Sibilla, la leggenda della grotta e della sua maga
Ci troviamo nell’Appennino centrale, tra le province di Ascoli Piceno e Perugia, per questo viaggio nella Grotta della Sibilla, una figura dell’immaginario collettivo che fin dal medioevo è presente nei racconti. Dobbiamo salire a 2150 m di altitudine sul versante sud della montagna, un cammino che che ci conduce a questa cavità sicuramente abitata nella preistoria, diventata poi la dimora di una profetessa, una figura descritta come condannata a vivere nella profondità della montagna. La tradizione locale invece racconta di una fata buona che inviava le sue ancelle a valle di tanto in tanto, affinché le fanciulle del luogo apprendessero l’arte della filatura e della tessitura.
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Gli elementi narrativi
Antoine De La Sale era un cavaliere errante francese, che arrivò sui Sibillini e fece un’escursione alla Grotta nel maggio del 1420, fornendo un primo racconto su quanto l’ingresso fosse angusto, tanto che ci si doveva mettere carponi per entrare, pare infatti che un orribile antro desse accesso al regno della maga. Il Guerin Meschino invece è un audace cavaliere protagonista del ciclo di racconti di Andrea da Barberino, noto cantastorie medievale che compose questo classico della letteratura europea: le gesta di questo personaggio sono legate alla Sibilla perché questi luoghi raccontano le sue imprese.
Già nei secoli passati i libri di Andrea da Barberino venivano letti o citati a memoria da chi non sapeva leggere e ne recitava i versi contribuendo così alla cultura orale. Guerin Meschino era alla ricerca dei genitori e si recò dalla maga Sibilla, raggiunse la grotta e vi rimase per un anno, incantato dalla maga: allo scadere di questo tempo sarebbe rimasto intrappolato nella grotta fino alla fine dei tempi perdendo la sua anima se non fosse andato via, ma riuscì invece ad uscire e ad allontanarsi.
Una bellissima domenica autunnale
Visitare quei posti adesso significa godere di un clima ancora caldo, la luce e la bellezza del panorama che comincia a dotarsi dei colori autunnali rendono la giornata particolarmente piacevole. In questi giorni è possibile recarsi in uno dei tanti boschi adibiti alla raccolta delle castagne, un’esperienza perfetta per chi vuole regalarsi qualche ora in piena libertà: di fronte al tappeto di ricci che troviamo sotto alle maestose piante centenarie ci sembra di fluttuare.
Mentre si cercano a terra i frutti migliori a terra, continuano a cadere i ricci dagli alberi, provocando lo stupore e le risa dei bambini che muniti di guanti uniscono la raccolta al gioco spensierato.
La stagionalità
In questo periodo la montagna è particolarmente generosa, percorrendo le strade ci rendiamo subito conto che ci sono moltissimi alberelli carichi di frutti: c’è la Mela Rosa dei Monti Sibillini, un presidio slow food della zona di Montemonaco (AP), caratterizzata dalle accentuate striature rosa e verdi, con la polpa bianca, soda, croccante, zuccherina e profumata; stiamo parlando di una antica varietà autoctona con importanti proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.
Mentre si passeggia per il bosco, è facile incrociare qualcuno che non ha solo raccolto castagne e preso qualche mela dagli alberi: in questo periodo troviamo i veri tesori del bosco, i porcini, ingredienti meravigliosi dalle caratteristiche uniche che insieme ai tartufi neri della zona possono dare vita a molte ricette. Vediamo come vengono impiegati nella tradizione culinaria delle basse Marche.
Le ricette tipiche
I primi piatti qui sono un vero e proprio trionfo di sapori, grazie allo straordinario pregio dei funghi che la fanno da padrona: si spazia dalle semplici tagliatelle ai porcini, alla pasta all’uovo ripiena di ricotta accompagnata da scaglie di tartufo nero o, in alternativa, il classico risotto ai funghi. Porcini e tartufo vengono esaltati anche dall’abbinamento con l’uovo: niente di più semplice di una chiara d’uovo ben cotta, con tuorlo morbido e cremoso dove affettare il tartufo che, grazie al calore dell’uovo, sprigionerà tutti i suoi profumi. Senza rinunciare a un piatto di uova strapazzate con funghi porcini, preparazioni facilissime ma che contano sulla qualità straordinaria degli ingredienti.
La storia del vitigno Pecorino
Il territorio di Arquata del Tronto, comune del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, è stato protagonista della riscoperta del vitigno autoctono Pecorino: tra gli anni ‘80 è ‘90 è stato intuito il grande potenziale di questa vitigno a bacca bianca, molto resistente e adatto ai terreni impervi e condizioni climatiche difficili. Il nome è sicuramente legato alla tradizione pastorizia della zona, sta di fatto che uno degli abbinamenti ideali è proprio con l’omonimo formaggio tipico della zona; il pecorino è un vino molto versatile perchè si può abbinare con carni bianche, con la galantina che è una ricetta tipica delle Marche e ovviamente con i piatti di pesce.
La sua valorizzazione ha portato all’Offida Pecorino DOCG, denominazione del 2011: è un bianco di carattere, con profumi marcati con prevalenza di sentori erbacei, note fruttate di fiori gialli si accompagnano con note minerali, ad alto tenore zuccherino che ne eleva la gradazione alcoolica (sopra ai 13°), acidità decisa, piacevolmente sapido, un vino dalla notevole struttura, buon corpo, di grande persistenza, un vino longevo.