È la prima capitale d’Italia, ma Torino è soprattutto la città dei musei e questi sono i 3 più belli da scoprire all’ombra della Mole
Indice dei contenuti
In questo lungo periodo oscuro l’attento osservatore può già intuire che un qualcosa di grande si cela nel piccolo abitato urbano sulle rive del Po. Nel XVI secolo con l’arrivo di Emanuele Filiberto di Savoia e l’imposizione di nuove riforme si gettano le basi per la Torino moderna sia dal punto urbanistico che politico. Il suo sviluppo supera gli ostacoli dell’ingerenza francese e della devastante peste, e nel 1713 con il principe Eugenio di Savoia la città diventa capitale del Regno di Sardegna. L’architetto Filippo Juvarra mette poi a disposizione il suo genio per creare il nuovo aspetto urbanistico, pronto ad accogliere il primo Parlamento italiano nel 1861. Archiviate le importanti vicende politiche, a cavallo tra l’ottocento e il novecento, la città diviene un polo industriale fra i più grandi dell’intera Europa grazie alla FIAT, fabbrica italiana automobili Torino. I decenni di boom economico furono diversi ed esaltanti ma purtroppo la storia ci insegna che tutto ha una fine. La crisi economica, succeduta a quella sociale frutto dello scontro culturale fra la gente del luogo e i molti immigrati provenienti dal mezzogiorno italiano come forza lavoro, infligge profonde ferite.
Lingotto e MAUTO (Museo dell’Automobile)
Con il nuovo millennio la cittadina cambia nuovamente volto, divenendo a tutti gli effetti la città d’arte che abbiamo già imparato a conoscere e ad amare. Infatti è la seconda volta che vi torniamo. Solo per questo motivo non varchiamo le porte di Palazzo Reale, simbolo indiscusso di Torino, visitato durante il nostro primo viaggio qui. Dall’autostrada, invece del centro, raggiungiamo direttamente il Lingotto, il quartiere assieme a Mirafiori simbolo della FIAT, guidata per ben trent’anni dall’avvocato Gianni Agnelli.
Oggi in uno di quegli edifici è stato allestito il MAUTO, il museo dell’automobile che, data la sua elevata capienza, non necessita della prenotazione. Si articola su tre piani e la visita comincia dall’ultimo livello, raggiungibile grazie a una scenografica scala mobile, per poi scendere a piedi godendosi i gioielli esposti, e credetemi, ce ne sono davvero molti. Ne rimaniamo colpiti, Leonardo di cinque anni compreso, così come dalle ambientazioni suggestive in cui sono collocati. Si inizia dall’evoluzione della macchina nel corso del ‘900 partendo dal motore a vapore e ponendo una delle invenzioni più importanti del XX secolo in relazione agli accadimenti economici, politici e sociali.
È incredibile ammirare i modelli d’esordio, la macchina che nel 1907 percorse 16000 chilometri da Parigi a Pechino e gli esemplari più eleganti tra cui quello guidato da una delle prime donne al volante. La patente applicata alla fiancata segna il 1913. Le macchine cambiano ancora volto passando dai salotti raffinati alle trincee della Grande Guerra, poi vi sono quelle destinate negli anni venti alle dive del cinema, italiano e del jet-set americano. Contempliamo la possente e costosa vettura sportiva alla tedesca (Mercedes benz), la jeep della Ford, l’americana alla guerra in Italia nel 1941. Quindi l’auto incontra il design e Pinin Farina disegna la Moma, una vera e propria scultura in movimento. Mettono allegria la fiat 600 multipla del 1956, pratica, spaziosa ed economica, ideale per le vacanze estive delle famiglia, e la mitica, indimenticabile 500, modello a cui siamo particolarmente legati visto che ha portato me e mio marito all’altare! Arriva l’icona degli anni ottanta, la Ferrari, e successivamente si fa un salto nel futuro, ora passato, con la ecobasic del 2000, capace di compiere cento chilometri con tre litri. Uno scenario forte costituito da rottami e alberi scheletrici per colpa dell’inquinamento e dello sfruttamento oltre il limite delle risorse del pianeta esprime uno schiaffo all’umanità. Una frase rimane scolpita nella mente del lettore: l’inizio di una nuova epoca o la fine per tutti… le due facce del futuro.
Passiamo oltre, al piano che illustra il legame tra auto, industria e competizioni sportive, dove viene dato spazio al tema della sicurezza, all’evoluzione della ruota da quella in legno al pneumatico. Scopriamo la Concept car del 2016, prima auto da corsa a utilizzare l’innovativa tecnologia delle celle di combustibile alimentate da idrogeno, zero emissioni e velocità oltre i 300 km/orari. Per regalare un sorriso è stata creata l’ironica riproduzione di una casa ispirata alle parti dell’automobile e per un’iniezione di adrenalina vi è la strepitosa sala dedicata alla Formula con modelli e maxischermi sullo sfondo le cui immagini regalano il senso della velocità. La ciliegina sulla torta di un museo capace di entusiasmare tutta la famiglia e assolutamente meritevole di una visita.
A pranzo entriamo nel centro commerciale il Lingotto, a circa 900 metri dal MAUTO, con negozi, ristoranti e fast food sistemati in una porzione degli ex stabilimenti FIAT. Offre diverse opzioni per pranzi veloci e low cost, ma è in via di ristrutturazione e molte vetrine risultano vuote, per questo motivo può apparire a tratti desolante. Ospita pure la Pinacoteca Agnelli, da noi saltata per mancanza di tempo, alcuni corsi del Politecnico di Torino e, sul tetto, la vecchia pista di prova delle autovetture con tanto di rampa di accesso elicoidale. La valida opzione per un pranzo gourmet è la dirimpettaia Eataly, fornita di piccolo parco giochi accanto ai tavoli esterni, soluzione perfetta per le famiglie, peccato per la fila di persone all’ingresso e il tutto esaurito dei posti a sedere. Sempre in zona si trova il Double Tree by Hilton, scelto per il pernottamento e la prima colazione grazie a una buona offerta e allo sconto iscritti usufruibile direttamente sul sito della nota catena alberghiera. Stanze insonorizzate e climatizzate, letto comodo, un bimbo di cinque anni non paga se dorme nel letto con i genitori, parcheggio gratuito, colazione varia e di qualità inclusa nella tariffa selezionata. Il centro torinese è la meta del pomeriggio, comodamente raggiungibile con l’unica linea della metropolitana scendendo alla fermata Porta Nuova. Superata piazza Carlo Felice si imboccano gli infiniti portici di Via Roma, cuore pulsante della città. Volte e archi ospitano il parco giochi per gli amanti dello shopping, consentono di ripararsi dalla calura estiva, dalla pioggia e dal vento pungente della stagione invernale, ed è un piacere camminarci attraverso.
A un tratto, sui due angoli opposti della strada, compaiono le grandi statue marmoree di un uomo e di una donna sdraiate sopra un basamento dal quale sgorga l’acqua. Raffigurano rispettivamente il Po e la Dora, i due fiumi cittadini.
I monumenti annunciano il vicino arrivo nella splendida Piazza San Carlo di forma rettangolare, a mio parere lo spazio più raffinato di Torino, non a caso definitone il salotto. I lati lunghi sono occupati da eleganti edifici barocchi fra loro simmetrici, la parte meridionale è chiusa dalle due chiese gemelle di Santa Cristina e San Carlo, ed è presente la statua equestre di Emanuele Filiberto di Savoia.
Museo Egizio
Ancora pochi passi e nella parallela via Accademia delle Scienze varchiamo la soglia del bel palazzo barocco ospitante il Museo Egizio di Torino, il cui ingresso è vincolato alla prenotazione online. Fondato nel 1824, è l’esposizione egizia più antica al mondo ed è altresì considerata la più importante dopo quella de Il Cario.
Il legame tra Torino e l’Egitto risale però a tre secoli prima quando, nel 1563, i Savoia spostano la loro capitale nell’attuale Piemonte, epoca in cui i nobili ricercavano le proprie origini nella mitologia. Durante la fortificazione della città del 1567 viene ritrovata un’incisione latina dove si fa riferimento a un santuario intitolato a Iside, dea della maternità, della fertilità, nonché maggiore divinità femminile egizia. Il ritrovamento spinge gli storici di corte a fissare le origine egiziane di Torino. Successivamente, agli inizi del 1800, la cultura europea scopre ancora di più la fascinosa storia dell’Egitto grazie alla campagna militare nel paese nord africano voluta da Napoleone. L’impresa si rivela un fallimento dal punto di vista militare, ma conduce a una svolta nella decifrazione della scrittura geroglifica grazie alla famosissima Stele di Rosetta, oggi conservata al British Museum di Londra.
Camminare fra le sale del museo, articolato su quattro piani, risulta intrigante e fascinosa per grandi e piccini. In particolare Leonardo è rapito dalle mummie esposte in gran quantità. Sono davvero impressionanti, presentate all’interno o accanto ai sarcofagi e assieme agli oggetti rinvenuti nella tomba, come vasi in terracotta, statue in legno e modellini d’imbarcazione, tuniche, biancheria varia, lenzuola di lino e, in alcuni casi, persino il letto. Il mondo dell’aldilà infatti prevedeva per tutte le persone facoltose gli stessi agi goduti durante la vita terrena.
Passando da una stanza all’altra si comprende l’evoluzione dei processi di mummificazione, delle sostanze utilizzate per conservare organi e corpi, e il cambiamento nella forma e nei materiali dei sarcofagi, la cui etimologia deriva da un termine greco dal significato un po’ inquietante, ovvero che consuma la carne. Non solo le persone, pure gli animali potevano subire la medesima sorte, in quanto molti dei si manifestavano in varie forme e venivano associati ad alcuni di essi. Nei templi si allevavano gli esemplari prescelti, talvolta mummificati alla morte naturale, oppure uccisi e consegnati dai pellegrini come offerta ai sacerdoti.
L’intera esposizione museale risulta molto interessante e coinvolgente, ma l’area a mio parere più fascinosa è La Galleria dei Re al piano zero. Qui magnifiche statue di dimensioni considerevoli sono esaltate da giochi di luci e specchi, in grado di produrre un ambiente mistico e solenne, fissandoci nella mente un ricordo indelebile di questo splendido museo.
Chiese e palazzi di Torino
Usciamo quindi a respirare l’aria fresca del tardo pomeriggio e due edifici nelle immediate vicinanze attirano la nostra attenzione. Il primo è la chiesa di San Filippo Neri ideata dal solito Filippo Juvarra, con il pomposo ingresso in stile neoclassico disegnato da colonne e frontone. In secondo è il Palazzo Carignano reso unico dal colore rosso e le forme curvilinee della facciata barocca: uno spettacolo per gli occhi.
Se si viaggia con bambini è d’obbligo un salto ai Giardini Reali, l’area verde pubblica sul retro del Palazzo Reale, per lasciarli correre e divertire sul prato e nel piccolo parco giochi. Poi si è pronti a tornare in centro per una cena, la nostra è veloce ma gustosa alla Focacceria Tipica Ligure in via Giovanni Giolitti, una traversa della maestosa Piazza San Carlo. Il locale è un take away con spazio all’interno e qualche tavolo all’esterno, e propone tranci di pizze, focacce e la sfiziosa farinata di ceci.
Risaliamo verso Piazzetta Reale percorrendo Via Lagrange e lanciando un’occhiata alle vetrine, molte delle quali espongono scarpe, accessori e capi di abbigliamento firmati dai prezzi esorbitanti. Fortunatamente le bellezze architettoniche di Torino inghiottono subito tali eccessi. In Piazza Castello gli occhi sono catturati dal particolarissimo Palazzo Madama, eretto proprio nel centro, del solito Filippo Juvarra. La costruzione esibisce una porzione barocca, caratterizzata da portali decorati, alte finestre delimitate da colonne e fine balaustra sul tetto, contrapposta alla parte che ricorda un castello medievale con tanto di torri e bifore. Gli zampilli e le luci delle fontane a filo pavimento rallegrano e vivacizzano l’atmosfera magica del tramonto.
Nell’angolo sud-orientale dello slargo si nasconde la Galleria Subalpina. Merita di certo una visita, soprattutto se volete sfuggire dalla baraonda dei portici. Si tratta infatti di un ambiente silenzioso e tranquillo, lungo una cinquantina di metri, e coperto da una struttura di vetro e ferro. Tra il tripudio di marmi dell’interno trovano posto negozi prestigiosi dai prezzi poco economici come il caffè Baratti & Milano, un locale storico e fra i più prestigiosi della città.
Proseguiamo il giro serale fino all’area archeologica oltre il Palazzo Reale e la Cattedrale di San Giovanni Battista. Ruderi del teatro romano a parte, spicca l’imponente struttura rossastra di Porta Palatina che ai tempi dei romani costituiva l’ingresso principale all’abitato di Augusta Taurinorum. Da qui, seguendo vie secondarie comunque ricche di palazzi in direzione della stazione Porta Nuova, sbuchiamo in Piazza Solferino. La prima volta ci aveva colpito e pure la seconda non ne rimaniamo delusi. Nella lunga aiuola centrale alberata trova posto la ‘Fontana Angelica’ nota per le quattro statue in bronzo ispirate alle stagioni che, secondo la leggenda, nasconderebbero simboli d’ispirazione massonica. Lì accanto il monumento equestre di Ferdinando I di Savoia cattura per il toccante realismo con cui è stata raffigurata l’agonia del cavallo morente colpito da una pallottola.
La metropolitana ci riporta infine al quartiere Lingotto e al meritato riposo nell’hotel, culmine di una giornata ricca di emozioni e scoperte.
Parco del Valentino e i giardini di Torino
Il giorno seguente, dopo colazione, inizia all’insegna del rispetto ambientale. Dove? Al Green Pea, il primo Green Retail Park dedicato al tema dell’evoluzione verde. Un edificio avveniristico al Lingotto sviluppato su cinque piani nei quali trovano posto, fra le altre attività, un discovery museum per conoscere le energie rinnovabile del presente e del futuro prossimo (del quale però non abbiamo capito gli orari di apertura), una libreria con tanti libri per sensibilizzare i bambini alle tematiche ambientali, negozio di vestiti e per la casa, due ristoranti, una terrazza e una serra bioclimatica ricche di piante. Queste ultime due ambientazioni sono davvero accoglienti. Chiude l’attico con piscina panoramica, centro benessere e lounge bar, per lo più aperto ai soci del club.
Merita spendere una manciata di minuti nella lettura della favola riadattata ‘green’ de ‘la Principessa sul pisello’, l’originale scritta dal famosissimo Hans Christian Andersen e la moderna elaborata da Green Pea, che con fantasiosa intelligenza pone l’attenzione sull’amore verso la natura.
Siamo entrati per caso in questo palazzo, forse dovrebbe essere più pubblicizzato nei siti di turismo, e di certo merita restarci più tempo rispetto all’ora scarsa che gli abbiamo dedicato.
Il Parco del Valentino attende e dobbiamo andare. Con la macchina si spostiamo di nemmeno tre chilometri, per parcheggiare nei pressi della monumentale Fontana dei 12 mesi. Inaugurata nel 1898 in occasione dell’Esposizione nazionale, è posta all’ingresso meridionale del grande giardino pubblico e i suoi alti spruzzi rinfrescano piacevolmente chi, come noi, compie il periplo della fonte adornata con quattro gruppi scultorei rappresentanti gli altrettanti fiumi di Torino e dodici statue, ciascuna per ogni mese dell’anno.
Cominciamo la visita del parco disteso lungo la riva del Po e segnato dall’eccezionale calura estiva appena conclusasi, con prati ingialliti e piante sofferenti. Il polmone verde della città, versione torinese del Central Park di New York, purtroppo non è così verde. Nonostante ciò esistono aree ben irrigate, ruscelletti, aiuole e ampie zone d’ombra ma, natura a parte, l’attrazione del posto è il Borgo Medievale. Sebbene si tratti di una ricostruzione eseguita nel 1884 per l’Esposizione Generale italiana, pare davvero di trovarsi in un tipico villaggio medievale di mattoni rossi con tanto di rocca, chiesetta, botteghe e cartiera.
Una passeggiata sul culmine della collina conduce al baby Luna Park, saltarelli, mini autoscontri, scivoli e piscina con palline, giostrine: un vero paradiso per nostro figlio. A completare l’area ci sono un parco giochi classico e uno con attrezzi ginnici, e il chiosco, uno dei tanti sparsi nel giardino.
Poco oltre sorge l’edificio fiabesco in stile francese del castello del Valentino, riadattato nel ‘600 dalla principessa Cristina di Francia poi diventata duchessa di Savoia. Domina il polmone verde cittadino, e al piano terra si aprono le scuderie con i cavalli, da sempre una calamita per i bambini.
Mole Antonelliana e Museo del Cinema
Il tempo vola ed è giunto il momento di spostare nuovamente l’auto, stavolta nelle vicinanze di Piazza Vittorio Veneto, in particolare al di qua dal fiume in via Moncalieri, dove posteggiarla nelle aree gratuite sulla riva del Po. Attraversato il ponte ci lasciamo alle spalle la chiesa della Gran Madre di Dio e le colline dietro di essa, per vedere spalancarsi l’immensa Piazza Vittorio Veneto, tra le più grandi d’Europa, caotica, abbracciata da palazzi signorili. Affrettiamo il passo per giungere in orario alla vicina Mole Antonelliana, il simbolo di Torino.
Giunti ai suoi piedi alziamo gli occhi verso il cielo per osservare gli elementi architettonici e la possanza dell’edificio di base, sopra cui poggia la cupola che poi si allunga nella guglia elegante e sottile. Fu un certo architetto di Novara, Alessandro Antonelli, a iniziarne la costruzione nel 1863. Il palazzo doveva originariamente essere una sinagoga, però nel 1878 venne acquistato dal comune che ne cambiò la destinazione d’uso. Fu completato nel 1889 e nel corso dei decenni ospitò varie mostre e il museo del Risorgimento, oggi in Palazzo Carignano. Si deve attendere l’anno 2000 per l’inaugurazione del Museo Nazionale del Cinema, nato per ricordare che a Torino vennero girati i primi film in Italia agli inizi del ‘900.
L’acquisto dei biglietti d’accesso online sul sito ufficiale è raccomandata ma non vincolante. Tuttavia vi consiglio di prenotare l’ingresso, soprattutto per la salita in ascensore alla cupola, altrimenti molto difficile da usufruire per via del numero di persone consentite estremamente ridotto. È proprio questo che sperimentiamo per primo e non ne rimaniamo delusi. L’ascensore percorre per intero l’interno della cupola, consentendo una visione particolare del museo distribuito in verticale tutto intorno. Quindi giunge nella loggia dove si ammira un panorama a 360° sopra la città, i colli e le montagne sullo sfondo.
Una volta tornati con i piedi a terra siamo pronti per il Museo Nazionale del Cinema, che esploriamo con piacere per la seconda volta, al fine di farne apprezzare anche a nostro figlio la magia. L’esposizione inizia con ‘l’archeologia del cinema’, ovvero una preziosa raccolta dei macchinari che ne hanno segnato la nascita e la storia. Scopriamo per esempio il ‘kaiserpanorama’, uno strumento risalente al 1880 con cui le persone, sedute su comode poltroncine, potevano ammirare fotografie in 3D di spettacolari luoghi lontani. Si procede con l’area de ‘la macchina del cinema’ dedicata ai componenti e alle fasi di realizzazione di un film, per passare poi alla ‘Galleria dei Manifesti’ che non ha bisogno di spiegazioni. Il percorso è reso ancora più coinvolgente grazie a esperienze interattive (ora ridotte a causa del Covid), video, musiche e ricostruzioni di ambientazioni cinematografiche. La ciliegina sulla torta è l’Aula del Tempio, cuore del museo nonché della Mole Antonelliana. E’ d’obbligo sdraiarsi sulle chaises Longues per ammirare dal basso l’interno della cupola, attraversata dall’ascensore panoramico, percorsa da una rampa elicoidale e sulle cui pareti danzano luci e proiezioni.
Con questa immagine si conclude il week end a Torino, una città ricca di attrazioni e musei, resiliente e tenace, elegante, allegra e, ne sono certa, con un ricco futuro davanti a sé.