È la nuova porta d’accesso alla Campania, ma questa città dalla storia millenaria ti stupirà con le sue architetture magnifiche
Vogliamo staccare un paio di giorni dalla quotidianità ed è così che prende forma l’idea di raggiungere Salerno, una città dove non siamo mai stati e che è carica di storia ed arte.
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Diario di viaggio a Salerno
Giorno 1 – Arrivo a Salerno
Partiamo da Roma con il Treno Frecciargento 8863 delle ore 08:58 che arriva alla stazione di Salerno alle 10:23, con ben dieci minuti di anticipo. Viaggio rapidissimo e super comodo.
Ci avviamo lungo Corso Vittorio Emanuele per raggiungere Largo Plebiscito dove abbiamo prenotato una camera presso il B&B SANTI & SARACENI.
Il Corso è la parte commerciale della città, dove si aprono bei negozi e ai portoni delle palazzine notiamo una miriade di targhe di studi legali, notarili, di commercialisti e i dentisti. Poi, la strada si restringe ed improvvisamente siamo in Via Mercanti, cuore della città vecchia: un dedalo di vicoli, stradine strettissime, case molto antiche come anche le botteghe ancora di vecchia fattura. Certo non è molto dissimile dal centro storico di Napoli, ma a me è sembrato ancora più disordinato e con negozi pieni di paccottiglia per turisti.
In breve ci troviamo di fronte al B&b dove il check-in avviene tutto in autonomia, dopo un mare di istruzioni ricevute su Whatsapp mente eravamo ancora in treno: la cosa non mi entusiasma perché preferisco un minimo di rapporto con il gestore dell’alloggio ma purtroppo questa modalità non era stata palesata al momento della prenotazione. Ci dicono che pur essendo alle 15:00 l’orario del check-in, possiamo già dalle 11:00 in poi andare a prendere la chiave ma quando arriviamo abbiamo un attimo di sconforto: l’alloggio non è proprio il massimo pur affacciandosi su una piazzetta in pieno centro, stranamente, a dispetto delle recensioni che vanta sui siti del settore. Durante tutti i nostri viaggi, ed ormai sono tanti, due o tre volte ci è capitato di non rimanere soddisfatti, ma pazienza, per fortuna ci passeremo una sola notte.
Comunque usciamo subito e in pochi minuti siamo in Piazza Alfano I dove si trova il Duomo di San Matteo.
Il duomo, che in realtà si chiama Basilica Cattedrale Primaziale Metropolitana di Santa Maria degli Angeli, San Matteo e San Gregorio VII è antichissimo: fu fondato addirittura da Roberto il Guiscardo nei primi anni dell’anno mille pur se l’aspetto attuale corrisponde ad una ristrutturazione effettuata dopo il terremoto del 5 giugno 1688. Il portale di ingresso, detto Porta dei Leoni per via di due statue ai lati degli stipiti raffiguranti un leone ed una leonessa che allatta il suo cucciolo, immette in un ampio atrio, unico esempio italiano, insieme a quello della basilica di Sant’Ambrogio a Milano, di quadriportico romanico: l’atrio è circondato da un colonnato le cui colonne provengono dall’antico Foro e lungo tutto il perimetro vi sono sistemati sarcofagi romani, alcuni di eccellente fattura. Splendido il loggiato soprastante, a bifore e pentafore. Sull’atrio si apre la Porta in Bronzo della chiesa, formata da cinquantaquattro formelle raffiguranti croci bizantine e teorie di santi, oltre a due grifi che si abbeverano ad un fonte battesimale (il grifo era anche il simbolo degli Altavilla, la famiglia normanna a cui apparteneva il Guiscardo). La Porta era stata fusa a Costantinopoli e portata via nave a Salerno successivamente.
Al centro dell’atrio c’era una fontana in granito egiziano che Ferdinando IV di Borbone fece portare nella Villa Reale di Napoli, sostituendola con un antico fonte battesimale. Prima di entrare ammiriamo il campanile di fattura arabo-normanna, alto ben cinquantadue metri e terminante con una torretta decorata con materiali policromi.
L’interno presenta due bellissimi amboni, l’Ambone d’Aiello e l’Ambone Guarna, bizantini e decorati con mosaici e sculture che richiamano sicuramente le opere normanne di Palermo, bellissimo è l’abside della navata destra, della cosiddetta Cappella dei Crociati, perché durante la visita del papa Urbano II vi fu istituita una confraternita con il proposito di raccogliere fondi e soldati per la liberazione del Santo Sepolcro. Interamente rivestita di mosaici, presenta al centro San Matteo in trono.
Ma il pezzo forte della nostra visita doveva ancora venire, pur ospitando la chiesa comunque pezzi pregevoli, come la Tomba della regina Margherita di Durazzo che conserva ancora tracce della colorazione originaria dei marmi delle statue e tracce di affreschi medievali di scuola giottesca che sono riemersi dietro la più recente muratura.
Scendiamo così le scale nella navata destra e ci troviamo in un ambiente straordinario: la Cripta che custodisce le spoglie di San Matteo. Un ambiente con il soffitto totalmente affrescato e le pareti interamente ricoperte di marmi pregevoli. Veramente da vedere!!
Al complesso del Duomo si accede o con il biglietto singolo di € 5,00 oppure con il biglietto da € 7,00 che comprende anche la visita alla Chiesa di San Giorgio o infine con il biglietto da € 10,00 con il quale si visita anche il Museo Diocesano. Noi facciamo il biglietto per due siti e usciti dal Duomo, dopo pochi metri siamo già alla Chiesa di San Giorgio in Via Duomo, considerata la più bella chiesa barocca di Salerno, risalente agli inizi del nono secolo, completamente affrescata in ogni sua parte: faceva parte di un più vasto complesso comprendente il Convento delle monache benedettine, oggi trasformato in caserma della Guardia di Finanza e Carabinieri. Pur comprendendo il suo valore artistico, la chiesa mi appare eccessivamente carica e anche un po’ trascurata.
Girando tra un vicolo e l’altro, ci troviamo di fronte al Complesso Monumentale di San Pietro a Corte, in Larghetto San Pietro a Corte, considerato uno dei luoghi artistici più importanti di Salerno: in effetti, è un po’ un libro di storia, con tutte le stratificazioni che si sono succedute, anche se oggi non tutto risulta di facile lettura. La chiesa venne costruita nell’ottavo secolo su un edificio termale romano che a sua volta era stato riutilizzato come luogo di culto e sepoltura in età paleocristiana. Il principe longobardo Arechi, importante personaggio nella vita della città, fece costruire una cappella dedicata ai santi Pietro e Paolo, accanto alla sua dimora salernitana per utilizzarla come cappella di corte, che poi ebbe vari usi nel corso dei secoli. Oggi possiamo ancora vedere un vasto ambiente sotterraneo “ipogeo” con le tracce delle terme romane di età imperiale e di un luogo di culto paleocristiano, divenuto oratorio in epoca normanna con affreschi del dodicesimo secolo; un’aula soprastante individuata come la cappella palatina; la cappella di Sant’Anna e il campanile che ha sostituito quello longobardo.
Al complesso si accede liberamente, solo dietro la cortesia di una firma sull’albo degli ospiti.
Di fronte al complesso, tra Vicolo Adelberga e Vicolo dei Barbuti, ammiriamo il cosiddetto Palazzo Fruscione, dal cognome dell’ultima famiglia che lo ha abitato prima dell’esproprio da parte del Comune. Poiché erroneamente era stato considerato parte dell’antica reggia di Arechi, fu chiamato “palazzo dei principi normanni” e ad oggi presenta una bella decorazione a polifore intrecciate con archi acuti sorretti da colonnine al primo piano, cinque bifore scolpite al secondo e tre portali monumentali a pian terreno.
Il centro storico di Salerno è piuttosto raccolto, tutto quello che avevo individuato da visitare è a portata di mano e semplicemente passeggiando, già abbiamo visto parecchie cose. Ora vogliamo però mangiare qualcosa e scegliamo la Pizzeria La Smorfia, in Piazza Alfano I, di fronte al Duomo, segnalata del gestore del B&B: ci accomodiamo ad un tavolo all’aperto e io gusto un enorme calzone ripieno di scarola ripassata con provola, olive e capperi, tipica del posto, molto buono ma impossibile da mangiare tutto.
Ci riposiamo un po’ nel b&b prima di continuare il nostro itinerario. Poi, attraverso la vicina Via Arce, siamo in pochi minuti in Via Fiera Vecchia dove si trovano i resti dell’Acquedotto Medievale, che portava l’acqua dalle colline a nord della città fino all’importante Monastero di San Benedetto costruito proprio dai monaci benedettini nel decimo secolo. Oggi ne restano poche arcate che bastano comunque a dare l’idea della sua antica imponenza.
Imbocchiamo Via Velia per poi girare a destra e raggiungere il Monastero di San Benedetto che, secondo le indicazioni sul sito internet, doveva essere aperto fino alle 19:00: lo troviamo invece chiuso e ci dispiace parecchio perché ci interessava la sua storia e la sua architettura, considerato uno dei monumenti più importanti della città.
Ritorniamo su Via Velia e scendiamo fino ad incontrare, deviando sulla destra, Piazza Portanova e l’attigua Piazza Flavio Gioia detta La Rotonda: la prima è posta tra l’inizio di Via dei Mercanti e Corso Vittorio Emanuele e prende il nome dalla presenza di una porta che immette appunto a Via dei Mercanti, centro storico della città e che, distrutta da una alluvione, fu ricostruita “nova”; la seconda è una piazza scenografica chiamata La Rotonda per la forma arcuata dei suoi palazzi che fanno da sfondo, colorata e animata da diversi locali.
Ci avviamo verso il Lungomare Trieste, lo percorriamo passando davanti alla Spiaggia di Santa Teresa e arriviamo in Piazza della Libertà, dove è stato costruito qualche anno fa l’Edificio Crescent, una moderna costruzione a semicerchio adibito in parte ad abitazione, in parte ad uso alberghiero che ha avuto lo scopo di risanare l’ambiente circostante che risultava degradato e mettendo in comunicazione il fronte del mare con lo spazio verde della Villa Comunale e lo spazio culturale del Teatro Verdi.
Proprio passando accanto al Teatro Verdi, riattraversato il Lungomare Trieste, ci troviamo davanti al Palazzo di Città, opera monumentale degli anni Trenta del Novecento in pieno stile fascista, progettato dall’architetto Camillo Guerra secondo i dettami del momento, dotato di un porticato e una sala cinematografica (Cinema Teatro Augusto). Non è visitabile, ma gli interni presentano ambienti di pregio, decorati con marmi, come il Salone dei Marmi che nel 1944, quando Salerno divenne Capitale del Regno, ospitò la prima riunione del Consiglio dei Ministri del Governo di Unità Nazionale, e soffitti a cassettoni in vetrocemento, desiderio di proiezione verso modernità architettoniche.
Rientriamo nel centro storico per raggiungere il Museo della Scuola Medica Salernitana, allestito nella ex Chiesa di San Gregorio (sempre sulla stessa Via Mercanti che abbiamo alla fine percorso una infinità di volte) e che è aperto solo nel pomeriggio dalle 16:00 in poi. Quando arriviamo ci dicono che il filmato è già iniziato e dobbiamo ritornare più tardi. Va be’, intanto andremo a visitare il Rione delle Fornelle, percorrendo vicoli e stradine della vecchia Salerno. Il Rione delle Fornelle è un antico quartiere medievale abitato in origine dagli amalfitani (questi, deportati qui dal principe longobardo Sicardo, impiantarono nel rione i forni per la cottura delle ceramiche di cui erano maestri, da qui il nome) e che è stato recuperato da un crescente degrado da un progetto di Street Art dedicato al poeta salernitano Alfonso Gatto, nato e cresciuto nel rione che ora presenta i suoi edifici decorati non solo dai versi delle poesie di Gatto ma anche da immagini di richiami al mare, o ancora da ritratti di artisti quali Pino Daniele, Totò e Massimo Troisi. Ogni modo, abbiamo notato che anche in altri vicoli della città le pareti dei vecchi edifici riportano massime e citazioni. Nonostante questa particolarità, il rione non ci entusiasma e ripercorriamo a ritroso le vie ormai familiari, fermandoci un attimo nella Chiesa della S.S. Annunziata in Via Portacatena, la cui cupola è stata in tempi recenti decorata da belle maioliche colorate e ritorniamo al Museo della Scuola Medica Salernitana: il filmato è di nuovo appena iniziato ma ci fanno accomodare dopo il pagamento di un biglietto di € 2,00 a persona. Il tutto ci delude parecchio perché pensavamo che oltre al famoso filmato, ci fosse una parvenza di museo da visitare; invece tutto è concentrato sulla storia della pur famosa Scuola Medica e di come sia nata e del perché si sia sviluppata proprio a Salerno, ponendo l’accento su medici famosi, quali Trotula (di cui francamente non conoscevo l’esistenza), la prima donna medico ad interessarsi della salute delle donne, della loro igiene e dei problemi legati al parto: una antesignana, certamente. Ma tutto qui: venti minuti di filmato e siamo fuori del cosiddetto Museo.
Gironzoliamo ancora un po’ e poi ci avviamo verso Via Alberto Pirro, dove al numero 22 si trova il ristorante Mamma Rosa, un ottimo indirizzo dove gustare piatti di pesce in un ambiente familiare e molto cordiale a prezzi ragionevoli.
Infine, ripercorrendo un tratto di lungomare, ripassiamo davanti al Duomo e prima di rientrare nel b&b deviamo verso sinistra e ci troviamo nella bella Piazza Abate Conforti, dove affacciano palazzi eleganti, la facciata del Complesso Monumentale di Santa Sofia (che non visiteremo perché i suoi spazi sono ormai adibiti a mostre ed eventi) e l’enorme edificio del Convitto Nazionale Statale Torquato Tasso.
È proprio ora di andare a riposare.
Giorno 2 – Castello di Arechi
Ci alziamo con comodo e, ripreso lo zaino in spalla, lasciamo l’alloggio: stamattina visiteremo il Castello di Arechi che ieri abbiamo visto più volte guardarci dall’alto della collina su cui è arroccato, a trecento metri sul livello del mare.
Il castello si raggiunge con l’autobus 019 che fa una fermata a Piazza XXIV Maggio per fare poi capolinea davanti al sentiero che sale al castello. L’autobus non passa frequentemente, anzi uno ogni ora e quindi non dobbiamo assolutamente perdere quello delle 09:50. Così ripercorriamo Via Arce, Via Velia, Via Pirro e siamo in Piazza XXIV Maggio. Per fortuna il bus è in orario e salendo lungo i fianchi della collina, in breve siamo ai piedi del castello a cui si arriva dopo una breve salita in mezzo al bosco.
Il castello fu costruito già nel VI secolo dai Bizantini che probabilmente utilizzarono a loro volta un castrum romano già esistente. Nell’VIII secolo, il principe longobardo Arechi II trasferì la sua corte a Salerno e ampliò il sistema difensivo della città con una cinta muraria che cingeva Salerno dalla collina fino al mare. Quando il luogo non dovette più servire a scopo difensivo, venne utilizzato come residenza dei principi Sanseverino fino ad essere poi abbandonato con l’Unità d’Italia per essere infine acquistato dalla Provincia nel 1960 per restaurarlo e renderlo fruibile al pubblico.
Oggi è possibile leggere le tracce architettoniche dei diversi periodi della sua storia, ma quello che rende piacevole la visita è il panorama su tutta Salerno, il cui golfo è incuneato tra la Costiera Amalfitana da un lato e il Cilento dall’altro. Peccato che oggi il tempo non sia un granché anche se tutto si distingue perfettamente, immaginatevi con un cielo terso e il mare azzurro intenso!
Ridiscendiamo con il bus delle 11:40, raggiungiamo nuovamente il lungomare per andare a visitare la Villa Comunale in fondo a Via Roma, dove a Natale, da qualche anno, vengono allestite le luminarie d’autore che stanno rendendo famosa Salerno. Un giardino storico, istituito nel 1874 dopo l’Unità d’Italia, ristrutturato e modificato più volte, fulcro della vita mondana nella Salerno ottocentesca.
Ripercorriamo ancora una volta le stradine del centro storico passando per Via Masuccio Salernitano che mi piace molto, forse la via più caratteristica vista finora e andiamo a pranzo da Pizzium in Corso Vittorio Emanuele 211, un buon indirizzo per una pizza napoletana ma anche per gustose insalate.
Comincia a piovere ma per fortuna noi ci dobbiamo avviare ormai alla stazione che è piuttosto vicina: il treno Frecciarossa delle 16:17 parte in orario e alle 17:40, come previsto, siamo alla Stazione Termini e da lì, in breve, a casa. Un’altra avventura si è conclusa e quindi un’altra bisognerà metterne in cantiere.