La Repubblica dei Saharawi, uno stato in esilio
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Viaggio nel RASD, uno stato in esilio.
di Monica Valeri
Dopo essere stato colonia spagnola nella prima metà del ‘900, il Sahara Occidentale a partire dagli anni ’50 inizia ad essere rivendicato dal Marocco e fino al 1979 anche dalla Mauritania. Dal 1975 per sfuggire all’invasione marocchina, la popolazione autoctona Saharawi si rifugia nei campi profughi algerini nei pressi di Tindouf. Gli interessi politici ed economici internazionali hanno causato un lungo stallo dei negoziati dell’ONU per sancire l’autonomia di questa regione: quella del Sahara Occidentale, infatti, è una zona con risorse petrolifere, la più ricca del mondo per fosfati e con un mare pescosissimo. Il Marocco, quindi, vuole riappropriarsene appellandosi a un “diritto storico”, ma in realtà alla base c’è soprattutto un interesse economico per le grandi ricchezze del territorio… Un territorio appartenuto da sempre ai Saharawi.
Già nel 1976 fu fondata la Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD), qualche anno dopo la nascita del fronte di liberazione Polisario per contrastare le forze marocchine, con un primo ministro e un presidente. Poi, con il cessate il fuoco degli anni ’90 e firmati gli accordi di pace con la mediazione delle Nazioni Unite, si prevedeva un referendum di autodeterminazione (indipendenza o integrazione al Marocco) che non è stato ancora effettuato. Le Nazioni Unite s’impegnano a vigilare sulla tregua con una missione di osservatori chiamata Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale (Minurso). Nell’attesa di potersi pronunciare con il voto per decidere le sorti del territorio conteso, sono più di 200.000 i Saharawi che, orgogliosi e determinati, continuano a darsi da fare affinché le nuove generazioni possano crescere forti e preparate, nella speranza di riappropriarsi della terra d’origine. Hanno così creato un vero e proprio Stato in esilio. Distribuiti in tendopoli divise in province (wilaya) e comuni (daira) cercano di vivere in modo “normale”, mantenendo il legame con la terra d’origine in prospettiva di un futuro ritorno.
Sulla popolazione Sahrawi
I Saharawi sono molto religiosi, ma senza fanatismi, e tendenzialmente monogami. All’interno di questa società musulmana, insolitamente, un ruolo attivo e importante è svolto dalle donne, che hanno grandi responsabilità nell’organizzazione, nell’istruzione e nella sanità. Sono un gruppo sociale molto democratico e egualitario, che cerca di dar spazio a tutti i membri della società per garantire l’efficienza amministrativa con la partecipazione collettiva ai processi decisionali. Infatti è loro interesse far capire alle nuove generazioni l’uguaglianza tra ragazzo e ragazza, il sentimento nazionale e la responsabilità individuale e collettiva all’interno della costruzione della società. Fra le nuove generazioni l’analfabetismo non esiste quasi più e per gli adulti si organizzano specifiche campagne estive. Nei campi però mancano elettricità e acqua corrente, le strutture sanitarie sono carenti di macchinari e medicinali. Anche lo smaltimento dei rifiuti sanitari resta un problema e si spera che non vengano inquinate le poche falde acquifere molto superficiali.
La lotta per l’indipendenza
Nonostante le continue interferenze marocchine è attiva una radio, è prodotto e stampato nei campi il giornale Saharalibre e molti siti internet di associazioni amiche si impegnano dall’estero per dare voce alla lotta, seguendo le vicende socio-politiche del Sahara Occidentale e sostenendo l’autodeterminazione. Dal 2005 nei territori del Sahara Occidentale occupati è in atto una resistenza popolare nonviolenta per protestare contro la violazione dei diritti fondamentali. La reazione marocchina è spesso aggressiva, soprattutto con gli attivisti dei diritti umani, quasi tutti arrestati. Molti Saharawi scomparsi durante gli anni di lotta armata non sono stati ritrovati, o perché ancora prigionieri, o perché morti nelle fosse comuni. Il Marocco ha commesso inoltre gravi crimini ecologici e culturali con la distruzione parziale del territorio del Sahara Occidentale, costruendo un muro di protezione con relativi fossati e campi minati, abbattendo gran parte dei pochi alberi esistenti, dando la caccia a diverse specie di animali e estraendo petrolio con ripercussioni inquinanti di falde acquifere, suolo e aria.
In Europa la maggior opposizione al muro e all’occupazione marocchina del territorio Saharawi, è svolta da associazioni umanitarie, d’amicizia e di sostegno con il popolo Saharawi. L’Algeria è da sempre un alleato e un sostenitore dell’indipendenza Saharawi: l’alleanza poggia su l’esistenza di un confine aperto ai nomadi e con il continuo conflitto tra Marocco e Algeria. Le proteste continuano e tuttora a 15 chilometri a est di L’Aaiún circa 20.000 persone sono accampate a Agdaym Izik da tre settimane per chiedere un’abitazione ed un posto di lavoro e denunciare il furto che il Marocco fa delle ricchezze del Sahara.
Diamo voce alla causa Saharawi
L’Associazione El Ouali per la libertà del Sahara Occidentale vuole far conoscere le difficoltà del popolo Saharawi in esilio anche attraverso la cultura, promuovendo eventi musicali, teatrali, letterari e sportivi inerenti alla causa e appoggiando volontari e progetti di solidarietà per aiutare in qualche modo nei fatti ma anche solo a non dimenticare un popolo che da anni aspetta di tornare sul suo suolo. Per questo, anche un turismo responsabile e solidale può giocare un ruolo importante nella sensibilizzazione dell’opinione pubblica e l’esperienza vissuta a diretto contatto nei campi può diventare messaggio di informazione e solidarietà.
Maggiori informazioni e le ultime notizie sul sito: http://www.saharawi.org/