più anima viva e ce ne andiamo a nanna.

Giorno 4 – Campo Imperatore

campo imperatore

Che bello svegliarsi con l’aria frizzantina ed uscire di casa con la felpa, privilegio impensabile alle nostre latitudini, qui è invece normale. Meta di oggi sarà Campo Imperatore, l’altipiano che Fosco Maraini definì “il piccolo Tibet d’Abruzzo”: la distanza dal nostro paese è di soli 18 km ma il paesaggio, man mano che ci avviciniamo diventa sempre più brullo, con la strada costellata da macchie gialle date dai fiori di verbasco, detto anche tasso barbasso, una pianta officinale dalle molteplici proprietà benefiche. A pochi km dall’arrivo alla piana di Campo Imperatore si può scegliere se salire con la seggiovia (al costo di 6 € a persona oppure in auto/moto al costo rispettivamente di 10/5 €. Noi scegliamo di proseguire con la nostra auto che parcheggiamo nel grande piazzale di fronte all’albergo di Campo Imperatore, famoso per aver ospitato Benito Mussolini durante la prigionia che fece seguito alla caduta del Fascismo l’8 settembre 1943. Ora nell’albergo sono in corso lavori per trasformarlo in un resort a 5 stelle.

Nel piazzale sono presenti anche track di arrosticini ed altre delizie locali e anche l’ostello che contiene al suo interno la vecchia stazione della funivia (ed una cabina). C’è anche la chiesetta della Madonna della neve, visitata anche da papa Giovanni Paolo II, grande amante della montagna. Da vedere anche il giardino botanico, gestito dall’Università dell’Aquila, per la verità desolatamente spoglio, ma ha riaperto in questi giorni, così come l’Osservatorio astronomico.

È proprio da qui che si parte per raggiungere il rifugio Duca degli Abruzzi, con una bella passeggiata di 40 minuti che ci porterà a quota 2388 metri sulla cresta del monte Portella. Niente di meglio che fermarsi ad uno dei tavoli a mangiare due bei panini caserecci e a godersi una vista superba, con le nuvole che disegnano figure nel cielo. Siccome per il pomeriggio è prevista pioggia decidiamo di abbandonare l’idea di proseguire il nostro cammino in quota e di tornare verso Campo Imperatore e poi verso il nostro paese, dove stasera ci aspetta una cenetta casalinga.

Giorno 5 – Rocca Calascio, Castel del Monte

rocca calascio

Oggi il tempo è splendido e decidiamo di andare a visitare Rocca Calascio, sì, quella dove è stato girato il film Lady Hawke e anche la scena della crocifissione di Amici miei atto 2. Il paese dista poco più di 8 km dal nostro, il paesaggio che incontriamo lungo la strada è un po’ più boscoso, sempre bellissimo. Arrivati a Calascio parcheggiamo l’auto, indossiamo gli scarponcini da trekking, ci spalmiamo di crema solare fp 50 e ci incamminiamo lungo la provinciale 7 che in poco più di 1 ora ci porterà sulla vetta della rocca più instagrammata d’Abruzzo. È possibile arrivare al borgo di Rocca Calascio anche in auto/moto o con una navetta che parte da Calascio, ma noi volevamo sgranchirci le gambe e siamo saliti a piedi.

Il borgo in prossimità della rocca è molto grazioso, con tutte le abitazioni e le strade in pietra e diversi ristoranti e negozi di souvenirs e prodotti locali molto carini. Prima di inerpicarci sulla Rocca ci fermiamo davanti alla chiesa della Madonna della pietà, a pianta ottagonale, costruita fra la fine del XVI° e l’inizio del XVII° secolo in segno di ringraziamento alla Vergine per lo scampato pericolo in seguito ad un assalto da parte di una banda di banditi molto poco amichevoli. Da dietro la chiesa si può godere di una fantastica vista del Corno Grande e delle altre alture del Parco, nonché del paese di Castel del Monte.

Giunti in vetta, a 1464 m s.l.m., ci fermiamo ad ammirare il castello che vide la luce nel periodo medievale, durante il quale fu un punto strategico sia a livello difensivo che per il controllo della transumanza delle sottostanti vallate del Tirino e dell’altopiano di Navelli. La pastorizia ed il commercio della lana furono attività fiorentissime fino alla dominazione borbonica di fine XVIII° secolo, quando il paese cominciò via via a spopolarsi, fino a risultare completamente disabitato nel 1757. Solo a partire dagli anni ’80 del secolo scorso furono avviati lavori di restauro e consolidamento del castello ed anche delle strutture del borgo oggi adibite a ristoranti ed abitazioni. Attraverso una passerella varchiamo le mura e poi visitiamo le stanze interne fino ad arrivare alla sommità. Bellissimo!

Con calma ritorniamo verso il borgo, dove ci fermiamo in un negozio molto carino ad acquistare l’immancabile calamita per il nostro frigorifero. La discesa è veloce e giunti in prossimità di Calascio prendiamo una strada interna che ci consente di visitare questo delizioso paese. A questo punto una sosta al Calascino caffè è più che meritata, direi: mangiamo 2 bei panini in compagnia di un gattino nero molto intraprendente ed altrettanto affamato.

Ripresa l’auto ci dirigiamo verso Castel del Monte, che fa del Ricetto la sua parte più caratteristica. Il Ricetto è la parte più antica del centro, tutto un susseguirsi di case in pietra, molte delle quali con le facciate abbellite con coppi colorati che spesso rappresentano il padrone di casa e ne descrivono le caratteristiche. Fra le vie del Ricetto una cartellonistica colorata descrive momenti della vita del paese, come i matrimoni, le feste patronali e le attività degli abitanti, tutte corredate di foto d’epoca e di poesie o detti locali, a creare una sorta di museo diffuso. Anche Castel del Monte è stato set per diverse produzioni cinematografiche come Il deserto dei tartari, San Francesco con Mickey Rourke, The American con George Clooney, Così è la vita con Aldo, Giovanni e Giacomo, solo per ricordare le principali.

Mentre stiamo completando la nostra visita, veniamo assaliti da un forte temporale con grandine che ci bloccherà dentro l’auto per almeno mezz’ora e ci farà desistere dal visitare anche i paesi di Castelvecchio Calvisio e Carapelle Calvisio, molto danneggiati dal terremoto del 2009. Stasera decidiamo di cenare al Ristoro degli elfi, un locale a metà strada fra il rifugio alpino ed un bistrot francese, a pochi passi dal nostro residence. Il proprietario, Silvan detto il mago, ha una straordinaria somiglianza con l’attore Rocco Papaleo ed è molto simpatico. Ci serve una lasagna bianca ed un agnello davvero ottimi, complimenti!

Giorno 6 – Fonte Cerreto, Sulmona

sulmona

Oggi è sabato e di fare un’altra scarpinata non ne abbiamo voglia. Decidiamo quindi di andare verso Assergi (volevamo visitare i laboratori nazionali del Gran Sasso ma le visite sono per il momento interrotte). Lungo la strada ci fermiamo al santuario della Madonna d’Appari, che sorge in un luogo riparato a fianco di una galleria scavata nella roccia. L’ambiente è molto suggestivo, da una parte la roccia appunto e dall’altra un sentiero affiancato da un tranquillo ruscello. Secondo la leggenda fu proprio qui che una pastorella ebbe la visione della Madonna, nel XV secolo. L’apertura del santuario è affidata a volontari nei pomeriggi di sabato e domenica, quindi questa mattina è chiuso. Procediamo verso Fonte Cerreto, piccola località dove ha sede la funivia che collega questa zona del Gran Sasso a Campo Imperatore. Attualmente la funivia è chiusa per lavori di consolidamento, quindi l’unico modo per raggiungere Campo imperatore, che dista meno di 18 km, è la strada statale 17 bis. Siccome a campo Imperatore siamo già stati, anche se per altra strada, decidiamo di lasciare Fonte Cerreto per dirigerci verso la cascata dello Schizzataru, ma con tutta la nostra buona volontà (e anche l’aiuto di una gentile signora) non riusciamo a trovarla, pazienza.

Vabbè, diciamo che la giornata non è iniziata nel migliore dei modi, vorrà dire che ci rifaremo con la prossima tappa, Sulmona. A una sessantina di km da qui è raggiungibile tramite l’immancabile SS17. Arriviamo all’ora di pranzo, con una temperatura di 38 °C. Subito però veniamo conquistati dall’allegria e dal colore dei negozi di confetti sparsi per tutta la città e confezionati in tanti bellissimi bouquet. La produzione di mandorle della vicina val Peligna portò alla nascita di questo dolce, già dal Medioevo. Le suore del locale Monastero di Santa Chiara ne avviarono la particolare lavorazione a forma di fiore, mentre quella industriale fu ad opera delle botteghe Pelino, Di Carlo e L’Unica.

Il paese si sviluppa tutto lungo il corso Ovidio, intitolato al suo concittadino più illustre. Prima di dedicarci all’esplorazione decidiamo di fare un brunch nei locali interni e freschi del bar Jamm’mo, proprio davanti allo splendido acquedotto medievale che chiude da un lato l’enorme Piazza Garibaldi. Passeggiando lungo l’infinito Corso Ovidio, non possiamo non ricordare Parenti serpenti, commedia dolceamara filmata nel 1992 da Mario Monicelli e girata quasi interamente a Sulmona (benché ambientata nella vicina Lanciano).

Prima di riprendere la via di casa è giunto il momento di scatenarci nell’acquisto dei confetti: sono talmente belli e colorati che li comprerei tutti! Un’occhiata alla cattedrale di san Panfilo e all’adiacente complesso dell’Annunziata e poi torniamo alla nostra auto, dove la temperatura interna ha raggiunto i 42 °C, aiuto! Sulla strada del ritorno ci fermiamo in un grande supermercato dove facciamo la spesa per la cena di stasera con prodotti tipici della zona.

Giorno 7 – Bominaco, Peltuinum, lago Sinizzo

Oggi è il penultimo giorno di vacanza e vogliamo sfruttarlo al massimo con un programma che coniugherà l’arte all’archeologia, per finire con il relax, il tutto in un raggio di pochi km. Eh sì, in Abruzzo tutto è possibile. Prima tappa Bominaco per vedere l’oratorio di San Pellegrino e l’adiacente chiesa di Santa Maria Assunta. L’oratorio è circondato da una siepe di lavanda su cui volteggiano indisturbate decine di farfalle colorate: per visitarlo basta chiamare il numero di telefono indicato sul cancello. Dopo 10 minuti ecco arrivare in scooter Cristian, una guida del posto che ci condurrà alla scoperta di questo luogo meraviglioso. Altre persone si aggiungono a noi e quando Cristian accende la luce della chiesetta lo stupore sarà generale.  L’oratorio è dedicato a San Pellegrino che qui venne martirizzato tramite il lancio di frecce ed è anche sepolto. Uscendo dall’oratorio con grande sorpresa e piacere ci troviamo davanti un folto gruppo di visitatori, pronti per la prossima visita.

Noi proseguiamo verso la chiesa di Santa Maria Assunta, sul retro dell’oratorio. In stile romanico, è quel che resta del monastero di Momenaco, esistente sin dal X secolo. Il monastero venne infatti distrutto nel 1423 da Braccio di Montone. La chiesa, splendida testimonianza del romanico abruzzese, sorge su una collina circondata da alberi, Fu costruita anche con i materiali di reimpiego della città romana di Peltuinum ubicata poco lontano. Gli elementi più interessanti della chiesa sono però all’interno dell’edificio: lo splendido ambone databile al 1180, la cattedra abbaziale, uno degli unici  tre manufatti esistenti al mondo (assieme a quelli di Avignone e di san Nicola di Bari) commissionata dall’abate Giovanni – in essa raffigurato – e realizzata dallo stesso artista dell’ambone, il prezioso ciborio del 1223 e infine, sorretto da un leoncino stiloforo, l’elaboratissimo cero pasquale, considerato il più bello dell’intera regione. La visita a questo gioiello è gratuita, ma non possiamo non ricompensare Cristian per le sue descrizioni interessanti e ricche di particolari.

Ed ora dove potremmo andare se non a Peltuinum? Città dei Vestini, quindi databile dal I al IV sec. a.C., costruita in posizione strategica lungo il tratturo L’Aquila-Foggia. I Romani ne fecero un centro per lo sfruttamento agricolo ed anche il controllo delle greggi in transito. Sotto l’Imperatore Claudio il tratturo divenne la via Claudia Nova, importantissima per la circolazione delle merci dal Lazio verso la costa adriatica. Ad oggi sono identificabili le mura, 2 cisterne, alcune parti del tempio ed il teatro. Questo incontro con la storia in un posto assolato e fuori dal mondo è comunque moto suggestivo ed emozionante.

Giunta l’ora di pranzo decidiamo che è il momento di rilassarci un po’ e ci dirigiamo verso il lago Sinizzo, un piccolo paradiso a soli 9 km da qui. Si tratta di un lago di origine carsica di un diametro di 120 metri, circondato da una bellissima pineta e con un’area picnic attrezzata con tavoli di legno ed anche una zona barbecue. Per chi non volesse utilizzare le griglie c’è anche un chiosco bar dove pranzare, fare merenda e anche aperitivo ed un parco giochi per i bimbi. Insomma, l’ideale per passare un pomeriggio estivo al fresco. Prevedendo di venire qui ci siamo attrezzati con teli, stuoini e anche panini e dolci da mangiare, oltre che libri da leggere. Il pomeriggio passa così fra un giro attorno al lago, una dormita, 4 chiacchiere e la bellezza di trovarci in questo posto davvero delizioso. Grandi e bambini fanno tuffi e nuotate nel lago, qualcuno arriva con la canna da pesca o con i cagnolini in passeggiata, insomma è difficile andarsene da qui, ma seppure a malincuore lo facciamo perché stasera ci aspetta un’ultima cena al Ristoro degli elfi: chissà Silvan il mago quali deliziosi piatti estrarrà dalla sua cucina?

Oltre alle lasagne e all’agnello, visto che la pioggia ha rinfrescato l’aria, assaggiamo anche uno spezzatino, molto buono. Peccato che il POS non funzioni, con noi ed altri clienti ci contiamo i contanti in tasca per poter pagare le nostre cene.

Giorno 8 – Giulianova e rientro

Ebbene sì, è giunto il momento di partire ed oltre a noi è contrariato anche il cielo, dal quale comincia a rovesciarsi un grande scroscio di pioggia con tanto di lampi e fulmini, uno dei quali atterra a pochi metri da me. D’accordo, ce ne andiamo! Sulla via del ritorno decidiamo di vedere anche il mare, grande assente di questa nostra vacanza e ci fermiamo a Giulianova, per una toccata e fuga che prevede un giro in spiaggia ed un pranzo con un bel fritto di pesce al Punto ristoro del porto, consigliatoci dal bagnino di salvataggio. Grazie, bagnino!

È proprio ora di lasciare l’Abruzzo, questa regione sulla quale non avevamo grosse aspettative ma che si è invece dimostrata piena di gioielli inaspettati, tranquilla ed ospitale, come volevamo noi. Penso che quella di quest’anno non sarà l’ultima vacanza che passeremo in questa regione.

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