Brescia e Monza, due lati della stessa regione tra ville e castelli

Scritto da: girovaga54
brescia e monza, due lati della stessa regione tra ville e castelli
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Un weekend improvvisato ma ricco di storia, tra magnifici monumenti e opere d’arte sia a Brescia che a Monza a cui si è aggiunta l’ottima offerta gastronomica.

Venerdì 14 ottobre – Brescia

Incuriosita da recensioni molto positive sulla città di Brescia e i suoi siti UNESCO, organizzo un breve itinerario, tenendo conto che la Villa Reale di Monza, anch’essa da tempo intenzionati a visitare, è aperta solo il sabato e la domenica con visite guidate. Fabio ed io partiamo con il treno Frecciargento 8527 delle 09:50 da Roma Termini ed arriviamo alla stazione di Brescia in perfetto orario alle 14:00 con un viaggio comodo e tranquillo. Dobbiamo raggiungere il nostro appartamento in Contrada delle Cossere, distante circa un chilometro che percorriamo agevolmente a piedi anche grazie al clima veramente piacevole. In questo modo, prendiamo subito contatto con la città e facciamo la prima sosta, lungo il percorso, da “el Forner” in Corso Martiri della Libertà 23, uno storico panificio-pasticceria che ci era stato segnalato da Erika, la proprietaria dell’appartamento: compriamo delle ottime focacce che mangeremo appena sistemati e fatto il check-in. Pochi minuti ed eccoci arrivati in Contrada delle Cossere 2: suoniamo il campanello di Altana City House e facciamo la conoscenza di Erika ed Alessio, giovani e simpatici, nonché molto disponibili. Il nostro appartamento, al secondo piano di questa casa d’epoca, è molto grande e particolare, una camera da letto enorme, un soggiorno cucina completamente attrezzata e con angolo salotto/televisione, un bagno nuovo e pulitissimo. Una chicca: sul pavimento della camera vi sono quattro lastre di cristallo da cui si vedono le strutture murarie originali che si possono illuminare in modo molto suggestivo. Oltretutto siamo in pieno centro città e tutto è raggiungibile in breve tempo.

Intorno alle 16:00 siamo già fuori alla scoperta di quanto Brescia saprà offrirci. A pochi passi da casa siamo già a Piazza Loggia, fulcro della vita cittadina e purtroppo tristemente famosa per l’attentato terroristico del 1974.  La piazza fu realizzata nel XV secolo ed abbellita da Palazzo Loggia, in stile rinascimentale-veneziano, con la facciata in marmo di Botticino, lesene e colonne ricche di decorazioni scultoree. Il piano terra presenta un grande portico ad arcate, con due fontane e dal quale si accede all’interno, sede degli uffici comunali. Purtroppo,  proprio perché in corso una seduta del Consiglio comunale, non riusciamo a visitarlo. La piazza è molto ampia e tutti gli edifici che vi si affacciano sono molto eleganti ed armoniosi. A cominciare dal porticato che fronteggia il Palazzo Loggia. Ma alzate gli occhi al di sopra del porticato e rimarrete incantati dalla Torretta dell’Orologio che ospita l’antico orologio astronomico, della fine del XV secolo raffigurante le ore, le fasi lunari e i segni zodiacali. In cima alla torretta, inoltre, vedrete i famosi “macc de le ure”, cioè i “matti delle ore”, Tone e Batista, due figure in rame meccanizzate che battono le ore su una campana di bronzo, molto cari ai bresciani. Ai piedi della torretta, invece, ci siamo soffermati con una certa commozione sul cippo che ricorda le vittime dell’attentato del 28 maggio 1974, nel punto in cui fu fatta esplodere la bomba.

piazza della loggia

Imbocchiamo Via Cesare Beccaria e  ci troviamo nella seconda importante piazza di Brescia: Piazza Paolo VI, in onore del Papa che era nato a Concesio ma è vissuto in città, e che viene comunemente chiamata Piazza del Duomo. E anzi, Brescia di duomo ne ha due, uno contiguo all’altro, il Duomo Vecchio e il Duomo Nuovo o Cattedrale di Santa Maria Assunta.  Che dire? Uno più bello dell’altro, ma il Duomo Vecchio mi ha letteralmente incantata. È il maggiore tempio romanico circolare, per questo chiamato anche La Rotonda, ancora esistente, la cui costruzione  risale al 1100 su una precedente chiesa paleocristiana che aveva a modello il Santo Sepolcro di Gerusalemme. L’interno, su più livelli, non te lo aspetti proprio: spettacolare e ricco di opere d’arte, come l’altare maggiore del ‘300, il coro e l’organo del 1500. Nel transetto, sotto il pavimento, sono visibili i resti della precedente basilica e di un impianto termale romano con bellissimi mosaici. Troviamo poi una cappella chiamata “delle Sante Croci”, perché in una cassaforte, visibile dalla grata, sono custodite delle reliquie tra cui i frammenti della Vera Croce. Da ultimo, scendiamo nella Cripta di San Filastrio, molto suggestiva e antichissima. Una curiosità: ogni domenica mattina, alle 11:00 viene celebrata la Messa in latino e canti gregoriani.

Usciamo con gli occhi pieni di meraviglie ed entriamo subito nel Duomo Nuovo, completamente diverso, con la facciata in marmo di Botticino: la sua costruzione fu iniziata nel 1604 ma terminata solo nel 1825 quando fu completata la cupola alta ottanta metri, la terza più alta dopo quella di San Pietro a Roma e quella di Santa Maria del Fiore a Firenze. Anche in questa chiesa sono custodite molte opere importanti, come l’Arca di Sant’Apollonio, un Crocifisso ligneo del 1502 e il commovente monumento a Papa Paolo VI, che riusciamo solo a intravvedere perché la cappella che lo ospita è in restauro. Il monumento, in bronzo e marmo, opera di Lello Scorzelli, coglie il Papa in maniera molto intensa, inginocchiato davanti alla Porta Santa per la sua apertura nella notte di Natale del 1974, avvenimento a cui lo scultore era presente e che ha saputo rendere con efficacia l’intensità della fede del Papa che regge il bastone pastorale usato durante le cerimonie, realizzato dallo stesso Scorzelli, sostituito solo da Papa Benedetto XVI. Davvero emozionante!

Siamo di nuovo sulla piazza che intanto si è animata grazie ai tanti locali con i tavolini all’aperto per l’aperitivo, che qui a Brescia si chiama rigorosamente “pirlo”. Sempre sulla piazza, a seguire appresso al Duomo Nuovo, troviamo il bel Palazzo del Broletto, oggi sede di uffici del Comune, della Provincia e della Prefettura. È un insieme di strutture edificate in più epoche a partire dal XII secolo, tra cui spiccano la Torre del Pegol e la facciata dell’antica Chiesa di Sant’Agostino. Entriamo nel cortile interno del Broletto, che fa da passaggio tra Piazza Paolo VI e Via Mazzini e dove spesso si tengono concerti ed altri eventi culturali. A questo punto siamo vicini alla salita per il Castello, ma decidiamo di andare prima a visitare la Chiesa di San Francesco, una delle più belle e importanti di Brescia, in quanto chiude alle 19:00, mentre il Castello alle 20:00. La facciata è semplice, tipicamente romanica, a capanna, mentre l’interno presenta uno stile romanico che tende al gotico, ricco di opere d’arte: trovo stupenda la Cappella dell’Immacolata Concezione, interamente affrescata e di grande impatto. L’insieme riesce a trasmettermi comunque quella sensazione di tranquillità e semplicità che è una prerogativa delle chiese francescane.

Ritornando verso Piazza Paolo VI, passiamo per Piazza della Vittoria, la terza grande piazza di Brescia,  progettata dal Piacentini ed inaugurata nel 1932 secondo il nuovo piano urbanistico fascista: non mi entusiasma affatto. Ci troviamo davanti all’ingresso di un’altra chiesa importante, Sant’Agata: ci affacciamo, ma c’è la messa e non entriamo, rimanendo comunque stupefatti davanti ad un ambiente anche qui interamente affrescato. Ripasseremo domani. Decidiamo così di affrontare la salita che porta al Castello, la serata è tiepida e piacevole: lungo il percorso, notiamo la sequenza delle pietre di inciampo poste a distanza regolare che, partendo dai portici di Piazza Loggia, salgono lungo Via del Castello, ciascuna in memoria di una vittima di atti terroristici. La salita è un po’ faticosa ma finalmente intravvediamo la mole del Castello che è il libro di storia del territorio,  in quanto qui i primi insediamenti risalgono all’Età del Ferro, seguiti dal periodo celtico, romano, longobardo, medioevale, visconteo, veneziano, francese, austriaco, passando per il Regno d’Italia, agli anni della seconda guerra mondiale fino ad arrivare ad oggi, adibito ora a museo ma soprattutto a parco pubblico, con ampi spazi verdi. Particolarmente caro ai bresciani, visto che fu protagonista delle Dieci Giornate di Brescia, durante le quali la popolazione si ribellò agli austriaci con tale veemenza che la città fu detta da allora “Leonessa d’Italia”.

Brescia vista dall’alto e al tramonto è particolarmente suggestiva. Scendiamo con calma e andiamo a cena da “Mangiafuoco”, in Via Calzavellia 3, a pochi passi dall’appartamento e che avevamo già prenotato da casa su suggerimento di Erika.  Mangiamo molto bene in un ambiente piccolo ma decisamente accogliente, spendendo € 57,00 in due. Prima di rientrare, vediamo la Torre della Pallata, conosciuta semplicemente come “Pallata”, una torre medievale che fu deposito del tesoro comunale, magazzino annonario ed anche prigione. Ci ritiriamo nel nostro bell’appartamento per un sonno ristoratore.   

Sabato 15 ottobre – Monza

cattedrale di monza

Oggi visiteremo Monza spostandoci in treno. Facciamo colazione in appartamento con una ottima crostata comprata ieri in pasticceria e, poco prima delle 8, ci avviamo in stazione per prendere il treno TRENORD 2620 con arrivo a Milano Centrale alle 09:35. Viaggio comodo e massima puntualità che ci consente di prendere la coincidenza TRENORD 25512 delle 09:43 arrivando a Monza alle 09:52.

Dalla stazione imbocchiamo Via Italia e, passando davanti alla storica sede della Rinascente, siamo già in centro: il centro storico è molto raccolto e la città ci appare veramente gradevole. Sbuchiamo in Piazza Roma, da dove partono le principali vie cittadine e dove possiamo ammirare l’Arengario, l’antico palazzo comunale eretto alla fine del XIII secolo in posizione pressoché contigua al Duomo, a significare anche visivamente la contrapposizione dei poteri, religioso e civile. Molto particolare il balconcino a loggetta (la “parlera“) dalla quale si leggevano alla popolazione i decreti emanati dal Comune. Pochi passi e siamo nella Piazza del Duomo di cui un lato è occupato interamente dalla facciata: al centro della piazza è da vedere la Crocetta, costruita nel 1578 a ricordo di un altarino dove la collettività pregava di sera durante la peste del 1576-77. Qui, probabilmente sorgeva il nucleo originario, “l’oraculum” della regina Teodolinda dell’anno 595, e intorno ad esso si è sviluppato l’antico borgo: tanto che, quando si mise mano alla costruzione dell’attuale duomo, dedicato a San Giovanni Battista, fu necessario demolire le case medievali antistanti il sagrato. Il Duomo nacque quindi dapprima come cappella palatina, poi nel 1300 come basilica sotto la supervisione dell’architetto e scultore Matteo da Campione. Bellissima è la bicromia della sua facciata, recentemente riportata all’aspetto originale, cioè come appariva fino alla fine dell’Ottocento, quando il marmo nero di Varenna fu sostituito con il serpentino verde e finalmente ripristinato nell’ultimo restauro del 2020. Ci si incanta davanti alla decorazione della facciata, ricca di pinnacoli, loggette, statue e busti. Entriamo e rimaniamo anche qui stupefatti dagli affreschi che ricoprono interamente le pareti del duomo, tra cui in particolare mi affascina, sulla parete di fondo del transetto destro, l’Albero della Vita. Il pezzo forte è però la Cappella di Teodolinda a cui si accede solo con una visita guidata. Noi abbiamo la prenotazione per le 14:30 e intanto sbirciamo solo dall’esterno.

Percorriamo Via Vittorio Emanuele II, una larga arteria aperta nel 1847 in occasione della venuta di Ferdinando I a Monza e chiamata appunto in origine “Contrada Ferdinandea”. Arriviamo  al Ponte dei Leoni, ricostruito proprio in occasione dell’inaugurazione  della strada sui resti di un antico ponte romano (un’arcata è ancora visibile), e chiamato così per i quattro leoni di marmo posti ai lati del ponte stesso.

Ritorniamo all’Arengario e da lì cominciamo una bella camminata che ci fa sbucare di fronte all’ingresso della Villa Reale: il colpo d’occhio è assicurato, con la enorme facciata ad “U”, corpo centrale  ed ali laterali, secondo i canoni delle ville lombarde del ‘700:  proprio tra il 1777 e il 1780 la villa fu costruita da Giuseppe Piermarini su incarico dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo, figlio di Maria Teresa d’Austria. La villa passò poi a Vittorio Emanuele II nel 1862 che, a sua volta, la donò al figlio Umberto I in occasione delle nozze con la cugina Margherita di Savoia. Fu abitata fino al 1900, quando, dopo l’assassinio di Umberto per mano dell’anarchico Gaetano Bresci, i Savoia la chiusero portando via la maggior parte degli arredi. Per fortuna, dopo un lungo periodo di abbandono, oggi possiamo godere nuovamente della sua bellezza e di quella del suo parco, considerato a sua volta un patrimonio per il valore paesaggistico, storico e architettonico. La villa, aperta al pubblico solo il sabato e la domenica, si visita su prenotazione: noi abbiamo i biglietti per l’ingresso delle 11:45. Si viene accompagnati per una trentina di sale in un percorso che dura circa un’ora, ma solo in alcuni punti c’è una guida che dà informazioni ai visitatori: per lo più, si cammina su passerelle obbligate per non rovinare i preziosissimi e stupendi pavimenti in parquet, leggendo le didascalie in ogni ambiente.

Usciamo e, per mancanza di tempo, non visitiamo i Giardini Reali, che avrebbero meritato la dovuta attenzione, ma entriamo solo nel “Roseto Niso Fumagalli”, chiuso in fondo dell’edificio del “Serrone”, cioè l’antica serra degli agrumi. Il roseto nacque nel 1964 per volontà dell’industriale Niso Fumagalli, presidente dell’Associazione Italiana della Rosa e durante il periodo della fioritura vi si possono ammirare oltre quattromila varietà di rose, tra cui alcune rare ed antiche. Ogni primavera, dal 1965, vi si tiene il Concorso Internazionale della Rosa che ebbe come madrine anche Grace di Monaco e Rita Levi Montalcini.

Usciamo dal complesso della villa e, prima di ritornare in Piazza Duomo, a poca distanza, visitiamo la “Cappella Espiatoria” , fatta costruire da Vittorio Emanuele III sul punto in cui il re Umberto venne assassinato il 29 luglio 1900. Mi aspettavo una cappella di dimensioni modeste, mi trovo davanti invece ad un edificio commemorativo imponente, ricco di elementi simbolici, costituito sì dalla cappella vera e propria, ma questa sovrastata da una colonna a sua volta terminante con una Pietà bronzea, grandi croci in alabastro e simboli del regno, tra cui lo scettro e la corona. Il tutto risulta un po’ lugubre e pesante.

Alle 14:30, puntuali, siamo nella biglietteria del Duomo per accedere alla Cappella di Teodolinda, la cui visita durerà mezz’ora. Che dire? Una meraviglia, interamente affrescata dalla famiglia Zavattari, pittori attivi in Lombardia durante il Quattrocento, che, in quarantacinque scene narrano la storia di questo personaggio importantissimo quale fu la regina longobarda Teodolinda e dei suoi due matrimoni, con Autari prima e Agilulfo poi. Una donna sicuramente moderna, di vivace intelligenza, che oggi vedremo bene  a dirigere una grande azienda o a rivestire un incarico importante. Al di là della sua personalità così forte e della sua vita così ricca, gli affreschi sono molto belli e suggestivi e diventano una testimonianza di usi, costumi, moda, abiti ed acconciature, armi ed armature,  suppellettili della vita di corte nella Milano del XV secolo. Ma il motivo per cui la cappella è così conosciuta è il fatto che custodisce la famosa Corona Ferrea, uno dei prodotti di oreficeria più importanti e significativi di tutta la storia dell’Occidente: parliamo della corona con cui furono consacrati imperatori  Carlo Magno e Napoleone, tanto per citare i più famosi, nonché utilizzata per i Re d’Italia. È considerata inoltre una vera e propria reliquia perché dovrebbe contenere uno dei chiodi della croce di Cristo, rinvenuto da Sant’Elena nel 326 durante un viaggio in Palestina e inserito nel diadema. Quella esposta sopra l’altare della cappella, però, è solo una copia della vera corona che è custodita all’interno di una cassaforte, sempre sull’altare. La guida, a questo punto, chiude le porte della cappella, apre la cassaforte e, tra un WOW e un OH!, possiamo ammirare questo gioiello meraviglioso. Merita sicuramente di andare a Monza anche solo per questo.

Una precisazione: la corona viene erroneamente indicata “corona di Teodolinda”, in virtù che è ospitata nella cappella: in realtà la corona della regina, altrettanto bella e preziosa, è un’altra, custodita nel ricco Museo che si può visitare a seguire. Noi, invece, a questo punto, ci rincamminiamo verso la stazione dove, alle 16:07 prendiamo il treno TRENORD 25525 arrivando a Milano appena in tempo per la coincidenza delle 16:25. Alle 17:30 siamo di  nuovo a Brescia, ci fermiamo da el Forner per acquistare sbrisolona e quant’altro da riportare a Roma, ci concediamo ancora un giro per il centro tentando di visitare ancora una volta, senza successo, la Chiesa di Sant’Agata. Riproveremo domani.

Ci riposiamo un po’ e poi ceniamo nuovamente e magnificamente da Mangiafuoco.

Domenica 16 ottobre – Brescia

area archeologica di brescia, capitolium

Lasciamo i nostri bagagli nell’appartamento, in quanto Erika ci ha gentilmente offerto di tenere le chiavi fino al momento della partenza.

Usciamo comunque per le 9 perché abbiamo ancora tante cose da vedere ed anche piuttosto impegnative. Ripassiamo davanti alla Chiesa di Sant’Agata che troviamo chiusa e ci avviamo verso Piazza Paolo VI, ancora semideserta ed addormentata in questa mattina di domenica: vogliamo visitare il quartiere alle spalle del Duomo che troviamo molto elegante e presto siamo di fronte alla Chiesa di Santa Maria in Calchera, che si apre, con una semplice facciata a capanna, sull’omonima piazzetta. Una chiesa molto antica, citata in una bolla papale già nel 1125 con la dedica a Santa Maria della Visitazione. Solo pochi anni più tardi, una seconda bolla riporta la titolazione di Santa Maria de Calcaria: probabilmente il toponimo deriva dalla “calcara”, una fornace utilizzata per la produzione di calce nelle vicinanze. Anche in questo caso, gli interni si rivelano molto ricchi e gli altari forse troppo pieni di decorazioni.

Vorremmo continuare a passeggiare per queste stradine tranquille ma alle 10 abbiamo la prenotazione per entrare nell’Area Archeologica. Arriviamo a Piazza del Foro, fulcro della Brescia romana, o Brixia, centro del potere religioso e civile dell’epoca. La piazza è attraversata dall’odierna Via dei Musei, l’antico Decumano Massimo romano. Già dalla piazza sono visibili i resti del Capitolium o Tempio Capitolino, ottimamente restaurati. Il Tempio fu voluto nel 73 d.C. dall’imperatore Vespasiano e dedicato al culto di Giove, Giunone e Minerva, come l’omonimo tempio sul Campidoglio a Roma e costruito in marmo di Botticino. Ma la vera sorpresa del tempio sono i suoi interni, con le celle, oggi  adibite a museo, che conservano i pavimenti originali in lastre di marmi colorati che formano motivi geometrici. Poi si rimane incantati di fronte al pezzo forte del museo, la splendida statua bronzea della Vittoria Alata, oggi considerata una delle opere più rappresentative dell’epoca romana: la statua riproduce una figura femminile alata, ritrovata nel 1826 durante gli scavi insieme ad altri importanti reperti. Dopo anni di restauri presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze,  il capolavoro è tornato lì dove era stato collocato nell’antichità.

Stupefacente è anche la visita ai resti del precedente santuario su cui il tempio fu costruito, ambienti magnificamente affrescati e pavimentati. Ritornati all’esterno, non mi entusiasmano invece i resti del Teatro Romano che mi sono sembrati meno curati e poco significativi. Usciamo pienamente soddisfatti e, prima di proseguire su Via dei Musei per la visita del Complesso di Santa Giulia, vorremmo vedere, a pochi passi dalla Piazza del Foro, la Chiesa di Santa Maria della Carità, considerata la più bella in città dopo il Duomo, ma la troviamo irrimediabilmente chiusa, come chiusa è anche la Chiesa di San Zeno al Foro. Che peccato! Dovrò ritornare per completare la conoscenza delle chiese di Brescia? Chissà, Brescia nel 2023 sarà Capitale Italiana della Cultura, ed infatti si sta rifacendo un po’ il look. L’ingresso al Complesso di Santa Giulia non necessita di prenotazione: dovete solo sapere prima che la visita non durerà meno di due ore, pur se eviterete di leggere e guardare tutto e quindi bisogna programmarla per bene. Il complesso è conosciuto anche come “museo della città” ed in realtà è un insieme di edifici, chiese, ambienti di domus romane: una vera e propria overdose di arte. Pensate che il Museo vero e proprio, da solo, occupa una buona parte dell’ex monastero  con una collezione di reperti dalla preistoria ai giorni nostri.

Il complesso monumentale fu edificato per essere adibito a monastero benedettino femminile da Desiderio e sua moglie Ansa nel 753, prima di diventare re dei Longobardi. Si inizia il percorso dalla medievale Chiesa di Santa Maria in Solario, composta da due piani: al piano inferiore si trova una cripta con volte a crociera che ospita un’ara con l’iscrizione “Deo Soli Res Publica” cioè “la comunità dedica al Dio Sole” , chiaramente pertinente ad un altare dedicato al dio Sole. Bellissimo un dittico in avorio del V secolo e un fregio a girali di età romana imperiale. Attraverso una scaletta, ricavata nella muratura, accediamo al piano superiore, adibito ad oratorio, interamente affrescato a colori vivaci nel Trecento e nel Quattrocento. La sommità della cupola rappresenta un cielo stellato e al centro dell’ambiente campeggia la famosa Croce di Desiderio, della fine dell’VIII secolo, altro esempio di fine oreficeria tra cammei, gemme e smalti. Noi abbiamo avuto un valore aggiunto alla bellezza del posto: oggi a Santa Giulia, ci sono spettacoli musicali, con corali, gospel, concerti di pianoforte. In questo oratorio, abbiamo pertanto assistito all’esibizione di una corale che eseguiva canti alpini: molto suggestivo tutto il contesto. Passiamo poi attraverso vari chiostri, che collegano gli ambienti museali veri e propri, fino ad arrivare alla cosiddetta “Domus dell’Ortaglia”, magnifici resti di due domus romane contigue con pavimenti a mosaico, uno più bello dell’altro. Il sito è chiamato così perché ritrovato scavando uno spazio che nel medioevo era occupato dagli orti del monastero.

Un po’ stanchi e provati dall’infinità di cose da vedere, intervallate dagli intermezzi musicali che meritavano di essere ascoltati, arriviamo alla fantastica Chiesa di San Salvatore che costituisce una delle più importanti testimonianze dell’architettura religiosa altomedievale, decorata da affreschi e stucchi tra i meglio conservati in assoluto. Non per niente, i tesori longobardi di Brescia sono inseriti nel Patrimonio Unesco. Dalla chiesa, si scende nella cripta, che doveva accogliere il corpo di santa Giulia. Visitiamo per ultimo il Coro delle Monache, sempre pertinente alla chiesa, che permetteva alle monache di clausura di seguire le funzioni religiose che si tenevano in San Salvatore. Ambiente piccolo ma sontuoso per gli affreschi e le decorazioni e che ospita il grande Mausoleo Martinengo, un vero capolavoro di scultura, commissionato alla bottega dei Sanmicheli a inizio ‘500 dalla famiglia Martinengo per avere un luogo unico di sepoltura.  Sono quasi le 14 quando usciamo dal Complesso, pur non senza aver tralasciato una buona parte di manufatti: ma dobbiamo pur mangiare qualcosa e ritirare i bagagli nel primo pomeriggio. Ci fermiamo da Floriam in Piazza Loggia, accomodati all’aperto perché oggi è una splendida giornata di sole: mangiamo i casoncelli, la tipica pasta ripiena di Brescia a forma di mezzaluna e una bella fetta di torta sbrisolona.

È ora di pensare al ritorno a casa: andiamo in appartamento a prendere i bagagli, salutiamo Erika e ci avviamo verso la stazione: prima, però, a metà di Corso Martiri della Libertà, entriamo nel Santuario di Santa Maria dei Miracoli, gioiello di arte e scultura rinascimentale, sorto per onorare l’immagine della Beata Vergine dipinta su un muro ed ora ospitata in una cappella dedicata. Spettacolare  è la facciata, in marmo di Botticino, con il protiro che sembra un merletto finemente lavorato. La chiesa fu distrutta dal bombardamento di Brescia del 2 marzo 1945 e ricostruita negli anni cinquanta, ma fortunatamente proprio la facciata si salvò.

Non ancora paghi, svoltiamo l’angolo ed entriamo nella Chiesa dei Santi Nazaro e Celso in Corso Matteotti, una grande chiesa quattrocentesca che fu rivisitata nel Settecento con l’aggiunta di altari tardo barocchi e marmi policromi, ma famosa soprattutto perché ospita il cosiddetto “Polittico Averoldi” di Tiziano, dal nome del committente, raffigurante Gesù risorto, l’Annunciazione, i Santi Nazaro e Celso e San Sebastiano. Dopo questa ultima piacevole tappa, arriviamo in stazione e puntuale arriva il Frecciargento 8527 delle 17:00 che ci conduce alla Stazione Tiburtina. Di lì a poco siamo a casa, già pensando a quante cose siamo riusciti a vedere in nemmeno tre giorni e a fantasticare sulla prossima destinazione.         

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