Le 5 chiese più spaventose d’Italia: quando teschi e scheletri diventano vere e proprie opere d’arte

Stefano Maria Meconi, 12 Dic 2023
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C’è chi li chiama ossari, chi cripte, chi catacombe; io preferisco, molto più eloquentemente, chiese dei morti, edifici che da secoli affascinano e, al tempo stesso, terrorizzano i fedeli e i visitatori di ogni tempo. Massima espressione occidentale del culto e della celebrazione dei morti, queste chiese sono riccamente e terribilmente decorate con le ossa dei defunti; entrando in una di esse non si può non percepire con forza, quasi con violenza, il timore del passaggio all’aldilà, che tanto incuriosisce e spaventa l’umanità da tutta la sua esistenza. La morte è, da sempre, oggetto di studio, di contrasto e di venerazione: a lei sono dedicati culti speciali, come la Santa Muerte messicana, cerimonie uniche nel loro genere, come il Ma’nene indonesiano, oppure, molto più semplicemente, le viene portato un atavico rispetto.

Qualsiasi sia la sua celebrazione, la morte resta sempre uno degli aspetti più indagati da parte dell’umanità. E oggi andremo a scoprire quei luoghi ove il timore reverenziale nei suoi confronti si trasforma addirittura in architettura.

A Palermo la morte la si può incontrare nella catacombe dei Cappuccini

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Le salme delle catacombe palermitane scrutano attentamente il visitatore

Iniziamo questo ideale viaggio da sud a nord, attraverso il culto della morte nella nostra penisola, con le catacombe dei Cappuccini, nel quartiere Cuba della meravigliosa città di Palermo. Annesse alla chiesa di Santa Maria della Pace, edificio realizzato nella seconda metà del XVI secolo a cavallo fra il tardo manierismo e un accenno di barocco, le catacombe ospitano numerose salme mummificate. La loro particolarità, rispetto alle altre strutture afferenti allo stesso tipo, è quella di aver accolto, nel corso dei secoli, tumulazioni di persone di diverso rango sociale, oltre a quelle dei frati Cappuccini a cui è dedicato il sito, e che queste sono ordinatamente esposte, con ancora i loro abiti di sepoltura. Vi si trovano quindi ufficiali dell’esercito, borghesi abbienti, giovani donne e prelati, tutti uniti nell’abbraccio dell’eterno riposo.

Numeri da capogiro nel cimitero delle Fontanelle

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Alle Fontanelle superstizione e misticismo si fondono armoniosamente

Ci troviamo all’interno delle affascinanti e intricate cavità scavate nel tufo sotto la città di Napoli, più precisamente nei sotterranei del quartiere Sanità, nei pressi di via delle Fontanelle. E proprio dall’antica via prende nome questo cimitero o, più propriamente, questo ossario. Si è stimato che riposino all’interno delle sue viscere oltre 40.000 resti umani, qui tumulati a partire dal 1656, anno di una terribile epidemia di colera che fece oltre 250.000 morti nella città. Ma non solo: altre ossa provengono dai cimiteri dismessi e altre ancora dalle chiese ove non vi era più posto per le sepolture.

Il luogo rimase abbandonato sino al 1872. Quell’anno don Gaetano Barbati, insieme a un gruppo di pie donne, decise di mettere in ordine le ossa, dividendo così il cimitero in tre parti: la Navata degli Appestati, dedicata ai morti delle epidemie, la Navata dei preti, ove giacciono le ossa provenienti dalle chiese, e la Navata dei Pezzentelli, ossia dei meno abbienti. Il luogo è pervaso da un’aura di sacralità e superstizione popolare, che qui inusualmente convivono come solo nella meravigliosa Napoli poteva accadere.

La Capitale offre sempre grandi spunti: chiesa di Santa Maria dell’Orazione e Morte

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Un’effige ricorda lo scopo dell’Arciconfraternita della Morte

Sita nel rione Regola, la chiesa prende il nome dalla Arciconfraternita omonima, che ne volle la costruzione nel 1573. Tuttavia, l’edificio che oggi si presenta a noi è quello in stile neoclassico costruito ex novo nella prima metà del XVIII secolo, in sostituzione del precedente, divenuto ormai inadeguato. La Confraternita, dalla sua fondazione avvenuta nel 1538, assunse lo scopo di dare degna sepoltura ai cadaveri senza nome e a tutti coloro non potevano permettersi un funerale. Il risultato di questo lavoro è tutto davanti ai nostri occhi, con ben 8.000 resti umani disseminati all’interno dell’edificio e dei suoi sotterranei. Qui, tutto è ricoperto di teschi e i simboli della morte sono letteralmente ovunque, tanto che la morte stessa diventa una compagnia costante lungo la visita, non potendo non indurci a una profonda riflessione sulla fine del nostro cammino.

Bis nella Capitale: la Cripta dei Frati Cappuccini

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L’autore dell’impianto artistico rimarrà per sempre un mistero

Nella centralissima via Veneto non solo negozi di lusso e locali alla moda ma anche uno dei luoghi più affascinanti e, al tempo stesso, terrificanti della capitale: la Cripta dei Frati Cappuccini, annessa alla chiesa di Santa Maria Immacolata. All’ingresso un monito avverte il visitatore e gli ricorda l’incertezza del futuro: «Quello che voi siete noi eravamo; quello che noi siamo voi sarete». In realtà, questo motto non è un unicum, considerato che lo ritroviamo anche sotto in Santa Maria Novella a Firenze. Unicità a parte, questo sacro avvertimento introduce a un luogo ove riposano le ossa di circa 4.000 frati cappuccini, tumulati fra il 1528 e il 1870, qui traslate dal vecchio cimitero della chiesa di Santa Croce e San Bonaventura dei Lucchesi, vicino al Quirinale.

La cripta è suddivisa in cinque ambienti: la cappella delle tibie, la cappella dei teschi, la cappella dei bacini, la cappella dei tre scheletri e la cappella della Resurrezione. In ognuna di esse, le ossa sono sistema in modo artistico, quasi scenico, in modo da esorcizzare l’umana paura per l’aldilà. Dettaglio tanto interessante quanto spaventoso: l’origine e il realizzatore di questo apparato decorativo sono completamente sconosciuti.

A Milano la chiesa di San Bernardino alle ossa

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Le ossa dei defunti di San Bernardino giacciono come un coro di anime

Il nome non lascia spazio a particolari interpretazioni e non delude le aspettative: anche nella capitale finanziaria del nostro Bel Paese esiste una chiesa che celebra la morte. Situata in piazza Santo Stefano, la chiesa di San Bernardino alle ossa venne costruita a partire dal XIII secolo, ma il suo impianto attuale risale al 1776, anno della sua consacrazione. All’interno dell’edificio insiste un’intera cappella demandata a ossario; secondo la tradizione, le ossa ospitate provengono dall’ospedale del Brolo, struttura assistenziale soppressa nel 1652, e, oltre le ossa dei defunti dell’ospedale, sono presenti anche quelle dei condannati a morte.

Furono i Disciplini, così definiti poiché dediti alla pratica dell’autoflagellazione durante la preghiera, ad occuparsi della sistemazione dei resti: i teschi sono ordinatamente disposti sulle quattro pareti dell’ambiente, quasi a formare un coro ideale di anime che osserva il visitatore, fondendosi armoniosamente con le decorazioni in stile rococò, che culminano del ciclo pittorico realizzato da Sebastiano Ricci, pittore a cui va il merito di aver introdotto il barocco Veneto a Milano. Se non bastasse, durante i lavori di restauro nel 1931 venne individuata, sotto l’alter maggiore, la Cripta dei Disciplini (altrimenti detto putridarium), aggiungendo così un altro luogo di celebrazione del Tristo Mietitore.



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