Immerso tra le colline del Basso Lazio c’è il borgo dei segnali di fumo, ma è la sua “prigione” ad averlo reso famoso in tutto il mondo
“Colui che fece per viltade il gran rifiuto”, papa Celestino V, come ci ricorda Dante nel III canto dell’Inferno, passò i suoi ultimi giorni in una fortezza arroccata e dispersa nel verde della Ciociaria; come lui, anche l’antipapa Gregorio VIII, qualche tempo prima, aveva trascorso una lunga e dura prigionia fra gli antri e nel buio dello stesso luogo. Il Castello Longhi di Fumone, però, fu – ed è tutt’oggi – molto di più che una semplice prigione e un monumento da ammirare; questo, infatti, fin dal medioevo, grazie alla sua posizione strategica, costituì la più importante opera di difesa e fortificazione dello Stato Pontificio, almeno per quanto riguarda il Lazio, e, in generale, il Centro Italia.
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Dopo aver dato un’occhiata al borgo e al territorio, andiamo dunque a scoprire quali furono le varie funzioni che, nel tempo, assunse questo baluardo situato nel cuore della Ciociaria.
Dall’Antichità ai giorni nostri: la vedetta del Basso Lazio
Nomen omen, “il nome è un presagio”, avrebbero detto i Romani, o, per farla più semplice, “il nome è tutto un programma”. E questo è proprio il caso di Fumone, per il quale, se si è curiosi di sapere l’origine del nome, non è necessario cercare troppo lontano; e, anzi, c’è di più, perché il nome corrisponde direttamente alla principale funzione che, un tempo, ricopriva il borgo. Sì, avete indovinato, Fumone deve il suo nome ai segnali di fumo, in virtù del fatto che, in situazioni di pericolo, questi venivano emessi dalla vetta del Castello a mo’ di allarme, per intenderci, la stessa funzione che oggi ricopre una sirena. D’altronde, anche il detto popolare la dice lunga: “Cum fumo fumat, tota Campania tremat”, cioè, “Quando Fumone fuma, tutta la Campagna trema”!
E, sia chiaro, Campagna non è una storpiatura dell’omonima regione, bensì un riferimento a Campagna e Marittima, vera e propria provincia dello Stato Pontificio, compresa grossomodo fra Roma, Terracina e la Valle del Liri.
La funzione di vedetta, però, almeno nel caso del borgo in questione, non è una novità tutta medievale; già dai tempi dell’Antica Roma, infatti, a fronte della sua peculiare e suggestiva posizione, fra i Monti Lepini e i Monti Ernici, questa roccaforte naturale aveva attirato l’attenzione dei vari dominatori di turno.
Nel Medioevo, poi, quando la situazione geopolitica cambia e si fa più critica, e i castelli e le fortificazioni diventano i protagonisti del panorama italiano, Fumone entra a pieno titolo nell’orbita dello Stato Pontificio: dalle incursioni piratesche dei Saraceni alle scorrerie normanne che risalivano dai territori meridionali, tutto, dalla cima del Castello Longhi, era più facilmente visibile e, dunque, gestibile.
Di sicuro, nel periodo medievale doveva interessare ben poco, presi com’erano a sventare gli attacchi nemici; tuttavia, un fiore all’occhiello della visuale che, ad oggi, si può godere dalla Rocca è indubbiamente quella del Lago di Canterno, un delizioso e piccolo bacino lacustre che, fra l’altro, ospita anche un’importante Riserva naturale.
La prigione dei papi
Celestino V, al secolo Pietro da Morrone, non fu di certo il primo papa a rinunciare al pontificato, anzi, fu “solo” il settimo di una lunga serie.
Quello che è certo, è che non se la passò affatto bene; rinchiuso per ordine di Bonifacio VIII, il papa del primo Giubileo, e lo stesso che, qualche anno dopo, avrebbe ricevuto un sonoro schiaffo da un esponente della famiglia Colonna, il povero e vecchio Pietro, oramai stremato, si spense alla veneranda età di 87 anni nel buio della Fortezza, si vocifera, dopo aver celebrato la sua ultima messa.
Prima di lui, più di un secolo prima, per l’esattezza, nel 1121, la stessa sorte era toccata all’Antipapa Gregorio VIII, al quale, in realtà, andò peggio che a Celestino; quello Longhi, infatti, fu solo uno dei tanti edifici in cui Gregorio venne incarcerato, dato che, da Roma in giù, passò attraverso diversi prigioni di diversi castelli e monasteri, per poi finire i suoi giorni a Cava de’ Tirreni.
Fumone, però, e ci teniamo a sottolinearlo, non è solo segnali di fumo o luoghi di reclusione! È chiaro, questi sono i tratti che lo rendono peculiare e unico nel suo genere; tuttavia, il borgo offre tanti punti d’interesse, in primis storico-artistici, ma anche naturali e gastronomici, ciò che ne fanno un degno portavoce della cultura e tradizione ciociara.
Il delizioso abitato medievale, il giardino pensile del Castello, il già citato lago di Canterno, e poi, ancora, i profumi e i sapori che nel borgo vivono e resistono: le sagne pelose, particolari fettuccine senza uovo, la polenta con le spuntature, la minestra di pane. Chi più ne ha, più ne metta.