Everest Base Camp: la mia storia irripetibile
Un viaggio attraverso la natura a volte selvaggia, sotto la pioggia, sole, nel fango, tra rocce, sentieri ripidi….e gli sherpa!
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Premessa
Riuscire a toccare l’EBC con trekking in solitaria senza guida né porter è una idea che covavo da tempo e che solo il Covid aveva parzialmente offuscato.
EBC. Si, il sogno di molte persone come me che si innamorano del mistero che avvolge la montagna, i luoghi, i sentieri, la gente, l’aria che si respira, l’incognito e i grandi scalatori che hanno fatto la storia e che hanno calpestato gli stessi sentieri.
Perchè tutto questo, da dove nasce? Le origini possono essere diverse, ma credo che se c’è un elemento in comune è sicuramente la forza interiore che ti sussurra “anch’io ce la posso fare”, voglio mettermi alla prova, voglio vedere i miei limiti. Non fa male. Tutto questo può essere ancor più sottoposto ad esame facendo come me: partire soli, stare con se stessi, ascoltarsi, vivere nel silenzio dei propri pensieri, delle proprie ansie e paure, con uno schema nella mente di quello che si vuole fare e dove arrivare.
Ebbene si, dopo tanto studio e organizzazione accompagnato sempre da grande incertezza per tanti aspetti come quello del Covid, degli scioperi, etc. Dopo tante notti in cui sono andato a dormire alle 2 per mancanza di tempo, ecco che sono riuscito mettere a punto un viaggio che, forse, solo a pensarci metteva paura, ma che a mano a mano diventava sempre più familiare. Ovviamente ci si fa una miriade di domande che non troveranno risposta se non in loco per cui si parte pieno di dubbi ed incertezze che possono andare dalla grandezza della valigia, al suo peso, al boarding pass, all’assicurazione viaggio, etc. Per non parlare della fisicità ovvero della risposta dell’organismo allo sforzo in altitudine.
I tempi sono maturi e cominciano le riaperture tali da alimentare il coraggio di fare quel passo e così a Giugno 2022 mi metto a lavoro con pur delle inquietudini interiori e incertezze.
Sono tante le soluzioni che devo trovare agli innumerevoli quesiti che mi pongo e che formano una figura poliedrica con sfaccettature multiple.
Comincio nel pensare a scegliere il periodo e soprattutto la lunghezza di quel segmento di tempo dentro il quale devo portare a termine la mia missione.
Il mio studio avviene esclusivamente su internet leggendo racconti altrui e captando info a 360° scremando tutto ciò che non mi era necessario e applicando sempre uno spirito critico avendo esperienza decennale in viaggi.
Attraverso i dati raccolti ho potuto intuire e fissare il periodo e l’estensione del viaggio cristallizzando così un arco di tempo dentro cui costruire il viaggio.
Scelgo fine settembre e inizio ottobre appena un soffio prima dell’inizio dell’alta stagione che vede l’arrivo dell’orda massiccia di viaggiatori incalliti.
Il secondo step era come utilizzare razionalmente il tempo soprattutto se prendere l’aereo per Lukla o meno tenendo presente che qualcosa potesse andare storto, ovvero tenere dei giorni cuscinetto per eventuali complicazioni soprattutto metereologiche, per cui metto il volo per Lukla all’andata e ritorno a Kathmandu con jeep.
I voli dall’Italia sono ormai costosi e per smussare i costi scelgo tratte indipendenti che mi limano le spese aereo del 35% anche se le soste invece che 1 diventano 2 e per ogni volo in più vi è un aumentato rischio di qualche cancellazione.
Gli aspetti da approfondire sono tanti e vanno dall’abbigliamento, all’assicurazione, all’alimentazione, alla valutazione dei rischi, al peso e grandezza dello zaino, cambio valute, allo studio dei percorsi con relative distanze e caratteristiche. Ma passo dopo passo sono giunto al completamento del viaggio.
23 settembre
L’ora di partire è ormai giunta. Mi alzo molto presto per giungere all’aeroporto di Rimini da cui con volo Wizz arrivo a Tirana. È una giornata molto calda e le persone sono in spiaggia, faccio un giro, mangio qualcosa e alle 13 il primo volo parte puntuale. Avrei tempo per visitare il centro di Tirana in quanto l’aereo successivo è annunciato con molto ritardo, ma resto in aeroporto. Finalmente si parte con 3 ore di ritardo con volo Wizz per Abu Dhabi.
24 settembre
Al mattino presto con volo Air Arabia giungo nel primo pomeriggio a Kathmandu. Ero già stato qui qualche anno prima e trovo la situazione migliorata sotto vari aspetti.
Dall’Italia avevo già compilato on line la Visa on Arrival per cui mi reco al banco per pagare il visto per 30 giorni 50usd e rapidamente passo il controllo passaporti.
Con stupore mi accorgo che non occorre più la compilazione della Disembarkation card che avevo dovuto presentare la volta precedente. Il problema ora era il cambio dei soldi o il prelievo ATM? In entrambi i casi ci sono i pro e contro, io nella fattispecie ho tentato il cambio fuori l’aeroporto ma senza successo in quanto le banche erano chiuse il sabato.
Torno in aerporto e cambio la somma prefissata a uno degli sportelli della zona arrival con tasso molto favorevole ovvero solo 1 rupia di differenza tra l’applicato e l’ufficiale: incredibile! Il tasso offerto era diverso tra i vari sportelli incontrati e quello migliore era l’ultimo verso l’uscita. Puntualmente ho chiesto la ricevuta.
Sempre nella zona arrival ho provveduto ad acquistare una sim Ncell per 700r con internet e traffico nazionale valido per 15 giorni. Questo è molto utile soprattutto per usare Whatsapp.
Esco dall’aeroporto e cerco un albergo proprio di fronte e ho un’ ampia scelta. Non ritengo di andare in centro in quanto al mattino dopo avrei dovuto prendere l’aereo per Lukla. Per 1500r prendo una stanza con bagno e dopo aver mangiato un piatto di momo mi ritiro per riposare.
Note:
– nessuna fototessera richiesta
– nessuna disembarkation card richiesta
– nessun green pass
25 settembre
È il giorno topico, è quello della partenza, ovvero alle 9 è previsto il volo per Lukla. L’albergo è vicino all’aeroporto, tuttavia preferisco alzarmi presto perché vorrei anticipare sapendo che c’è un posto nel volo delle 7.30
Faccio colazione e mi reco nello stabile delle partenze domestic. All’arrivo il mio sguardo si leva per dare una sbirciata al monitor proprio all’entrata e subito l’angoscia sale perché vedo che non compaiono i voli prima di quello delle 12.
Passo i controlli e mi reco allo sportello di Yetiairline, chiedo del volo e mi dicono che devo attendere perché tutti i voli per Lukla sono sospesi per meteo avverso. Mi guardo intorno e vedo una platea di turisti ammucchiati in piedi e per terra che attendono anche loro di partire. Trovo in tutto questo un po’ di conforto sapendo di non esser il solo.
Il tempo passa inesorabilmente, i miei pensieri corrono verso l’idea di impossibilità di poter terminare il circuito prefissato in tempo utile venendomi a mancare 3 giorni che avrei guadagnato con l’aereo. La speranza di partire si assottiglia fino a svanire alle 12 quando arriva la notizia ufficiale della cancellazione totale dei voli. Ritorno al banco Yeti e chiedo il rimborso immediato ed esco dall’aeroporto dove mi attende una pioggia monsonica di tutto rispetto. L’area adiacente l’ingresso va in tilt per tutte le auto che si mettono in movimento: è il delirio totale.
Finita la pioggia prendo il bus per Chabahil, ma il bigliettaio sbaglia e mi fa scendere a Pashupatinath e approfitto per visitarlo di nuovo. È sicuramente un posto da visitare dove tutto lo spirito induista si traduce in opere come la pratica delle pire per la cremazione dei defunti. Occorrono 1000r per l’entrata ma fortunosamente c’è una entrata laterale non controllata da cui si può accedere. Faccio un giro e approfitto anche per comprare qualche ricordino nei vari mercatini.
Con mototaxi, più veloce ed economico del classico taxi, mi reco a Chabahil prenoto un posto in jeep per l’indomani presto con arrivo a Salleri, costo 2500r. Avevo avanzato anche l’ipotesi di fare il bigletto fino a Kharikhola per 5500r, ma poi opto solo per Salleri.
A Chabahil non ci sono molte opportunità di alloggio e faccio fatica a trovare un albergo dignitoso che poi trovo per 2000r molto bello. Ceno e vado a dormire.
Note:
– a Chabahil non conviene fare il biglietto fino a Kharikhola in quanto la jeep che porta fin lì non è la stessa ed è possibile che nessuno possa riconoscerti quel ticket pagato anche perché molte jeep sono solo privati e non di agenzie. Quindi occhio!
26 settembre
Sono le 4 del mattino e la sveglia annuncia un giorno nuovo. Mi alzo, preparo lo zaino e via esco quando è ancora buio verso Chabahil dove partono le jeep. Le strade non sono completamente vuote e cominciano ad animarsi.
Arrivo al botteghino dove ho acquistato il biglietto e chiedo della partenza, ma mi dicono di aspettare. Intanto prendo qualcosa da bere dalla signora col carretto per fare colazione. Dopo un una lunga attesa il tipo del botteghino chiama il driver della jeep e gli viene comunicato che sta caricando merce e persone poco distante da lì. Raggiungiamo il posto e vediamo che le operazioni di carico sono in corso per cui ci accodiamo anche noi ponendo lo zaino sopra il portabagagli.
La jeep è animata da vari individui e parte solo a pieno carico, ovvero 4 anime dietro 4 al centro 2 davanti + il driver: totale 11 anime. Si possono fare tanti commenti su quale posto a sedere è meno peggio, ma posso dire che dietro è meglio evitare come anche i sedili centrali rispetto a quelli laterali. A me capita il sedile non esterno.
Intanto si parte alle 5.30 con 30’ di ritardo e lungo il tragitto cominciamo a conoscerci. Al mio lato c’è un ragazzo cinese che risiede in Canada mentre sulla destra vi è un chico argentino con la sua ragazza italiana che vivono in spagna.
Le fermate sono numerose sia per soste food & toilet che per controlli di polizia nei vari check point che rallentano la corsa. Diciamo che il soggettone della jeep è il driver che lungo il percorso mette a nudo tutte le sue caratteristiche di discutibile ecletticità come guidatore poco raccomandabile a uomo multimediale con ricezione di telefonate multiple su diversi telefonini che lo accompagnano per tutto il viaggio fino a dj-set allietandoci per tutto il viaggio con la medesima musica nepalese traditional a circuito chiuso ad altissimo volume da rimanere sordi. La strada per Salleri è molto lunga e sono tantissimi i tratti in cui il fondo stradale è al limite della praticabilità con aggiunta di rallentamenti dovuti alla formazione di code. Il confort all’interno è precario e personalmente posso dire che ho sviluppato vari dolori soprattutto ai glutei stando seduto metà su un sedile e metà sull’altro con altezze diverse: solo la sosta può dare ristoro alle parti doloranti. Ad ogni check point uno dei due ragazzi seduti davanti deve scendere per evitare contestazioni della polizia in quanto sarebbe permesso solo un posto a sedere e non due; passati i controlli il ragazzo viene ricaricato a bordo. Intanto arriviamo a Salleri verso le 18.00 e comincia a fare buio; cerco un’altra jeep per kharikhola per sfruttare il tempo, ma a quell’ora non se ne trovano anche perché si arriverebbe a notte fonda.
Intanto i compagni di viaggio prendono ognuno una strada diversa e in un lampo spariscono tutti: chissà se ci rivedremo.
Decido di prendere una camera proprio nella ghesthouse dove si è fermata la jeep e dopo aver cenato col un Dalbath vado a dormire.
Note:
– distanza kathmandu- Salleri 260km
– jeep 2500r
– tempo impiegato 11 ore
– camera 500r
– dalbath 200r
27 settembre
Mi alzo alle 6.30 senza fretta perché le jeep per Kharikhola partono tardi, faccio colazione e mi metto fuori per tastare la situazione partenze. I mezzi che partono sono di 2 tipi, abbiamo la jeep e il pick up che normalmente sono di privati che trasportano merci e persone. Dopo aver chiesto a varie persone il passaggio e aver ricevuto disponibilità, passa una jeep che mi invita a salire e via parto senza indugio non considerando le promesse fatte agli altri. La strada per kharikhola è relativamente breve ma è in condizioni disastrose con discreto pericolo in termini di sicurezza. Le piogge monsoniche sono state notevoli e hanno determinato un dissestamento stradale notevole da rendere la strada al limite della praticabilità. Questa tratta rispetto alla precedente è ben peggiore anche perché sono stato messo nella fila dietro accusando un gran dolore alle ginocchia. Lungo la strada troviamo un trattore con rimorchio rovesciato, ma considerata la grande capacità e praticità delle persone a risolvere problemi di emergenza, non è stato necessario fermarsi per il soccorso. Il viaggio va avanti e tra un sobbalzo, uno scuotimento, una testata contro il finestrino e la cappotta, arriviamo in uno spiazzale nei pressi di Kharikhola e finalmente scendiamo.
La voglia di cominciare a camminare con le gambe è tanta, è ora di dire basta alla jeep inzeppate di corpi umani.
Sento le mie gambe che gridano vendetta e appena iniziato a camminare, mi giro e vedo la coppia della Spagna che erano con me nella jeep di Salleri e con un rapido saluto mi allontano. Il destino vuole che ci rincontriamo di nuovo in quanto loro avendo una guida hanno accorciato; insieme a noi si associa un’altra coppia spagnola e formiamo un gruppo.
Dopo consiglio di un locale ci addendriamo in un bosco segnato da un sentiero che accorcia molto e dovrebbe portare a Tamdanda. La scelta è stata pessima, appena entrati del bosco abbiamo trovato un livello di fango considerevole testimoniato dai locali incontrati che avevano gli stivali infangati sino alle ginocchia e per evitare di sporcarsi dovevano fare delle acrobazie aggrappandosi a tutte le piante che costeggiavano il sentiero. Non ci potevo credere, sembrava tutto irreale con l’aggiunta del sopraggiungere del buio. Nella poco fiducia che ne saremmo usciti bene, arriva il buio e via le torce frontali accese. Intanto la signora spagnola fa un numero da circo e cade con tutto il suo posteriore di tutto riguardo nel fango nero e con odore poco gradevole. Si continua, non possiamo fermarci anche se ci sono dei tratti difficili molto scivolosi e dopo mia richiesta di chiarimenti mi si dice che il tratto è solo per 500mt. Prima di perdere la speranza si intravede da non molto lontano una piccola luce che ha fatto risalire l’umore della truppa. Evviva ce l’abbiamo fatta, siamo salvi! Ci dividiamo in diverse case ghesthouse e troviamo vitto e alloggio anche se non c’è la corrente elettrica ma solo lampade a olio. Dopo una cena soddisfacente e la prenotazione della colazione all’indomani per le 5.30, ci laviamo con l’acqua del secchio soprattutto le scarpe in pelle e goretex per impedire che il fango formi la crosta dura e dopo una discussione, analizzando le mappe, con la coppia spagnola circa la possibilità di portare a termine il mio giro considerato i 3 giorni persi per volo cancellato, via a dormire sperando che all’indomani non avrei più incontrato sentieri del genere. Prima di chiudere gli occhi penso che ogni giorno deve valere per due altrimenti non ce l’avrei potuta fare. Intanto il target per l’indomani deve essere non meno di Monjo!
Note:
– partenza per kharikhola h. 7.30
– costo 2500r
– tempo impiegato 7h – 35km
– camera 300r
28 settembre
Durante la notte è quasi sempre un dormi-veglia per i pensieri che affluiscono alla mente e per i suoni della natura come la pioggia, scorrimento dell’acqua dei fiumi con portate molto abbondanti dovuti alle piogge.
Suona la sveglia, mi preparo e faccio colazione alle 5.30 con gli spagnoli con pancake, omelette e black thè.
Sono pronto per iniziare il percorso da solo tra nebbia e pioggia. Saluto pensando di rivederli ancora, ma sarà l’ultima volta che li vedrò. Il mio pensiero è rivolto alle condizioni del sentiero, ovvero se sarà come quello del giorno prima o no. Copro gli zaini con custodia impermeabile e più tardi mi accorgo di aver perso la protezione dello zaino piccolo. I miei passi sono veloci e il percorso si presenta senza problemi particolari percorrendo un tratto molto lungo in discesa con gradoni in pietra e fango e già penso alla fatica che dovrò fare al ritorno ripercorrendola in salita. La pioggia finisce per oggi e lascia spazio al sole. Nella mattinata tardi comincia a fare caldo e la sete è sempre costante; comincio a pensare come approvvigionarmi di acqua. Varie sono le fontane lungo il percorso e la tentazione di berla è tanta, ma resto sempre frenato dalla paura che possa essere inquinata. Ho con me 2 piccoli flaconcini di ipoclorito e dopo aver riempito la bottiglia in una abitazione privata ne aggiungo 3 gocce. Lascio agire e comincio a bere. Ho la sensazione che la gola e lo stomaco mi bruciasse e cerco di aggiungere un integratore salino per migliorare l’aspetto organolettico, ma serve a poco. Da allora prendo coraggio e bevo senza aggiunta di ipoclorito assaporando la bontà di quell’acqua bevuta in grade quantità senza avere mai problemi. A mezzogiorno faccio pranzo con dalbath in un locale familiare in cui conosco un signore con cui discuto del percorso facendo presente l’esiguo numero di giorni a disposizione e mi traccia un suo prospetto fattibile nei giorni a me disponibili. Mi ricarico e ricomincio il percorso non senza farmi riempire la bottiglia di acqua. Sono a cavallo della giornata e il mio obiettivo è sempre presente nella mia mente, i villaggi vengono raggiunti e attraversati uno dopo l’altro senza sosta. Durante il percorso raggiungo un check post dove mi viene chiesto il pagamento di 2000r per il Khumbu Pasanglahmu Rural Municipality e il rilascio di una trekcard che mai più nessuno mi chiederà di esibire. Intanto tra sali e scendi il trekking va avanti e mi ritrovo nel tardo pomeriggio a Monjo. Qui c’è il secondo check post dove bisogna pagare 3000r per Entrance Permit- National Park.
Prima di partire avevo letto che alcune disposizioni locali non permettevano l’entrata a singole persone per cui vivo questi momenti con un po’ di ansia infatti mi fanno delle domande se ho una guida, un porter o accompagnatori alle quali rispondo no. Menomale che non ho avuto problemi altrimenti erano guai, tuttavia ho capito che basta pagare che è tutto a posto.
Lascio Monjo per passare la notte nel villaggio successivo a poca distanza ma che si trova più in basso. Jorsale mi piace perché c’è aria di quiete e tanta disponibilità di alloggio. Chiedo una stanza alla prima che incontro che mi propone 1500r all inclusive ovvero vitto e alloggio, ma rifiuto subito e vado oltre. Ne trovo un’altra subito dopo il ponte che con 100r mi dà una stanza. Per cena prendo dei nudles non in brodo spettacolari. Mi siedo fuori per respirare quell’aria quiete fresca e rilassante in una serata bellissima e penso di aver fatto un percorso incredibile. Prima di ritirarmi in camera avviso che prenderò colazione alle 5.30
Note:
– 2000r per Khumbu Pasanglahmu Rural Municipality
– 3000r per Entrance Permit National Park
– nessuna fototessera richiesta
– possibilità di entrare singolarmente senza guida
– distanza percorsa 32km calcolati con maps.me
– stanza 100r
– villaggi attraversati Kahrikhola-Bupsa-Kare-Puya-Surke-Cheplung-Phakding-Monjo-Jorsalle
29 settembre
È una giornata particolare perché c’è molta attesa in quanto so di arrivare a Namche e da lì inizierà un’altra storia, cambieranno i paesaggi, la tipologia della natura, l’altitudine, e spunteranno le cime delle meravigliose montagne.
Faccio colazione con un thè in cui aggiungo delle proteine in polvere e mi metto in cammino. La salite per Namche è lunga e sfiancate con dislivello di 620mt, ma cerco di tagliare seguendo delle accorciatoie praticate dai porter e così che appena attraversato l’arco che segna l’entrata al villaggio guardo l’orologio e incredulo vedo che ho impiegato 2 ore. Tanto che non credendo ho chiesto l’ora a dei passanti che mi hanno visto saltare dalla gioia increduli. Attraverso le varie stradine piene di negozi che vendono di tutto soprattutto articoli per la montagna, con ATM, exchage money che applicano tassi di cambio molto sfavorevoli, fino a portarmi lungo il sentiero che porta verso le direzioni EBC/Gokyo che incrocia anche il sentiero per il villaggio di Khumjung da cui si possono ammirare varie cime. Finalmente un sentiero privo di pietre e senza fango con una leggera pendenza. Lo si percorre velocemente e arrivati al Tenzin Norgay Memorial sono visibili cime come l’Everest se la giornata lo consente. Si continua attraversando il villaggio di Sanasa gremito di trekker e a seguire l’incrocio con il sentiero per Gorkyo in cui si decide se deviare per Tengboce o per Gokyo. Quasi tutti seguono la direzione classica per Tengboche ma io vado verso Gokyo seguendo un mio schema personale. La salita che mi aspetta è abbastanza lunga fino a Mong La dove pranzo presso una famiglia con un dalbath e riparto attraversando un lungo tratto tutto in discesa fino a Porthse Thanga, poi si attraversa un ponte e dopo una risalita arrivo a Porthse. Questa doveva essere la destinazione finale della giornata ma devo recuperare e non so ancora se ce la farò a raggiungere la meta per cui continuo.
Trovo una bella giornata di sole, i contadini sono nei campi per la raccolta delle patate e legumi, gli appezzamenti di terra sono recintati da muri di pietra(terrazze), gli animali sono al pascolo, si respira un’aria di tranquillità e si gode di un panorama splendido. Saluto cordialmente le persone al lavoro e chiedo più volte la direzione per la mia prossima tappa: Pangboche. Che peccato non poter sostare un po’ e godersi la tranquillità e la pace del posto. Ecco perché Phortse significa: “ terrazze soleggiate”.
Mi aspetta una discesa molto lunga a mezza costa e sappiamo che ogni discesa è una promessa che ci sarà una corrispondente salita. E’ difficile trovare altre persone lungo questa tratta, con molta probabilità sarete soli.
Note
– percorso alternativo per Gokyo evitando la salitona per Tengboche , ma tuttavia sempre impegnativo
– stanza 500r con possibilità di ricaricare free
– villaggi attraversati Jorsalle-Namche-MonLa- Phortse Thanga-Phortse-Pangboche
30 settembre
Questo giorno è il giorno della verità, ossia in base al percorso che riuscirò a fare posso stabilire con quasi certezza la possibilità di terminare il percorso.
La sveglia sempre alle 5 e si comincia a camminare appena c’è luce sufficiente. I sentieri si presentano completamente diversi, non c’è più fango la calpestabilità è migliore, i paesaggi più belli, e la vegetazione sparisce lasciando spazio a un territorio che assomiglia più a una steppa: ma a me piace di più.
Comincio il tratto in discesa poi risalita, passando per Shomare, andando avanti si arriva al bivio da cui si può prendere la direzione per Periche o Dingboche.
Scelgo la direzione per quest’ultimo considerando che al ritorno farò il primo. Prima di Dingboche dopo aver effettuato una bella salita si arriva a Thukla Pass(4800mt) un sito commemorativo dove ci sono più di 100 memoriali di alpinisti e sherpa caduti sulle montagne, tra cui Scott Fischer e anche italiani, un luogo molto suggestivo dove vale la pena fermarsi e riflettere.
Intanto arrivo a Dhugla dove c’è un caratteristico passaggio del fiume tra rocce anche abbastanza grandi. Nel pomeriggio arrivo a Lobuche e dopo essermi sistemato nel lodge effettuo una breve escursione insieme ad altri per visitare il Khunbu Glacier. Vado a dormire con la serenità di poter effettuare il percorso previsto entro i giorni prefissati, ormai i giorni persi a causa della cancellazione del volo per Lukla sono stati recuperati. Domani il grande giorno: Base Camp!
Note
– stanza 500r
– villaggi attraversati Pangboche-Shomare-Thukla Pass-Dhugla-Lobuche
1 ottobre
Mi sveglio e dalla finestra vedo uno strato bianco sul terreno. Cos’è? No, non ci posso credere è neve. Mi preparo, faccio colazione e via lungo il sentiero che va avanti in salita per circa 2 ore. Arrivato finalmente a Gorak Shep ultimo villaggio prima del campo base, prendo una stanza abbastanza brutta e umida, la peggiore di tutto il viaggio e mi rimetto in cammino. Anche qui il percorso prima in leggero piano e poi in salita va avanti per 2 ore arrivando nei pressi del campo su un terreno roccioso. Ci siamo, la grande roccia con la scritta Everest Base Camp è di fronte a noi ed è per tutti una festa. Si fanno le foto di rito, ma io non mi accontento voglio arrivare al vero “campo base” dove si vedono le tende gialle, ed è proprio da lì che partono le spedizioni.
Il terreno è pietroso ed è tutto un sali-scendi che prende circa 30’ per arrivare. All’arrivo oltre alle tende gialle c’è ne una molto grande al centro di forma circolare in cui ci sono 2 ragazzi. Tento di entrare ma uno mi dice che stanno facendo una conferenza, tuttavia viene fuori e risponde alle mie curiosità su vari aspetti delle loro spedizioni. Il tipo aggiunge che non è possibile arrivare fino qui perché bisogna avere delle autorizzazioni, ma essendo bassa stagione non è un problema.
Vengo accolto poi in una tenda gialla che funge da cucina e mi offrono un thè, dopo aver parlato del più e meno, alla mia domanda circa la possibilità di salire sull’Everest, chiamano il capo sherpa che molto interessato mi spiega varie cose tra cui il costo di oltre 30.000euro tutto compreso.
Torno indietro e dopo aver fatto altre foto sulla roccia EBC riprendo la strada del ritorno alla grigia Gorak Shep. Non arrivo tardi per cui decido di fare un salto sul Kalapattar prima che faccia buio. Occorrono 2 ore circa per salire su un sentiero accettabile che diventa roccioso in cima ma tutto sommato niente di straordinario. Faccio solo qualche foto e scendo subito per la presenza di vento e foschia che no permette la visuale delle montagne di fronte.
Vado a dormire nella piena coscienza di essere riuscito ad arrivare al campo base quale sogno di molti trekker.
Note
– stanza 500r
– dalbath 1000r
– black thè 200r
– bicchiere acqua calda 200r
– sentieri percorsi Lobuche-Gorak Shep-EBC-Kalapattar
2 ottobre
Non mi sveglio alle 5 come tutte le altre mattine, ma aspetto un pochettino. Dopo colazione risalgo sul Kalapattar per tentare di fotografare le meravigliose montagne come Everest e Lhotse che, anche se non completamente, appaiono alla nostra vista. In questo periodo non conviene tentare di vedere l’alba dalla cima perché con molta probabilità ci sono le nuvole.
E’ ora di andare, è ora di tornare a casa, è ora di rifare il percorso indietro in discesa. Si parte, arrivo a Dhugla e appena dopo prendo la strada per Periche e non per Dingboche. Mi aspetta una lunga passeggiata prima in discesa e poi in falsopiano nella valle del Kumbu Kola, non c’è nessuno lungo il sentiero ma solo i ragazzi che trasportano la merce sulle spalle. Comincia a scorgere da lontano il villaggio che si presenta abbastanza grande. Arrivo lì, faccio una piccola sosta e riparto scorrendo verso Shomare. Passando attraverso i vari villaggi mi fermo a guardare le attività che svolgono i locali come la raccolta delle patate che vengono sbucciate e tagliate a forma di chips, la raccolta dei baccelli di fagiolo che vengono sgusciati, fino all’attività più curiosa che osservo come la raccolta del letame che viene impastato a mano con fibre legnose e fatte seccare al sole che serviranno per alimentare la stufa.
Note
– stanza 200r
– elicottero per tornare a Lukla 500usd che tirato può arrivare a 300usd
– sentieri percorsi Gorak Shep-Lobuche-Dhugla-Periche-Shomare
3 ottobre
Non vedo l’ora di salire a Tengboche per ammirare le montagne visibili da lì e visitare l’antico monastero buddista.
L’arrivo al villaggio mi accoglie col sole e rimango subito catturato dalla presenza del monastero che voglio visitare subito.
È possibile entrare anche durante le preghiere senza fare foto, infatti durante i riti mi siedo da parte e ascolto. Resto un po’ e vado fuori per fotografare le montagne che fanno contorno al villaggio. Casualmente faccio conoscenza con un sacerdote che incuriosito dalla mia coroncina, la prende e per ogni grano recita delle preghiere di benedizione. Lo invito a fare delle foto insieme e ringraziandolo vado via. Gironzolo ancora un po’ e prendo il sentiero per Namche che prevede una discesa molto lunga(che al contrario da Namche diventa salitona) e poi si risale fino al grande villaggio che come vedo è in rapida espansione. Anche questa volta non mi fermo ma solo do un’occhiata ai vari negozi e con un po’ di tristezza mi lascio alle spalle la parte più bella del viaggio avendo coscienza che da lì in poi ritroverò una vegetazione ricca di alberi con tanto verde ma anche le piogge. Si scende su un lungo tratto fino a Jorsalle, pranzo e riparto attraversando Monjo dove viene applicato il timbro di uscita sul ticket pagato all’entrata.
E’ ormai tardo pomeriggio e non ho voglia di andare oltre per cui faccio tappa al villaggio TokTok. Intanto la ragazza che ho conosciuto lungo la salita per Namche che viaggia da sola e che ho rincontrato varie volte, continua il cammino e vuole arrivare a Lukla prima di sera: good luk!!!
Note
– stanza 200
– sentieri percorsi: Shomare-Pangboche-Deboche-Tengboche-Phungi Thenga-Namche-Jorsalle-Monjo-Tok Tok
4 ottobre
Percorro il sentiero inverso fino a Cheplung accompagnato dalla pioggia e manco la deviazione per Surke ritrovandomi a Lukla allungando un po’ e da lì, lungo il corso del villaggio, prendo la strada per Surke su consiglio dei locali.
Intanto la pioggia aumenta e approfitto per mangiare qualcosa prima di ripartire. Attraverso altri villaggi come Puiya e arrivo nella zona di Kare dove per proseguire mi consigliano di fare una deviazione.
Ci risiamo, mi sembra il primo giorno quando a Kharikhola per un’ accorciatoia abbiamo trovato fango ed è stato difficile uscire da lì. Tuttavia tento di salire un piccolo muretto di terra, ma vengo respinto dalla viscidità del terreno, riprovo ma senza esito, quando ad un tratto compare un signore che mi invita a seguirlo. Gli chiedo più volte se il sentiero fosse giusto e lui me lo conferma. La situazione è veramente a limite, si scivola molto e il fango arriva all’orlo dello scarpone; purtroppo faccio il primo scivolone e mi sporco il pantalone. Lui mi invita a mettere lo zaino piccolo nel suo cesto e dopo una riluttanza accetto. Andiamo avanti con molta difficoltà ed ad un certo punto alzo lo sguardo sempre concentrato verso il terreno e vedo incredulo una mano, quella mano tesa verso di me che inizialmene, per orgoglio, non vogio afferrare, ma che poi mi tira su dopo il secondo scivolone dandomi sicurezza. Non ne potevo veramente più avevo il pantalone tutto sporco e alla mia domanda quanto mancasse lui rispondeva sempre pochino.
I dubbi della scelta di seguirlo mi hanno accompagnato fino alla fine quando siamo giunti per miracolo al villaggio indicandomi il posto dove avrei trovato alloggio. Grazie e scusa se ho dubitato di te!
Sono impresentabile, cerco di lavarmi al meglio compresi gli zaini, mi cambio e ceno. Vi sono 2 ragazzi Australiani nella stessa lodge con i quali condivido un po’ di chiacchere davanti alla stufa accesa per far asciugare i panni su mia richiesta e vado a dormire accompagnato dal rumore della pioggia che si fa sentire tutta la notte.
Note
-stanza 500r
– sentieri percorsi Tok Tok-Cheplung-Puiya-Kare
5 ottobre
Mi alzo sempre alle 5 per assicurami di arrivare a Kharikhola in tempo utile per prendere una jeep. Ho il timore di trovare il fango lungo il percorso che avrei dovuto fare, chiedo alla signora della lodge la direzione giusta e via comincio il percorso in discesa. Il tratto che percorro non è un sentiero ma una strada carrozzabile fatta da poco quindi abbastanza comoda.
Arrivo in fretta a Bupsa e poi tra strada e sentiero mi trovo a Kharikhola. Mi incammino per arrivare allo spiazzale in cui si erano fermate le jeep all’andata e mentre mi guardo intorno vedo in fondo al villaggio una jeep. Richiamo l’attenzione di alcuni ragazzi che si trovano più in basso e domando loro di chiedere al conducente se avesse posto avendo risposta affermativa. Aspetto sul ciglio della strada che la jeep salga su e si parte. Nel mentre carico lo zaino vedo la mia mano che sporca di sangue e aprendo le dita trovo una piccola sanguisuga che faceva colazione e subito metto la mano nell’acqua corrente per eliminare lo sporco. Avendo l’ipoclorito ne metto una goccia per disinfettare, ma dopo aver fatto pressione sulla ferita il tutto si blocca.
Ovviamente non mi illudo che la macchina non venga riempita fino all’orlo, infatti così è, lungo la strada carichiamo altre persone e siamo full. Dopo un breve tratto passiamo un ponte oltre in quale c’è una interruzione dovuta alla caduta massi prontamente spostati da un trattore che tramite una corda imbracava il masso e lo tirava via. Liberata la strada il trattore riparte e curiosamente blocca la strada e chiede i soldi per il lavoro svolto, mica scemo! Il viaggio è come all’andata , molto sofferto per le ginocchia che per 6-7 ore sono piegate e il dolore a volte è insopportabile.
Arrivati a Salleri cerco una jeep per Khatmandu ma ormai è già tardi e per un servizio privato occorrono 22000r.
Pernotto nella stessa lodge dell’andata e prenoto la jeep dell’indomani per Kathmandu che partono la mattina presto.
Note
– stanza 500r
– jeep 2500r 7-8 ore
6 ottobre
Ormai ci siamo, l’ultimo sforzo per tornare alla capitale. La jeep parte verso le 5.30 e impiega 9-12 ore per arrivare a Kathmandu. I rallentamenti sono frequenti per via delle interruzioni stradali dovute alle piogge e anche per l’intenso traffico essendo periodo di festività nazionale in cui tutti si spostano. Questa volta soffro in modo particolare il dolore delle ginocchia che viene lenito sono nelle soste dopo fatto stretching.
Arrivati a Chabahil magio qualcosa e riprendo lo stesso albergo di un certo livello anche se comunque la pulizia lascia a desiderare.
Note
– stanza 2000r
– jeep 2500r 9-12 ore
7 ottobre
Ho corso talmente tanto che ho ancora 2 giorni da sfruttare per cui la mattina presto con mototaxi arrivo a Bus Park per prendere un microbus per Bandipur. E’ un capriccio, si lo è, la voglio rivedere, voglio rivedere quel posto che mi aveva lasciato un senso di pace la prima volta che ci sono stato. Lo so che mi costerà anche in termini di soldi e tempo ma voglio andare. Le rupie cominciano a scarseggiare per cui cerco di cambiare 20usd e dopo aver girato un po’ un negoziante me le cambia. Prendo un microbus e in 7-8 ore di viaggio in un affollatissimo traffico per festività mi lascia a Dumre e da lì con bus locale fino a Bandipur. Avrei voluto fare una camminata per Ramkot il villaggio lì vicino ma per motivi di pioggia non ho potuto. Ricordo la scorsa volta su quel sentiero incontrai delle ragazze che camminavano a piedi nudi ed era una bella giornata. Non mi rimane che girare un po’ per il centro, cenare e tornare in stanza per un riposo.
Note
– microbus 900r 7-8 ore
– bus locale 100r
– stanza 400r
8 ottobre
Considerato il tempo incerto preferisco tornare alla capitale e non trattenermi oltre. Faccio colazione e mi metto lungo la strada per contrattare un passaggio per Dumre; all’inizio mi chiedono 500/400r ma io rispondo sempre 100r, lo stesso prezzo del bus. Dopo qualche minuto un tipo che mi aveva chiesto 400r per riempire la macchina mi chiama e accetta 100r. Da Dumre prendo un bus grande per 800r che sono più veloci e più comodi rispetto al microbus. Arrivo nei pressi di Bus Park alle 14.30 e tramite un bus locale fino nelle vicinanze dell’aeroporto dove prendo una stanza.
Passo il resto del pomeriggio a inviare foto e a fare chiamate con Whatsapp sorseggiando un thè e finalmente rilassarmi.
Note
– stanza 1200r
– bus per Khatmandu 800r
9 ottobre
È il giorno della partenza per l’Italia. Dentro di me sento che c’è ancora qualcosa che voglio completare ovvero voglio visitare Tamel e Durbar square. Prendo il solito mototaxi che mi accompagna a Tamel e mi metto a girare per le viuzze. E’ ancora presto ma pian piano tutti i negozi cominciano ad aprire ed è un delirio generale, dove tutta la gente è riversata per la strada, i motorini che sfrecciano e i venditori che hanno merce di ogni genere.
Ci sono tantissime possibilità di alloggio, infatti la maggior parte dei turisti alloggiano qui, ma a me non piace molto. La volta scorsa per sfuggire al caos ho preso una stanza nella calma Patan. Arrivo alla mitica Durbar square che attraverso velocemente per arrivare a Ratna Park da dove prendo un altro mototaxi per tornare in albergo.
Pranzo con l’ultimo dalbath e a mezzogiorno vado in aeroporto per il volo.
Informazioni utili sul viaggio
Costi
– acqua 100/400r dipende dall’altitidine
– stanza 100-700r
– Dalbath 200-800r
Abbigliamento
– sacco a pelo leggero 850gr ma poteva essere ancora più leggero
– scarpe alte per proteggere la caviglia e per il fango rigorosamente con goretex per avere i piedi sempre asciutti
– 3 paia calze da trekk leggere
– 2 pantaloni, uno leggero e uno più pesante( va bene solo il leggero)
– 2 magliette corte (ne servono di più)
– 2 magliette a manica lunga(basta una)
– 1 pile
– 3 magliette intime
– 5 slip
– 1 cappello con visiera
– 1 poncho fatto con foglio di plastica
– 1 giacca softshell( si userà poco)
– 1 asciugamano(non farete mai una doccia)
– fazzoletti igienici
– 1 torcia frontale
– 1 powerbank
Medicinali/Integratori
– antibiotico ampio spettro
– rifaximina
– fermenti lattici
– ibuprofene 600
– magnesio
– pomata antibiotica/cortisonica
– vitamine
– barrette proteiche
– bustine in polvere proteiche
– caramelle
– ipoclorito di sodio
– cerotti + antivesciche
– cerotti nasali
Meteo
Si può dividere tutto il percorso in 2 parti. Uno fino a Namche e l’altro da qui a Gorak Shep.
La prima parte sotto i 4000mt presenta vegetazione con alberi e molto verde con pioggia tutti i giorni, caldo che richiede un consumo di acqua di circa 3lt/die; la seconda è la parte secca senza pioggia con sole e meno calda che appare simile ad una steppa.
Assicurazione
– Europe Assistance con copertura fino a 4500mt con limite settimanale
– Viaggisicuri fino a 4000mt
Impossibile trovare altre assicurazioni oltre tale altitudine se non World Nomad che non assicura i cittadini UE in tale periodo.
Servizio elicotteri
Tutta la valle del Khumbu è coperto dal servizio elicottero per ricerca, soccorso e turismo per un costo di 300/500usd con base a Lukla. Tutti i giorni tali elicotteri sorvolano la zona per una serie di servizi.
Segnalazione
I percorsi sono quasi totalmente privi di segnalazioni il che induce molte volte dei dubbi ed è meglio sempre chiedere ai locali o alle guide che si incrociano che danno sempre la massima disponibilità.
Considerazioni
A margine di quanto scritto, posso dire che è stato un viaggio particolare, irripetibile per tanti aspetti.
Voglio dire a tutti quelli che lo voglio affrontare il viaggio da soli col peso dello zaino sulle spalle: partite!
Non ascoltate quelli che vi mettono in guardia sulla pericolosità o altro, anche se comunque sarete da soli ad attraversare lunghi tratti senza incontrare nessuno, esposti a pericoli anche solo scivolare e magari non avere nessuno che vi aiuti, ma che sono gli stessi rischi che ci sono se fate trekking a casa vostra. Tuttavia dovrete porre una serie di attenzioni e precauzioni per salvaguardare la vostra incolumità. Avere gli strumenti come il telefono per chiamare eventuali soccorsi, e che comunque sarete aiutati sempre. Ho visto anche ragazze sole che facevano trekking.
Per il periodo non consiglio settembre e l’inizio di ottobre per la presenza di piogge soprattutto prima di Namche anche se è favorevole per il poco afflusso di turisti che si palesa nelle lodge completamente vuote e solo a Lobuce e Gorak Shep sono gremite.
Non guardate me se ho impiegato pochissimi giorni per completare il giro senza guida, porter, acclimatazione; non imitate questo perché la mia è stata non una scelta ma un obbligo. Se potete prendete l’aereo per Lukla almeno all’andata vi risparmierete soprattutto quelle jeep disastrose e un percorso poco affascinante fino a Cheplung e sappiate che la cancellazione dei voli è una cosa normalissima e troppo frequente che non vi deve sorprendere e deludere per cui prevedete dei giorni cuscinetto.
Cambiate i soldi a Khatmandu perché lungo il tragitto ci sono 2 punti per ATM di cui uno a Namche assicurandovi di farvi rilasciare la ricevuta. Se non avete tempo potete cambiare all’aeroporto sia con prelievo che ai moneychange, scegliendo quello più conveniente. Gli ATM prendono di norma 500r di commissioni.
Alla domanda: “ chi può fare l’EBC?” Tutti. È solo una questione di tempo.
Desidero ringraziare chi ha permesso la riuscita del viaggio in quanto senza di Lei tutto questo non sarebbe stato possibile: S. Sw. F. K. J.U.T.
Buon EBC a tutti!