Pescara: una città da correre
Arrivo a Pescara quasi per caso, senza troppe aspettative, forse perché di Pescara si dice sempre poco. Ma voglio comunque darle una possibilità e decido di farlo nel modo in cui di solito amo affrontare un posto per la prima volta: di mattina presto e di corsa. Perché correre mi fa sentire un po’ più del posto e un po’ meno turista.
Correre a Pescara è molto facile perché è sorprendentemente ricca di isole pedonali e piste ciclabili, che in questo mio primo incontro mi faranno da navigatore.
Parto da Pescara Centrale e attraverso il grande parcheggio a pagamento che divide la stazione dal centro storico. È un parcheggio comodo sia per chi parte, che per chi decide di visitare la città.
Imbocco Corso Umberto I, la via dello struscio, una pedonale costellata di negozi, che porta fino al mare. Prima di arrivare alla spiaggia, però, attraverso piazza del Sacro Cuore con la sua chiesa neoromanica costruita in un angolo, messa in disparte come se avesse una colpa da scontare.
È il momento poi di piazza della Rinascita, la principale di Pescara, amichevolmente detta piazza Salotto. Metto in stop gli auricolari e per qualche secondo le chiacchiere, le risate e il rumore dei cucchiaini da caffè prendono il posto della musica: l’appellativo Salotto mi sembra proprio azzeccato.
Mi perdo tra i vicoli a destra e a sinistra di corso Umberto I, tra vie che portano nomi di città, tra vetrine, ristoranti e localini pronti a dare il loro meglio solo verso sera. Scoprirò poi che l’aperitivo migliore è quello del Randevú in via Giuseppe Mazzini 51 e che via Cesare Battisti è la mia preferita per trascorrere il pre e il post cena con un cocktail in mano. La mia e quella di altre centinaia di persone più o meno giovani che qui si danno appuntamento e affollano dehors e strade.
Ritrovo il corso e scendo dritto fino al mare, dove gli stabilimenti balneari si susseguono l’uno dopo l’altro per chilometri, lasciando spazio, di tanto in tanto, a lembi di spiaggia libera. La ciclabile del lungomare Giacomo Matteotti fa parte della Ciclovia Adriatica che collega Ravenna a Santa Maria di Leuca. Tra ciclisti, monopattini e altri runner, arrivo al mastodontico Ponte del Mare, il più grande ponte ciclo-pedonale d’Italia e uno dei maggiori d’Europa, che collega la riviera nord con quella sud del fiume Pescara, dove si trova il Porto Turistico.
Le mie gambe implorano di non avventurarmi di corsa su quel ponte così ripido e decido di ascoltarle. Ci tornerò passeggiando, scoprendo che la vista da lassù non è per niente male! Last but non least, il Ponte del Mare è super instagrammabile.
Corro così lungo il molo per godermi la vista dei trabocchi, per poi prendere la ciclabile del Lungofiume dei Poeti e costeggiare il fiume Pescara. Pochi metri e l’odore di pesce mi entra forte nelle narici. Al mattino, qui si vende per strada il frutto della pesca notturna.
Al primo ponte piano decido di cambiare sponda. Nell’attraversare il fiume mi godo i murales che hanno reso opere d’arte persino i grigi piloni dell’asse attrezzato.
Da piazza dell’Unione, centro della città vecchia, risalgo il fiume imboccando corso Gabriele Manthonè. Correndo per la Pescara Vecchia ho un assaggio dell’aspetto della città prima dei bombardamenti del 1943. Tornandoci di sera, soprattutto in seconda serata, scoprirò che corso Manthonè e la parallela via delle Caserme sono oggi uno dei cuori pulsanti della movida pescarese.
Ma a corso Manthonè, al civico 116, si trova anche la Casa Natale, oggi museo, di Gabriele D’Annunzio che è nato proprio qui nel marzo del 1863. Mi riprometto di tornare nel pomeriggio. Con 4 euro visiterò le stanze in cui il Vate è cresciuto. Tra i suoi cimeli, una menzione speciale va agli abiti, specchio della sua grande originalità!
Arrivo nella piccola piazza Garibaldi, dove una decina di ragazzini si esercitano con i loro skate. Noto un posto super stiloso, in cui sono all’opera in vetrina sia barber che tatuatori, Aeternvm. Più tardi prenoterò un taglio barba e capelli, di cui resterò molto soddisfatto.
A pochi passi dalla casa del poeta e dal mio nuovo barber preferito, sorge la Cattedrale di Pescara, la chiesa di San Cetteo, voluta fortemente da D’Annunzio, che ne ha finanziato in parte i lavori. Qui è anche sepolta sua madre.
Corro per qualche centinaio di metri su viale D’Annunzio e nei vicoli intorno, attratto dai numerosi negozi di stoffe e da un cinema hard gestito da anziani signori, fieri di portare avanti la loro attività nel centro della città.
Sono stanco ma non troppo. Continuo sulla ciclabile di viale D’Annunzio che si trasforma in viale Pindaro e poi in viale della Pineta. Mi ritrovo così all’ombra della pineta dannunziana, riserva protetta, polmone verde della città. Faccio qualche giro intorno al laghetto e, sotto agli sguardi di decine di tartarughe immobili, adagiate una sopra l’altra sui tronchi che escono dall’acqua, riparto verso il punto di partenza.
Rientrando mi perdo, ritrovo la strada e mi riperdo. Attraverso altri ponti, vedo altri murales, scorci diversi di Pescara. Dopo circa 10 chilometri, un pensiero si fa sempre più insistente nella mia testa: quello delle famose Pallotte Cacio e Ova di cui ho tanto sentito parlare e che mangerò poi da Ciacco, in via Carlo Poerio 24.
Arrivo nuovamente alla stazione di Pescara Centrale. Mi sono fatto una prima idea della città, una città facile da vivere, che ha un’occhio di riguardo per il suo cittadino e che si evolve con lui. Mi accorgerò poi che Pescara è anche accogliente, moderna e soprattutto viva, ricca di eventi e di gente. Non sarà forse la città più bella d’Italia eppure è una città che emana energie positive, buone vibrazioni, di giorno al mare, di sera per le strade. Una città da correre, da girare in bicicletta. Una città che va visitata, sì… ma che va soprattutto vissuta.