Tra le colline della Toscana c’è il piccolo borgo di 2000 abitanti dove è nato il Rinascimento, ed è un museo a cielo aperto tra chiese e palazzi

Leonardo Anchesi, 14 Mar 2024
tra le colline della toscana c'è il piccolo borgo di 2000 abitanti dove è nato il rinascimento, ed è un museo a cielo aperto tra chiese e palazzi
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Esiste un paese, nel cuore della Toscana, che incarna tutto ciò che è il Rinascimento: sto parlando di Pienza, un tempo nota al mondo (o forse meno) come Corsignano ma, successivamente, intitolata a papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, il pontefice umanista, mirabile esempio del tipico intellettuale eclettico del Quattrocento; ma non temete, più avanti parleremo anche di lui. La storia di questo piccolo borgo è tanto antica quanto affascinante, ma non voglio ancora anticiparvi niente. Fatevi bastare, per il momento, quello che sto per dirvi: dal degrado di un piccolo borgo tardo medievale, il piccolo paese è divenuto la cittadina simbolo del movimento umanista, progettata e realizzata seguendo il canone di pura armonia di quella corrente artistica che il mondo conosce come Rinascimento.

Da Corsignano a Pienza il passo (non) è breve

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La campagna senese incornicia Pienza

Stesso paese, nomi diversi e una storia meravigliosa di rinascita. Ecco gli ingredienti che hanno contribuito alla realizzazione di Pienza. Ma non bastano perché per rendere tutto possibile è stato necessario l’intervento di un personaggio che la sorte (o il Divino, se preferite) ha voluto far nascere in quello che era Corsignano, un piccolo borgo nella campagne senesi, nell’Anno del Signore 1405: si chiamava Enea Silvio Piccolomini ma è ricordato nei libri di storia con il suo nome pontificale di Pio II. Destino volle che, nel 1459, durante un viaggio a Mantova, il Pontefice si trovò a passare per il suo borgo natio, rimanendo profondamente colpito dal degrado e dall’incuria.

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L’armonia delle sue forme si può ben apprezzare dall’alto

Il Papa, appassionato studioso, in gioventù allievo di umanisti del calibro di Poggio Bracciolini e Leonardo Bruni, decise quindi di finanziare il completo rifacimento del paese affinché potesse divenire degna residenza per il Papa e la sua corte. I lavori furono, perciò, affidati alle sapienti mani dell’architetto Bernardo Rossellino, a sua volta allievo del celeberrimo Leon Battista Alberti, il quale mutò radicalmente il volto di Corsignano che, dal 1462, cambiò anche il nome in Pienza “città di Pio”.

Ecco perché Pienza è considerata la “città ideale” del Rinascimento

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La pianta di Pienza

Rossellino progettò un intervento seguendo i canoni rinascimentali, ampiamente teorizzati nei suoi trattati dal maestro Alberti. Inizialmente, i lavori avrebbero dovuto interessare la sola piazza principale del paese, sulla quale si affacciavano la cattedrale, il palazzo della famiglia Piccolomini, ossia la residenza papale, il palazzo comunale e la sede del vescovo pientino. Terminata questa porzione, tuttavia, si decise di proseguire abbellendo gli edifici affacciati sulla via principale, destinati a ospitare il seguito cardinalizio del pontefice, e, in ultimo, vennero costruite delle abitazioni ex novo a ridosso della cinta muraria, destinate a coloro i quali avevano visto la propria casa demolita per far posto ai nuovi edifici.

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La cattedrale è ispirata al Tempio Malatestiano

La piazza Pio II venne realizzata in posizione tangente rispetto al corso principale, leggermente ricurvo e già presente nell’impianto originario di Corsignano. Su di essa, strutturata a forma di trapezio, trovavano affaccio la cattedrale sul lato maggiore, palazzo Piccolomini a destra, il palazzo vescovile sulla sinistra e, oltre il corso, il palazzo Pretorio. Visto dall’alto, il pavimento della piazza in cotto è armonicamente interrotto da listoni di travertino, i quali si sviluppano in una posizione prospettica costantemente in dialogo con gli edifici circostanti

Ovunque il ricordo di Leon Battista Alberti

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La sede papale di Pienza

Il costruttore non manca mai di ricordare il proprio mentore, i cui dettami emergono in ognuno degli edifici principali che danno sulla piazza: la cattedrale, la cui facciata è scandita in tre specchi eguali e sormontata da un timpano triangolare di ispirazione classica, richiama il Tempio Malatestiano di Rimini, una delle opere più importanti dell’Alberti; l’edificio sacro pientino, inoltre, rappresenta il primo esempio nel XV secolo di raccordo fra architettura esterna e interna, ove la tripartizione del prospetto anteriore richiama la suddivisione interna in tre navate. Palazzo Piccolomini, dal canto suo, riprende lo stile di Palazzo Rucellai a Firenze, tuttavia riportando anche diversi particolari ideati autonomamente da Rossellino, pur rispettando gli insegnamenti del Maestro. 

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Il completamento della piazza Pio II

La sede vescovile rappresenta un tripudio dell’arte prospettica, accentuata dalla pavimentazione regolare ove si trova anche un segnacolo che indica il punto di vista ideale. Rossellino ha quindi progettato tutta la piazza senza lasciare nulla al caso ma nel preciso intento, condiviso e promosso dall’altissima committenza, di realizzare uno spazio che, da solo, fungesse da compendio delle più importanti teorie architettoniche rinascimentali.

Pio II e l’Ultima Crociata

PienzaPapa Pio II rappresentato dal Pinturicchio

Concedetemi di parafrasare il titolo di un famosissimo film per accennare brevemente a quella che fu la vita di uno dei personaggi più interessanti e determinati per l’Umanesimo e il XV secolo: papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini. Primo di diciotto figli, Enea nacque nel 1405 da una famiglia di nobili origini. Avviato da giovane agli studi giuridici, presto si concentrò sui classici greci e latini. La sua carriera ecclesiastica, particolarmente rapida grazie alla profonda amicizia che lo legava al pontefice Niccolò V, fu costellata da incarichi diplomatici di altissimo profilo. Nel 1458 succedette a papa Callisto III al soglio di Pietro, dopo un brevissimo conclave di soli nove giorni; riuscì a scongiurare l’elezione del rivale francese utilizzato la propria arte oratoria e facendo leva sul ricordo del traumatico trasferimento della curia pontificia ad Avignone durante i secolo precedente. 

La storia lo ricorda anche per la sua attività di fervente autore di testi di stampo umanistico; uno su tutti i Commentarii rerum memorabilium quae temporibus suis contigerunt (cioè I Commentari delle cose memorabili che accaddero ai suoi tempi), monumentale opera che lo impegnò per diversi anni. Morì ad Ancona la notte fra il 14 e il 15 agosto del 1464 all’età di 62 anni. Egli Spirò mentre attendeva la flotta promessa da Venezia per intraprendere quella che i posteri avrebbero dovuto ricordare come l’ultima crociata contro i turchi ottomani, i quali avevano conquistato Costantinopoli nel 1453. Quando egli era in punto di morte, ormai consumato dalla peste, dodici galee veneziane e numerosi volontari giunsero nel porto di Ancona per onorare l’impegno preso con il Papa; purtroppo, Enea Silvio Piccolomini non lo venne mai a sapere.

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