Cronisti per Caso: Los Roques, il paradiso resiste

Leggete l'articolo di Pepa C., trovate la parte di descrizione turistica del viaggio tra gli itinerari del Venezuela

Los Roques, il paradiso resiste

A Los Roques si fa il bagno in mezzo a pellicani e "boba", le lucertole vagano sulla spiaggia, pesci pappagallo, cataline, tartarughe e coralli riempiono le acque dell'arcipelago e...
Turisti Per Caso.it, 21 Ott 2006
cronisti per caso: los roques, il paradiso resiste
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Leggete l’articolo di Pepa C., trovate la parte di descrizione turistica del viaggio tra gli itinerari del Venezuela

Los Roques, il paradiso resiste

A Los Roques si fa il bagno in mezzo a pellicani e “boba”, le lucertole vagano sulla spiaggia, pesci pappagallo, cataline, tartarughe e coralli riempiono le acque dell’arcipelago e i colori del mare hanno sfumature irreali. Fino a qualche giorno fa, a Gran Roque si dormiva con le porte aperte perché niente e nessuno aveva mai turbato quei luoghi. Io ero lì, la notte del ” hecho”. Quella sera avevamo cenato con carpaccio di bonito sorseggiando vino cileno sulla terrazza della posada, in compagnia della nostra dueña. Faceva fresco, il vento soffiava sulla laguna. Da lassù vedevamo le luci delle posade Lagunita e Acquamarina, poco più avanti. Stremati dal sole di Crasquì, siamo crollati a letto verso le undici. La porta della nostra camera era spalancata, così da creare una corrente fresca che riempisse la stanza. A ripensarci ora, ciò che più mi lascia senza fiato è la calma assoluta, il silenzio di quella notte, il nostro sonno tranquillo e ignorante mentre a meno di duecento metri da noi qualcuno moriva.

La mattina a colazione arriva la notizia. “Hanno ucciso una donna, stanotte.”, dice la nostra posadera.

Segue qualche secondo di silenzio.

“Dove… Qui?” chiedo io.

“Sì, qui a Gran Roque. Un’italiana. Suo marito è in fin di vita.” Come dietro a un obiettivo, quando non riesci a mettere a fuoco. La sensazione, è quella. Perdere per un attimo i confini del contesto mentre le parole rimbombano in testa come qualcosa di strano, alieno, eppure vicino. Chiunque avrebbe potuto essere alla Lagunita in quella stanza e questa fatalità ingrata non trova ragione.

Per le strade i più sconvolti sono i roqueni, perché leggono negli occhi la diffidenza dei turisti, sanno che qualcosa si è spezzato. La sera, le porte si chiudono.

I lancheros giù al molo hanno un sorriso strano stampato sul volto. È il sorriso della tristezza, della beffa inaspettata. “Adesso sarà più dura”, dicono mentre ritirano i passaporti e li passano al militare che controlla. È appena successo, i colpevoli potrebbero essere ancora in giro, nessuno deve abbandonare l’isola senza essere registrato.

Eppure, tutti sull’isola credono che chi ha colpito sia già lontano da un pezzo. Niente di più facile.

Passano le ore e si cerca di capire. Passano i giorni e si torna alla normalità, si cerca di isolare quel momento atroce per ritagliarsi uno spazio di vacanza serena, perché così avrebbe dovuto essere, per tutti.

E si parte per Cayo de Agua, dal vetro della maschera subaquea si vedono le stelle marine adagiate perfette sui fondali, si arriva fino a Boca de Sebastopol e ci si ubriaca di colori, ci si sdraia nell’acqua trasparente di Francisquì e si passeggia fino alla punta della spiaggia bianca di Espenquì in compagnia di alcatraz e boba, i piedi che sfiorano conchiglie di Botuto, si chiacchiera sulla terrazza della posada tra cuba libre e pavillion criollio. Si sorride, a volte ci si rabbuia, delle notti ci si sveglia col batticuore perché un uccello grida stridulo la sua nenia o un paio di pescatori escono dal molo alle quattro di mattina.

Insomma, si continua a vivere, nonostante.

Tutti laggiù, ci provano. Anche se ci si sente impotenti. Perché oltre al dolore del fatto e dei familiari, c’è il dolore di centinaia di roqueni innocenti che si vedono sbattuti in prima pagina, vittime involontarie di un gesto inaccettabile. Los Roques vive di turismo. L’ottanta per cento dei turisti stranieri sono italiani e a volte in questi casi la stampa non fa sconti, lo scoop è l’unico mantra che la muove. In quei giorni i giornalisti italiani chiamano impazziti le posade in cerca di dettagli. Sui giornali escono notizie approssimative e false, si parla di rapina. Sul posto intanto le informazioni corrono veloci, versioni diverse dei fatti si moltiplicano e si annullano come immagini in un gioco di specchi, vengono alla luce situazioni, scorci di esistenza, convinzioni condivise, si colgono bisbigli, si tirano i fili dell’ordito, che sembra inequivocabile. Non conosco Andrea della Lagunita, ma laggiù tutti si conoscono, il paese è un mazzo di case sparpagliate su un’isola fatta di sabbia e coralli. Non conoscevo la Lagunita ma so che era sempre piena, che gli ospiti si trovavano bene.

Matteo è italiano e vive a Los Roques da otto anni. Se ne è venuto via dall’Italia perché era stanco di cronaca nera e telegiornali. Faceva il fotografo di cronaca e ha scelto di cambiare lavoro e luogo per vivere in un posto incontaminato, puro. Quando ha saputo del “echo” gli è mancato il respiro, ha rivisto i suoi anni novanta in Italia, gli anni della Uno Bianca.

E comunque. Comunque bisogna andare oltre lo sgomento dell’eccezione fatale e ingrata. Fare come Paolafox che sul forum di Los Roques scrive che ha deciso di partire lo stesso. Provare a respirare, voltare pagina e iniziare di nuovo a parlare di posade, “cayos”, pellicani e “tortugas”.

Da ora.

Pepa C.



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