Spagna del Nord. Io, lei e 5.000 km tra Guggheneim, Finisterra e il Trono di Spade
Sono Edo, 56enne immaturo e pigro.
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Guidare non è la mia passione, infatti negli ultimi 3 anni ho macinato più di 10.000 Km.
Ora basta, però! Ho scandagliato nelle nostre mete dei desideri ed ho scelto: Paesi Baschi e Galizia. Fly & Drive? Ma no, costa troppo! In macchina ci andiamo, tanto la Spagna è vicina. Credo batterò il mio record di chilometri alla guida in una singola vacanza. Sono un masochista, ora lo so.
Ah, ho parlato al singolare perché pensavo alla questione chilometri alla guida, normalmente guido io, ma anche perché sono sostanzialmente un cafone. Io, notoriamente, da solo so fare le figuracce e le cose elementari, per tutto il resto, compreso lo spiegarmi che ho fatto delle figuracce, c’è Laura che da tempo immemore mi supporta e sopporta.
2 luglio. Carcassonne
Abbiamo un piccolo piano, che si basa sulla diluizione km/giorno. Per oggi la tappa è Carcassonne, città fortificata nel sud della Francia, vicino a Tolosa.
Dopo parecchie ore arriviamo. Siamo stanchi e disattenti: entrati a Carcassonne “bassa” (ho scoperto che si chiama Bastide) vediamo un gruppo di persone che fa foto laggiù: “Che staranno fotografando” chiedo a Laura, ci giriamo e capiamo: sulla collina di fianco si stagliano torri e mura della città fortificata. Un incanto. Magari scoprirlo da soli non sarebbe stato brutto.
Poco lontano da questo belvedere c’è il B&B (i francesi li chiamano Chambre d’hotes) di Catherine (Maison d’hôtes – 19, rue du Manège – 11000 CARCASSONNE, 95€). Una bella casa con parcheggio libero davanti, su tre piani ed un terrazzino ricavato nel sottotetto, con vista Carcassonne, quella delle foto. Bellissimo ..
Sistemati i bagagli andiamo a cercare un posto per cenare e saliamo alla cittadella.
La prima sensazione è di meraviglia: sembra un viaggio nel tempo; ci si aspetta di veder uscire da una porta un cavaliere con armatura o una damigella. O di incontrare Troisi e Benigni. Ma la fame chiama e ci riprendiamo. Andiamo da Adelaide, di fianco al castello. Io ho preso la Casoullet, un piatto di fagioli, anatra e salsiccia. Buono, ma non proprio estivo. Laura un bel piatto di prosciutto. Bella esperienza.
Torniamo a casa dopo aver osservato le nutrie, bleah, dal Pont Viuex e ascoltato un pezzo di un concerto all’aperto.
Chilometri tanti, ottima meta
3-7 Carcassonne – Biarritz – Spagna
Salutiamo Catherine dopo una colazione sostanziosa e partiamo per la vera visita di Carcassonne. Visiteremo Castello e giro sulle mura (9,5 €).
Ecco, ora però va detta una cosa: a Torino c’è il Borgo Medievale, bello, ma si sa che è finto. Ho scoperto che Carcassonne è, quasi, la stessa cosa. La differenza è che il Borgo di Torino è stato costruito ex-novo nel ‘800, Carcassonne è stata “restaurata”, sempre nel ‘800. Un architetto, dopo che la città rischiava di essere demolita tanto era sgarrupata, ha trovato dei fondi e l’ha rimessa a lucido, facendo delle modifiche, anche troppe. Ha praticamente rifatto la Basilica del 1200, ha sistemato le torri aggiungendo cose. Il risultato è strabiliante, ma ora che ho saputo, meno affascinante. Ed è anche Patrimonio UNESCO . Mi batterò per il Borgo del Valentino!
Andate a vederla, perché è veramente bella, ma poi andate a Monteriggioni, a Cittadella, a Sabbioneta. Quelle erano e sono così come le si vede.
Finito il giro vorremmo visitare la Basilica di Saint Nazaire ma è chiusa. Sono le 11, abbiamo 450 Km da fare e decidiamo di partire.
Scesi sul Pont Vieux faccio per fare un’ultima foto, ma … niente macchina fotografica!! Mi viene subito in mente dove l’ho lasciata: su una panchina vicino alla Basilica, lassù. Dopo un momento di “sconforto” (mani nei capelli assenti, tachicardia, senso di vuoto, respirazione ipersonica, saliva inesistente. Li so gestire bene, i momenti di ansia) partiamo e ri-saliamo, alla velocità di camosci in fuga. Sulla panchina: nulla. Provo a pensare bene del genere umano: entro in un negozio e provo a chiedere se un’anima pia avesse portato una macchina fotografica imbecillamente smarrita e sì, i buoni esistono! È la seconda volta in due anni che la perdo e la quinta in assoluto. Tre volte l’ho recuperata. Quindi i buoni esistono e sono anche tanti, purtroppo esisto anch’io che credo di essere buono, di sicuro sono distratto.
Valori vitali tornati nella norma, si parte. Mi viene l’idea di passare da Biarritz e così facciamo. Bella, molto chic, e bello l’oceano. Siamo anche andati alla Rocca della Vergine, uno scoglio sormontato da una statua della Madonna collegato alla terraferma da un ponte.
Ora si punta alla Spagna che ci accoglie con la pioggia.
Abbiamo, per contenere i costi, l’albergo a Irùn, appena oltre il confine. L’idea era di cenare a San Sebastian ma siamo troppo stanchi (100 e più anni in due si sentono…)
Cena quindi in un locale del posto, Manolo, buona e poi nanna. San Sebastian … domani.
4/7 San Sebastian – Bilbao
Una bella colazione in albergo e si parte per San Sebastian. Il tempo non promette bene e manterrà le promesse.
Mettiamo la macchina in un parcheggio coperto. Temo dovremo lasciarla lì come pagamento.
Ci inoltriamo nella parte vecchia, stradine, una bella chiesa (San Vicente), una piazza con tutti gli edifici attorno a renderla un gran cortile, Plaza de la Constitution e la Santa Maria del Coro, chiesa con ingresso a pagamento. Qui l’8×1000 forse non c’è.
Prima di arrivare avevo detto a Laura che San Sebastian ha due monti da cui guardarla, a est ed ovest della baia. Su uno si arriva con la cremagliera, sull’altra a piedi. Su quale saremo andati noi? Dai, la scarpinata farà lo spazio per il pranzo.
Quello su cui siamo saliti noi è il monte Urgull, da cui si gode uno splendido panorama di San Sebastian e la sua stupenda spiaggia: Playa de la Concha. Una mezzaluna perfetta, lunghissima.
L’idea di ieri era di portarci la roba da spiaggia, oggi con 20 °C e pioggerella novembrina … anche no.
Il nostro trekking ora prevede discesa. Arriviamo in piano belli affamati ed andiamo in cerca della cosa per cui San Sebastian è famosa: i pintxos.
Ci fermiamo nella taverna Gandarias (citata nella Lonely Planet) e ne prendiamo 3 a testa. Sono quel che a Venezia chiamano i cicchetti ed in Spagna, tapas. Fettine di pane con sopra di tutto: acciughe, baccalà, formaggio, tortillas, calamari. Spiegarli è un po’ difficile, mangiarli è facilissimo. Io ne prendo altri tre.
Dopo pranzo si va verso la parte nuova che dà sulla Playa. Il tempo è orrendo, il monte Urgull è avvolto nella nebbia, di stare in spiaggia neanche a parlarne. Ma c’è comunque chi non se ne cura. Donne e uomini in costume che si comportano come se ci fossero 35 °C ed il sole a palla. Pioviggina e di gradi ce ne sono 18!
Ma i piedi a mollo li mettiamo anche noi: fredda, l’acqua. Aspettiamo invano che spiova sotto il porticato davanti alla spiaggia e ci incamminiamo verso l’auto. Lo shock ha cancellato il ricordo del prezzo del parcheggio, ma comunque inferiore al valore dell’auto.
Rotta su Bilbao: siamo alla Pensiòn H30 (276 € per tre notti, senza colazione. Non poco) senza reception, tutta a codici di ingresso. Non male, ma bisogna dire che i primi giorni baschi sono stati cari. Era comunque la sistemazione meno cara che abbiamo trovato, a parte gli ostelli per i quali siamo decisamente fuori target.
Per cena andiamo al Casco Viejo dove finiamo a mangiare ancora pintxos e delle seppie buonissime, in Plaza Nueva. Sembra la gemella della piazza di San Sebastian.
Una bella passeggiata lungo la Ria (un braccio di mare che sembra un fiume) passando sotto il ponte Zurizuri di Calatrava e siamo a casa.
Ah, dalle 17 ha smesso di piovere.
05/07 – Bilbao
Oggi giornata bilbeña, bilbese, bilbotica … tutta a Bilbao!
La nostra camera è molto vicina al Guggenheim Museum, quindi la prima tappa sarà quella, anzi, la seconda. La prima riguarda la sistemazione dell’auto lontana dalle multe, ieri l’abbiamo lasciata in strada perché era un giorno festivo, ma oggi va messa in un parcheggio a pagamento. Da una settimana hanno praticamente eliminato i parcheggi bianchi, quando vuol dire la fortuna. Sistemata l’auto (un rene se ne era già andato a San Sebastian, ne useremo uno di quelli di Laura) si punta al museo. Passiamo sullo Zurizuri, ponte disegnato da Calatrava e passiamo sotto il ponte de la Salve con il suo arco rosso, la prima installazione di molte che vedremo.
Ci accoglie Maman, un ragno di bronzo alto 10 mt., bello e inquietante anche perché al nostro arrivo viene creata una nebbia, lo fanno periodicamente non solo per noi … , che rende la cosa più spettrale.
Passata la nebbia, il Guggenheim. L’hanno descritto in tanti, non sarò originale, ma ci provo: un’enorme scatoletta di tonno deformata. Sfido chiunque sull’analogia, ne ho altre ma questa mi piace di più. Una immensa costruzione di titanio realizzata da Gehry lasciato libero di creare da una amministrazione comunale visionaria.
Ammiriamo un po’ questa costruzione ed andiamo all’ingresso, dove ci aspetta Puppy, un cane gigantesco fatto tutto di fiori. Foto a gogò e si entra (ingresso: 18€!!). Per me l’arte moderna è come i broccoli, non ne capisco il senso, per cui nel museo ci sono delle opere che non capisco, ma sono belle. Le spiegherei ma con i lettori che sanno cosa sono i broccoli farei una figuraccia. Però son belle. Matter of time è una roba gigantesca in cui si entra in spirali sbilenche con effetti da tre sangrie a stomaco vuoto. C’è dell’altro, automobili, quadri, panchine, tulipani d’acciaio. Ma neanche un broccolo.
Usciti puntiamo al Azkuna Zentroa, un centro culturale allestito in un vecchio magazzino da un certo Spark (non è Iron Man). La cosa più bella è il soffitto, trasparente, che è il fondo di una piscina: stai col becco all’insù a vedere la gente che nuota a 15 mt. sopra la tua testa.
Ora dobbiamo pranzare ed andiamo al Casco Viejo, dove mi perdo. Troviamo a fatica la Plaza Nueva, la piazza principale, non un vicolo e mangiamo nella stessa taverna di ieri sera: pintxos e patatine.
Siamo stanchi quindi decidiamo, decide, di andare a vedere la Basilica di Begoña che sta 300 gradini ed una salita più su. Ed è anche uscito il sole. Arriviamo ed è chiusa. Io svengo indecorosamente su una panchina dove rimarremo 45’ ad aspettare l’apertura. Meritava l’attesa. Una bella chiesa gotica con un bell’interno.
Scendiamo e torniamo in camera: dobbiamo prenotare le camere delle prossime tappe.
Cena al Casco Viejo (Kasko) dove ho preso una cosa che pensavo mi avrebbe sfamato: è arrivata un’insalata di mare, cui ho fatto seguire dei calamari alla piastra. Laura ha preso dei gamberi alla piastra. Buono e non molto caro (53 € in due).
Ora si dorme. Abbiamo fatto decine di chilometri.
6/7 Gernika – Lekeitio – San Juan de Gatzelugatxe
Laura vede tutto a colori, io sono più anni ’70, spesso vedo gradazioni di grigio. Quindi la giornata dovrebbe descriverla lei, ed invece.
Ci svegliamo e piove: avevamo un itinerario che toccava San Juan de Gatzelugatxe, Gernica e Lekeitio. La pioggia, prevista per tutta la mattinata ha cambiato la sequenza.
Gernika (o Guernica) probabilmente la conoscono tutti, perché uno dei quadri più noti di Picasso è dedicato al bombardamento che questa città ha subito nel ’37, per volere di Franco, ma portato a compimento dai tedeschi di Hitler aiutati da noi italiani. Gernika era il capoluogo della provincia più resistente e così Franco decise di punirla: non avendo idee sul come, si rivolse ai tedeschi che in quegli anni di idee malsane ne avevano fin troppe. Il 26 aprile 1937 i bombardieri tedeschi e italiani piombarono sulla città scaricando tonnellate di bombe radendola al suolo. Qui ora hanno ricostruito tutto: c’è un bel museo della pace che, oltre ad un po’ di retorica, fa capire come sono andate le cose.
A Gernika, oltre alla riproduzione del quadro di Picasso non c’è molto. È più una visita simbolica. E non piove più.
Ci dirigiamo verso Lekeitio, una località balneare non facile da raggiungere.
Una bella baia con al centro un isolotto che si può raggiungere, con la bassa marea, su una passarella di cemento.
La marea è bassa e ci avventuriamo. L’acqua non c’è, la salsedine sì. Sembriamo due finiti su un campo minato. Per non scivolare avanziamo cauti col pensiero a settimane di riabilitazione nel caso scivolassimo. Pensieri che i giovani che ci superano non hanno di sicuro, o forse hanno solo delle scarpe migliori.
Ora si punta ad uno dei posti segnati con tre stellette sull’itinerario: San Juan de Gatzelugatxe.
Un isolotto che ospita un eremo collegato alla terraferma da una scala di pietra sull’oceano. Non vedo l’ora di vederlo e salirci.
E non ci salirò. Scopriamo che per accedere bisognava prenotarsi e, nonostante ci sia poca gente, non ci hanno fatto passare.
Sono deluso e arrabbiato, con me che non mi sono informato e con il personale che non ha tenuto conto del fatto che molti che avevano prenotato non sono venuti. C’era veramente poca gente. Niente.
Faccio il muso, litigo con Laura, mi comporto come un bambino. Ho dato il peggio di me.
Ah, l’isolotto si vede da un mirador. Bellissimo, proprio come me l’immaginavo. Solo un po’ troppo lontano.
Chi volesse venire PRENOTI QUI, è gratis per giunta.
Torno con più trombe di Miles Davis e continuo a litigare con Laura su tutto. Le darei torto persino mi dicesse che sono bello.
Prima di cenare mi riprendo. Andiamo ancora al Casco Viejo, da Los Fuentes. Consigliato: 55€ in due, merluzzo in più modi per me, salmone per Laura più altre cosette.
Domani si lascia Bilbao, si va in Cantabria e Asturie.
7 luglio. Santillana del Mar – Capricho – mare
Lasciamo Bilbao con un bel ricordo, città molto a misura d’uomo che nel mio caso si parlerebbe di una città piccola. Da vedere in senso generale.
Punto d’arrivo le Asturie, la mia propensione alla guida stacanovistica impone molte pause per rendere meno martirizzante il tragitto di, ben, 270 km… che sembrano pochi, a voi.
Quindi ci fermiamo a Santillana del Mar. Paese delle tre bugie: non è santa, non è piana (llana) ma su una collina e non è del Mar, vedi prima. Me è un paesino medievale con le strade acciottolate, le case di pietra, la chiesa del 1200. Sembra di stare in Val d’Orcia. Girovaghiamo, beviamo sidro e pintxos, Laura, incredibile, si compra un paio d’orecchini e si riparte. Passate, ne vale la pena, anche per noi italiani che abbiamo borghi medievali ogni 20 km.
Ora si va a far felice Laura: a Comillas c’è El Capricho de Gaudi. Una casa progettata dall’architetto visionario catalano che ha ideato la Sagrada Familia di Barcellona. Conoscete lo stile di Gaudì? Ecco, la casa è perfettamente in linea. Costruita per un nobile del posto che aveva fatto fortuna oltre oceano (lo chiamavano l’indiano, ma non dell’India), fa sfoggio di linee tonde, ceramiche, torri. A me sembra di essere a Gardaland con le opere di Gaudì, ma Prezzemolo non s’è mai palesato. Ultima stramberia (ma ce ne sono tante che non cito) le finestre a ghigliottina che quando si alzano/abbassano fan suonare dei carillon. E poi Genny Savastano sarebbe pacchiano.
Mangiamo fuori dalla casa, io delle buonissime acciughe cantabriche, Laura del Jamon serviti dal gemello di Frankie Hi-Nrg.
Ora, il dilemma: andiamo a Llanes e poi a spiaggia o subito a spiaggia? Llanes ce la faremo raccontare da Franca, nostra amica nonché collega di Laura, che c’è stata e ce l’aveva consigliata.
Su un diario avevo letto di Playa Cueva del Mar: un’insenatura con rocce scoscese e bucate. Una vera spiaggia oceanica, aspra e selvaggia. L’acqua? I miei piedi mi han consigliato di non far soffrire così anche le gambe e la pancia e, placido, son tornato all’asciugamano. Laura credo abbia i piedi muti o sadici e si è buttata. È ancora viva.
Dopo la canonica pennica ci si muove. Alloggiamo in una casa rural, Casa de Barreta, vicino a Villaviciosa, una graziosa casa in campagna. Cercheremo altre sistemazioni simili.
Manuela, la host, ci consiglia di cenare a Tazones, da Mar’bella. Un villaggio sul mare, con casette una sull’altra, compresa una assurda, tutta rivestita di conchiglie. Vabbè Santiago e la devozione, ma così è esagerato.
Mangiamo ottimo pesce, Laura i tchipirones (seppie) io il pixin a la plancha. Il pixin, ho scoperto, è la rana pescatrice, molto saporita ma a Laura non è piaciuta. A me sì.
Torniamo in camera per prenotare una casa rural per una delle tappe galiziane. Dopo due ore di ricerche vane, non c’è un posto, prenotiamo un albergo.
8 luglio. Oviedo – Playa del Silencio
Lasciamo Casa di Barreta sfiorando la gaffe: la sala della colazione è vuota, niente di preparato, nessuno che ci aspetta per la fatidica domanda: “caffè o tè?”. Sto per chiamare per chiedere spiegazioni, poi Laura mi consiglia di controllare la prenotazione. La colazione non era inclusa. Bene, figuraccia evitata.
Si paga (60€), si saluta e si va ad Oviedo. Arrivati, la prima cosa che facciamo? Colazione!
Rifocillati siamo pronti per perderci in questa bella città.
Il punto fermo è la Cattedrale del Santo Salvatore. Imponente chiesa gotica-romanica con la classica unica torre campanaria. Già visto altrove: i lavori venivano commissionati per chiesa, facciata, due torri ai lati. Incredibile ma i soldi finiscono sempre e solo quando si deve fare la 2° torre. Rouen, Bourges, Colonia, Oviedo, per dirne alcune. Asimmetrica ma bella.
All’interno la Camera Santa che custodisce reliquie importanti: il sudario di Gesù, 2 pezzi della croce, 5 spine della corona di spine, la terra della casa della Madonna. C’è anche un bellissimo chiostro. Basta guardarlo.
Usciti si va a pranzo, poi si bighellona un po’. Cercate statue a Oviedo. C’è una mamma in carne di Botero, un sedere, due chiappe, sì, e la statua di Woody Allen.
Ora si va al mare. Playa del Silencio, cercatela. Si parcheggia, io credevo vicino, a 3€, e ci si incammina in discesa e si arriva, dopo una scalinata, ad una bella spiaggia tra pareti scoscese. Quasi vuota. Spettacolare. Bagno? Ma neanche morto! Asciugamano e ronfata.
Tutta la discesa, fatta al contrario, è fatica. Ma si deve andare in albergo. Casa del Abuelo a Tapia de Casariego. Piccolo, ma dotato pure di piscina coperta, ma non c’è tempo. Sistemate le valigie si va a cena.
Un polpo alla gallega, buonissimo e calamares in su tinta per Laura al ristorante La Marina. Ottimo veramente.
Ora nanna che domani era previsto svacco, ma vogliamo andare a Cabo Ortegal e quindi saranno altri chilometri, tanti, di nuovo.
9 luglio. Praia as Catedrais – Figueiras – Cabo Ortegal – A Coruña
Bicchiere mezzo pieno! Mezzo pieno!
Questo è il mantra che mi ripete Laura ogni volta che io nel bicchiere vedo il deserto.
Il viaggio, per me, aveva dei punti fermi: Guggenheim, ok. San Juan de Gatzelugatxe, ko. Praia as Catedrais; pareggio.
Stavolta ero preparato, da inizio luglio l’accesso va prenotato e così ho fatto, qui; bisogna controllare le maree (nella prenotazione sono indicate).
Questo posto ha un senso con la bassa marea, con quella alta lasciate perdere. La bassa marea oggi è alle 6 e l’alta alle 13. Noi arriviamo alle 10 … Tardi!
Praia as Catedrais è una spiaggia con degli scogli che le hanno dato il nome: altissimi, con archi naturali sotto i quali passeggiare. Con la bassa marea. Oggi: irraggiungibili. Siamo scesi sulla spiaggia per vedere le prime rocce, effettivamente enormi, ma l’acqua è troppo alta per passare al tratto con gli archi. Niente archi? Io solo trombe. Laura mi conosce, cose così compromettono la giornata. Andiamo via di corsa e ci spariamo 100 Km di statale per permettermi di sbollire e approdare, vicino a Cariño, alla Playa da Figueiras. A parole fatico a descrivere il luogo. Siamo nel Rio de Ortigueira, una specie di fiordo su cui si affaccia questa spiaggetta, scelta quasi per caso sulla mappa. 100 mt di sabbia, vuota o quasi. Ci piazziamo Laura, io e le mie trombe e ci godiamo il posto. Stavolta mi sono immerso, modalità coltello a serramanico: dentro, fuori in un secondo netto. Congelato.
Dopo 2 orette si è superata, di molto, l’ora di pranzo. Partiamo verso Cabo Ortegal con la speranza di trovare un posto per mangiare. Niente (bicchiere mezzo pieno!). Arriviamo al faro, a fatica riesco ad aprire la portiera. Un triestino si sentirebbe a casa: un vento della malora! Il faro è davanti al punto in cui l’oceano incontra il Golfo di Biscaglia. Uno spettacolo della natura. Foto varie, cercando di stare in piedi e si scende a Cariño dove troviamo un bar con gestori molto disponibili: due immensi bocadillos (panini) di Jamon Serrano e calamares (non insieme, uno e uno) e insalata russa offerta.
Ora si va sulle Rias Altas, a Garita de Herberia. Arriviamo in un paesaggio di pale eoliche e animali al pascolo. Stesso vento di prima. Qui ci sono le scogliere più alte dell’Europa meridionale. In effetti sono altissime. Foto a gogò e si scende. Non prima di fotografare cavalli e mucche al pascolo, tutte insieme.
Ci fermiamo a San Andres de Texeido dove c’era, appunto, Sant’Andrea, tutto arrabbiato perché nessuno se lo filava, andavano tutti a sentire San Giacomo (Santiago). Dio allora intervenne dicendo che per andare in Paradiso, prima, bisognava passare da qui e le prenotazioni sono schizzate in alto. Io ci sono passato, voi vedete un po’ che fare.
Basta, andiamo a A Coruña, dove abbiamo la prossima sosta, Hotel Europa, che non è a A Coruña, ma ad Arteixo. Ma non è neanche lì: siamo in una zona industriale (mezzo pieno! Mezzo pieno!).
Aggiungo ancora qualche tromba e chiediamo dove cenare, qui attorno non c’è nulla. Ci mandano a Caiòn, sulla costa. Il ristorante indicato è al completo (Mezzo! Mezzo!), si rischia il digiuno. Un bar sulla piazza ci concede di mangiare, alle 22:45! Ma avevamo pranzato alle 17, quindi a posto.
Quel che doveva andare storto è andato storto, ma abbiamo anche visto posti indimenticabili. Bicchiere mezzo pieno.
10 luglio. Costa da Morte
Belli colazionati partiamo per il giro sulla Costa da Morte, tratto di costa che va da Malpica a nord, a Finisterre a sud.
Noi partiamo dal fondo per fare il tratto di macchina più lungo con i muscoli ancora freschi.
Arriviamo a Cabo de Finisterre accolti da tanti pellegrini e … dalla nebbia. Da noi nel Nord Italia è pressoché sparita e non mi mancava.
Il Cabo è la meta, oltre a “La” meta, dei pellegrini del Camino: i duri e puri arrivano fin qui, una volta considerata la fine della terra (un po’ romanzato) per consegnare indumenti a chi non so, ma lo fanno. Ci sono scarpe ovunque e resti di calzini bruciati.
Il Cabo sorveglia la costa. Non so cosa veda lui, noi, poco. Ma facciamo foto ugualmente. Il faro si vede e c’è anche il cippo del Camino con il Kmo 0,00.
Fiduciosi in un miglioramento si va verso il Cabo Tournal, lui sì che è il punto più ad Ovest, non d’Europa ma della Spagna, lasciando perdere le Canarie.
Arriviamo, seguiti dalla nebbia, Anche qui c’è un faro, meno suggestivo di Finisterra (non c’è anima viva), ma emblematico. Foto con sfondo latte e si riparte. La Costa da Morte si chiama così anche a causa della nebbia che ci accompagna. Nei secoli decine di navi sono affondate al largo, non troppo, di questo tratto: tempeste, nebbia e scogli ovunque hanno mietuto molte vittime e si vedono croci a ricordarlo.
Scendiamo a Muxia, un paese sulla costa dove la nebbia si dirada un po’. Dobbiamo mangiare, al porto andiamo in un ristorante dove assaggiamo i percebes. Sono molluschi pescati qui, non senza fatica; vivono aggrappati agli scogli e tirarli via non è semplice, infatti costano parecchio. Assomigliano a delle unghie di una lucertolona (qui ili chiamano unghie di drago). Non semplici da aprire, ma molto buoni. Un’esperienza unica.
Facciamo due passi per trovare la chiesa della Vergine della Barca. Si narra che la Madonna sia apparsa qui, su una barca (ma va?) a Santiago e sul luogo, un promontorio roccioso, han fatto la chiesa. Molto, molto, suggestivo. C’è anche un faro, mi piacciono i fari, mi assomigliano. Sono lunghi e snelli. Sob!
Ora spero proprio in una tregua dalla nebbia. Vogliamo fare la Rua Litoral che unisce Camariñas a Camelle, una strada sterrata, dicono molto bella.
Da Camariñas si prende la via per il faro e prima della salita finale, sulla destra, parte la strada. Il faro se l’è mangiato la nebbia che però sembra non avere più molta fame per mangiarsi anche la costa I panorami, anche se un po’ monchi, sono molto fotogenici. Ci sono delle belle spiagge dominate dal faro che però …
Una tappa significativa è il cimitero degli Inglesi, dedicato all’equipaggio di una nave naufragata qui nel 1890. Struggente (ueila, che parola!).
Fate questa strada, è bellissima, vi sporcherà la macchina ma va fatta. Magari con il sole…
Si torna in albergo e si torna anche a Caiòn, nel locale che ieri era pieno. Oggi non c’è quasi nessuno, d’altronde a novembre uno preferisce stare a casa.
11/7. Santiago de Compostela – Torre de Hercules
11 luglio 1982 – Campioni del Mondo!
11 luglio 2021 – Campioni d’Europa!
È una data che ci porta bene, ma in questo momento per la nostra Nazionale servirebbe un pellegrinaggio a Santiago de Compostela.
Per ora ci andiamo noi, ma visto il mio agnosticismo, temo non serva a nulla.
Santiago è una bella città, con stradine di pietra che si gira piacevolmente. Consigliati dall’Ufficio del turismo evitiamo di andare alla Cattedrale: c’è la messa.
A pranzo un ottimo Pulpo a feira e jamon y melon e si va alla Cattedrale. Arriviamo nella Plaza de Obradorio con decine di pellegrini stravaccati a terra. Li invidio, ma non troppo, non so se riuscirei a farlo, il Camino. Sono decisamente un falso giovane e vero pigro.
La facciata è imponente, un susseguirsi di statue e di ghirigori e due (due!) torri bellissime. Appaga, molto, la vista.
Non sono molto preparato, mando una foto a Paola, amica di una vita, che era arrivata qui a piedi e lei mi dice che probabilmente non ci sarà il fumeiro, che non so cosa sia. Chiedo e nel frattempo entriamo. Mentre Paola ci risponde, lo vediamo: è un incensiere (noi lo chiamiamo turibolo) enorme che durante le messe fanno oscillare come fosse un trapezista.
Giriamo nella Cattedrale che ha un baldacchino nell’abside fatto con degli angeli dorati, enormi. Un po’ troppo per le mie preferenze per luoghi austeri e semplici.
Visitiamo la tomba di San Giacomo che venne trovata qui nell’800, la città sorse attorno al tempio edificato sul posto e che pian piano è diventato il capolavoro che vediamo adesso.
Mi aspettavo, però, un’atmosfera più spirituale, che inducesse un senso di pace e riflessione. Ma è una mia sensazione.
Non è tardi e ripuntiamo a nord. Si va a vedere la Torre de Hercules alla Coruña.
È un faro in funzione più antico del mondo. Mi piace perché è rettangolare, meno snello dei suoi fratelli più giovani.
Ultima cena a Caiòn che è un bel posto, ci sono anche delle belle spiaggette.
12-7. Area de Reboredo – Combarro
Si lascia A Coruña e si scende verso Pontevedra. Ho dei programmi per domani, ma devo fare una verifica.
E tre! L’obiettivo mancato stavolta sono le Isole Cies: bisognava prenotare perché l’accesso è a numero chiuso. Lo sapevo? Sì. Ho prenotato? No. C’è ancora posto? Vabbè, vedremo qualcos’altro. Bicchiere mezzo pieno!
Io Laura e le trombe saliamo in macchina: abbiamo prenotato una camera in una casa rural e quindi ci andiamo a prescindere dalle Isole Cies sfumate.
Prima di partire, brontolando, ho puntato su una piccola spiaggia sulla penisola O Grove, la Playa as Pipas. Quando arriviamo le trombe tacciono.
Una spiaggia minuscola col chioschetto e poca gente. La solita immagine: gente in spiaggia e nessuno in acqua. Ci piazziamo e approcciamo un bagno. Sembra di entrare nella Vergine di Norimberga, strumento di tortura medievale: un sarcofago pieno di chiodi. Incurante del dolore, mi sono immerso ugualmente! Fa parecchio caldo quindi io e la Vergine siamo diventati amici.
Lasciamo la spiaggia ed andiamo da Miguel che gestisce la casa rural A Rega (82 €/notte+colazione), vicino a Combarro. Una bella sistemazione con bella vista sul mare, il cane Arvo e Miguel che è molto disponibile.
Cena a Combarro, paesino molto caratteristico. È disseminato di horreos, degli antichi granai di pietra su dei piedistalli per impedire l’accesso ai topi e fare circolare l’aria tutto attorno.
Cena con paella di calamari e polipo buonissima da El Rustico (60€).
13 luglio. Praia do Barreiriño
Oggi: svacco in spiaggia. Miguel, il mio salvatore, mi presta un ombrellone.
Ho trovato un piccolo paradiso che riduce il rimpianto per il mancato approdo alle Isole Cies: Praia do Barreiriño, sempre sulla penisola O Grove. Sono in realtà 3 spiaggette, con enormi scogli di granito, sabbia bianca e acqua cristallina. Stupende e quasi deserte. Il problema è sempre l’acqua che ho scoperto essere a 19°: mi butto e faccio una bracciata, una.
Pranzo in un chioschetto: io sardine fritte, Laura cozze e pimientos per entrambi.
Stiamo a spiaggia tutto il giorno: grazie Miguel, sarei sciolto senza il tuo ombrellone.
Cena nello stesso locale di ieri e nanna. Domani inizia il lungo ritorno a casa.
14 luglio. Lugo e Leòn
Salutiamo Miguel, moglie e Arvo e partiamo per la prima tappa di avvicinamento al Piemonte. Arriviamo a Lugo all’una, con un caldo feroce che cercheremo di ignorare.
Lugo è una piccola città galiziana con una cinta muraria romana integra, fatta costruire da Ottaviano o Adriano, non si sa bene. Sono possenti, in mattoni, con 10 porte. Si potrebbe fare il giro, ma temiamo lo scioglimento e quindi le fotografiamo
Giriamo un po’ ed entriamo nella Catedral de Santa María. Ci siamo fatti dare l’audioguida in spagnolo, siamo ad un passo dalla cittadinanza!
La chiesa è bella, niente di indimenticabile però. La cosa più divertente è stato cercare di capire cosa diceva l’audioguida.
Pranzo in un baretto, ancora foto sulle mura e via verso Leòn.
Arriviamo che è sera, ci sono solo 38°, una febbriciattola.
L’albergo Hotel Spa è dietro la Cattedrale, quasi dentro. Ci hanno chiesto di suonare le campane domani mattina ..
Qualche minuto di aria condizionata e sono pronto, fa veramente caldo. Entriamo subito (6 €) nella cattedrale, l’esterno lo vedremo dopo.
Rimaniamo a bocca aperta, la Cattedrale è puro gotico, archi a sesto acuto, volte a crociera altissime e vetrate colorate. Degna delle sorelle francesi di Chartres, Bourges, Notre Dame e del nostro Duomo, anche se, a parer mio, il Duomo è ancora un’altra cosa.
L’audioguida, in italiano, spiega che la chiesa era stata “barocchizzata”, compromettendone anche la stabilità. Nel 1800 è stata praticamente riportata all’aspetto originale, abbattendo una cupola e facendo miracoli ingegneristici per evitare crolli. Quindi stupenda, ma non proprio originale.
Usciamo, sempre caldo ma senza sole. Facciamo foto alla facciata, bellissima e poi si bighellona un po’, vediamo la Basilica di Sant’Isidoro, romanica, la più antica di Spagna e la Casa Botines. Domani la visiteremo: è un altro delirio di Gaudì.
Cena, stasera carne, dopo 12 giorni di pesce. Niente di memorabile.
Torniamo in camera belli cotti. Domani ancora un po’ di Leòn e poi verso Burgos
15 luglio. Leòn – Burgos
Colazione con vista Cattedrale e puntiamo Casa Botines, di Gaudì. Una specie di castello con tanto di San Giorgio e drago sulla porta. Una casa con quattro torrioni che sa di già visto: infatti scopriamo che si è ispirato al castello di Azay le Rideau, nella valle della Loira, visto 30 anni fa…
L’esterno non ha senso, per me, ma almeno è simmetrico. L’interno, lasciate perdere, è una sequela di pannelli descrittivi.
Andiamo allora alla Basilica di San Isidoro a vedere il Pantheon dei Re. Un bell’itinerario guidato e si arriva alla cappella, che ha un migliaio d’anni: è strepitosa, tutta affrescata. La chiamano la Cappella Sistina del romanico. Ah, sembra che qui ci sia il Sacro Graal più credibile del mondo: una coppa del I secolo, che ha girato il mondo per arrivare qui. Basta crederci.
Lasciamo Leòn, veramente bella, e si va a Burgos che ci accoglie con i suoi freschissimi 40 °C. Li ignoriamo e puntiamo alla Cattedrale, altro gigante gotico. L’interno è meno imponente di quello di Leòn, perché è stato riempito di cose, troppe per me. Ma la cappella dei Commensabili, altissima e decoratissima, merita la visita.
È impressionante la cura della facciata, anzi due, come Leòn, ed una a testa sarebbe già bastata per fare oooohhh guardandole.
Ultimo strappo per raggiungere l’albergo: abbiamo puntato su El Palacete de Hobispo, tra Burgos e Bilbao. Sull’autostrada, da ieri, ci sono segnali circa il rischio di incendi: vediamo del fumo là in fondo ed il navigatore dove ci guida? Nel nulla ma verso il fumo, l’albergo è dietro la collina che brucia: quando si dice la fortuna. Ci rassicurano che non è nulla di preoccupante, infatti dopo un po’ il fumo non c’è più. Ceniamo in albergo, nei paraggi non c’è assolutamente nulla.
Domani lunghi spostamenti ed un tentativo che deve andare bene.
16 luglio. San Juan de Gatzelugatxe – Pau
L’hotel è veramente nel nulla, Quintanilla San Garcia, eppure stamattina alla colazione c’era un ingorgo. Più persone qui che nel paese. Salutiamo (e paghiamo 84€ + cena) e puntiamo a nord. C’è un punto fermo senza il quale il viaggio, almeno il mio, è monco.
Ho la prenotazione, alle 14:05. Arriviamo in anticipo, in tempo per assistere ad un matrimonio con vista scogliera + ballo tradizionale per gli sposi.
Ma dove siamo? Ricordate le prime trombe? Siamo tornati a San Juan de Gatzelugatxe!
Alle 14 ci presentiamo all’ingresso, leggermente preoccupati per le facce stravolte che arrivano di ritorno dalla visita. Bottiglia d’acqua d’ordinanza e si scende.
Dopo qualche tornante, eccola! Una scala che dalla terraferma si unisce ad uno scoglio sopra il quale (208 gradini sopra) c’è un eremo. Non riesco a descrivere il colpo d’occhio. Per farvi un’idea guardate gli ultimi minuti del 1° episodio della 7° stagione di Game of Thrones, la Roccia del Drago. La scala è così come si vede, il resto è computer graphics.
Io mi sento Jon Snow e Laura Danaeris, ma il confronto non regge: Danaeris è bionda, Laura bruna, Jon Snow è un figo, io un tipo.
Io faccio foto che neanche un paparazzo davanti a Belen per mano ad un koala in Via dei Condotti.
Saliamo e da sopra lo spettacolo selvaggio di questo posto mi lascia senza fiato. E c’è la bassa marea, con l’alta l’acqua lambirebbe la scala da entrambi i lati. Dopo il tempo necessario per quelle 2-300 foto, tutte uguali, siamo pronti per il ritorno.
Scesa la scala si risale fino alla partenza. Non so che faccia avessi all’arrivo, io ho cercato di darmi un tono, ma c’è chi vedendo la mia freschezza ha rinunciato alla visita. Non è vero, è faticoso ma decisamente fattibile. Non fatevi scoraggiare dalla fatica, merita la pena venire qui.
Riposino sotto una pianta e ci prepariamo a lasciare la Spagna.
Arriviamo alla chambre d’hotes Le Castet a Lons, vicino a Pau dove ci accoglie Michel che non sa e non capisce una parola di qualsiasi lingua diversa dal francese, ma con sforzi reciproci abbiamo fatto una piccola chiacchierata. Magari gli parlavo del viaggio e lui del tempo. Vabbè. Cena a Pau, vicino al castello. La città è carina, rispetto al deserto di ieri sera credo che anche la banlieu parigina avrebbe avuto il suo fascino.
17 luglio. Minerve – St. Remy de Provence
Colazione con conversazione più sciolta e si parte.
Nel passato siamo stati 3 volte in Provenza, sempre al Clos des Buy da Francoise e Renèe, con i quali ci scriviamo durante l’anno. Vorremmo passare a salutarli ed abbiamo chiesto se avessero una stanza. Purtroppo no, ma poco dopo ci scrivono che la sorella di Françoise, Nicole, ha una roulotte rimaneggiata che vorrebbero iniziare a rendere disponibile. Ci chiede se siamo disposti ad inaugurarla e noi accettiamo volentieri. Due novità: conosceremo la sorella di Françoise e vedremo com’è stare in una roulotte.
Da Pau a St. Remy sono oltre 500 km, serve una tappa intermedia. L’internet ci dice che dopo Carcassonne c’è Minerve: uno dei più bei borghi di Francia, e Minerve sia!
Arriviamo all’ora di pranzo, la canicule si fa sentire. Scegliamo, furbi, un locale al chiuso che fa le crepes. 33 °C fuori, locale senza A/C e piastre, due, per le crepes accese. Una fornace. Aggiungiamo 1 lt. di vino rosso. Comunque il pranzo è andato.
Minerve è incantevole: due fiumi hanno scavato due gole profondissime ed il borgo è sullo sperone creato dalla confluenza. Venite a vederlo, merita la deviazione. Sotto, nel letto del torrente si è formata una galleria di una 50ina di metri che unisce le due gole.
Super accaldati ma soddisfatti partiamo per St Remy e la roulotte. Veniamo accolti da Nicole, Jean Louise e Sherpa, un cucciolone di pastore dei Pirenei.
Già questa accoglienza mette di buon umore, poi … la roulotte.
Avete visto i carri dei gitani (o di Peaky Blinders)? Ecco: questa sarà la nostra dimora. Un carro di legno verde e rosso con la scaletta in punta. Dentro salottino e camera di letto. Mi sembra di essere sul set di Chocolat: d’altronde siamo in Provenza. Bellissimo, ma a parole non se ho reso l’idea.
Nicole e Jean Louise sono molto affabili e simpatici, siamo andati subito d’accordo, complici i 2 pastis offerti. L’ultima notte non potevamo passarla in un posto migliore.
Cena a St. Remy poi sotto la veranda, davanti alla piscina, sì c’è anche la piscina, a scrivere queste righe e … sipario.
18 luglio. St. Remy – Isle sur la Sorgue – casa
Salutiamo Nicole, Sherpa, che per ricordo mi insudicia pantaloni e maglietta che mi dovrò cambiare, e la stupenda roulotte e iniziamo l’ultimo giorno di viaggio costellato di tappe.
La prima è ancora a St Remy a vedere Les Antiques: un arco ed un mausoleo romani in pietra bianca, molto d’impatto. Poi facciamo due passi nel viale che porta all’ospedale dove Van Gogh si fece ricoverare per trovare pace da tutte le sue angosce. L’ospedale non funzionerà, ma qui Vincent dipinse decine di tele, compresa quella famosissima della stanza in cui era ricoverato. Dal male di Van Gogh è arrivato a noi del bello. Non visitiamo l’ospedale perché ci eravamo già stati.
Ora si va a salutare Francoise e Renèe, i gestori del Clos de Buy, una chambre d’hotes vicino ad Avignone. È la quarta volta che passiamo di qui, un saluto era d’obbligo.
Prima di partire veramente facciamo visita a Isle sur la Sorgue, una bella cittadina con canali e mulini, nostra tappa fissa nei viaggi in Provenza. I 40° annebbiano un po’ tutto, ma passate da qui, col fresco è incantevole: il luogo ideale per cena bordo canale al lume di candela.
Basta tergiversare! Partiamo! È lunedì, traffico inesistente. Facciamo tappa a Barcelonette per un gelato: Laura ne ha preso uno che peserà come un’anguria. Si è annuvolato e dobbiamo fare una corsa, Laura ha sacrificato 3 etti di gelato/zavorra per correre più agevolmente. Giusto in tempo per salvarci dal diluvio.
Le tappe sono terminate, arriviamo a Savigliano in provincia di Cuneo, all’ora di cena accolti con giubilo da Kira la nostra cana che si sarà chiesta dove fossimo finiti.
Vacanza terminata.
Conclusioni
5.065 Km. In auto. Non avevamo mai fatto un viaggio così lungo: Francia del sud, Paesi Baschi, Cantabria, Asturie, Galizia e Castilla y Leòn.
Dai 35 °C ai 15 °C e ritorno tra cose viste molto differenti tra loro: arte contemporanea, barocco, gotico, spiagge, scogliere, fari, sole, pioggia, nebbia. Con la soddisfazione d’aver scelto una bella meta per le vacanze, anche quest’anno.
Una Spagna meno turistica della costa mediterranea.
11 pernottamenti diversi ci hanno permesso di diluire i 5.000 km percorsi.
Ora però la macchina la lascio volentieri in garage.
Torno alle passeggiate con la cana.