Nel cuore del Mediterraneo c’è l’isola del vino e dei capperi: dista 80 chilometri dall’Africa, ma qui si parla italiano

La si può vedere più facilmente dalla Tunisia che dal resto d’Italia, grazie alla sua posizione centrale nello stretto di Sicilia. Kélibia dista circa 80 chilometri, Mazara del Vallo quasi 110. E così, questo piccolo avamposto del Bel Paese, un territorio di origine vulcanica, con fenomeni di vulcanesimo che si traducono in acque calde e soffioni di vapore, è quasi più Africa d’Europa. All’Italia è però indissolubilmente legato dalla ricchezza del suo perimetro ambientale, dalla salvaguardia tenace – quantunque testarda – del patrimonio enogastronomico e alla resilienza di una popolazione sparuta ma attenta a portare avanti tradizioni millenarie.
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L’isola su cui l’antichità ha messo le mani
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Fenicia, punica, romana, soprattutto araba: la storia di Pantelleria è lunga e variegata, un po’ come quella della vicina Sicilia, di cui ne ha seguito le vicende tramutandosi in un luogo di conquista e di profonda seduzione per i popoli di navigatori che qui passavano e volevano lasciare il loro segno. Lo fecero soprattutto gli arabi, che vi introdussero la coltivazione del cotone, una delle tante realtà agricole di un territorio selvaggio ma allo stesso tempo straordinariamente produttivo. Il toponimo dell’isola lo si deve invece ai monaci bizantini, che la battezzarono Patelareas, mentre il suo imponente Castello è invece ascrivibile alla dominazione dei Normanni. Percorrendo Pantelleria, le varie fasi della sua storia si notano quasi più nei siti archeologici che nei monumenti, molti dei quali vennero distrutti dai bombardamenti americani del 1943.
Gli angoli selvaggi di Pantelleria
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Specchio di Venere è il nome di un lago incredibile, dal colore verde chiaro con riflessi turchesi: si tratta di un antico cratere dove si trovano le sorgenti termali, le cui acque calde e ricche di zolfo danno vita a questa colorazione. Pantelleria è nota per l’unicità del suo paesaggio: con un’altezza massima di 836 m s.l.m. si presenta in tutta la sua originalità data dalle colate laviche, dalle calette e dai faraglioni. Gli accessi al mare sono luoghi rocciosi dove non è semplice arrivare via terra: la pietra disegna piccoli angoli selvaggi e incontaminati, con grotte e baie circondate da un mare dai colori incredibili. Questi scorci mozzafiato sono accompagnati dalla vegetazione mediterranea: ginestra, pino marino, corbezzolo, rosmarino, ginepro, ma quest’isola è famosa per il cappero, una vera e propria prelibatezza della flora autoctona.
Prodotti e specialità gastronomiche di Pantelleria
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I Ravioli Amari, una ricetta salata come suggerisce il nome, nata dalla tradizione per utilizzare il latte di capra cagliato e rappreso: questo ingrediente veniva condito con sale, pepe, mentuccia. Quando si perse l’utilizzo della capra il piatto si trasformò: ad oggi viene utilizzata la ricotta come ripieno di questa pasta all’uovo; la ricotta stessa viene arricchita dai tuorli, sale, pepe, cannella e mentuccia finemente tritata. Il condimento di questo primo piatto può spaziare da quello in bianco, al sugo semplice o anche ragù
I Capperi di Pantelleria sono noti fin dai tempi antichi, IGP dal 1996 , vengono conservati in sale marino, ottimi in abbinamento con la caponata di verdure, la Sciakisciuka tipica dell’isola. L’origine del nome è berbero, a testimonianza dell’antica dominazione e sta a indicare “miscuglio’’: la ricetta prevede l’aggiunta di uova sode a pezzetti rispetto alla caponata classica siciliana. Questa variante fa del piatto di verdure assortite un piatto unico, perfetto per l’estate.
Sempre da tradizione araba, il Cous cous ha trovato a Pantelleria la sua versione particolare: la preparazione è a base di pesce e verdure fritte. Rimanendo in tema di frittura, un altro piatto tipico vede l’impiego della murena: la ricetta in agrodolce vuole il pesce impanato e fritto, successivamente insaporito grazie ad un composto di cipolle, capperi, peperoncino, alloro e aceto di vino bianco.
Il Bacio Pantesco è un dolce a base di ricotta, formato da due cialde fritte che risultano croccanti: la caratteristica forma è data dall’apposito ferro che viene impiegato per la frittura. La crema a base di ricotta, con la quale vengono tenute insieme queste due cialde, è arricchita dalle gocce di cioccolato.
Lo Zibibbo, un vitigno antico e unico
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Pantelleria ha la sua DOC dal 1971 e comprende varie tipologie di vino: fermo, spumante, liquoroso. Il vitigno è lo Zibibbo, un vitigno aromatico anche noto come Moscato d’Alessandria: diffuso dai Romani in epoca antica, con allevamento ad alberello e raccolta a mano, è vendemmiato a metà agosto. Anche in questo caso il nome deriva dalla cultura araba: il nome infatti sembra indicare l’uva secca o appassita, un ingrediente molto utilizzato nella cucina araba e anche in quella siciliana.
Colori e profumi dei vini siciliani
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La tradizione dei vini dolci ha da sempre contraddistinto quest’isola, che presenta sul mercato prodotti diversi, che seguono differenti lavorazioni. Il Moscato Liquoroso si ottiene dalla fermentazione delle uve vendemmiate: si presenta con un colore giallo paglierino tendente all’ambrato, al naso un profumo inconfondibile, con un titolo alcolometrico al 21%. Il Pantelleria Passito Liquoroso ha una procedura più lunga e laboriosa: si selezionano uve che vengono destinate all’appassimento, sfruttando le alte temperature dell’isola. La disidratazione negli stenditoi richiede una attenta cura, affinché l’appassimento risulti omogeneo: l’ubicazione delle uve in luoghi assolati e arieggiati, permette, nel corso delle settimane, di ottenere una disidratazione e una relativa concentrazione degli zuccheri. Al termine ci sarà la torchiatura e la successiva fase di fermentazione: fondamentale anche la fase di affinamento che può durare fino a diciotto mesi e altri sei mesi in bottiglia. Un vino dal colore ambrato, con profumi intensi di frutta gialla, miele e frutta secca; la dolcezza e l’aromaticità lo rendono un vino ideale non solo in abbinamento ai dolci, ma anche ai formaggi erborinati.