Tra spiagge e antichissime città azteche, questa festa è il modo più autentico per scoprire le meraviglie del Messico
Da qualche anno ho iniziato a incuriosirmi al modo in cui, nel tempo e nello spazio, la gente cerca consolazione per la morte dei propri cari. Dopo l’esperienza delle abluzioni nel Gange e i rituali di Varanasi, mi è diventato essenziale scoprire se il film Coco della Disney ci ha presi in giro o se davvero in Messico si pensa che i defunti tornino a trovare i vivi nella notte tra l’1 e il 2 novembre. Tutto il viaggio è stato fatto solo in vista di quella notte.
Con questo altissimo bisogno di autenticità, non potevo che scegliere con cura il tour. Questa è stata la parte più difficile del viaggio: moltissimi tour erano un po’ artefatti, con racconti di paura a bordo di una barchetta, visite alle ofrendas e cose simili. Dopo varie ricerche su Getyourguide e Tripadvisor, alla fine ho trovato il nostro tour grazie all’ostello, che ci ha indirizzati alla Wayak.
Ma del tour nei cimiteri parlerò dopo, voglio tenervi sulle spine!
Anche prima del tour, il periodo della festa dei morti si è imposto con evidenza nel nostro giro di CDMX. Ovunque – anche a Cancun a dire il vero, ma con meno frequenza – si trovano piccole e grandi Ofrendas, altari che i messicani allestiscono mettendovi i “cempasúchil” (i fiori arancioni), le foto dei cari di cui attendono il ritorno, acqua per placare la loro sete e il loro cibo preferito. Esiste una vera e propria competizione tra ofrendas e le troverete anche nei negozi o nei ristoranti. I messicani le allestiscono anche in casa e magari potrete convincere qualcuno a farvi entrare.
Nella piazza Zocalo viene allestita ogni anno una grandissima Ofrenda. Quest’anno hanno celebrato i 100 anni dall’uccisione di Pancho Villa e l’Ofrenda è stata creata con un grande treno e le foto dei personaggi di maggior rilievo della rivoluzione messicana. Nella piazza hanno poi allestito un grande pupazzo di Pancho Villa e altri grandi pupazzi con Katrinas e calaveras vestiti con abiti tradizionali.
Gli altoparlanti diffondono musica latina a volume altissimo e la gente – messicani e turisti – gira per fare foto, mangiare, acquistare giochi per bambini. Molti sono mascherati da scheletro e ci sono moltissimi punti in cui si viene truccati per pochi soldi. La piazza è popolata tutto il giorno, ma è la sera che dà il meglio di sé. La notte la piazza è presidiata dalla polizia in ogni punto, è un luogo sicuro.
In Messico la morte viene intesa come una compagna della vita, da accogliere con ironia, senza averne paura. Questa è la grandezza del Giorno dei Morti in Messico: è vissuta come una festa, con cibo, colori, musica, sorrisi. E attenzione: non è Halloween, non è il giorno di Halloween e non ha nulla a che vedere con la festa americana. Qui siamo nell’unione tra tradizione maya e colonialismo, un mix di paganesimo e cattolicesimo, un compromesso che ha dato identità a un popolo. E i messicani rivendicano così la loro identità, con una tradizione centenaria che li distingue da tutti gli altri.
Ma torniamo al dubbio che mi ha convinta a partire: il piccolo Coco mi ha illusa o la storia che ha raccontato è vera?
Per scoprirlo siamo andati, nella notte tra l’1 e il 2 novembre, nel cimitero di Xochimilco. Ci si può arrivare anche in taxi ed entrare da soli, sarebbe lo stesso, ma io avevo paura di trovare un cimitero poco rappresentativo e mi sono affidata al tour (150 euro a persona, senza pasti). Arrivati al cimitero, non credevamo ai nostri occhi: bancarelle con fiori e palloncini, venditori di dolciumi, gruppi di mariachi in cerca di clienti. Le tombe sono messe per terra, una accanto all’altra, e per spostarsi si rischia di calpestarne qualcuna. I viali centrali ospitano le cappelle e sono illuminati, ma le tombe interne sono al buio. In questo scenario, la luce è data dalle candele che i familiari pongono sulle tombe, insieme a fiori, palloncini (anche di Coco), festoni, girandole, lettere. Alcuni hanno una cassa da cui trasmettono musica a tutto volume, altri cantano o mandano musica da una radio. La sensazione che proviamo è incredibile, toglie il fiato.
Iniziamo a camminare timidamente tra le tombe, osservando le famiglie e i loro comportamenti. Qui ho la risposta alla mia domanda: Coco è autentico, ma il dolore resta personale e l’elaborazione del lutto ha i suoi tempi anche per chi una volta l’anno ha l’illusione di sentire vicina una persona che non c’è più. Ogni famiglia infelice è infelice a modo suo, anche qui. Ci avviciniamo a madre e figlia che sono alle prese con la cena; la ragazza ci offre delle caramelle e mio marito Lele le chiede chi stiano aspettando. Ci dice, con un grande sorriso genuino, che si tratta del fratello di sua madre, morto 4 anni fa. Staranno nel cimitero fino all’alba e, anche se non sono sicure che lui davvero ritorni, lo sentono comunque più vicino.
Spostandoci un poco, capitiamo davanti a un signore che con rabbia rimuove energicamente lo sporco dalla tomba di una donna, usando una spazzola. È in silenzio e ha accanto delle buste piene di decorazioni. Poco più in là, una famiglia cena a suon di musica, parlando a voce alta come se fosse una festa di compleanno. Deve trattarsi di un parente anziano e morto da tempo, perché mi sembra quasi che stiano festeggiando il Natale.
Continuando a camminare, tra tombe di bambini piene di palloncini e altre ormai abbandonate, veniamo attirati da una musica house sparata ad alto volume. Arrivati, troviamo una tomba con la ruota di una moto, vari festoni, frasi incise nel marmo con il ricordo dei familiari e un ragazzo solo, che grida il suo dolore attraverso la musica. Non lo consola l’illusione del ritorno, mi dico.
Camminiamo ancora e troviamo 4 ragazzi che mangiano un panino sulla tomba di un coetaneo, in silenzio. La perdita di un amico quando è umanamente troppo presto è uno dei traumi che abbiamo vissuto anche noi e li sento vicini.
Tra Catrinas e bancarelle, sulla via del ritorno, mi colpisce una cappella piena di candele e fiori. È coì decorata che penso che sia morto di recente qualcuno o che si tratti di un giovane; invece, è un uomo di mezza età scomparso 12 anni fa. Nella cappella, scorgo la figlia che dorme appoggiata al muro, vicina al suo papà, proprio come nella scena di Coco. Il calore, l’illusione, il ricordo consolatorio.
Questa visita nel cimitero è valsa il viaggio e me la porto ancora dentro. Vivere il ricordo dei propri cari come una festa, esorcizzare la paura della morte, dormire in un cimitero mentre si è ancora in vita, colorare ciò che pensiamo come buio e spoglio, condividere questo momento o scegliere la solitudine, farsi scheletro per una notte per sentirsi infinitamente vivi. Se volete andare in Messico, non perdete l’occasione di viaggiare in questo periodo dell’anno. I festeggiamenti vanno da fine ottobre alla prima settimana di novembre e ogni giorno è dedicato a un tipo di morte. A CDMX, in risposta al film The Spectre di James Bond, dal 2017 si fa una parata, spesso di sabato (ultimo sabato di ottobre e primo sabato di novembre, ma controllate il sito del governo per sapere la data esatta). Il ritorno dei defunti è nella notte tra il 1° novembre (giorno di Ognissanti) e il 2 novembre (giorno dei morti).
Ci sono cittadine in cui i rituali sono ancora più tradizionali e autentici. Vi segnalo Merida e Oaxaca, ma cercando su internet ne troverete anche altre. Noi abbiamo dovuto scegliere la grande città per vedere un po’ tutto.
Ci sono varie leggende legate al Giorno dei Morti in Messico. Forse qualcuno di voi ricorderà la Llorona, donna che sceglie come vittime i bambini, o Franciska, che non voleva morire. Troverete vari tour in cui queste tradizioni sono raccontate o rappresentate in forma teatrale. Comprate un cerchietto pieno di fiori, fatevi truccare da scheletro e immergetevi in questo mood che le parole non possono descrivere. E comunque alla fine la risposta è questa: Coco è autentico, fedele, tanto che lo proiettano in piazza per ben 3 sere, riconoscendo alla Disney il merito di aver raccontato al mondo una storia che non dimenticherete.