Che donna, Cavietta!
Costanzo ha intervistato la Cavietta Peruviana
Che donna, Cavietta! Va libera per mari e per monti. Sale su un treno e zac, è di qua, zac e è di là. Oggi è a Roma. La devo placcare, così ci rivediamo dopo tanto tempo, e ce ne andiamo a cena in un bel posticino.
Tra i ristoranti che bazzico di solito, c’è quello africano. Ho chiesto a Cavietta se le andava una cena esotica o se preferiva qualcosa di più tradizionale. Ha detto un bel sì alla cena africana, e allora via, più veloci della luce, in un posto dai sapori intensi, dagli odori forti che ti restano a dosso per un bel po’, dato che si mangia con le mani che alla fine della cena sanno di spezie.
La prima volta che ho visto Cavietta eravamo ai Laghetti del Maglio a Sasso Marconi. Aveva una canotta rosso Ferrari e svolazzava di fiore in fiore col viso furbino e le ciglia lunghe lunghe come quelle di Paperina. Si sentiva il flap flap delle ciglione e te la trovavi vicino col sorrisetto coccoloso. Forse avrei dovuto andarla a prendere alla stazione, ma mi ha detto che sarebbe venuta vicino al ristorante senza problemi. Ho paura che il traffico l’abbia ingoiata, non si vede ancora.
«Costanzo, ciao!» Cinziuccia, ben arrivata! Stanca per il viaggio? «No, affamata, andiamo?» Come no! Un bel tavolino vista strada, arriva il menù. «Dunque vediamo cosa ordinare… Il cous-cous mi piace un sacco, anche se mediamente ritengo sempre più buono il mio… (a mio gusto almeno!) per questo non lo ordino mai… Mi limito solo ad assaggiarlo dal piattone collettivo. Io preferisco il riso con quelle fantastiche salse di ceci piccanti, o di lenticchie… Hummm che bontà! Altra cosa che gradisco è lo spezzatino, anche quello piccante… Ma Coss, siccome tu sei vegetariano posso senz’altro fare a meno di carne, spezzatino e mi ti seguo in una cena afro-vegetariana! – i nomi non li so, Coss, a Bologna il ristorante africano e anche quello marocchino hanno un menu “orale” che prevede la micro descrizione del piatto, ma non il suo nome di battesimo!» Non c’è problema, ti aiuto io! Qua il cous-cous non lo fanno, così ti togli dall’imbarazzo del giudizio. In effetti il ristorante si autodefinisce “africano”, ma fanno solo cucina eritrea. Comunque, se ti piace lo spezzatino, qua lo schiamano Spriss, c’è piccate o semplice, e da quello che mi dicono è parecchio buono. Io, in ogni caso, voglio pure l’antipastino. Io prendo un kategna, ti infiamma la bocca, ma ha il suo perché, e poi un bel falafel, giusto così per preparare lo stomaco. Anche tu? «Certo certo!!!!» Dunque, uno spriss, un misto vegetariano, due falafel e due kategna, grazie! Mmmmh, già assaporo! Il bello di ‘sto posto, è che il servizio è lentissimo, sicché io ne approfitterei per iniziare un’intervistina, che ne dici? «Ok proviamo Coss… Ti premetto che sono imbarazzata fin da ora, non amo particolarmente essere al centro della scena, ma sta volta me tocca: vedremo cosa salta fuori.» Eh eh ehe, inizia il terzo grado! Senti un po’, tu una volta, parlando, hai detto che segui con interesse Slow Food. Visto che stiamo per cenare, la domanda è azzeccata: qual è il tuo rapporto col cibo? «Il mio rapporto con il cibo è bellissimo! Mai un litigio, pensa che sono quasi quasi alla ricerca di qualcosa che non mi piaccia!! Per un po’ di tempo ho creduto che non mi piacessero i cetrioli, in effetti non mi dicevano niente… Poi puff… Un giorno ho scoperto che mi piacciono pure quelli!! Insomma Coss io non ho mica un cibo che non mi piace… Sì ho fatto solo qualche brutto incontro (nessun ragno caramellato ancora!)… Il peggiore è stato uno spezzatino di montone (quasi fossile), con le interiora e tutto. L’aspetto era invitante, l’odore faceva riflettere sul grado di fame, e il sapore era terribile; ma la sorpresa peggiore sono stati dei bei pezzettoni di rognone (fossile e all’ammoniaca) mimetizzati tra i pezzi di carne. In quell’occasione ero a Tunisi con l’università e proprio quella sera il professore ci stava anticipando che per l’anno successivo aveva in progetto di portarci a Tula, la sua condizione era di non vedere tanti capricci per il cibo.. Argh.. Proprio quella sera!!! Fino ad allora avevo mangiato divinamente!! L’idea di partire per un altro viaggio-studio ha prevalso sulla puzza di pipì dello spezzatino: prova superata… Peccato che poi siano mancati i fondi per partire!» Che sfiga! «A parte gli scherzi quello che mi piace un sacco è la convivialità dello stare a tavola. Le chiacchere, la compagnia, le risate sono la condizione migliore in cui mangiare e bere! Penso che la ricerca di una certa qualità di vita e il riappropriarsi del proprio tempo siano sempre più importanti, e sicuramente, bisogna partire dallo sviluppo sostenibile delle comunità locali, arrivando fino alla tavola, e all’elogio dell’ospitalità, della calma, del riposo.» Una filosofa del cibo! Che cosa divina! «Mi piace molto la definizione slowfoodiana di “ecogastronomo”, a cui aggiungerei anche il titolo di “turista” e non mi dispiacerebbe farlo per professione. Non male eh?» Dillo a me! Sarebbe il mio sogno: lavorare nel turismo e nel cibo! Non si sa mai, ma dovrei studiare a posta! « Uhhh Coss! Magari il prossimo anno potremmo seguire insieme il Master sul management enogastronomico in cui Martino insegna!! Cibo e viaggio: sono una curiosa incallita, al punto che delle volte detesto dover scegliere! Provo tutto quello che posso.» Giusto in tempo per provare l’antipasto. Il falafel va intinto nel bicchieretto lì che contiene l’hummus, quella pappetta di ceci e semi di sesamo, il kategna si mangia liscio. «Mmmhh sai che è proprio buono!».
È buono sì! Beh, tra un falafel e l’altro, diventiamo professionali: scatta la domanda sul viaggio. Signorina Cavietta Peruviana, ci dica, Lei che tipo di viaggiatrice è? Qual è il Suo modo di viaggiare? «Per il momento soprattutto con la fantasia!!!! I periodi più adatti alle ferie al lavoro, non coincidono mai con i con momenti tranquilli all’università… Senza contare il fattore “soldo”! Quando finalmente ci riuscirò…Ahhh che soddisfazione! Anche io, come molti altri TPC, sono allergica al villaggio e alla vacanza “tutta compresa”. Sono curiosa, e il mio viaggio ideale deve soddisfare questa curiosità. Dovrebbe essere una combinazione di scoperta, incantamento, possibilmente (ma è difficile!) immersione (facciamo pucciatina!???) nella realtà locale o almeno osservazione partecipante (ogni tanto me ne ricordo e mi faccio sociologa!!!)… E anche un pochino di svacco non guasta! Una cosa che non credo riuscirei a fare, a meno di non riuscire a trovare l’intesa perfetta con le persone che eventualmente sono via con me, è aggregarmi pigramente senza coinvolgimento nell’organizzazione e gestione del viaggio.» Ho la bocca in fiamme, ‘spetta che bevo… Mamma mia, ardo tutto! E, tra quelli che hai fatto, esiste il viaggio più bello e viaggio più brutto? «Coss, non ti ho detto che ho una sostanziale difficoltà a semplificare in classifiche… Forse la difficoltà è a priori, ed è difficoltà nel dover scegliere (perchè non posso andare qui E là, mangiare questo E quello, fare a E b???). Anche alla banale domanda su quale sia il mio colore preferito ti risponderei il blu, …Poi però non potrei fare a meno di aggiungere anche il giallo, l’arancione, e sì.. Anche il verde! Chissà se la mia è una patologia? Martino dimmelo tu… In tal caso mi sono guadagnata a pieno titolo il mio posto alla neuro! È arrivata la pappa, Coss?» Sì sì! Vegetariano a me, lo spriss lì, grazie. Madonna, non se li scordano mai ‘sti broccoletti, non mi piacciono! Vuoi un po’ di broccoletti? Non so a chi mollarli! Scusa lo sfogo, dicevi? «Sì sì butta qui i broccoletti! Dicevo che alla domanda più bello/più brutto ti risponderò approssimativamente, ti accontenti?» Si capisce! «I viaggi più brutti saranno sicuramente quelli che non riuscirò a fare!! Anche i peggiori ricordi di viaggio col tempo sfumano e diventano ricordi buffi (come quest’estate con il quasi-arresto per non aver dato la precedenza all’aereo a Corfù). Per quello più bello non ti saprei dire Coss… Sono affezionata a tutti i miei spostamenti/viaggetti/vacanze/gite.» Senti, se ti va di parlare mangiando, io passerei alla domandina su TPC. Intanto come hai conosciuto il sito, e poi dammi un giudizio: «Nonostante io abbia seguito spesso le gesta dei miei concittadini Pat & Syusy, sono capitata sul nella più classica tradizione dei “per caso”: cercavo qualcosa da leggere su un ipotetico viaggetto in Portogallo che stavo pregustando nella mia testa (e lo pregusto ancora!), e dal fidato motore di ricerca mi sono trovata su Tpc. Devo dire la verità, il racconto sul Portogallo è passato immediatamente in secondo piano, dato che c’erano troppe cosa da curiosare: ricette, forum, informazioni sui paesi… Per un discreto periodo di tempo ho solo letto, zompettando qua e là, poi un giorno ho distrattamente aperto il Blabla e mi sono ubriacata con le chiacchiere dei presenti. Mi sono intrufolata con discrezione (nel senso che non ho preteso lo squillo di trombe e il tappeto rosso, per intenderci!!!), e dopo un po’ (davvero poco!!!!) sono stata risucchiata in questo vortice di follia. Pensa Coss che è passato quasi un anno dal primo incontro al pic-nic di Bologna…» È vero, era l’anno scorso di questi tempi! «Da allora ho conosciuto un bel po’ di Turisti per caso! Il sito attira gente molto diversa eppure con una particolare voglia di conoscere, di condividere. Credo che catalizzi un sacco di energie ed è davvero una miniera di informazioni impagabili, se poi alle informazioni di viaggio aggiungi particolari doti letterarie…Beh diventa un piacere leggere e perdersi nei viaggi altrui. Insomma il mio giudizio sul sito è assolutamente positivo, e in generale anche sulla gente che lo popola! Diciamo la verità Coss… C’è anche qualche caso “particolare” … Ma contribusce a creare quel folklore che tanto ci piace, no??!» I cibi eritrei sono serviti in piatti rivestiti da una specie di piadina morbida che si spezza con le dita e si usa come una presina per mangiare quello che c’è sopra. Nella pancia, questa pasta cresce e si gonfia. Il risultato è un senso di appagamento sensoriale e di spossatezza da abbuffata. Siamo usciti dal ristorante e abbiamo fatto una passeggiata per smaltire. Camminando abbiamo chiacchierato ancora. S’è parlato di yoga e di lap dance, due grandi passioni di Cinzia, ci siamo scambiati un po’ di ricette, m’ha dato quella della torta tajadlina: da paura! Siamo arrivati fino al Gianicolo, il colle dal quale si gode la vista più bella sulla città di Roma. E lì, seduti su una panchina, con la sonnolenza del dopocena, abbiamo concluso la nostra chiacchierata. Ci siamo aggiornati alla prossima volta, capiterà sicuramente di rivederci; chissà, allora che cos’altro ci racconteremo.