Sopra quota 4000: le montagne più belle dell’America Latina per un viaggio tra laghi, vulcani e geyser

Tre settimane nel centro-nord del Cile e sugli altipiani boliviani
Scritto da: cioppettone
sopra quota 4000: le montagne più belle dell'america latina per un viaggio tra laghi, vulcani e geyser
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Cile e Bolivia sono i due paesi nei quali si svolge questo viaggio lungo le vette, le città, i luoghi culturali delle Ande, le montagne che caratterizzano l’America Latina e disegnano uno straordinario paesaggio così lontano dal nostro quotidiano.

Diario di viaggio nelle Ande

8-9 febbraio 2024 – Arrivo a Santiago del Cile

È iniziato tutto alle 14:48 dalla stazione di Firenze Santa Maria Novella, quando siamo partiti alla volta di Fiumicino per prendere il volo dell’Iberia delle 20:25 per Madrid. L’itinerario che ci condurrà a Santiago del Cile è piuttosto articolato, visto che dopo Madrid faremo scalo a Lima per poi prendere il volo per la destinazione finale, Santiago del Cile. Il primo volo parte in ritardo ed ulteriore ritardo lo accumuliamo all’aeroporto di Madrid-Barajas per raggiungere il terminal J. Da dove siamo scesi, per arrivare al terminal S, secondo i cartelli posti nel corridoio deserto ci vogliono 24 minuti e dopo tanto cammino, scale mobili, trenino sotterraneo e controllo passaporti riusciamo a stento a prendere l’aereo per Lima, sempre operato da Iberia. Il volo notturno passa molto bene, nonostante le numerose turbolenze incontrate sull’oceano.

A Lima il margine di attesa è ampio e riusciamo anche ad annoiarci, anche perché in questa zona dell’aeroporto non c’è molto da vedere e da fare. Partiamo in perfetto orario ed arriviamo a Santiago alle ore 18. Purtroppo all’arrivo scopriamo che le nostre valigie sono rimaste a Madrid e dopo aver compilato la denuncia al banco del Lost&Found andiamo all’ufficio di Chilean per effettuare le pratiche per il ritiro dell’auto a noleggio prenotata su di un noto portale. Al banco del noleggiatore sbrighiamo velocemente le pratiche burocratiche e prendiamo la navetta che è in attesa fuori del terminal e che ci condurrà al parcheggio dove ritireremo una Volkswagen che assomiglia ad una Polo, dotata di cambio automatico ed una sorta di “telepass” che sarà praticamente indispensabile per utilizzare le autostrade in Cile. Grazie alle mappe offline di Maps scaricate sullo smartphone raggiungiamo facilmente l’hotel Brasilia, nella zona centrale di Santiago, che dall’aeroporto dista solo una ventina di minuti. Il tempo di fare check-in, di comprare delle schede-dati per il cellulare e per posare le poche cose che abbiamo nel bagaglio a mano e siamo di nuovo fuori per andare a cena.

Nelle vicinanze ci sono molti locali e per praticità e per il fatto che nelle ultime ore non abbiamo avuto modo di mangiare molto, scegliamo un ristorante peruviano, Olivo Limon, che offre il buffet all-you-can-eat all’equivalente di 25 euro a testa.

10 febbraio – Valle di Colchagua

Ci svegliamo alle 7.30 per fare colazione e usciamo per tornare all’aeroporto, visto che ieri ci avevano assicurato che le nostre valigie sarebbero arrivate col volo proveniente da Madrid delle 9.30. Controlliamo online che l’aereo sia partito in orario e lasciamo l’albergo. Oggi è sabato e non c’è traffico per le strade. Ci concediamo un giro in auto per le strade quasi deserte del centro e passiamo davanti al palazzo della Moneda, il palazzo presidenziale, un edificio privo di fascino.

Visto che è ancora presto di fermiamo al centro commerciale Costanera Center, dove al grandissimo supermercato Jumbo compriamo qualcosa da mangiare. Arriviamo all’aeroporto, lasciando momentaneamente l’auto al parcheggio del noleggiatore e prendiamo la navetta per andare al terminal 2 dove c’è l’ufficio della Latam, la compagnia cileno-brasiliana che ci ha venduto il biglietto aereo, per ritirare le valigie. Qui ci dicono che le valiegie sono ferme nella zona franca dell’Iberia e che non potremo ritirarle per almeno tre ore. La cosa ci pare strana e nonostante le nostre vivaci proteste non riusciamo ad avere soddisfazione. Proviamo a cambiare terminal e anche dall’altra parte dell’aeroporto non troviamo nessuno in grado di darci delle spiegazioni esaurienti. Intanto il tempo passa e alla fine decidiamo di ripartire senza bagagli, visto che saremo di nuovo all’aeroporto tra due giorni per proseguire il nostro viaggio.

Tornati al parcheggio, con la nostra Volkswagen prendiamo l’autostrada verso sud per raggiungere la valle di Colchagua, una delle zone vitivinicole del Cile che avevamo già deciso di visitare. Lungo l’autostrada 5, che scende da nord a sud tagliando in due il paese, ci fermiamo a mangiare qualcosa ad un fast-food. Purtroppo rimaniamo tanto tempo in coda perché ci sono due incidenti lungo il percorso. Gli incidenti sono spesso causati dalle auto che si fermano improvvisamente o ripartono nei pressi delle baracche dei venditori ambulanti presenti a bordo strada, che sono numerosissime e rendono la circolazione assai pericolosa. Arriviamo finalmente a S.Cruz alle 16,15, prendiamo le chiavi delle camere di un B&B molto spartano che avevamo già prenotato e ripartiamo velocemente per andare a visitare la cantina della vigna Santa Cruz che dal paese dista una quindicina di km. Questa azienda vitivinicola è molto ben curata. Ha un museo dell’auto e un museo dedicato al vino. Sopra una prima collinetta c’è la cantina dove vengono organizzati i tour. Noi optiamo per il percorso “panoramico” che comprende, per circa 20 euro a testa, la salita ad una seconda collina tramite una funivia. Qui in alto inizia un percorso che riassume le radici culturali del Cile, la rappresentazione delle tradizioni di Rapa Nui e un piccolo osservatorio con annesso una saletta che raccoglie manufatti e reperti originali dell’epopea spaziale.

Lasciata la Vigna Santa Cruz ci dirigiamo ancora un po’ più a sud verso Lolol, una piccola ma carina cittadina con dei deliziosi edifici in adobe ristrutturati e altri in stato di abbandono. Torniamo indietro ripassando dalla valle che abbiamo percorso in precedenza che ricorda in parte le zone vinicole europee.

Le nostre camere non sono un granchè, ma sono in pieno centro di S.Cruz e possiamo evitare di utilizzare l’automobile. Andiamo ad acquistare degli indumenti, visto che nel nostro bagaglio a mano abbiamo decisamente pochi indumenti di ricambio. A cena andiamo al Club social S.Cruz, nella plaza de armas, una via di mezzo tra una cantina ed un circolo Arci, dove mangiamo decisamente meglio di quanto il posto lasciava presagire. Degne di nota sono le piante di vite che formano il pergolato che a prima vista hanno quanto il Club, 75 anni.

11 febbraio – Valle del Maipo

Anche oggi ci svegliamo presto. Facciamo colazione in camera con quanto avevamo acquistato al Jumbo di Santiago. S. Cruz non si è ancora svegliata in questa bella domenica di sole. I pochi negozi apriranno alle 10 e per quell’ora abbiamo prenotato una visita con degustazione presso la cantina Laura Hartig, a pochi km dal centro del paese. Durante la visita siamo insieme a quattro attempati americani con i quali scambiamo le nostre impressioni. La visita è piacevole e piuttosto interessante e le spiegazioni della nostra guida ci permettono di arrivare all’ora della degustazione in coincidenza con l’ora di pranzo, per cui il piatto di salumi e formaggi compreso nel prezzo e accompagnato da tre tipi di vino risulta più che apprezzato. Alla fine possiamo affermare che vini cileni assaggiati in questi due giorni, che in questa valle sono sopratutto “rossi”, si distinguono per una più marcata sapidità rispetto ai nostri.

Dopo “pranzo” partiamo per fermarci ad acquistare altri oggetti ed indumenti che ieri avevamo dimenticato per poi ripartire verso la valle del Maipo, più a nord. Anche oggi c’è traffico sulla autopista 5. Arriviamo all’Eko Club, la nostra sistemazione per stanotte, intorno alle cinque del pomeriggio. Simpatici i proprietari e molto comoda la casetta. Questa è composta da un soggiorno al piano terra e da una camera al piano rialzato. Bello il giardino, con una piscina seminaturale che ci permette di toglierci di dosso i 35 gradi di temperatura che ci sono stati in questa giornata piena di sole.

Approfittiamo della lavasciuga della proprietaria per dare una rinfrescata ai (pochi) nostri indumenti. Chattiamo con il servizio-bagagli della Latam che ci avvisa che i bagagli sono arrivati. Gli scriviamo che non li mandino da nessuna parte e che li avremmo presi direttamente in aeroporto il giorno seguente.

A cena andiamo verso Monticello, un casinò che avevamo visto 8 km più a sud, lungo l’autopista. Scopriamo purtroppo che la domenica tutti i ristoranti chiudono alle 19.00 per cui ripartiamo per andare a mangiare per soli 23 euro in tre in una sorta di trattoria lungo la strada che porta a Champa.

12 febbraio – San Pedro de Atacama

Facciamo colazione alle 7,30 e dopo aver ripreso i panni puliti e salutato i proprietari ci rimettiamo sull’autostrada. Contrariamente ad ieri c’è un traffico regolare, anche se non mancano i rallentamenti causati dalle fermate degli autobus e dai venditori a lato, sulla banchina. Arriviamo all’aeroporto alle 9,15 e dopo aver reso l’auto, andiamo a prendere le valigie. Stavolta ci sono davvero. Con la velocità degna di Arturo Brachetti ci cambiamo le scarpe invernali che abbiamo dovuto tenere per ben tre giorni nell’estate australe e facciamo una lunghissima coda per effettuare il check-in al banco della JetSmart Airlines, al terminal 1, quello dei voli nazionali. Tra poco ci attende Calama, da dove raggiungeremo in minibus S.Pedro de Atacama. Partenza del volo ed arrivo a Calama, tutto in perfetto orario. All’uscita dell’aeroporto ci sono gli incaricati del transfer che abbiamo prenotato dall’Italia e che ci smistano sui furgoni. Dopo poco più di un’ora arriviamo a San Pedro de Atacama.

Nel pomeriggio la cittadina è un caos di polvere, veicoli e pedoni che arrancano tra le stradine sterrate. Edifici, case, automobili tutto è avvolto da una patina beige. Arriviamo all’Hostal Solor, prenotato dall’Italia, dove i gestori, due boliviani, ci accolgono e ci danno le camere. Qui a S.Pedro costa tutto come in Europa e anche la nostra sistemazione, se pur modesta, ha un prezzo elevato.

Decidiamo di andare al ristorante a piedi. Caracoles, la strada principale di S.Pedro è a 1300 metri, ma stasera non ci va di camminare. Siamo a 2300 mslm e facciamo un po’ fatica a muoverci. Nelle vicinanze c’è un ristorante peruviano dove mangiamo decentemente per soli 53 euro in tre. Alle 21.30 arriva l’incaricato della noleggiatrice che avevamo contattato dal casa, per portarci il Duster. Dopo avergli lasciato la cauzione ed aver ben controllato tutta la carrozzeria, portiamo l’autista a casa. Vicino alla sua abitazione è stata organizzata una fiesta per l’imminente fine del carnevale e c’è tanta gente truccata per l’occasione. Pare che tali feste siano abusive e che a volte i carabinieros le facciano finire prima del tempo.

13 febbraio – Laguna Chaxa

Partiamo con il Duster alle otto. Ci dirigiamo verso la laguna Chaxa, che dal nostro hostal dista circa 55 km. Durante il tragitto ci fermiamo a visitare la minuscola Toconao, col suo bel campanile del XVIII secolo e la diga sulla quebrada di Jerez che forma una gradevole cascata.

La laguna Chaxa (ingresso 8000 pesos a testa) è un assaggio dei salar che vedremo nei prossimi giorni in Bolivia e non è assolutamente paragonabile ai salar che abbiamo ammirato quattro anni fa nella Puna argentina. Ci sono pochi fenicotteri e il percorso, molto breve, è rigidamente sorvegliato. Per errore abbiamo proseguito oltre il sentiero autorizzato e ci sono venuti subito a redarguire. Risaliamo in auto e proseguiamo verso sud. La strada è in terra battuta ma buona. In cielo si fa spazio anche un timido sole. Arriviamo a Socaire dove facciamo i biglietti per l’ingresso al parco delle lagune Miscanti e Minique (10’000 pesos a testa).

Da Socaire alle lagune ci sono 39 km di cui 8 di strada piena di buche e pendenza considerevole. Il nostro povero Duster arranca in prima marcia fino al posto di controllo dove ci fermiamo per far vedere i biglietti e dove ci danno delle spiegazioni sul percorso e sulle regole da adottare durante le fermate. Queste lagune sono degli specchi d’acqua, non molto grandi, a circa 4000 m di altitudine. Comincia a piovere e a tratti grandina e la temperatura dell’aria è di solo 13 °C. Non è possibile uscire dai brevi percorsi segnalati dalle candide pietre poste ai lati dei viottoli, ma per via dell’altitudine e del vento freddo che scende dai picchi innevati non è che abbiamo tanta voglia di camminare. Alla fine esce deciso il sole e la temperatura sale velocemente fino a 20 °C, ma anche con più luce queste lagune ci deludono alquanto. La visita del parco, alla fine piuttosto breve, forse non merita tutti i km fatti per arrivarci. Torniamo più a valle e ci fermiamo ancora a Socaire per mangiarci un churrasco in una botteghina malandata. Via via che scendiamo di quota la temperatura sale parecchio e quando passiamo il cartello che segnala il tropico del capricorno dobbiamo spogliarci degli indumenti pesanti perché ci sono 32 °C. Rientriamo nella polverosa S. Pedro dove ci fermano i Carabinieros, senza conseguenze per fortuna. Dobbiamo fare il pieno di carburante e l’unica stazione di servizio di S.Pedro nel pomeriggio è congestionata dai mezzi delle agenzie turistiche che si riforniscono, per cui decidiamo di ripassarci dopo cena. Dopo un riposino all’hostal, andiamo a cenare al ristorante dell’hostal Manada del Desierto, situato proprio alla fine del Caracoles, dove troviamo un comodo parcheggio in divieto di sosta. Cena a base di pesce, buona cucina ma prezzi alti, nella media dei locali di Caracoles, la via principale di S.Pedro.

Oggi è martedì grasso e la maggior parte dei veicoli che vediamo in circolazione è stata addobbata con palloncini e stelle filanti multicolore. I tanti turisti non fanno caso al carnevale (anche i brasiliani non sembrano per niente interessati), che qui sembra che sia vissuto come festa in famiglia e tra amici. I turisti si limitano a ciondolare nelle strade polverose piene di agenzie turistiche e negozietti di souvenir.

14 febbraio – El Tatio

Oggi andremo a visitare El Tatio, la famosa montagna col parco geotermico. Le agenzie turistiche fanno alzare i clienti nel cuore della notte per arrivare in cima al parco, che dista circa 90 km, prima dell’alba per ammirare le fumarole, che qui spacciano per geyser (ma evidentemente non sono ancora stati a Yellowstone), che con l’aria ferma dicono siano più evidenti e suggestive. Noi, controcorrente, partiamo alle nove. Arrivati con l’auto a Guatin, costeggiamo il canyon omonimo. Più in su si può scendere nel rio che scorre nel canyon ma noi, dopo una breve sosta per ammirare la zona decidiamo di proseguire. La strada, piuttosto malridotta, sale velocemente di quota ed il panorama ai suoi lati è molto bello. Oggi è una straordinaria giornata piena di sole e le rocce risaltano violentemente contro il cielo azzurro. Non troviamo molto traffico, data l’ora tarda.

Lungo la B-245, oltre il guado di Putana, troviamo Machuca e la laguna lungo il rio grande. Questo è un posto bellissimo, pieno di vigogne, fenicotteri e altri uccelli che pascolano tra l’acqua e la vegetazione verde smeraldo. Ci fermiamo qui a Machuca per una piccola pausa al ristorante7caffetteria. Vicino alla piazza scorgiamo una bella chiesa raggiungibile grazie ad un breve sentiero un po’ in salita. Ripartiamo e dopo pochi km troviamo un altopiano dove la strada è un vero disastro. Dopo un km di percorrenza decidiamo di abbandonare questa maledetta carretera e percorrere uno dei sentieri improvvisati a lato della strada principale, come vediamo fare alla totalità dei veicoli turistici.

Dopo quasi 8 km di buche e buchette, finalmente raggiungiamo il “ticket-point” del Tatio (15’000 pesos a testa). Siamo in pochi a quest’ora. Anche qui, come già successo ieri alle lagune, il flusso turistico è tutto sotto il rigido controllo degli addetti; i percorsi sono obbligati e non c’è niente di selvaggio. L’arco che le vette leggermente imbiancate dalla neve formano in mezzo all’azzurro intenso del cielo ci fanno dimenticare che siamo nella caldera di un gruppo di vulcani attivi pronti in qualsiasi momento a sbuffare i gas compresi nel sottosuolo. In effetti i geyser che borbottano costantemente sotto le pozze d’acqua bordate di colonie di cianobatteri verde-azzurri, ce lo ricordano subito. Essendo il sole alto nel cielo (nonostante la quota di circa 4200 mslm ci sono 21 °C) l’aria non è ferma e percepiamo appena l’odore di zolfo che proviene dal ventre della madre terra. Nel parco è ancora presente la piscina dove un tempo era possibile fare il bagno termale e che ora è tristemente vuota. Alcune cabine in legno testimoniano la presenza di quella che fu una importante attrazione turistica. Visitiamo, spostandoci con l’automobile, anche la seconda zona delle fumarole, decisamente meno suggestiva della prima, ma dove sono più evidenti le formazioni minerali. Dopo circa un’ora e mezza, verso le 12.30, ritorniamo indietro percorrendo la stessa strada dell’andata. Ci fermiamo a mangiare una empanada a Machuca nell’unico ristorante del paesino per poi rientrare al Solor alle tre e mezza. Oggi pomeriggio a S. Pedro ci sono 34 °C ed il caldo frena le attività all’aperto. Dopo un breve riposo decidiamo di esplorare la zona intorno a S.Pedro per vedere cosa visitare il giorno seguente.

Andiamo al mirador Linkay-Antay, la porta di ingresso sopra a S.Pedro che abbiamo visto dal pulmino prima di arrivare in paese proveniendo da Calama. Verso il tramonto le rocce, dal color sabbia che presentano nelle altre ore della giornata, virano verso il rosso creando con le ombre delle bellissime forme. Scendiamo verso l’ingresso del parco della valle della luna, dove stanno per chiudere ma dove riusciamo comunque a farci dare delle utili informazioni per la visita del giorno seguente. Ritornando verso il nostro hostal, andiamo infine a fare carburante al Codec, dove, per fortuna, la coda è accettabile. Al Codec di S.Pedro la benzina costa circa 1385 pesos al litro e non c’è altra alternativa per molti km. Stasera andiamo a Cena da Adobe, un ristorante molto frequentato dai turisti, piuttosto caotico ed informale e che ha come unico pregio il fatto che il servizio è veloce. Non si mangia molto bene e si spende assai di più che da altre parti. C’è anche la musica dal vivo ed uno dei musicisti scopriamo essere il tipo che ci ha consegnato il Duster l’altro ieri.

15 febbraio – Valle della Luna

Stamani, come previsto, rimarremo nelle vicinanze di S.Pedro. Visto che il parco della valle della Luna si trova a pochi km dal paese. Arriviamo all’ingresso del parco prima dell’apertura, prevista per le nove. Facciamo i biglietti pagando con la carta di credito al totem-biglietteria (10800 peso a testa). All’addetta prresente al banco-accettazione purtroppo si può pagare solo in contanti. Anche qui, come da altre parti in Cile abbiamo difficoltà a far “digerire” la carta di credito al POS. C’è sempre da decidere se pagare come “debito” o “credito” e spesso la carta viene rifiutata in entrambe le modalità. Per fortuna, visto che siamo in tre, di carte ne abbiamo cinque emesse da banche differenti.

La visita al parco inizia spostandoci con l’auto tra i parcheggi posti nelle vicinanze dei vari punti di interesse. Il primo punto è a circa 6 km dall’ingresso. Per la strada è consentita la circolazione a non più di 30 km/h, probabilmente per non alzare troppa polvere. Ci fermiamo nei pressi della duna Mayor per salire verso il suo mirador. La salita iniziale è impegnativa più che altro per l’altitudine che, pur non raggiungendo quote elevate, è sempre degna di rilievo. Anche qui vietatissimo uscire dal percorso segnalato dalla pietre. La giornata è splendida e il sole picchia duro. Non abbiamo la crema solare e ci scotteremo un po’ le parti del corpo lasciate esposte al sole. In cima ai sentiero ci sono due punti panoramici. Il primo è molto vicino al parcheggio ma conviene percorrere il sentiero ad anello che porta fino al secondo punto per poi tornare al primo scendendo lungo il crinale. Raggiunta la cima della cresta il panorama è bellissimo da ognuno dei 360 gradi che possiamo vedere.

È passata circa un’ora dall’inizio dell’ascesa dal parcheggio quando iniziamo a scendere a valle. Saliamo in auto e ci spostiamo verso il secondo parcheggio per salire verso il mirador Achaches. Qui c’è da camminare di più e c’è anche più pendenza. Il paesaggio è ancora più vario del precedente punto di osservazione e da uno dei punti panoramici, a picco sulla strada sottostante, si può ammirare il cosiddetto anfiteatro, una formazione rocciosa che ricorda i teatri antichi. Via via che il tempo passa la temperatura dell’aria aumenta sempre più velocemente e camminare diventa assai difficile. Anche per completare questo percorso è necessaria circa un’ora di cammino. Torniamo al parcheggio e ci fermiamo nei pressi della miniera abbandonata. I miei compagni di viaggio decidono di non scendere di macchina e quindi vado solo io a fare la breve escursione al campo minerario. Dal parcheggio si raggiunge velocemente una casupola abbandonata con dei macchinari arrugginiti. Proseguendo si scende verso la caverna che un tempo faceva da ingresso alla miniera. Arrivato al parcheggio successivo, costeggiando la strada, risalgo velocemente per raggiungere la macchina. Con questa ci rechiamo alle Tre Marie, delle rocce verticali che non sono niente di speciale. Sono circa le 12 e trenta e facendo il percorso a ritroso, usciamo dal parco. Ci sarebbe da andare verso la valle del coyote, che è a circa 12 km di distanza, verso Calama, per visitare la parte nord del parco, che è inclusa nel biglietto, ma dato che il caldo è diventato opprimente andiamo in paese per prenotare il lavaggio dell’auto, che dovremo riconsegnare pulita l’indomani, e a mangiare una empanada.

Dopo questa pausa ripartiamo per andare alla laguna escondida di Baltinache. Per raggiungerla, oltrepassiamo di nuovo il mirador Linkay-Antay e dopo qualche km percorso lungo la strada per Calama giriamo a sinistra, come per andare alla valle del coyote. Oltrepassato l’incrocio che avrebbe portato alla parte nord della valle della Luna, comincia la strada dissestata. Per raggiungere la laguna dobbiamo fare quasi 40 km di questa spaventosa stradaccia che per fortuna è poco trafficata. I pericoli più frequenti di una siffatta strada sono prendere un sasso sul parabrezza lanciato da una ruota di un veicolo che proviene in senso opposto o forare uno pneumatico con una pietra un po’ più aguzza. Per fortuna sia noi che il veicolo arriviamo incolumi alla laguna, dopo quasi un’ora di viaggio. Facciamo i biglietti (10’000 pesos a testa) e cominciamo la visita. Il primo “ojo” è bellissimo, con dei colori che degradano dal verde delle zone dove ci sono le formazioni algali all’azzurro dell’acqua profonda per poi virare verso il bianco delle formazioni saline. Vicino a questo c’è un secondo laghetto più piccolo, entrambi spettacolari e costantemente sorvegliati da una specie di bagnino con gli occhiali da saldatore. Proseguendo in auto, andiamo al terzo lago, dove è consentito fare il bagno. Ne approfittiamo subito, visto che è ancora molto caldo. L’acqua della laguna è satura di sale e si galleggia come tappi di sughero. Risulta molto difficile rimanere a pancia sotto e si nuota decisamente meglio sul dorso. Assolutamente sconsigliato immergere la faccia in acqua e peggio che mai berla. Torniamo al parcheggio, tramite la passerella di legno che protegge le sottostanti concrezioni saline miste a fango rappreso e ci diamo una sciacquata con l’acqua delle taniche che alla biglietteria ci hanno fornito. Tornati all’ingresso troviamo un SUV con ben due gomme che si stanno lentamente sgonfiando. Avvisiamo l’ignaro autista proponendogli un passaggio con la nostra auto fino in città. Questo, confortato dal fatto che alla reception c’è un telefono fisso (i cellulari non si possono utilizzare per mancanza di segnale), rifiuta preferendo di mettersi in contatto con la sua agenzia di S.Pedro.

Torniamo indietro rifacendo la stessa malefica strada che per fortuna non esige nessun tributo da parte del nostro veicolo. Si è fatto tardi e decidiamo di non provare ad entrare nel parco della valle della Luna di cui avevamo il diritto di ingresso e torniamo all’hostal per una breve sosta. Ripartiamo per lasciare l’auto al lavaggio per riprenderla dopo un’oretta pulita e lucidata. Facciamo il pieno e dopo di ciò decidiamo di andare a piedi a cena da Diablellito, dove si mangia una cucina casalinga. Dopo cena andiamo a finire gli ultimi pesos lungo il Caracoles che come sempre è pieno di turisti.

16 febbraio – Arrivo in Bolivia

Stamani lasciamo S.Pedro de Atacama. Abbiamo fissato un appuntamento con un taxi per raggiungere il confine di Hito Cajon ed andare in Bolivia. Sarebbe andato tutto bene come da programma tranne per il fatto che nessuno ci aveva avvisato che il controllo frontaliero cileno si trova a 5 km dal vero confine con la Bolivia per cui ci siamo trovati nell’imbarazzante situazione di essere respinti al controllo dei passaporti, a meno che non si voglia fare questi km a piedi con le valigie su una strada malridotta a 4800 metri di quota. La soluzione trovata è stata quella di attendere il primo pulmino autorizzato a varcare la frontiera (qui a S.Pedro solo i tour operator possono fare questo servizio essendo questa frontiera esclusivamente turistica), di ritorno dal confine boliviano e scendere di nuovo a S.Pedro, compilare il documento di viaggio e tornare al confine cileno per effettuare l’uscita dal paese. Tutto questo ci è costato 150 USD più 30 USD di mancia (obbligatoria) e un paio di ore di ritardo. Molto scorretto è stato il tassista che sapeva sicuramente del problema che c’è a Hito Cayon per chi attraversa il confine senza affidarsi alle agenzie di S.Pedro. Dalla parte boliviana troviamo ad attenderci su di un fuoristrada piuttosto datato (25 anni), Marcel e Maria, che saranno la nostra guida/autista e la “cuoca” per i prossimi tre giorni. Il controllo dei passaporti, come è avvenuto anche in Cile, prevede il riempimento di un modulo online da effettuare grazie alla rete wireless presente nell’ufficio. Le formalità si concludono velocemente e partiamo per fermarci dopo poco tempo per fare i biglietti di ingresso alla Reserva Nacional de Fauna Andina Eduardo Avaroa. Il soggiorno e gli spostamenti in Bolivia li abbiamo prenotati dall’Italia con un fitto carteggio via Whatsapp con l’agenzia Tupizatours che ci ha in pratica fuso insieme tre itinerari del loro catalogo. Il primo itinerario prevede che dal confine di Hito Cajon ci faccia visitare le lagune del sud ed il salar di Uyuni, il secondo comprende la visita di La Paz ed il lago Titicaca ed il terzo è un tour che da La Paz ci porta al confine con il Cile di Tambo Quemado attraverso il parco naturale di Sajama. Tutto questo in nove notti/dieci giorni.

Il tempo, come previsto, sta cambiando e comincia a piovigginare. Ci fermiamo inizialmente alla laguna Blanca e alla adiacente laguna Verde, due piccole lagune di non particolare bellezza. Dopo poco tempo raggiungiamo il Desierto Salvador Dalì, così chiamato per la vaga somiglianza con alcune tele astrattiste del maestro catalano. Tutto sommato un bel posto a patto che ci sia il sole e si possano ammirare le sfumature di colore delle vette che circondano questo tratto di altopiano. Siamo abbastanza fortunati perché in cielo ci concede un po’ di azzurro in mezzo alle nuvole. Poco più avanti troviamo il salar de Chalvri, dove c’è l’affollato sito termale di Polques. Questo posto non è per niente paragonabile a quanto abbiamo visto e vissuto ieri a Baltinache. Ci sono un paio di vasche piene di turisti brasiliani che sguazzano nell’acqua calda. Vicino ad esse c’è una sorta di spogliatoio piuttosto bruttino. La laguna antistante non è niente di speciale, forse perché sta per piovere e i colori sono piuttosto smorti. I pochi animali presenti in laguna stanno a distanza di sicurezza dalla folla dei chiassosi turisti. Purtroppo qui siamo in tanti perché questa zona è piena di gente che viene per le escursioni di un solo giorno organizzate dai tour operator di S. Pedro di Atacama. All’interno di una delle abitazioni presenti oltre la strada, le guide e le corrispettive cuoche, preparano i tavoli per permettere ai propri turisti di pranzare. Il clima all’interno della mensa è vivace ed ogni agenzia offre menù diversi, forse anche a seconda della nazionalità dei propri clienti.

Dopo pranzo ripartiamo salendo ulteriormente di quota, per arrivare ai geyser de la mañana, una zona di grande attività geotermica dove è presente una centrale termoelettrica in fase di ultimazione e dove ci sono delle pozze fangose di colore grigio piombo che ribollono grazie al gas che si sprigiona sotto di esse. Anche qui c’è un gran caos di fuoristrada e di turisti, oltre che una grande puzza di zolfo. L’altitudine è rilevante, tira vento e fa anche freschino. Lasciamo questo campo pieno di gente intenta a farsi numerosi “selfie” e ripartiamo verso uno dei più bei posti della zona, la laguna colorada. Purtroppo quando arriviamo piove molto e c’è anche tanto vento. Per fortuna siamo ben equipaggiati e riusciamo nonostante tutto a fare il giro completo della parte visitabile, che comprende il mirador posto su di una collinetta e la riva della laguna. Rientriamo in auto dopo una ventina di minuti e torniamo per qualche km indietro per raggiungere alle 18.00 l’hostal Latitude che ci ospiterà questa notte. In questa piccola località sono presenti un paio di strutture ricettive molto “basiche” che offrono comunque bagno privato, acqua calda e, pagabile a parte, rete wireless. Per la cena ci pensa Maria utilizzando la cucina attrezzata della parte in comune dell’hostal. Dopo cena regoliamo i conti con Marcel. Avevamo mandato alla proprietaria dell’agenzia turistica un anticipo dall’Italia e dobbiamo saldare il conto del tour esclusivamente in dollari americani contanti, come pattuito durante la fase di organizzazione effettuata via Whatsapp. Durante la notte diluvia e l’altitudine ci fa sentire impedendoci di riprendere sonno una volta svegliati. D’altra parte a 4200 mslm non è così facile rilassarsi.

17 febbraio – Siloli, San Cristobal e Uyuni

Stamani il tempo è migliorato e chiediamo a Marcel di ripassare dalla laguna colorada per vederla con un po’ di sole. Questa mattina possiamo ammirare i vari colori di cui questa laguna è famosa: l’azzuro del cielo, il bianco dei picchi innevati, l’ocra della terra, il verde dell’erba, il rosa dei fenicotteri, il rossastro delle alghe. Ripartiamo contenti di aver visto quasi al meglio questo posto bellissimo. Proseguiamo per fermarci nei pressi dell’Arbol de piedra, una formazione che ricorda vagamente un albero pietrificato. Al di là della similitudine, il posto merita la fermata perché le rocce sono molto belle nel loro innalzarsi repentino dal terreno sabbioso. Proseguendo passiamo attraverso il deserto di Siloli, salendo e scendendo con il fuoristrada tra le dune di sabbia fine. Il cielo ora è limpidissimo, ma purtroppo non durerà a lungo. La pioggia dei giorni scorsi ha inondato il salar di Uyuni e non sarà possibile attraversarlo come sarebbe stato auspicabile e come previsto dal programma di viaggio.

Attraversiamo invece le lagune Honda, Char Kota, Hedionda, Canapa. Ci fermiamo a pranzo in un bel posto proprio sopra la laguna negra, una specie di grande stagno molto diverso dalle lagune visitate in precedenza, che fatta eccezione per la laguna colorada, si assomigliano un po’ tutte. Nella laguna negra non ci sono fenicotteri, dato che l’acqua è molto più profonda, la vegetazione è più abbondante e i colori delle rocce più decisi ed intensi. I picchi che segnano il confine con il Cile sono stati nella notte tutti innevati, compreso il grande vulcano Ollague che vediamo stagliarsi tra le nuvole, per fortuna ancora scarse. Proseguendo verso Uyuni, ci fermiamo per una sosta a San Cristobal, una cittadina anonima ma con una bella chiesa coloniale.

Arriviamo poco dopo nei pressi di Uyuni e ci fermiamo nel suggestivo cimitero dei treni a vapore, dove sono presenti gli scheletri arrugginiti delle locomotrici e dei tender che fino agli anni 80 del ventesimo secolo viaggiavano da queste parti. Uyuni era un importante nodo ferroviario e qui c’era la grande officina di riparazione delle macchine. Arriviamo all’hotel Magia de Uyuni nel tardo pomeriggio e abbiamo solo il tempo di un breve riposo, una doccia per poi andare a cena. Qui a Uyuni è tutto molto vivace. C’è molto turismo ed ancora non è finito il carnevale per cui c’è tantissima gente in strada. Per cenare non mancano i ristoranti, ma molti non prendono le carte di credito e chi le accetta fa pagare i costi delle commissioni al cliente. Per fortuna i prezzi in Bolivia sono molto più bassi che in Cile, fino a due terzi in meno. Ceniamo alla Casa del Turista che è nella zona pedonale tra la stazione ferroviaria (quella moderna) e l’avenida Potosì, la strada principale di Uyuni.

18 febbraio – Salar de Uyuni

salar de uyuni

Sveglia alle 5. Alle 5.30 Marcel e Maria vengono a prenderci per recarci a vedere il Salar de Uyuni all’alba. Per fortuna non piove più, altrimenti avremmo dovuto rinunciare anche a questa escursione (anche stanotte ha diluviato). Arriviamo all’ingresso del salar, dove si paga un pedaggio, prima del levar del sole. Ci sono circa 4 cm di acqua sopra lo strato di sale ed è impossibile scendere di macchina senza bagnare le scarpe. Il nostro amico se le toglie per fare due passi e qualche selfie, ma l’acqua è freddina e risale prontamente in auto. Peccato che anche questa situazione non ci sia stata descritta in precedenza, altrimenti ieri avremmo cercato degli stivali (altri turisti li avevano) o quantomeno delle buste di plastica per poter scendere dall’auto senza problemi. Lo scenario è molto suggestivo anche senza abbandonare il veicolo e l’effetto specchio che il velo d’acqua forma sul salar è impareggiabile. Vedendo che in alcuni punti l’acqua pare più bassa provo a scendere e riesco a passeggiare senza che l’acqua superi la parte in gomma delle mie scarpe da trekking. Dopo che il sole comincia a salire sopra l’orizzonte, ci rechiamo alla Plaza de las banderas, un punto un po’ rialzato dove sono state collocate le bandiere di varie nazioni e dove si può camminare all’asciutto. Qui c’è anche l’hostal cristal de sale, con all’interno una grande sala comune dove le guide portano i clienti a fare colazione apparecchiando sopra i tavoli fatti con i blocchi di sale tagliati ed estratti all’esterno. Fuori ci sono le installazioni che ci ricordano il passaggio della carovana della Parigi-Dakar che per qualche anno si è corsa in queste zone.

Dopo la colazione e le numerose foto all’aperto, ci spostiamo verso il mercato turistico di Cochani, dove si possono acquistare i souvenir. Prendiamo anche le schede per il telefono, visto che da ieri il segnale telefonico e quello dei dati sono presenti costantemente. Successivamente torniamo a Uyuni e ci rechiamo in una specie di sala per rinfreschi dove Maria ci serve il pranzo. A finito di mangiare ci facciamo lasciare all’albergo Cristal de Sale, dove passeremo la notte. Non si è capito perché ci abbiano fatto cambiare albergo, visto che stavamo due notti a Uyuni; rimanere nello stesso hotel avrebbe evitato a noi e a Marcel di caricare e scaricare il tetto della macchina con i pesanti bagagli. Salutati Marcel e Maria, usciamo verso il centro della città, dove per strada c’è molta gente. Nell’unica strada di questa parte di Uyuni che non è inondata e fangosa c’è un animatissimo mercato. Ne approfittiamo per comprare qualcosa e ritirare all’ATM del denaro contante, che qui in Bolivia è indispensabile. Per strada, bande in uniforme percorrono le vie suonando i loro strumenti seguiti da tante persone che, nonostante oggi sia la prima domenica di quaresima, continuano a festeggiare il carnevale. Continuiamo a passeggiare e notiamo che qui a Uyuni gran parte dei monumenti installati nelle zone pedonali sono legati a quanto in passato la ferrovia ha avuto un ruolo fondamentale per la vita e l’economia della cittadina. Lungo la avenida Ferroviaria sono presenti molti reperti legati alla strada ferrata e merita soffermarsi a vedere la stazione dove sono esposti degli splendidi vagoni d’epoca.

19 febbraio – Potosì

strade di potosí

Stamani lasciamo Uyuni e l’hotel Cristal de sale, che si è dimostrato molto valido, sia per l’arredamento della camera che per la grandezza della medesima e la praticità del bagno, nonché per la maggiore qualità della colazione. Alle nove ci viene a prendere l’autista che ci porterà all’aeroporto di Sucre che dista da Uyuni più di 300 km. Appena fuori Uyuni c’è la classica sbarra azionata a mano dal casellante che delimita l’inizio della strada a pedaggio. Il prezzo per le auto è molto basso. Si sale repentinamente di quota per poi scendere altrettanto velocemente passando da Pulacayo, dove avremmo potuto fare una visita al museo della miniera. Decliniamo gentilmente la proposta che ci ha fatto l’autista che non se ne ha a male. Proseguendo verso nord-est la vegetazione aumenta ed il paesaggio cambia. Le rocce quasi nude lasciano spazio prima ad una gran quantità di cactus e poi ad una campagna sempre più rigogliosa, ai lati del rio Chaqueri, fino ad arrivare dopo Charcoyo in una valle piena di animali da allevamento (bovini, pecore, lama).

La strada prosegue, sempre salendo di quota, verso Potosì, dove raggiungeremo i 4000 mslm. Da lontano questa città appare come un enorme aggregato di casette di mattoni senza intonaco, con i tetti in gran parte di lamiera coibentata. Pare che ci sia da pagare una tassa sulla casa una volta finita per cui la gran parte di esse sono lasciate incompiute. Arriviamo nel centro di Potosì che è circa mezzogiorno e i ragazzi, in gran parte con l’uniforme della propria scuola stanno defluendo in strada. Si è formato un gran traffico di veicoli e i loro gas di scarico sono asfissianti. Raggiungiamo la plaza 10 de noviembre, il cuore del centro storico dove si affacciano i principali edifici storici della città. Qui vicino c’è anche una bella zona pedonale e la Casa della moneda, l’antica zecca, che essendo oggi lunedi è chiusa al pubblico. Il piccolo centro storico ci è sembrato molto vivace e ci dispiace di non aver potuto passare almeno una notte in questa simpatica città. Ci concediamo un pranzo a El Focon, dove finalmente mangiamo decentemente ma anche velocemente perché il nostro autista è costretto a rimanere nel pulmino, visto che in centro non si può parcheggiare ed è opportuno sorvegliare i bagagli che sono a bordo. Ripartiamo quindi verso nord, passando tra le strade brulicanti di gente, piene di negozietti e di mercati improvvisati.

Usciti da Potosì il nostro cammino prosegue tranquillo per altri 100 km circa sulla ruta nacional 5, fino a raggiungere un punto panoramico dove ci fermiamo ad ammirare l’imponente ponte sospeso Jose Antonio de Sucre sul rio Pilcomayo. Questo ponte è composto da due enormi piloni che sorreggono la passerella pedonale sospesa sul torrente sottostante. Un’opera enorme, a mio parere eccessiva in considerazione del luogo ove si trova. Da qui mancherebbero circa 50 km all’aeroporto e altrettanti a Sucre. Chiediamo all’autista di farci fare una veloce sosta nel centro della città, ma con una serie di scuse e sopratutto mettendoci la paura dei ritardi possibili a causa del traffico ci convince a soprassedere. Poi scopriremo che, grazie ad una deviazione su di un sentiero scosceso e molto stretto, i km verso l’aeroporto sarebbero diventati poco più di trenta e quindi lui si sarebbe liberato di noi prima del previsto, lasciandoci per circa quattro ore ad aspettare nel moderno ma minuscolo aeroporto.

Per fortuna il transito attraverso questa stradaccia sterrata e piena di buche si è risolto senza problemi, ma in caso di una banale foratura avremmo sicuramente rischiato di perdere il volo, visto che non abbiamo incrociato nessun veicolo durante la percorrenza di questa scorciatoria.

Dopo la lunga attesa, mitigata dalla navigazione internet che ci ha permesso di passare meglio il tempo, ed una cena, se così possiamo definirla, in uno dei bar della sala di attesa, siamo partiti intorno alle 21.30 per La Paz. Questo volo, di appena 50 minuti era compreso nel prezzo del tour prenotato dall’Italia. All’aeroporto di La Paz, che si trova nella zona di El Alto c’era un autista ad attenderci col cartello col mio nome. Per percorrere i circa 10 km che separano l’aeroporto dall’hotel Mitru, la nostra sistemazione per questa notte, nonostante l’ora tarda ci mettiamo quasi il tempo impiegato dall’aereo per la tratta da Sucre a La Paz. L’albergo è moderno e accogliente pur trovandosi sulla avenida 6 de agosto, una delle strade più trafficate della città.

20 febbraioLago Titicaca

copacabana

Dopo una buona colazione, partiamo con Pablo, la nuova guida, ed il suo autista verso nord per raggiungere Copacabana, sul lago Titicaca. Se ieri sera c’era traffico stamani per strada è un delirio di veicoli, soprattutto di minipulmini, usatissimi dai cittadini di La Paz come trasporto pubblico, che passano da tutte le parti infilandosi la dove c’è un po’ di posto tra le vetture. Tutto questo caos è peggiorato da una forte pioggia che fa appannare i vetri delle macchine. Per salire a El Alto e proseguire verso il lago ci vuole un’ora. A El Alto c’è molto movimento e lungo la strada principale si affacciano numerose attività commerciali. Come era costume un tempo, queste attività sono concentrate per il tipo di offerta proposta, per cui troveremo la zona della frutta, quella dei meccanici di auto, divisi per settore di specializzazione (elettrauto, ricambi ecc.) e perfino quella delle onoranze funebri. Dopo El Alto la strada diventa molto più agevole e si può tenere un’andatura veloce. Per fortuna il tempo migliora ed esce anche il sole.

A San Pablo de Tiquina si deve prendere il traghetto per superare lo stratto di Tiquina. Il minibus attraversa il canale a bordo di una chiatta mentre noi passiamo dall’altra parte del canale insieme ad una ventina di persone grazie ad una lancia dotata di motore fuoribordo che a malapena riesce a spostare la pesante imbarcazione di legno. La traversata dura una decina di minuti. Dalla parte opposta, S.Pedro, approfittiamo per comperare una empanada da una venditrice ambulante e risaliamo per proseguire verso Copacabana. Ci fermiamo un paio di volte lungo la strada per ammirare la vista dall’alto del lago. Anche oggi il nostro fiato è corto. Siamo tra i 3800 mslm del lago e i 4000 dei punti panoramici posti più in alto.

Intorno a mezzogiorno arriviamo all’hotel Rosario, un albergo molto bello, con camere spaziose e arredate con gusto e che presenta ampi spazi comuni e un buon ristorante. Dopo pochi minuti scendiamo sul lungolago per fermarci a mangiare in uno dei numerosi ristorantini familiari, dove assaggiamo le trote che vengono allevate nel lago. In questi ristorantini si spende pochissimo; 100 BOB per tre porzioni di trota e le bevande. Proseguiamo per le vie del centro che sono quasi deserte in quanto a quest’ora i pochi turisti sono in gita ed i negozi quasi tutti chiusi. Abbiamo fissato alle tre e mezza con la nostra guida per un giro a piedi che ci porterà inizialmente alla basilica di Nuestra Señora de Copacabana, una grande chiesa in stile coloniale nella piazza principale del paese. Comincia a piovere in modo intermittente.

Finita la visita alla chiesa, che di per sé non è molto bella ma che per gli abitanti locali riveste un significato assai importante ed è oggetto di pellegrinaggio proveniente da altre zone del paese, la guida ci porta verso il Cerro Calvario. Mai nome fu più adatto a questo posto. Per salire in cima c’è una strada inizialmente solo ripida ma che poi prosegue con scalini molto alti e difformi tra loro. Per arrivare alla sommità ci è voluto molto tempo, sopratutto per la mancanza d’aria e la necessità di riprendere fiato dopo pochi passi. Arrivati in cima però il paesaggio e la vista sul paese sottostante che si affaccia sul lago ripagano questi sforzi. Tornati in basso ci fermiamo al mercato coperto, appena in tempo per ripararci da un forte temporale che si sta abbattendo su di noi, dove assaggiamo e gustiamo degli ottimi Bunuelos, della pasta fritta che assomiglia alle nostre ciambelle, accompagnati da un bicchiere di Api, una bevanda a base di mais viola fermentato con aggiunta di bucce di agrumi ed il tutto bollito con chiodi di garofano, zucchero e cannella. Finito di mangiare e per fortuna anche di piovere possiamo pian piano rientrare in albergo dove ci concediamo un po’ di riposo nella comodissima camera dotata di una bellissima vista sul lago, fino all’ora di cena. Stasera per praticità resteremo nel ristorante dell’albergo, dove il menu offre poca scelta di piatti ma di una qualità più che accettabile.

21 febbraio – Isole della Luna e del Sole

Stamattina partiamo per visitare le isole della Luna e del Sole. Saliamo su di uno dei tanti motoscafi che offrono questo tipo di tour. Essendo compreso nel pacchetto che abbiamo acquistato dall’Italia, il motoscafo è completamente a nostra disposizione. Stamani il tempo si presenta ancora incerto. Dopo una quarantina di minuti di navigazione scendiamo all’isola della Luna, dove c’è un antico tempio, in parte ricostruito recentemente, da visitare. Purtroppo il cielo è grigio e pioviggina. Dopo la breve visita del tempio, attraversiamo con la barca il canale che divide l’isola della Luna dall’isola del sole. Sbarchiamo per salire e raggiungere un altro tempio, più piccolo del precedente e meno interessante. La guida ci racconta che qui narrano che le isole e quindi i due templi siano collegati da un tunnel sotterraneo e che ci sia chi si sia smarrito all’interno di esso. Dal tempio proseguiamo lungo il crinale verso il villaggio della comunità Yumani. Per fortuna esce il sole. Nel villaggio ci sono numerosi B&B a prima vista molto carini. Scendiamo al porticciolo, dove ci attende la nostra barca, dopo essere passati dalla sorgente Inca dell’acqua dolce dell’eterna gioventù. L’acqua è buonissima, ma dubito che funzioni. Dopo un breve tragitto in barca scendiamo di nuovo per pranzare al ristorante che abbiamo fatto prenotare dalla nostra guida. Il ristorantino si trova in un bel posto affacciato sul lago dove vediamo che qualche turista prova a fare il bagno nelle fredde acque scure.

Dopo pranzo si riparte per tornare a Copacabana. Il tour prevederebbe una tappa ad una isola flottante, ma essendo queste completamente artificiali ed avendo già fatto l’esperienza dell’isola flottante (vera) anni fa nella parte peruviana del lago, decidiamo di proseguire verso Copacabana, dove arriviamo intorno alle quindici. Visto che il tempo è ancora bello ne approfittiamo per fare un giro tra i negozi dell’avenida 6 de agosto, dove compriamo una bottiglia di “Salvietti”, una specie di gazzosa dolcissima quasi come la Inka Cola, la bevanda gassata tipica delle zone andine. Torniamo all’hotel Rosario per recuperare le valigie e partiamo per tornare a La Paz, facendo a ritroso la strada dell’andata. Ci sarebbe stato anche un altro modo per non fare la medesima strada dell’andata, ma avremmo dovuto varcare due volte il confine col Perù. Arrivati a El Alto troviamo ancora una volta un traffico spaventoso, che però ci permette di vedere con calma la vita delle persone che incrociamo. Scendendo da El Alto verso La Paz ci confondiamo tra gli innumerevoli e straripanti pulmini collettivi che qui fungono da autobus. Ogni furgoncino ha posto sul parabrezza un cartello che indica il luogo che raggiungerà e chi ne vuole approfittare si regola di conseguenza. Il tragitto dalla chiesa di San Francesco, la più importante e famosa della città, che è affacciata sulla trafficatissima piazza omonima, al nostro hotel, distante circa 2 km e mezzo avremmo potuto farla a piedi (è pure in discesa) mettendoci meno tempo. Se non avessimo avuto i bagagli da sistemare l’avremmo fatto. Arriviamo all’albergo che si è fatto già buio e facciamo appena in tempo a cambiarci che si è fatta l’ora per andare a cena. Su suggerimento della guida andiamo da Marq’a, che come fa intendere il nome è collocato all’interno di un ex mercato coperto. Cibo curato e bell’ambiente. Consigliatissimo. Prendiamo all’ATM qualche altro bolivianos che qui fa sempre comodo avere in tasca.

22 febbraio – Valle della Luna e La Paz

Stanotte è piovuto molto, ma per fortuna al momento della nostra uscita dall’albergo sta facendosi strada il sole. Con un altro autista e la solita guida ci rechiamo alla valle della Luna (nome inflazionato qui in Bolivia), che si trova vicino ad Aranjuez a sud di La Paz. Per fortuna nella direzione che dobbiamo percorrere non c’è molto traffico. La valle della luna è una piccola zona con dei calanchi formati dall’erosione del materiale friabile che compone le collinette presenti nella valle. La visita è molto piacevole e non dura molto tempo. Si sale e si scende grazie ad un percorso obbligato fatto di corrimano e ponticelli. Alla fine della visita si risale sul pulmino che, passando vicino al quartiere residenziale di Calacoto, ci lascia alla stazione della lina verde della teleferica, vicino al collegio militare Villaroel.

Qui prendiamo la cabinovia per risalire la città con questo curioso tipo di mezzo pubblico. Qui a La Paz, una decina di anni fa hanno cominciato a mettere in servizio una serie di funicolari per collegare varie parti della città e rimediare ai problemi causati dal traffico (a quanto pare ci sono riusciti solo parzialmente). Attualmente sono dieci le linee attivate dall’azienda austriaca Doppelmeyer, famosa per le funivie installate sulle Alpi. Per i turisti la funivia è senza dubbio un mezzo rilassante per viaggiare che permette di avere una bella vista di insieme della città. Per chi abita sotto di essa, deve essere un po’ imbarazzante venire osservati da centinaia di persone che ogni momento ti possono spiare e fotografare dall’alto. Dopo quattro fermate scendiamo dalla linea verde e saliamo sulla linea gialla. Le case che sorvoliamo con questa linea sono molto meno sofisticate rispetto a quelle delle zone più abbienti che abbiamo potuto osservare dalla linea verde. Altre quattro fermate di questa funicolare e poi prendiamo la linea argento per ulteriori due fermate per salire sulla linea rossa.

Da questa funivia scendiamo nei pressi del bordo della zona di El Alto che è a picco sulla gola nella quale sorge La Paz, per visitare il caotico mercado di 16 Julio che qui si tiene il giovedi e la domenica. In questo mercato sarebbe stato bello passare tutto il giorno per come è interessante e vivace. Qui ci sono venditori specializzati per ogni tipo di oggetto, tutti divisi, come per i negozi che abbiamo visto passando con il pulmino, per categorie merceologiche. I prezzi sono convenientissimi. Dopo aver girato per molto tempo tra le bancarelle, senza perdere mai l’attenzione verso i nostri zaini e borsette che potevano essere oggetto di furti come in qualsiasi mercato del mondo, risaliamo dalla solita stazione sulla funivia rossa per scendere alla stazione centrale, dove ci attende il pulmino con la nostra autista. Prima di salire a bordo facciamo un po’ di foto a questa graziosa stazione. Col pulmino ci trasferiamo nei pressi di Plaza Murillo, dove c’è la sede del governo. Avremmo potuto fare il tragitto a piedi, visto che qui le zone di interesse turistico sono molto vicine tra loro. Infatti da ora in avanti faremo tutto senza la necessità di stare in auto, visto che il traffico della zona centrale della città non permette di muoversi velocemente con i mezzi a motore. Dalla piazza, passando sopra l’avenida 6 de agosto tramite la passerella Perez Velasco, entriamo nel mercado coperto Lanza per poi imboccare una strada piena di negozi di parrucchiere. Arriviamo finalmente in quello che un tempo era il mercato dei curanderos, il mercado de las brujas, letteralmente mercato delle streghe. Attualmente c’è poco di magico e quei pochi aromi, piante essiccate ed essenze naturali non sono fatti a mano ma vengono prodotti industrialmente. Il resto dei negozi, cioè la stragrande maggioranza, vendono souvenir ed indumenti per i turisti. Questa strada e quella che scende verso plaza S. Francisco pullula di stranieri in una quantità che fino ad ora non avevamo trovato da nessuna altra parte della città. Salutiamo la nostra guida, che ci sembrava fin troppo desiderosa di andarsene, e ci fermiamo in un ristorantino per mangiare qualcosa e riposarci.

La visita alla chiesa di San Francesco è possibile solo con il tour che comprende il museo e la sacrestia, oppure durante le funzioni religiose. A questo punto scendiamo a piedi lungo la avenida 6 de agosto verso il nostro hotel. Per strada ovviamente c’è tanto traffico e anche sul marciapiede la gente non manca. Ci fermiamo in un negozio di articoli sportivi dove, approfittando delle offerte, compriamo delle scarpe da jogging. Visto che è ancora presto ci rechiamo in un piccolo centro commerciale sulla strada parallela alla avenida 6 de agosto.

Per cena ci rechiamo da Fogon Porteno, un ristorante argentino che aveva delle buone recensioni e che non è molto distante dal nostro albergo. Purtroppo caschiamo molto male: prendiamo una parillada mista con 4 tipi di carne, una peggiore dell’altra. Al proprietario facciamo presente che la carne era di bassa qualità e che sopratutto la bistecca era immangiabile e questo per scusarsi ci offre un piatto di dolci misti, purtroppo anche questi non molto buoni. La carne che abbiamo gustato in Argentina quattro anni prima non è assolutamente paragonabile a quella mangiata qui in Bolivia.

23 febbraio – Curahuara de Carangas

curahuara de carangas

Stamani partiremo per il parco di Sajama. Alle 9,30 viene a prenderci Marcelo col suo fuoristrada, anche questo piuttosto vecchiotto. Anche oggi dovremo passare da El Alto, ma per salire fin lassù Marcelo prende una strada secondaria con una pendenza vicina al 25% e scansiamo gran parte del traffico. Ci fermiamo a Calamarca, un paese con una bella chiesa dove ci viene spiegato che è stata rifugio dei dissidenti del regime nel secolo scorso. In questo paesino, capitale di una sorta di contea, ci fanno notare che i capi della comunità sono facilmente riconoscibili dal cappello nero di feltro ed il poncho rosso. Molte delle decisioni che riguardano le zone rurali sono ancora prese dalle assemblee dei capi della comunità locali ed il governo centrale non ha molta influenza sulle loro scelte. A giudicare dalla presenza ravvicinata di edifici d’epoca con altri estremamente moderni, le decisioni della comunità non sono purtroppo condizionate da nessun senso estetico.

Proseguiamo sulla strada RN4 per alcuni km per fermarci a pranzare in uno dei soliti ristoranti di passaggio convenzionati con le guide. Il menu come sempre è piuttosto standardizzato e non merita menzione. Torniamo indietro di alcuni km per recarci a fare il pieno di gasolio al fuoristrada. In questi giorni le stazioni di servizio sono prese d’assalto per la mancanza di carburanti e ci mettiamo placidamente in fondo alla lunga coda. Perdiamo ad aspettare un’oretta buona e ne approfittiamo per acquistare una nuova SIM-dati, visto che quella acquistata a Uyuni non funzionava. Fatto il pieno, ripartiamo per poi fermarci in aperta campagna nei pressi di alcuni strani fabbricati di fango e paglia a forma di parallelepipedo che pare siano stati utilizzati come tombe e datati tra il 1200 ed il 1400.

Dopo questa tappa, raggiungiamo il paesino di Curahuara de Carangas, intorno alle cinque del pomeriggio, dove passeremo la notte e dove c’è una bella chiesa che ci viene aperta per permetterci la visita. All’interno questa chiesa è tutta affrescata da pittori europei e locali. I dipinti di quest’ultimi sono molto interessanti e fanno capire il rapporto della popolazione con la dottrina cattolica che i preti europei gli hanno impartito. Le camere dell’hostal Kory Wara che ci ospiterà per la notte sono dotate di bagno privato ma sono spartane e puzzano del gasolio che qui viene usato per pulire il pavimento. Lasciati i bagagli in camera, usciamo di nuovo per recarci in auto in una bella zona, distante appena un paio di km, chiamata Virgen de Kalachua ed utilizzata come campo di addestramento dai militari che in paese hanno la propria caserma di presidio. Per arrivare alla suggestiva gola dove scorre un piccolo torrente, passiamo attraverso una spaccatura di pochi centimetri che si è formata nelle rocce. Sopra al torrente, incastrata nella roccia, c’è l’edicola con l’immagine della Vergine che da il nome a questa località. Da qui saliamo sulla sommità di alcune rocce levigate dall’acqua e dal vento da cui si gode un bellissimo panorama che ci viene dipinto in tonalità pastello dal rosso sole che placidamente sta pian piano calando verso l’orizzonte. Rientriamo successivamente all’hostal e ci prepariamo per l’ennesima frugale cena.

24 febbraio – Parco di Sajama

chungara

Ci svegliamo alle 5 per partire verso il parco di Sajama. Oggi passeremo dai 3800 ai circa 4300 m s.l.m. All’ingresso del parco troviamo degli struzzi che al nostro passaggio si spaventano e mentre corrono a zig-zag, uno di essi inciampa nella recinzione metallica che corre lungo la strada sterrata e che delimita la parte pubblica da quella privata. Ci fermiamo all’hostal Oasis, dove secondo il programma iniziale avremmo dovuto dormire la scorsa notte ma che abbiamo chiesto di modificare qualche giorno fa per stare un po’ più in basso come quota, per prendere degli asciugamani che ci serviranno nel corso della mattinata. Ci spostiamo subito dopo verso le fumarole attraversando una verde valle ai piedi dei vulcani circostanti. Qui Marcelo pone delle uova in una delle pozze più calde, dove si raggiungono gli 85 °C. Proseguiamo ancora un po’ per andare nella zona dove sono presenti molte colonne di vapore che si innalzano dalle piccole pozze che il ruscello forma. In questo momento ci siamo solo noi quattro, c’è un po’ di foschia ma tutto intorno è molto verde, con erbe che ricordano il paesaggio della Scozia.

Poco più avanti troviamo una tenda ad igloo mentre i proprietari sono intenti a fare il bagno in una delle piscine naturali dove l’acqua è tiepida. Prima di tornare indietro con l’auto verso il paese, ci fermiamo a riprendere le uova che nel frattempo sono diventate alla coque e le mangiamo come antipasto. La colazione ci viene servita all’hostal Oasis, con il quale l’agenzia di Marcelo è convenzionata. Dopo colazione ci spostiamo per andare a fare il bagno in una delle tante piscine termali naturali che sono disseminate nel parco. Quella dove ci rechiamo, ci viene spiegato che è stata adattata da uno svizzero che anni addietro organizzò un evento privato. È freschino, non c’è il sole e di tanto in tanto scende una leggera pioggerella, ma nonostante tutto riusciamo a spogliarci ed ad entrare rapidamente in acqua senza patire troppo. Rimaniamo a mollo una ventina di minuti e poi, ancora caldi, ci asciughiamo velocemente per proseguire verso il confine di Tambo Queimado, che da Sajama non dista molto. Il parco boliviano è contiguo con l’omologo cileno al di là del confine. Questo posto di confine è come uno se lo aspetta: un grande ufficio pieno di gente e fuori tanti mezzi in attesa di attraversarlo. Le formalità nella parte boliviana sono veloci, ma quelle nella parte cilena sono molto lunghe. Ancora una volta c’è da compilare un modello online e la rete funziona solo a tratti a causa del gran numero di persone collegate. Dopo un bel pò di coda passiamo dalle mani di Marcelo, che gentilissimo è stato ad aiutarci fino a che non abbiamo passato i controlli, a quelle di Emanuel, la guida cilena che era ad aspettarci dall’altra parte dell’ufficio. Comincia a piovere proprio mentre dobbiamo caricare i bagagli sul pick-up e ci affanniamo (nel vero senso della parola!) per coprirli con il telo di plastica per evitare che si infradicino. Finalmente siamo su di un mezzo quasi nuovo e molto più confortevole.

Scendiamo di quota, da 4800 a 4600 mslm, fino al lago Chungarà, che è a pochi km dal confine che ci siamo lasciati alle spalle. Qui c’è un mirador dove ci fermiamo e da dove possiamo ammirare le montagne che circondano il lago, tra cui i vulcani Paranicota e Pomerate, in gran parte innevati. Poco dopo ci fermiamo a mangiare in un ristorante sulla strada CH 11. Il menu, nonostante il cambio di nazione non è molto diverso di quello dei ristorantini boliviani: zuppa, pollo, mais e patate. Dopo pranzo, ci fermiamo in un paesino dove c’è una bella chiesa, ma non c’è nessuno a cui poter chiedere di farci entrare, per cui ripartiamo subito. Il paesaggio, nonostante sia nuvoloso è molto verde, e da cui spiccano gli animali selvatici come i soliti camelidi, tante specie di uccelli e anche una sorta di coniglio selvatico non ben identificato.

Arriviamo finalmente al Terrace Lodge di Putre verso le cinque del pomeriggio. Rispetto alla Bolivia, qui in Cile c’è un’ora di differenza, da aggiungere. Il Terrace Lodge è di proprietà del tour operator che ho contattato dall’Italia e che ci ha organizzato i tre giorni che passeremo in questa parte del Cile. Purtroppo anche qui in Cile le piogge non ci permetteranno di raggiungere alcune zone previste inizialmente dal programma di viaggio, tra cui i salar, per cui il tour dovrà subirà delle variazioni. Dopo esserci riposati a sufficienza usciamo per la cena con Emanuel. Il paese di Putre è piccolo e si gira bene a piedi e per fortuna ora non piove più. Emanuel ci porta a magiare alla Casona del Rey, nella piazza principale della cittadina, dove si mangia decentemente. Fuori sta per iniziare un concerto, in occasione di una fiesta che pare sia molto famosa e che attira tanta gente anche da Arica, la città sull’oceano che raggiungeremo tra due giorni. Dopo cena ci fermiamo per un po’ di tempo a vedere lo spettacolo che purtroppo è in gran ritardo a causa delle piogge intermittenti del pomeriggio. Dopo un paio di canzoni, interrotte per ulteriori prove dei microfoni e degli strumenti, alle 22.30 decidiamo di tornare in albergo, visto che ci siamo svegliati molto presto anche la scorsa mattina e rinunciamo a vedere l’esibizione dei Los Kjarkas, un gruppo assai famoso da queste parto e che ci dicono essere gli autori della canzone da cui è derivata la Lambada dei brasiliani Kaoma.

25 febbraio – Suriplaza

suriplaza

Stamani, dopo una colazione senza infamia e senza lode presso il lodge, partiamo alle nove. Passiamo per il paese, dove ci sono delle persone che non sono ancora tornate a casa dalla fiesta di questa notte. Ci fermiamo a prendere il frigo portatile con il cibo per il pranzo che consumeremo all’aperto più tardi. Il pick-up di Emanuel ci porta fino alla quota di 5250 mslm per poi calare nella Quebrada Allane. Ci fermiamo dove questa incontra la Quebrada Iquilla e dove i due torrenti si mescolano e formano una specie di laguna. Da qui proseguiamo salendo fino al paese (quasi) fantasma di Coronel Alcerreca, dove ora c’è solo una stazione di Carabinieros a guardia della zona di confine con il Perù che da qui dista pochissimo. In questo paese ci sono i resti della ferrovia che collegava Cile e Bolivia e che un tempo era molto trafficata. Ora sono rimasti un vecchio vagone trasformato in capanna, un serbatoio e un cartello che indicava la località, oltre a dei cumuli di chiodi e di ganci tolti dai binari.

Facendo un po’ di saliscendi tra i passi tra le montagne e passando da Colpita, arriviamo repentinamente a Suriplaza, a circa 4700 mslm dove si può godere della bellissima vista di un paesaggio da cartolina con la terra color ocra che fa da sfondo alle vette imbiancate dalla neve ed il cielo che finalmente è tornato azzurro. Emanuel, dopo aver rischiato di rimanere impantanato nella sabbia bagnata, decide di partire per scendere di quota e fermarci a fare il pic-nic, ma delle nuvole cariche di pioggia che si sono già avvicinate ci costringono a rimanere a mangiare in auto. Ripassiamo dalla strada fatta in precedenza, ancora a quota 5250 m s.l.m. e prima di arrivare a Putre ci fermiamo alle Termas de Jurasi. Dall’alto queste terme non ci sembrano un gran ché, annunciandosi con una brutta vasca esterna color del fango. Visto che sta ancora piovendo decidiamo di non fermarci qui per il bagno. Lungo la strada facciamo salire sul cassone degli autostoppisti ed arriviamo a Putre intorno alle 17.00 per passare qualche ora in ozio al lodge. Stasera tutti i ristoranti di Putre sono chiusi. L’unico che ci può dare qualcosa da mangiare è una specie di osteria, o meglio una casa privata con dei tavoli, dove la scelta dei piatti è limitata a carne con spaghetti e patatine o zuppa. Spendiamo a fine pasto una cifra da cena “boliviana”: circa 15 euro in tre.

26 febbraio – Arica

morro de arica

Questa mattina lasciamo il lodge e Putre alle 9.30. Usciti dal paese ci fermiamo a fare delle foto delle case con lo sfondo del vulcano che grazie alle nevicate di stanotte ha la sommità particolarmente bianca. Scendiamo rapidamente di quota percorrendo la strada nazionale che attualmente è in via di ampliamento. Questa strada è molto trafficata dai camion che collegano la costa cilena con la Boliva e la corsia contraria alla nostra è un susseguirsi di autobotti che arrancano per portare il carburante oltreconfine. Dopo diversi km, ci fermiamo al mirador affacciato sopra Pukarà de Copaquilla, una cittadina circondata da montagne sassose e brulle ma grazie al Rio Seco, nonostante il nome faccia arguire che non abbia molta portata d’acqua, qui si sviluppa una non poca agricoltura.

Proseguendo, più in basso, intorno a quota 1500 m.s.l.m., ci fermiamo per arrampicarci su alcune dune semisabbiose ed ammirare la valle sottostante. Durante l’ascesa sentiamo che il nostro fisico risponde positivamente dell’abbassamento della quota. Dalla sommità possiamo gustarci la valle, una sorta di wadi verdeggiante circondata dalle montagne che qui sono particolarmente aride. Più ad ovest troviamo Poconchile dove ci fermiamo a visitare la stazione ferroviaria e per pranzare presso un gradevole ristorante, dove finalmente riusciamo a mangiare dei piatti migliori del solito. Da Poconchile lasciamo la Carretera International 11 che prosegue verso nord-ovest ed il Perù per prendere la A-143 che sale su di un costone desertico. Al di là di questo possiamo intravedere l’oceano, seminascosto dalle nebbie.

Scendiamo infine ad Arica. La valle che si allarga verso l’oceano è piena di serre e campi coltivati. Arica ci appare subito come una città gradevole, con delle lunghe spiagge affacciate sul Pacifico, un vivace centro pieno di negozi e una rocca che sovrasta il centro. Ci rechiamo subito sopra la rocca, detta il Morro de Arica, da cui si possono ammirare tutta la città posta ai suoi piedi, l’ex isola di Acran e una bella spiaggia di sabbia fine, questa ahimè imbruttita da un osceno palazzo bianco di molti piani costruito alle sue spalle. Sul Morro c’è un sorta di Cristo redentore in scala e più in basso delle colonie di rapaci che svolazzano sfruttando le correnti ascensionali. Data la latitudine e l’orario, fa caldo nonostante sia presente un po’ di brezza. Scendiamo in centro dove passeggiamo in mezzo alla numerosa folla che cammina ciondolando da un negozio all’altro. I prezzi dei prodotti sono bassi grazie allo status di zona franca che questa zona possiede, visto che dista solo una ventina di km dal confine col Perù.

Dopo aver girato un po’ ed esserci rammaricati di non aver potuto soggiornare qui almeno una notte, ci spostiamo verso Playa Chinchorro, nella parte nord della città. La spiaggia è poco affollata e passeggiando verso nord sulla sabbia fine, che però non ha un bellissimo colore, l’arenile è quasi deserto. L’acqua dell’oceano è sufficientemente calda per fare un bagno ma non ne approfittiamo visto che avremo il volo per Santiago tra poche ore. Le onde sono alte nonostante il mare al largo sia calmo. Dopo questa parentesi di relax ci dirigiamo ancora più a nord, verso il Perù dove c’è l’aeroporto Chacalluta che dal confine dista solo due km. Salutiamo Emanuel. L’aeroporto è piccolo e molto affollato, essendo periodo di vacanze. Partiamo con un certo ritardo ed atterriamo a Santiago che è quasi mezzanotte. Cerchiamo su Uber un taxi ma poi ci mettiamo d’accordo con uno dei tanti personaggi che aspettano fori dal terminal i turisti che cercano un passaggio e ci mettiamo d’accordo per una tariffa paragonabile a quella dell’applicazione, 15000 pesos. Questo soggetto ci consegna al vero autista che aspetta al parcheggio e che ci porta molto velocemente all’hotel Brasilia, dove avevamo già alloggiato il primo giorno in Cile. Perdiamo altro tempo a ri-registrarci all’hotel e riusciamo ad andare a letto solo alle 1.30

27 febbraio – Valparaiso

Ci svegliamo molto presto perché ieri mattina abbiamo prenotato su getyourguide un tour di un giorno a Valparaiso. Mentre siamo a fare colazione ci scrivono che il pulmino arriverà in ritardo, alle otto anziché alle sette. La guida è simpatica e ci dice che ha un figlio a Bologna nato da una relazione con un’italiana. Ci fermiamo per una sosta lungo l’autostrada che corre verso la costa presso una sorta di market/azienda agricola, dove tentano di vendere dei vini tra i quali uno di un inquietante colore azzurro. Ripartiamo ed arriviamo a Valparaiso alle 9.30.

La prima tappa la facciamo su una collina presso quella che era la casa estiva di Pablo Neruda, che è ora un museo con i cimeli del poeta. Da qui si può vedere il porto, in mezzo alla caligine del mattino. Proseguiamo passando dal mirador Genoa per fermarci alla funicolare Conception, la più antica della città, che per 100 pesos ci porterà in cima alla collina, al paseo Gervasoni. Qui ci appare uno dei quartieri più iconici di Valparaiso, il Cerro Conception, con i suoi murales, le case abitate dagli artisti e i locali per i turisti. Passeggiamo incantati da questo bel posto tranquillo e senza il caos dei veicoli più in basso. Anche qui a Valparaiso sarebbe stato bello passare più tempo. Purtroppo alla fine del quartiere ci aspetta il pulmino che passando da plaza Sotomayor ed il monumento agli eroi di Iquica ci riporta sulla strada che costeggia il porto. Lasciamo Valparaiso e ci fermiamo prima di Viña del Mar all’orologio floreale, punto assai turistico pieno di gente chiassosa intenta a fotografarsi con alle spalle l’aiuola con le lancette. Oltrepassato quello che un tempo doveva essere un rio, ci troviamo ufficialmente a Viña del Mar. Le due città sono di fatto fuse in un’unica entità. Viña è località turistica mentre Valparaiso è la parte produttiva di questo grande agglomerato di edifici stretti tra le colline che degradano nell’oceano.

Ci fermiamo a mangiare nel ristorante convenzionato con il tour dove prendiamo delle empanadas. Dopo ci resta un po’ di tempo per andare in spiaggia e fare due passi sul lungomare. C’è molta gente ma ben diluita nella profonda spiaggia sabbiosa. Oggi è una bella giornata calda ma ventilata. Ripartiamo verso Santiago prendendo l’autostrada che passa attraverso le colline che sono state oggetto di un incendio molto esteso nei primi giorni di febbraio e che ci aveva fatto cambiare l’itinerario del secondo giorno che nelle nostre intenzioni ci avrebbe portato proprio qui per una notte. In effetti un giorno intero a Valparaiso sarebbe stato ben speso. Arriviamo a Santiago dopo un’oretta di viaggio e facciamo il giro per riportare gli altri compagni di viaggio ai loro hotel, attraversando vari quartieri di Santiago.

Chiediamo all’autista di lasciarci in centro anziché al nostro hotel e ci facciamo una bella passeggiata tra la chiesa di San Francesco, lungo l’avenida libertador Bernardo O’Higgins, uno stradone a quattro corsie molto trafficato, per poi deviare nella zona pedonale che porta a Plaza de Armas. Oggi a Santiago fa molto caldo e passare nelle strade tra i palazzi che fanno ombra è un sollievo. Purtroppo la stanchezza si fa sentire e ci rechiamo all’hotel senza andare alla collina di Santa Lucia. Anche qui a Santiago avremmo dovuto passare un po’ più tempo, perché il centro della città è molto piacevole da visitare. Per cena andremo da Ocean Pacific’s Buque Insignia, un buffo locale in stile liberty con un arredamento che a seconda delle sale è appesantito da centinaia di oggetti marinareschi, maschere tribali, quadri moderni, decorazioni militari e dove i camerieri sono vestiti con uniforme da marinaio e i piatti sporchi vengono portati in cucina da robot. Il cibo non è male ma non fa impazzire.

28 e 29 febbraio – Rientro in Italia

Ultimo giorno in Cile, oggi. Lasciamo il Brasilia dopo colazione. Ci viene a prendere un “Uber” che ci porta per 10’000 pesos all’aeroporto evitando accuratamente le strade a pedaggio. Il volo Latam per San Paolo del Brasile parte in orario, alle 10,30. Arriviamo dopo 4 ore e mezza di volo, nel pomeriggio, all’affollato aeroporto di San Paolo. C’è il tempo per vedere qualche negozio, molto costosi, e comprare un magnete con la bandiera brasiliana. Ripartiamo intorno alle 19,00 con un altro volo Latam, con un altro Boeing 787, ma un po’ più vecchiotto del precedente. A bordo degli aerei lungo raggio della Latam viene offerto un buon servizio, con cibo paragonabile a quello della maggior parte delle compagnie aeree più grandi. L’intrattenimento è un po’ carente nella scelta della musica e nei titoli dei fil doppiati in italiano. Dopo il pasto, per fortuna, riusciamo a dormire per ben cinque ore di fila, nonostante una lunga serie di turbolenze e un grande “vuoto d’aria” sull’atlantico. Arriviamo all’aeroporto di Barcellona-El Prat alle 9.30 del mattino. A Barcellona, dopo una breve attesa, prendiamo il volo della Vueling per Fiumicino, dove arriviamo nel primissimo pomeriggio. Mentre aspettiamo le valigie, compriamo il biglietto del treno regionale che ci porterà a Roma Tiburtina e mentre siamo in viaggio prendiamo anche il biglietto per Firenze SMN sul sito di Italo, stavolta a prezzo intero. Dopo un lungo viaggio di rientro che ha comportato l’utilizzo di 3 aerei, due treni, un’auto e un tram, rientriamo finalmente a casa per concludere il nostro bel viaggio.

Considerazioni finali

In questo viaggio siamo stati per gran parte del tempo sopra i 2500 metri di quota. I problemi legati alla “fame d’aria” ci sono sopra i 3000 e si attenuano già dopo un paio di giorni di permanenza, per ripresentarsi qualora si salga oltre i 4000 metri, soprattutto la notte. C’è da dire che la maggior parte delle volte che uno avverte tali sintomi, questi sono riconducibili alla paura.

I prezzi in Cile non sono per niente bassi. A San Pedro de Atacama sono spesso esagerati se si considera quel che viene offerto, sia come sistemazioni alberghiere che come ristorazione. La Bolivia è molto più economica. Il periodo migliore per visitare la parte cilena delle Ande secondo me è l’estate australe, mentre per la Bolivia il discorso cambia, in quanto, come è capitato a noi, le piogge in estate sono frequenti. D’inverno però le temperature possono essere molto basse e condizionare comunque l’esito della vacanza.

I tour operator locali contattati sono stati tutti molto efficienti ed i servizi offerti ineccepibili, per cui li consiglio. In Bolivia ritengo che sia assolutamente necessario affidarsi a qualcuno del posto, mentre in Cile è possibile fare tutto per conto proprio. Per i pagamenti, mentre in Cile le carte sono ovunque accettate, nei piccoli centri boliviani sono inutili. Si può ritirare il contante con un buon cambio negli ATM delle banche nelle città medie e grandi. Indispensabili però i dollari americani, sia per i pagamenti “in nero” che per le mance. L’euro “cash” purtroppo verrà sempre convertito in dollari quando verranno fatti i conti. Attenzione che le banconote non presentino tracce di inchiostro blu, anche piccole.

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