C’è un piccolo borgo nella Maremma toscana dove sembra di entrare in una macchina del tempo, e i suoi panorami sono… paradisiaci
Nel cuore della Maremma Toscana tra le colline che si affacciano sul Golfo di Follonica ci sorge Gavorrano, un borgo sembra sospeso nel tempo, e in effetti, in due tempi separati. Con i suoi poco più di 8000 abitanti questo paesello che sta sulle pendici del Monte Calvo regala una quiete lontana dai clamori della costa, pur trovandosi a soli dieci chilometri dal mare verso il suggestivo Puntone di Scarlino. Sta immerso in un paesaggio che alterna belle colline e boschi fitti e si distingue da diversi borghi per una leggenda in particolare ed un passato industriale non indifferente. Andiamo?
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Una macchina del tempo, ma doppia
Mura di Gavorrano. Christihan, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
Questo puntarello di a malapena 8.000 animelle era sotto l’influenza di Vetulonia, una delle principali città etrusche che sfruttava i percorsi lungo le valli dei fiumi Sovata e Bruna. Scavi fra il 2004 e il 2007 nella tenuta di Santa Teresa hanno riportato 5 tombe usate fra settimo e sesto secolo a.C. circondate da tanti insediamenti agricoli, ergo una comunità prospera che sfruttava già dai tempi etruschi (e romani) le risorse minerarie del loco e ne controllava il commercio. Finito l’Impero Romano d’Occidente, Gavorrano comincia a svilupparsi come comunitò autonoma e viene menzionato verso l’ottavo secolo d.C. quando era sotto i vescovi di Roselle.
Successivamente passa sotto gli Alberti e nel tredicesimo secolo dei Pannocchieschi. Nel 1320 questi Pannocchieschi cedono i diritti a Massa Marittima, e quando cade anch’essa, il borgo va nelle mani della Repubblica di Siena.
Monte Calvo, vista da Gavorrano. Christihan, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
In questo periodo il borgo era protetto da due cinte murarie, una esterna del tredicesimo e quattordicesimo secolo e una interna, più antica. Ma facciamo un fast forward per andare sul recente: succede quindi che nel 1898 un abitante di Gavorrano di nome Francesco Alberti scopre un giacimento di pirite nei pressi del paese. Come scoperta porta allo sviluppo di una delle più importanti miniere di pirite d’Europa che era inizialmente gestita dalla ditta Praga e Co. e poi dal 1910 dalla Montecatini. L’attività mineraria trasforma (trasforma è pure riduttivo) l’economia locale e attrae moltissimi lavoratori, ma cessa nel giugno del 1981 per questioni di mercato delle materie prime e nuove tecnologie. Tradizionalmente parlando la pirite la si usava per produrre acido solforico ma con dei nuovi processi industriali lo si è cominciato ad ottenere come sottoprodotto della lavorazione del petrolio. Oggi le strutture minerarie sono parte del Parco Minerario Naturalistico di Gavorrano, che preserva e valorizza tale patrimonio industriale.
Gavorrano, cosa vedere tra il Parco Minerario Naturalistico, i borghi e la leggenda di Pia de’ Tolomei
Chiesa di San Giuliano, Gavorrano. Alienautic, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
Abbiamo parlato di un po’ di storia, ma ora serve sapere cosa vedere a Gavorrano. Partiamo subito dal Parco Minerario Naturalistico di Gavorrano che come potrai immaginare celebra per bene il suo passato minerario: è diviso in due aree principali, cioè il Parco delle Rocce e la Miniera di Ravi Marchi. Il Parco delle Rocce sta ai margini del borgo storico ed è un’esperienza immersiva più bella di quanto ci si aspetti grazie al Museo in Galleria, un percorso multimediale apposito sulle condizioni di lavoro dei minatori.
La seconda zona, la Miniera di Ravi Marchi, sta a qualche km dal centro e qui ci si perde negli antichi impianti di estrazione con le gallerie e macchinari originali per vedere le tecniche estrattive effettive di una delle più importanti miniere di pirite d’Europa, come accennato prima.
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Sempre nel parco c’è il Teatro delle Rocce, arena naturale che è stata ricavata da una cava di calcare, tutt’oggi sede di spettacoli e concerti. La Cava di San Rocco è il nome dello spazio dove c’è la cava con dentro il teatro, ex cava per estrazione del calcare. La forma è di anfiteatro greco per sembrare “parte della cava” coi gradoni per amalgamarsi con la parete e c’è una bella vista del paese di Gavorrano.
Continuando al centro borgo c’è da vedere la Chiesa di San Giuliano, edificata nel 1792 su quella che probabilmente era un’altra pieve medievale dedicata a San Gusmè. Elementi architettonici antichi di vario tipo, specie il basamento del campanile, testimoniano diverse stratificazioni storiche: la parte attuale è di una ricostruzione del XVIII secolo che si è inglobata varie parti delle mura della roccia. Lì c’è una Madonna con Bambino in marmo di Giovanni d’Agostino, datata 1336, e una Madonna del Buonconsiglio del XVII secolo in una raffinata cornice dell’Ottocento.
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La piazza principale (dove sta la chiesa) è il focus del centro storico: ci sono ancora le mura medievali e le torri difensive del dodicesimo secolo. In zona c’è la Necropoli etrusca di San Germano con 30 tombe a tumulo, recuperate e restaurate con pannelli illustrativi di vario tipo; dentro a una tenuta vinicola di nome Rocca di Frassinello (su progetto di Renzo Piano, ndr.) è stato creato il Centro di Documentazione Etrusco Rocca di Frassinello coi reperti della necropoli e come focus il consumo del vino nella società etrusca. Il museo è un viaggio nel passato con tanto di degustazione di vino fatto con ricette antiche e speziate. Altro che il classico vin brulè.
Castel di Pietra, Gavorrano. Facebook.com/castellitoscani, foto di Opaxir
Il Castel di Pietra (o Castello della Pietra), abbastanza vicino Gavorrano su un poggio nell’area meridionale delle Colline Metallifere grossetane, è un luogo bello pieno di storia ed ha una leggenda pure abbastanza famosa. Faceva controllare l’alta valle del fiume Bruna e alcune vie di comunicazione; le prime menzioni sono del 1067 quando il castello viene coinvolto in un patto tra gli Aldobrandeschi e i senesi per commerciare il sale. A fine dodicesimo secolo è stato ampliato con una cinta muraria e una torre circolare, ma nel tredicesimo passa dagli Aldobrandeschi ai Pannocchieschi, subendo qualche altra modifica. Il declino comincia verso il XIV secolo con l’ascesa dei Tolomei e dei Malavolti, e l’abbandono completo c’è già documentato nel 1413. I resti hanno i muraglioni, una torre ad est e le mura a sud e ad ovest. Ma a proposito di panorami e di mura…
Panorama da Gavorrano. trolvag, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons
Citato da Dante Alighieri nel Purgatorio il castello è legato alla vicenda tragica di Pia de’ Tolomei, nobildonna senese, che secondo tradizione è stata imprigionata e uccisa (gettata da una finestra) per ordine del marito, Nello Pannocchieschi, signore del castello. Nello voleva sposare Margherita Aldobrandeschi, nome che ormai dovrebbe dirvi qualcosa. “…ricordati di me che son la Pia: Siena mi fé; disfecemi Maremma…” Ogni anno il primo sabato di agosto Gavorrano commemora il tutto col Salto della Contessa, rievocazione storica in costume medievale coi cortei, esibizioni di sbandieratori e mercatini artigianali. In passato le contrade dei Tolomei e dei Pannocchieschi si sfidavano in una corsa podistica notturna chiamata Palio dello Zendado. I resti del castello però potrebbero essere chiusi al pubblico.