Il Cammino della Via Flavia, 100 chilometri di meraviglie del Friuli Venezia Giulia tra Muggia e Aquileia

Quest’estate decido di percorrere il cammino della Via Flavia, che avevo già adocchiato qualche anno fa, basandomi sul sito internet e la guida della Ediciclo. Parto in treno il 3 agosto da Conegliano a Trieste e poi in bus a Miramare, dove ho prenotato l’alloggio (Villa Tergeste, ci avevo pernottato molti anni prima quando era ancora ostello, ora i prezzi sono decisamente diversi, ma ancora economici considerata la posizione e la possibilità di cenare nel ristorante affacciato sul mare). In attesa che mi diano la camera faccio una passeggiata sul lungomare, resa più piacevole dal clima fresco, dopo la pioggia mattutina, arrivando fino al più vicino “topolino”, nome dato a una serie di spiagge attrezzate, molto amate dai triestini. Credo che il nome derivi dalla forma semicircolare delle due terrazze che vi si affacciano, che ricordano le orecchie del famoso personaggio dei fumetti. Dopo il check-in vado subito a visitare il castello e il parco. Già il tratto che porta ai cancelli, che è area protetta, mi colpisce, le spiaggette tra gli scogli popolati da marangoni dal ciuffo (li avevo scambiati per cormorani, ci somigliano), l’acqua pulita, la vista del castello che si protende sull’acqua, quasi pronto a salpare. Una volta dentro percorro il camminamento che circonda la costruzione, con un meraviglioso affaccio sul golfo. Entro (gratuitamente, è la prima domenica del mese, e vai!), la visita dà l’idea della vita e della personalità di chi ha voluto questa dimora, Massimiliano d’Asburgo e la moglie Carlotta. Difficile dimenticare la fama di portatore di sventura di Miramare ai suoi ospiti: Massimiliano fu fucilato in Messico dai rivoluzionari, la moglie Carlotta impazzi fino alla fine dei suoi giorni (si dice che la maledizione l’abbia lanciata lei…), l’imperatrice Sissi (che amava frequentarlo) fu uccisa in un attentato. Ma non finisce qui: Amedeo d’Aosta, che l’abitò negli anni trenta, morì in un campo di prigionia nella Seconda Guerra Mondiale; il generale tedesco Friedrich Rainer, che vi abitò, fu ucciso dai partigiani. Beh, reputazione d’obbligo per ogni castello che si rispetti! Oltre che curiosare tra le ricche sale consiglio di buttare un occhio alle finestre, il panorama è spettacolare. Ancora più bello forse è il parco, ricchissimo di specie arboree, fiori, statue, terrazze e laghetti, è bello perdersi negli infiniti vialetti che lo attraversano. Concludo la serata con una cena sulla Terrazza di Villa Tergeste; dopo brevi trattative ottengo un tavolo con vista mare, tramonto e castello sullo sfondo, ne valeva la pena!
Indice dei contenuti
Cammino della Via Flavia – Diario di viaggio
Giorno 1 – Da Muggia a Bagnoli della Rosandra
La prima tappa la percorrerò in parte a piedi, in parte in autobus (anche perché qualche tratto l’avevo già fatto a piedi in precedenza) Scelgo di raggiungere Muggia (la partenza) in traghetto, approccio più affascinante che via terra. Uscita dal piacevole centro storico, concentrato intorno alla piazza del Duomo, individuo il percorso con l’aiuto della Guida e della traccia scaricata. Inizio una lunga salita sull’asfalto (per fortuna in ombra) fino alla località di Santa Barbara, e da lì comincio a scendere, presto su strada bianca e nel bosco, passo accanto a una cava e continuando arrivo ai laghetti delle Noghere, specchi d’acqua derivati da un’ex cava (nel Carso se ne incontrano più d’una), in un ambiente fresco e riposante. Uscita da lì la strada prosegue in salita verso il paese di Caresana, arroccato su un colle coperto da alberi da frutto, vigneti, ulivi e contornato da muretti a secco e terrazzamenti (pàstini in triestino). Attraversato il minuscolo paese, con una chiesa del ‘600, proseguo verso Dolina e poi, con qualche difficoltà, verso la meta della tappa, Bagnoli della Rosandra, dove alloggerò presso un affittacamere (B81 della Rosandra, non c’è un nome della via, strana toponomastica). Mi si sta scaricando il telefono, quindi devo contare, come si faceva “una volta”, su cartina, descrizione e senso dell’orientamento (a naso…). Il paese è molto tranquillo, ma un ristorante per cenare lo trovo, per fortuna molto vicino all’alloggio, visto l’effetto dell’aperitivo ordinato (si chiamava spritz della Rosandra, non potevo mancarlo!)
Giorno 2 – Da Bagnoli della Rosandra a Trieste
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Il percorso inizia con una salita leggermente impegnativa (ma sarà l’unica della giornata) che si arrampica attraverso il tipico paesaggio collinare carsico, tra uliveti, qualche vigneto e pareti rocciose (ho sempre amato questo territorio, che mescola paesaggi alpini e dolci colline, vegetazione mediterranea e ogni tanto, all’improvviso, ti mostra il mare). Scollino giunta al paesino di Sant’Antonio in Bosco, dove passava la ferrovia della val Rosandra, dismessa alla fine degli anni ’50 e trasformata in ciclopedonale dedicata a Giordano Cottur, atleta noto in zona. È una pista molto piacevole e ben tenuta, ampia e circondata da alberi che la fanno sembrare il viale del parco di una villa. Lungo il percorso, che scende dolcemente verso Trieste, dove termina, si incontrano delle vecchie stazioncine ferroviarie, ora adibite ad altri scopi, valorizzate da tabelle illustrative che tengono vivo il ricordo della storica linea. Arrivo a Trieste attraversando il vivace quartiere di San Giacomo, dove pranzo in un chioschetto all’ombra della chiesa e raggiungo il B&B Antico Borgo Teresiano, in pieno centro, dove alloggerò. Il B&B si trova in un elegante palazzo storico, e anche l’arredamento dell’appartamento è in stile. Il gestore è una persona molto disponibile e gentile e pronto a metterti a tuo agio. Poggiato lo zaino esco per visitare Trieste. Prima tappa il famoso Caffè San Marco, frequentato da intellettuali e scrittori, con uno spazio trasformato in libreria con dei tavolini dove ci si può liberamente fermare. Osservo le cornici alle pareti, decorate a foglie di caffè e con dei mascheroni dipinti. Ordino un espresso (un nero, come lo chiamano qui) e proseguo verso il colle di San Giusto, da cui si può ammirare il panorama della città. Si tratta del nucleo storico più antico della città, con i resti del foro romano e la cattedrale, sorta in epoca paleocristiana e ricostruita in forme romaniche. L’interno, ripartito da file di colonne e archi, presenta degli splendidi mosaici e resti di affreschi. Scendo da Via della Cattedrale (occhio, il ripido selciato può essere scivoloso, parlo per esperienza!) passando per l’Arco di Riccardo e il teatro romano, circondato da edifici moderni e raggiungo la libraria antiquaria Umberto Saba, che fu di proprietà del poeta triestino, presente in diverse fotografie e altri ricordi. Vicino alla libreria c’è la chiesa serbo ortodossa di San Spiridione, riconoscibile dalle cupole e dai colori nella facciata e soprattutto all’interno, vivacemente cromatico. Dal mare entra per un breve tratto nella città il Canal Grande, con un ponticello che lo attraversa, con una statua di Joyce, che visse e scrisse a Trieste, ed è chiuso sul fondo dalla Chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo. Un po’ più a est la Piazza Unità d’Italia, magnificente per la sua ampiezza e per i palazzi che la circondano, che si affaccia direttamente sul mare. Termino la giornata con uno spettacolo gratuito e mozzafiato, il tramonto sul Golfo dal Molo Audace, affollato di gente in ammirazione dei colori del sole che scende, riflettendosi nell’acqua e nelle vetrate dei palazzi di fronte, che si illuminano di una luce dorata. Pare di stare al cinema!
Giorno 3 – Da Trieste a Monfalcone
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Al mattino raggiungo Miramare con l’autobus e attraverso il parco: con un po’ di difficoltà (è un dedalo di sentieri!) trovo l’uscita che mi porta alla stazioncina di Miramare, dove ritrovo il percorso che prosegue tra abitazioni con vista sulla costa. Il tratto diventa sempre più bello man mano che avanzo. Sulla destra mi appare il profilo del castello di Duino, e davanti in fondo Grado e la laguna. Attraverso un tratto boscoso, dove all’improvviso un serpentello nero mi attraversa la strada e scompare tra il verde. Percorro tratti profumati dai cespugli di ginepro e di salvia selvatica, che ha dato il nome (Via della salvia) a un tratto dell’itinerario. Dopo Aurisina, in direzione di Sistiana, si incontra la vedetta Weiss, una terrazza panoramica dedicata a una giovane alpinista triestina, da cui si può spaziare lo sguardo da Muggia alle falesie di Duino. A un certo punto il percorso si immette sulla statale. È il momento di una meritata pausa, quindi mi fermo per un gelato alla pasticceria Costa dei barbari. Presto comincia uno dei tratti più belli del cammino, il sentiero Rilke, che arriva fino al castello di Duino, che appare ad ogni affaccio del tratto, che si snoda tra la vegetazione, i campi solcati, tipica formazione carsica di rocce striate, le falesie a strapiombo sul mare (numerosi cartelli invitano alla prudenza). Passato il Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico, che accoglie studenti dalle più diverse nazioni, arrivo alle porte del castello, che però è chiuso. Quindi proseguo verso il Villaggio del Pescatore, dove sono stati ritrovati degli scheletri di dinosauri, e poi arrivo alla chiesa medievale di San Giovanni in Tuba, alle bocche del Timavo, che qui appare in superficie, dopo aver percorso 70 chilometri sotto terra. E’ un luogo ricco di suggestioni, forse per la presenza di queste risorgive misteriose, non distante esiste anche la Grotta del Mitreo, dedicata al culto d’epoca precristiana. Da qui raggiungo Monfalcone, dove alloggio, in autobus (devo dire che la rete dei trasporti pubblici funziona molto bene nella zona della Venezia Giulia). L’HR Hotel si affaccia su Piazza della Repubblica, la principale del paese, e si rivela una piacevole sorpresa; la stanza è grande e accogliente, tutto molto pulito, e appena fuori dalle porte c’è una pizzeria con tavoli all’aperto, dove ceno.
Giorno 4 – Da Monfalcone a Grado
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Al mattino davanti alla Piazza della Repubblica prendo l’autobus che mi porta a Grado, attraversando i territori lagunari che la precedono. Arrivata in città cerco il deposito bagagli che avevo prenotato (e pagato) su internet ma non ne trovo traccia. Per fortuna all’autostazione l’impiegato cortesemente mi concede di lasciare lo zaino all’interno, risolvendomi una situazione che rischiava di rivelarsi pesante, in senso proprio e figurato. Con la prospettiva di un bagnetto rinfrescante punto alla spiaggia libera più vicina, facilmente raggiungibile. I fondali sono bassi, con la bassa marea per raggiungere l’acqua alta bisogna prendere l’autobus! Ma a Grado non ci sono solo spiagge. Il centro storico è piccolo ma estremamente caratteristico, ben tenuto ma anche vissuto: l’impronta veneziana è evidente nelle piazzette e nei vicoli che formano un affascinante labirinto, dagli scorci suggestivi. Ad ogni svolta mi fermo a scattare foto. Riscopro la storia medievale di Grado, legata al Patriarcato, ereditato o condiviso con Aquileia, a causa delle circostanze storiche legate alle invasioni barbariche o agli scismi religiosi. Le due basiliche paleocristiane affiancate nel Campo dei Patriarchi, Sant’Eufemia e Santa Maria delle Grazie, sono arricchite all’interno da preziosi mosaici e colonnati. Il porto vecchio si allunga dal mare verso l’interno del paese ed è affollato di barche e pescherecci. A metà pomeriggio raggiungo Aquileia, in tempo per visitare la mostra dedicata ai 50 anni della Pimpa, il personaggio più noto e amato di Altan, che ancora abita in paese. Nel parco sul retro della scuola c’è anche la casetta della Pimpa, dedicata ai bambini ma emozionante anche per gli adulti che hanno amato la cagnolina a pois rossi e i suoi amici. Prima della cena presso l’accogliente hotel “I patriarchi” riesco a dare un’occhiata al sito delle case romane e all’esterno della basilica, con la luce radente del tramonto. Ma la meraviglia me la riserva la sera, quando la luna piena sorge alle spalle della chiesa, suscitando l’ammirazione dei presenti. Da sogno!
Giorno 5 – Da Aquileia a Conegliano
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Subito dopo la colazione comincio la visita di Aquileia, con il supporto dell’audio guida fornita con l’acquisto del biglietto cumulativo per i diversi siti (FVGcardAquileia, 18 euro). Comincio con il foro romano, visitabile solo dall’esterno della recinzione: ci sono degli operatori al lavoro all’interno, e intanto il caldo comincia a farsi sentire. Finora sono stata fortunata, non ho trovato pioggia ma neanche afa o calura eccessiva, cosa decisamente positiva quando si cammina per ore con uno zaino pesante sulle spalle. Il foro non mi entusiasma, trovo più d’effetto il Porto fluviale, con le rovine circondate dal verde e costeggiate da un viale alberato, dedicato ai caduti della Prima Guerra. La Via Sacra termina nel cimitero dietro la basilica, dove riposano dieci salme di militi ignoti e Maria Bergamas, la mamma di un soldato disperso sul fronte, che proprio qui ad Aquileia scelse tra gli 11 corpi quello che fu portato a Roma all’altare del Milite Ignoto. La città è ricca di testimonianze dell’antico passato romano, ma il gioiello che da solo vale la visita è la paleocristiana basilica di Santa Maria Assunta, con i suoi splendidi mosaici che coprono l’intera pavimentazione e rappresentano episodi della Bibbia e i punti fondamentale della dottrina cristiana: praticamente un catechismo per immagini per i molti fedeli che non sapevano leggere né scrivere. Ci sono affreschi nell’abside e nella cripta sottostante, mentre nella cripta sotto la navata sinistra gli scavi hanno portato alla luce il nucleo più antico della basilica. Oltre al corpo principale il complesso comprende anche la chiesa dei pagani e il battistero, dedicati a chi entrava a far parte della comunità cristiana. Vale la pena anche di visitare il museo archeologico, per completare la conoscenza dei molti aspetti dell’ultra millenario passato di questa cittadina, che pur piccola offre così tanta bellezza. Sotto il solo cocente dedico l’ultimo sforzo ad Aquileia raggiungendo il sepolcreto romano, un po’ fuori dal centro. Le tombe in marmo bianco, anche se poche, circondate dalla campagna, offrono un notevole colpo d’occhio. Il mio viaggio sta per terminare, raggiungo Udine e poi Conegliano, da dove ero partita 6 giorni prima. In un percorso tutto sommato breve, poco più di 100 chilometri, ho visto coste, colline, boschi, campi coltivati, città e paesini, ogni tratto valeva lo sguardo. Porterò con me molti ricordi, il tempo del cammino consente di vivere gli spazi che attraversi con un ritmo più naturale, che ti consente di assorbire i luoghi che vedi. Viaggiare a piedi è come costruire il proprio percorso, anche se si segue un tracciato prestabilito sono le tue gambe che l’hanno realizzato!



















