Scrittori per Caso: settima parte de “Il cavallo di Leonardo”, di Marco Caciolli
Le dita erano contratte dal nervoso e gli occhi di un verde intenso scorrevano le righe ad una velocità impressionante.
Nella piccola stanza dove si trovava vi era un forte odore di chiuso, ma, nonostante questo, Nico teneva sbarrata la finestra e rimaneva immobile, in silenzio, avvolto dal fumo, pensando.
Nico Costa aveva ventisei anni, era alto un metro e ottantotto con un fisico snello e asciutto; aveva i capelli castani corti, una leggera barba portata un po’ incolta e due occhi profondi ed espressivi.
Viveva da solo in un piccolo appartamento dove era conosciuto come un giovane simpatico e molto educato.
Lavorava all’università di Firenze come assistente del prof. Sentini, l’incubo degli studenti della facoltà di archeologia; oltre ad essere suo collaboratore era anche suo intimo amico e godeva della sua piena fiducia.
Nico era stato uno studente modello; fin dall’inizio aveva dimostrato una forte tenacia e un amore sconfinato per tutto ciò che riguardava il passato e la sua storia; l’ignoto lo affascinava e le avventure più strampalate lo attiravano come una calamita; amava leggere e collezionare libri, amava gli sport e teneva molto alla propria forma fisica; sapeva essere al tempo stesso romantico e dolce quanto crudele e cinico: non amava le ingiustizie e cercava di combatterle con tutte le sue forze.
Poteva essere il ragazzo ideale, ma lui non ci credeva; ancora non era riuscito a trovare il vero amore, quello che ti fa stare male, che ti prende la testa e il cuore, che ti fa perdere la ragione, che ti dà la forza di mille uomini: quello insomma per il quale sacrificheresti la vita.
Per adesso era lì, solo con il suo lavoro e qualche sporadico amico con il quale usciva ogni tanto per una birra e quattro chiacchiere; ma andava bene così, non si lamentava; prima o poi sarebbe toccato anche a lui, si ripeteva sempre, bisognava solo aspettare.
La lettera che aveva in mano intanto poteva significare qualcosa di grosso e così, passandosi una mano tra i capelli castani, quasi volesse liberare la mente da tutti i pensieri, la rilesse per la terza volta: cosa volevano da lui i legali di Rufus Helgermayer? Certo lui era un archeologo, ma che il più importante e ricco mercante d’arte antica della Germania cercasse proprio lui gli pareva alquanto strano.
E se ci avesse messo lo zampino il prof. Sentini? No, non poteva essere, lo avrebbe sicuramente avvertito prima; ma allora chi poteva aver dato al signor Helgermayer il suo indirizzo? Non era poi così tanto famoso; scrollò la testa: l’unica soluzione era telefonare e rendersi conto di persona del motivo di questa missiva.
Si decise finalmente ad aprire la finestra; l’aria fresca di dicembre lo assalì d’un botto e lo fece rabbrividire. Richiuse subito tutto, si avviò verso il telefono e digitò lentamente il numero.
“Studio Cook and James, buona sera, posso aiutarla in qualcosa?” “Buona sera, sono il signor Costa; ho ricevuto la vostra lettera questo pomeriggio, con chi posso parlare?” “Le passo subito l’avvocato signor Costa, attenda in linea” “Grazie”- click; Nico accese un’altra sigaretta, ma dopo due boccate, la scaraventò disgustato per terra “Pronto signor Costa, sono Richard Cook; mi fa piacere che abbia telefonato, ne eravamo quasi sicuri” “La vostra lettera mi ha molto incuriosito e quando si tratta di attività inerenti l’archeologia, non mi tiro mai indietro” “Ottima scelta, se lo lasci dire” “La ringrazio; senta, so che voi rappresentate il signor Helgermayer, quindi deduco che sia lui a desiderare il mio aiuto: potrei sapere di cosa si tratta?” “Lei ha perfettamente ragione; il signor. Helgermayer ci ha pregato di spedirvi quella lettera nella speranza che voi avreste accettato senza esitazioni, e non si sbagliava…” “Venga al punto avvocato” “Beh, non c’è molto da dire; il signor. Rufus, come lei sa, è un famosissimo mercante di antichità, sempre alla ricerca di preziosi pezzi per la sua collezione privata.
Si dà il caso che attualmente abbia per le mani un affare di notevole rilevanza, per il quale necessita di una persona giovane, discreta e competente in materia: insomma signor. Costa Rufus Helgermayer ha bisogno di lei.” “Ma per cosa esattamente?” “Io non sono autorizzato a dirlo e francamente non lo so nemmeno; il signor. Rufus ha ritenuto più opportuno non rivelarci tutti i particolari, ci ha incaricato solamente di fissarle un appuntamento qualora aveste accettato” “E quando dovrei incontrarlo allora e dove?” “Fra tre giorni il signor. Helgermayer verrà a Firenze per affari e se per lei va bene sarà lieto di riceverla, nel primo pomeriggio, nella sua villa fuori città.” “Molto bene signor. Cook; riferisca che accetto volentieri l’invito, e grazie per la sua gentilezza” “Dovere signor Costa; arrivederci”.
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