L’Altro Turismo per Caso: i campi ecologici di Legambiente
Mario: Ciao Daniela, come hai saputo della possibilità di partire per questo campo? Daniela: Lo scorso anno ho fatto un corso sul turismo sostenibile, perciò ho iniziato lì a conoscere l’esistenza di questi campi volontariato. Grazie a questo corso, poi, sono andata a fare uno stage a Legambiente Marche, dove ora sto effettuando il servizio civile, e proprio lì ho scoperto che Legambiente Nazionale, che è in contatto con varie associazioni del mondo, faceva da tramite con altre associazioni per fare questi campi volontariato. C’erano diverse possibilità di scelta tra i vari campi, con varie destinazioni, ma io avevo già deciso di andare in India. Dopo che ho deciso di partire, Legambiente mi ha messo in contatto con l’associazione indiana. Dopodiché, però, mi sono organizzata in maniera autonoma. Infatti per ciò che riguarda il volo, il visto e tutte le alte cose che servono per poter partire, ci deve pensare il volontario.
M: Raccontaci un po’ in cosa consiste un campo di volontariato e quali attività svolgevate. D: Io sono partita con mio cugino, che tra l’altro ha soli 17 anni, a novembre 2007 e sono rimasta in India due settimane. Una volta arrivati in India abbiamo raggiunto questo paesino che si chiama Kundapur, nel Karnataka. Lì ci aspettava il referente del campo che ci ha portati nella casa dove siamo stati insieme a tutti gli altri volontari. Quando si arriva bisogna pagare, in moneta locale, all’Associazione una quota, che nel nostro caso è stata di circa 170 euro che comprendeva il vitto l’alloggio e i trasferimenti durante la settimana. Il campo era sulla salvaguardia delle tartarughe marine. Non era ben specificato cosa si andava a fare. Inoltre vengono mandati massimo due volontari per nazione, quindi si vive e si lavora con ragazzi di altre nazioni. Con noi c’erano due ragazze finlandesi, una ragazza olandese. Le nostre attività le svolgevamo insieme a dei volontari che stavano lì da lungo termine, circa tre mesi. Tutte le nostre attività le svolgevamo insieme a loro, e loro ci indirizzavano su cosa fare. Noi speravamo di vedere e stare a contatto con le tartarughe ma in realtà non ne abbiamo mai vista una perché quando sono andata io era il periodo in cui ancora le uova non si erano schiuse. Quindi la nostra attività principale era quella di andare in giro, all’inizio nelle scuole, e fare uno spettacolino in lingua locale per cercare di sensibilizzare i bambini sull’importanza della salvaguardia delle uova di tartaruga. Questo perché spesso le uova vengono rivendute tra gli abitanti o vengono mangiate. Perciò noi cercavamo di far dare le uova all’Associazione affinché venissero messe nelle incubatrici. Come attività più manuale, invece, abbiamo costruito, sulle spiagge dove vengono ritrovate le uova, dei recinti dove vengono posizionate. Inoltre con delle foglie e delle canne di bambù facevamo dei cartelloni in cui spiegavamo l’importanza delle tartarughe.
M: Oltre a svolgere queste attività, hai avuto la possibilità di visitare altri luoghi dell’India? D: Solitamente in questi campi funziona che si lavora mezza giornata o una giornata intera dal lunedì al venerdì, e poi si hanno sabato e domenica. Per cui il volontario ha la possibilità di scegliere se trascorrere il fine settimana svolgendo un’attività insieme al resto del gruppo o fare qualcosa per conto proprio. Io e mio cugino, visto che come attività di gruppo non era stato organizzato niente di particolare e che avevamo solo due settimane perché poi saremmo tornati in Italia, abbiamo deciso di spostarci per conto nostro e, nel limite dei due giorni, visitare un po’ dell’India.
M: Ripensando al tuo viaggio, è un’esperienza che consiglieresti? D: Sicuramente è un’esperienza che consiglio, ma non a tutti. Bisogna essere predisposti mentalmente e soprattutto sapersi adattare. Si tratta di un’esperienza assolutamente positiva per chi parte sapendo di doversi confrontare con realtà totalmente nuove e magari anche non facilissime da vivere. Capita infatti di dormire o vivere in posti poco accoglienti. Per quel che riguarda il volontariato, certo due settimane non sono molte per aiutare qualcuno, però la sensazione è positiva in quanto un minimo ci si sta rendendo utili. La cosa bella e particolare di questa esperienza è che, a differenza di altri viaggi, si entra davvero in contatto con il posto e con la popolazione. Lì turisti non ce ne sono, ci sono solo la popolazione del luogo e i volontari, perciò si ha la possibilità di stare davvero a contatto con la cultura locale.
M: Cosa ti ha lasciato questa esperienza? D: È stato un viaggio che mi ha dato tanto e mi ha aperto molto verso il settore del volontariato. Sicuramente sarei felice di tornare in India. Inoltre mi piacerebbe riuscire a organizza io stessa un campo volontariato con un progetto di turismo sostenibile. Già stiamo cercando di organizzare, insieme alla regione Marche, un campo a Cuba. L’attività precisa ancora non è stata stabilita, perché dobbiamo prima andare a fare un sopralluogo. Comunque pensavamo di orientarci verso i campi più classici, come la sistemazione di un sentiero all’interno di un parco. Anche se ci interessava molto la possibilità di poter lavorare su degli alloggi che adesso sono dei campeggi e riconvertirli in strutture ecologiche. Ma prima di decidere bisogna individuare in modo specifico quelle che sono le vere necessità del posto. Daniela (alias Celia) ci ha segnalato la sua esperienza via posta e risposta, e partecipa alla discussione in corso su questo forum dedicato all’Altro Turismo per Caso.
Se hai perso gli altri approfondimenti che abbiamo pubblicato negli scorsi aggiornamenti, puoi recuperarli nell’archivio dei tam tam.
Lascia un commento
Devi fare login per poter commentare.