Un mese on the road in Venezuela
Indice dei contenuti
Patrizio
INTRODUZIONE
di Marco (Orso) Schiavina.
Concettualmente e ideologicamente ho sempre costruito tutti i miei viaggi con il ‘fai da te’, anche quelli per lavoro (turisti/velisti per caso) ma ho imparato sulla mia pelle che in alcuni paesi (il Venezuela è uno di questi) è più opportuno (pratico ed economico) rivolgersi ad un organizzatore locale: il modesto ricarico, infatti, compensa ampiamente le difficoltà (e i costi) dei servizi, come la prenotazione degli alberghi, dei mezzi di trasporto, la qualità delle guide, i vari permessi e ogni altra necessità di viaggio, permettendo inoltre di esplorare luoghi assolutamente inediti. Anni fa avevo conosciuto alla BIT, la borsa internazionale del turismo, un imolese, Spartaco Schiassi, trasferitosi da 25 anni in Venezuela, direttore del Tour Operator Ma-Ci-Te turismo e del consorzio Conturven con il quale siamo diventati amici. CONTURVEN – consorzio turistico venezuelano (tel. 0058 295 249 1085 – fax 0058 295 249 1471 – cell. 0058 414 8165450, presidencia@conturven.net) promuove il turismo attraverso soci, periodicamente testati, i quali hanno la mission di garantire la qualità e l’affidabilità dei servizi offerti al cliente.
Spartaco, ex viceconsole, ha curato viaggi per personaggi dello spettacolo, del mondo imprenditoriale, dello sport, della politica, della televisione, per gruppi di ricerca: insomma ogni genere di turisti; è esclusivista delle migliori compagnie di viaggio italiane ed è stato consulente per il turismo del Governo venezuelano: a chi, meglio di lui, potevo rivolgermi? Il Venezuela (ora Repubblica Bolivariana del Venezuela) è percepito, soprattutto in Italia, come un paese a rischio, pericoloso, ma se il viaggio viene concordato con un Tour Operator affidabile, che mette la sicurezza del viaggiatore al primo posto, non lo considera una ‘valigia’ da spostare, sceglie le sistemazioni più appropriate (cosa che è quasi impossibile fare dall’estero, perché molto spesso si tratta di strutture, come quelle in cui siamo stati noi, molto ospitali, ma con poche camere, quasi sempre full), le guide migliori, tara gli itinerari (o soltanto alcuni servizi) sulla base delle necessità del turista, si occupa dei cambi più vantaggiosi e sceglie la maniera più sicura per viaggiare (ad esempio gli aerei di ultima generazione per ‘Los Roques‘, a volte quadrimotori, non le ‘carrette’ che di tanto in tanto cadono, creando sensazione di insicurezza), tutto diventa più semplice e la vacanza rimane tale. Per sfatare la cattiva fama abbiamo deciso di fare il viaggio che vi descriviamo affidandone il resoconto ai nostri due figli Saverio e Galileo, entrambi diciassettenni, per dimostrare come si riesca a visitare il paese facilmente e in sicurezza, basta solo affidarsi alle persone giuste e seguire le indicazioni su cosa sia opportuno fare o meno. Buona lettura e – se vorrete – buon viaggio.
Marco ‘orso’ Schiavina
DIARIO DI VIAGGIO IN VENEZUELA
di Galileo Schiavina e Saverio Schiassi
Venezuela: leggendo i racconti e i forum (anche sul sito TPC) ci si fa l’idea di un paese in cui i rischi superano le piacevolezze ma, con alcune accortezze, si riuscirà a godere di un bellissimo viaggio, come quello che abbiamo fatto noi.
Il Venezuela è un paese molto fortunato; uno degli emergenti dell’America Latina, ricco di ogni ben di Dio: sulla terra tutti, ma proprio tutti, i tipi di frutta e verdura. La campagna permette fino a quattro raccolti l’anno (!), ogni tipo di carne proveniente dagli immensi pascoli, il pesce più vario, di mare e di acqua dolce, ed è, per la gioia dei connazionali che non riescono a farne a meno, il secondo paese al mondo per consumo di pasta. Il sottosuolo è tra i più ricchi del pianeta (petrolio, gas, oro, diamanti, pietre preziose, materiali ferrosi e tanto altro).
Il clima ha due stagioni: umida e secca. La temperatura media, sul mare, va dai 28 ai 32 gradi centigradi e non scende mai sotto i 20: una estate perenne. All’interno dipende dalle zone: dagli oltre 40 di alcune localita, al fresco di altopiani e montagne, perfino alla neve sulle Ande. Le autostrade sono gratuite (purtroppo non sono tante) e il prezzo della benzina e’ a dir poco irrisorio ( per dare un’idea, per un pieno di 60 litri di super, il costo totale è di 0,7€ e stanno realizzando distributori di GPL a prezzi ancora più bassi! ). Infatti il Venezuela è il secondo produttore di petrolio e gas dopo l’Arabia, ma quello con le maggiori riserve. Comunque non di tratta solo di quantità, il prezzo è calmierato dal Governo per scelta politica e copre il costo di produzione solo in minima parte. La crisi del l’occidente sta importandovi ‘pensionati’ ed ‘esodati’ che non riescono ad arrivare a fine mese nei loro paesi, mentre qui vivono praticamente da benestanti: sono allo studio pacchetti per coloro che desiderano trasferirsi a vivere qui.
Un Paradiso in terra? Decidetelo da voi, di certo vi sono ancora grandi contraddizioni: c’è in generale un divario tra ricchezza e povertà (con relativi problemi). Ci sono disservizi, strade malmesse (attenzione in particolare alle migliaia di ‘policia apostada’, dossi – spesso non segnalati- per limitare la velocità, messi ovunque, anche fuori dai centri abitati), circolazione notturna sulle strade e autostrade pericolosa (auto sprovviste di fari, autotreni che corrono come auto di Formula1, dossi e buche ecc), pericoli naturali (serpenti e altri animali velenosi di ogni tipo poi boa, anaconda, coccodrilli e via dicendo..) senza dimenticare i puri-puri, insettini molto peggio delle nostre zanzare che, poco prima del tramonto, invadono spiagge e terraferma… Ma vengono fatti passi avanti ogni giorno, per migliorare la situazione. Un esempio, piccolo piccolo, ma emblematico: Farmatodo, una catena di enormi supermercati dei medicinali, tutti nuovi, lindi e luminosi (ma vi si trovano anche altri generi di prima necessità, dalle bibite ad alcuni cibi) che si trovano in ogni città, aperti 24 ore e in cui, come in un Mcdrive è possibile ordinare e pagare direttamente da uno sportello esterno, senza scendere dall’auto. Molto pratico, funzionale e innovativo.
Mare di occidente
Diverse compagnie aeree collegano l’Europa al Venezuela. Noi abbiamo scelto Air Europe che, da Roma Fiumicino, con tappa a Madrid, in 11 ore circa, arriva all’aeroporto Simon Bolivar di Caracas. Arrivando la sera la cosa migliore è recarsi subito all’albergo: consigliamo l’Hotel Catimar, situato in prossimità dell’aeroporto. Si affaccia sul mare a Catia la mar, nella periferia di Caracas e consente di visitare la costa occidentale senza addentrarsi nel caos del traffico che ad ogni ora collassa la città. L’albergo, nonostante un ambiente semplice è molto accogliente anche per la presenza di un buon ristorante (il servizio è lento lento). Degno di nota il fatto che ogni stanza sia fornita di un condizionatore: in Venezuela difficilmente patirete il caldo, tutt’altro…
Andando verso occidente, entrando nello stato di Aragua, sulla Caracas-Maracay, un ottimo modo per fare “colazione” è fermarsi in un arepera, cioè una piccola area di servizio che serve arepa. L’arepa è l’alimento tipico della colazione venezuelana e consiste in una frittella di farina di mais cotta su piastra e riempita a piacere: dal semplice formaggio, pollo, o maiale alla più elaborata reina pepiada, una salsa con avocado, maionese e – a scelta – pollo o tonno. Se non sapete scegliere in quale fermarvi (le arepere in quel tratto di autostrada abbondano) sostate in quella più affollata: noi ci siamo fermati nell’arepa grill Parador Maitana, dove un arepa ripiena e una spremuta d’arancia costano meno 4€.
Maracay, chiamata anche “città giardino”, è una cittadina molto attrezzata con teatri, centri sportivi, ricreativi, sopratutto militari: infatti è un centro nevralgico per vari corpi di armata. Proseguendo si entra nel parco naturale Henri Pittier: in onore del botanico, geografo e etnologo svizzero che arrivò in Venezuela nel 1917 e si concentrò sullo studio della fauna e della flora, scoprendo 30 mila specie (il parco è stato aperto nel 1937 ma solo nel 1953 è stato dedicato al botanico). C’è una unica strada che porta a Choroní, con un percorso tortuoso che si inoltra sulle montagne fino ai 1800 mt slm da cui si può godere una fantastica vista nelle giornate serene e dalla lussureggiante vegetazione. Il parco è famoso anche per la varietà di specie di uccelli: ne sono state scoperte quasi 600, cioé il 7 % della popolazione mondial e(!), ma anche per le sue spiagge caratterizzate dal mare cristallino.
Scendendo verso la costa si raggiunge il paese di Choroní, il cui nome deriva dall’omonimo fiume che lo percorre, ricco di pregiati gamberi di fiume (nelle giornate festive i locali si bagnano, raccolgono i gamberi e li cuociono su griglie improvvisate) posto sulla strada che collega Maracay al mare. Un paio di chilometri a nord si trova Puerto Colombia, una piccola cittadina sul mare che con gli anni è diventata molto frequentata . Infatti a differenza di Choroní, sono presenti in maggior numero posadas (circa una quarantina) e ristoranti economici, attraendo così molti giovani e famiglie, anche da Caracas. Un ottimo posto dove fermarsi è l’Hacienda El Portete, una posada in stile pueblo Choroní, con anche una riproduzione della chiesa (l’Iglesia Santa Clara, patrona della città) e della piazza del paese (Plaza Bolivar, come in ogni città, per legge). L’ambiente è molto accogliente anche grazie alle quattro piscine di cui una idromassaggio e di camere ampie e fresche. Anche il cibo è di ottima qualità e presenta molte possibilità di scelta, il tutto a prezzi convenienti. Puerto Colombia è un punto nodale per le escursioni sulle spiagge: infatti noleggiando una barca è possibile visitare le splendide Playa grande (raggiungibile comunque via terra anche da Choronì), Playa cepe (luogo fantastico che si raggiunge solo dal mare, oppure, per i più temerari (con un percorso che attraversa le montagne in 3 giorni di cammino) Playa Chao, spiaggia dell’omonima città, rinomatissima per il suo cioccolato (dagli esperti ritenuto il migliore del mondo) che gli indigeni chiamavano l’alimento degli dei. Infatti il nome scientifico del cacao è Theobroma cacao, proprio con questo significato) e anche per le feste di pescatori che si svolgono ogni anno attorno a ferragosto ma soprattutto da quella dei Diablos Danzantes (troverete le variopinte maschere un po’ ovunque) durante la settimana santa.
La zona tra Chuao e Ocumare è ricca di piantagioni di cacao grazie alla posizione: infatti la pianta per crescere necessita di ombra, sotto le piante a largo fusto (come quelle che vedrete nel tragitto verso il paese), poi grazie all’incontro della salinità che viene dal mare e dell’umidità che viene dalla foresta si è creato l’ambiente perfetto. La cittadina è quasi completamente isolata, essendo a 5 km dalla spiaggia con solo una stradina a collegarla con alcuni autobus (beh, mezzi a motore sarebbe più indicato….) che fanno il trasporto di cose e persone. Nel paesino troverete varie famiglie che preparano il cioccolato artigianale e lo servono in tutti i modi, in tavolette, caldo, mousse, mignon. Anche il ‘te’ di cacao’ è eccellente. Tornando a Maracay diretti verso Ocumare, si trovano sulla strada diverse bancarelle che servono buon cibo a prezzi molto convenienti: da assaggiare assolutamente le bevande di frutta nelle quali la frutta viene frullata e poi setacciata e con l’aggiunta di acqua o latte si ottiene rispettivamente un batido (simile ad un succo) o una merengada (simile ad un frullato). I gusti possibili sono innumerevoli: dalla parchita (frutto della passione), alla guayaba, ai più particolari mora e patilla (cocomero) e papelón (canna da zucchero) e tantissime altre, ma tutte di una bontà straordinaria. Comunque si trovano in tutto il paese e sono una caratteristica molto piacevole e dissetante. Difficilmente rischierete la ‘vendetta di Montezuma’, cioè la diarrea: sono puro succo e acqua purificata, come pure il ghiaccio. Proseguendo sulla strada si arriva all’ingresso del Rancho grande (il nome originale del parco naturale poi cambiato in Henri Pittier), dove è possibile addentrarsi nella foresta per vedere particolari piante e/o animali. La particolarità di questo ecosistema è dovuto al fatto che la zona è costantemente ricoperta da nebbia e nuvole (tanto che è stata ribattezzata Bosque Nublado) che creano un’umidità tale da permettere la crescita di piante tipiche, come l’orchidea, la pianta nazionale venezuelana. All’interno del parco è presente un edificio, ora in rovina, voluto dall’ex presidente Gómez, poi interrotto al momento della sua morte, diventata la base delle guide e sede di ricerche scientifiche.
Lungo la strada che porta al porto di Ocumare si trovano diverse posadas; subito dopo l’insegna di benvenuto nella città della ‘costa dorada’ si trova la Samiana Posada, aperto abbastanza recentemente, che presenta una cura dei particolari da parte dei gentilissimi gestori (a colazione vi consigliamo si assaggiare un’arepa con il cazon, un piccolo squaletto, dal sapore molto simile al tonno), i quali organizzano anche escursioni alla Ciénaga. Infatti dal porto della città è possibile recarsi con un embarcadero (vi basterà contrattare con i barcaioli per ottenere un buon prezzo) a questa insenatura naturale dalle spiagge bianche e dal mare turchese, caratterizzato da una barriera corallina strabiliante, ancora integra e ricca di fauna acquatica. Una volta lì è possibile noleggiare una canoa con cui dirigersi sull’altra sponda o fare un giro dell’isoletta. La spiaggia non è molto affollata anche grazie ad una norma che proibisce il trasporto di più di 1600 persone nella Ciénaga, ma nelle giornate di alta stagione potrebbe accorrere più gente, con barche proprie.
Dopo un viaggio di 200 km da Ocumare verso Tucacas, dallo stato di Aragua a quello di Falcón, si arriva all’ingesso del parco nazionale di Morrocoy: poco prima di entrare all’altezza del paese, al lato della strada, sono presenti diverse bancarelle dove è possibile fermarsi a mangiare le migliori empanadas del Venezuela. Queste (dopo le arepas) sono alla base dell’alimentazione venezuelana e consistono in una sorta di gnocco fritto ripieno di formaggio, carne ecc. Nella colazione dei Venezuelani è presente inoltre un altro elemento molto frequente: la cachapa, cioé una frittella di mais (molto più grande di un’arepa e con un sapore di mais molto più forte) ripiena di formaggio. Il parco nazionale di Morrocoy si divide principalmente in due zone: la zona attorno a Tucacas e quella di Chichiriviche, a loro volta suddivise in una parte terrestre (caratterizzata da un numero esorbitante di palme da cocco) e da una parte insulare; a ogni zona corrispondono circa 20 isole, una più bella dell’altra. Proprio questa è la maggiore attrazione del parco, con isolette e atolli dalle spiagge caraibiche e dal mare trasparente, come Cayo Sombrero, piccolo angolo di paradiso con una barriera corallina priva di onde e assolutamente fantastica, desolato nei giorni feriali ma molto affollata durante le festività. Molto particolari sono i battellini che, navigando, servono cibi (pesce e molluschi preparati alla venezuelana) e bevande ai vacanzieri: assolutamente da provare la cocada, cioè il latte del cocco frullato insieme alla polpa dello stesso e latte condensato e altre guarnizioni come la cannella. Per gli amanti del birdwatching c’è un’ isola chiamata il nido: in mezzo alle fronde delle mangrovie nidificano migliaia di uccelli tra cui le fregate (si possono vedere stormi interi da molto lontano), ibis rossi dal piumaggio brillante e fenicotteri rosa. Al tramonto è possibile assistere al volteggiare di migliaia di uccelli contemporaneamente e poi, subito prima dell’imbrunire, addormentarsi sugli alberi tranquilli grazie alla mancanza di predatori. È possibile recarsi nell’arcipelago per mezzo di barche a motore dai porti di Tucacas o di Chichiriviche. All’interno del parco sono presenti moltissime Posadas, ma una si eleva sopra tutte le altre per una cura minuziosa dei dettagli e un’atmosfera a dir poco incredibile: El solar de la luna. La signora Berta Paola, gentilissima e simpaticissima, ci ha sorpreso sotto tutti i punti di vista, dagli ambienti accoglienti e e ben curati, ai pasti raffinati e deliziosi (come un ottimo souffle di morcilla e un sorbetto ai petali rosa). La vista sul parco e sul mare poi è assolutamente mozzafiato e ammirarla dall’interno dell’idromassaggio è un’emozione indicibile.
Il sud ovest
Non molto lontano dal parco nacional di Morrocoy vi è un altro parco, questa volta botanico: El Parque de la Exotica flora tropical di San Felipe nello stato di Yaracuy (apertura dalle 9 alle 16). Questo si divide in due zone, la zona del monastero, la cui costruzione è avvenuta nel 1720 da parte dei frati cappuccini con l’obiettivo di evangelizzare gli Indios e il giardino botanico. Questo contiene più di 2500 varietà di piante, da alberi centenari a piante di eliconia, passando per i diversi tipi di ginger (rosa, rosso, hawaino, thailandese) fino ai fiori tipici come la mazza del re (più grande e rosso) e la mazza della regina (più piccola e rosa). Per i più spericolati all’interno del parco e possibile anche fare una esperienza di alborismo, cioè il passaggio da una piattaforma all’altra (ognuna situata su un albero di altezza sempre minore, da 25m si passa a 8) tramite cavi e imbracature.
Poco lontano, sempre all’interno dello stato, v’è la cittadina di Chivacoa, la capitale del culto della Maria Lionza. Questa divinità, molto venerata in tutto lo Stato, rappresenta la bellezza, la fertilità e la natura: è raffigurata in groppa ad un tapiro, mentre alza un osso iliaco a simboleggiare la fertilità femminile. Per gli interessati: nella città la credenza della magia buona e cattiva è ancora molto forte e sono presenti alcune “profumerie” dove potrete trovare elisir, pozioni e i sigari per entrare in sintonia con la Dea. Alcune stradine sterrate, al lato della Montagna della Sorte a Equivallo, proprio di fianco alla guardia nazionale, conducono ai vari altari della divinità: nell’altare maggiore, poco prima del ponte che porta al monte, è raffigurata tutta la trinità, cioè con la Dea al centro e di fianco un indio cacique (Guaicaipuro) e il Negro Felipe anche se, essendo un culto panteista, le divinità sono molteplici. Le origini del culto e della nascita di Marìa sono varie, poco chiare e a volte contrastanti, ma la più accreditata è che in una tribù indigena da una donna di pelle scura sia nata un bambina di carnagione chiara, bellissima, che fu subito venerata, dapprima nella tribù poi in quelle vicine, fino a buona parte del Venezuela (il culto si sta espandendo velocemente ancora oggi in tutto il Sud e nord America ed anche in Europa). È possibile anche recarsi sulla montagna ma senza un accompagnatore locale il luogo potrebbe rivelarsi pericoloso, in particolare con il buio. Dopo una trasversata di 400km, da San Carlos (dove si trova il più grande autodromo del Venezuela) fino a Mantecal, nello stato de Apure, chiamata regione de Los Llanos, si arriva alla stazione biologica famosa in tutto il mondo in cui ogni anno migliaia di biologi e ornitologi vengono per studiare le diverse specie presenti: l’Hato Cedral. Gli hatos sono grandi ranch che organizzano escursioni nella zona, e alcuni si occupano anche di progetti di ripopolazione delle specie a rischio. Le escursioni possono essere in fuoristrada o in barca, sulla strada o nei fiumi e paludi circostanti e avvengono di mattina e pomeriggio (per evitare il calore del mezzogiorno) e, per i più avventurosi, anche di notte per vedere gli animali notturni. All’interno della riserva infatti è possibile osservare i chiguìre (da noi conosciuti come capibara, i roditori più grandi del mondo, qui diffusissimi), i caimani (che qui chiamano baba), i coccodrili dell’Orinoco (specie a rischio, che qui vengono chiamati caimani), le anaconda e più difficilmente formichieri giganti, puma, giaguari, ocelot e volpi (specialmente di notte), oltre alla vastissima quantità di volatili (376 specie tra cui aquile, falchi, cicog, ibis, cormorani, avvoltoi, trampolieri e molti altri). Come molti posti in Venezuela, Cedral, punta tutto sull’ambiente e quindi i servizi sono scarsini: il cibo è migliorabile, le prenotazioni lunghe e complicate (tipico caso in cui un’agenzia turistica è indispensabile) camere non perfette, ma la vista che si può ammirare durante le escursioni compensa tutto, o quasi. Se possibile chiedete di aver come guida el señor Rafael, molto preparato, competente e simpatico, che aiuta a comprendere le abitudini degli animali, con imitazioni dei richiami. Di grande impatto il momento in cui lancia il cibo alle aquile, che lo prendono al volo.
Isla Margarita
A questo punto con un trasferimento di oltre 800 chilometri (da sud ovest a nord est, attraversando tutto il Paese) siamo arrivati a Puerto la Cruz da cui ci si imbarca, in aereo (viaggio di 15′, ma molto spesso gli aerei sono in ritardo, a volte anche di ore) o in ferryboat (in circa tre ore) per Isla Margherita che rappresenta la principale meta vacanziera, non solo dei turisti ma anche degli stessi venezuelani, che sono soliti passarvi le proprie vacanze.
Porlamar in particolare sprizza vitalità da tutti i pori: non farete nessuna fatica a trovare un centro commerciale, una discoteca, un casinò, un boulevard (strade del centro ricche di negozi) magari soggiornando nelle numerose urbanizzazioni di lusso lungo la spiaggia, fornite di ogni servizio. Non lontano dalla città, dal porticciolo di Lancha desde la Isleta, è possibile imbarcarsi per le isole vicine. Una delle migliori è Isla del Coche, playa caratterizzata da 5 km di sabbia bianchissima. Per arrivarci basta prendere un traghetto (noi siamo stati sul Tropical Caribe) che nell’arco di un’intera giornata, con una traversata di un’ora, trasporta, a meno di 20€ all inclusive (transfert, bibite e cocktail illimitati e pasti), sulle varie isole. Sul ponte del traghetto c’è musica e animazione: all’andata più sobria e tranquilla, al ritorno più ‘spinta’, favorita dal tenore alcolico raggiunto dai passeggeri, che si esibiscono in competizioni di ironica lapdance… Se invece preferite fare un giro dell’isola, ci sono alcune compagnie che organizzano tour in fuoristrada: noi consigliamo la Jeep Tours. Si parte da Porlamar passando a fianco del Serro de Matasiete; qui un monumento ricorda l’importantissima battaglia per l’indipendenza dell’isola contro gli spagnoli, sette volte maggiori in numero ma svantaggiati dalla scarsa conoscenza del territorio. Nella bandiera del Venezuela l’indipendenza dell’isola è ricordata con una stella (come per le altre 8 province che si sono affrancate via via dal dominio spagnolo). Si prosegue verso il Castillo di Santa Rosa, da cui si può ammirare una grandiosa vista della valle; si passa poi il per Serro el Copey da cui si raggiunge l’Iglesia de la Virgen del Valle, festeggiata l’8 settembre con una grandiosa cerimonia che attira migliaia di persone dalla terraferma.
Una delle mete più importanti è la Laguna de la Restinga, posta al centro dell’isola, che collega la parte principale, più verde e viva, alla penisola di Macanao, più arida e desolata. Qui si fa una escursione nella laguna, a bordo di battelli, attraverso gli intricati canali circondati da mangrovie, sulle radici delle quali si sono innestate ostriche, che possono essere gustate all’arrivo. L’ultima sosta sarà la punta più ad occidente dell’isola, punta Arenas, dove sarà possibile ammirare il tratto di costa e approfittarne per rinfrescarsi nelle acque del mare. Durante tutta la durata del tour vengono servite bibite e cocktail, anche qui, senza limiti (è compreso anche tranfert dal vostro hotel e il pranzo, in un ristorantino sul mare), anche questo per circa 20€.
Mare orientale e Delta Orinoco
Dopo un viaggio di altri 200 km (attraversando il bellissimo parco nazionale di Mochima, da cui si possono ammirare incredibili visuali delle baie che erano nel ‘700 rifugi di pirati e corsari, tra cui anche il celebre Francis Drake) si arriva alla cittadina di Caripe del Guacharo. Il guacharo è un uccello notturno e fotofobico che ha abitudini simili a quelle dei pipistrelli e si rifugia in una caverna lunga circa 10 km di cui sono visitabili solo i primi 800 mt, in due percorsi, il primo più largo e agevole e il secondo più stretto e angusto (visite con guida dalle 9,30 alle 16). Il paese si sviluppa sul lato della montagna ed è molto piacevole la tranquillità che trasmette grazie alle costruzioni variopinte e alla serenità della gente. Se vi fermate dovete assolutamente assaggiare il caffè, tipico e molto forte, e le fragole con la panna, coltivate sulle montagne limitrofe, assolutamente deliziose. Per gli italiani che sentono la mancanza della madrepatria e del suo cibo, vi consigliamo la trattoria 081 (avenida Enrique Chaumer 68): Alfredo -maestro pizzaiolo anche per una importante catena in Italia- serve ottimi e abbondanti piatti di pasta e fantastiche pizze, rigorosamente secondo la tradizione napoletana (sentirete molto l’atmosfera tipica della città campana e della sua squadra di calcio). Per dare una idea dei costi, in 4 abbiamo ordinato: un’enorme pizza familiare, 3 paste, 4 grigliate con contorno, 11 birre, 3 te freddi, il tutto per poco più di 20€!
Un’altra cosa incredibile è come in Venezuela le caratteristiche e i panorami cambino nell’arco di pochi chilometri: si passa dal clima caraibico, caldo e ventilato con piante come le palme, al clima più montano e fresco e flora più verdeggiante. Non troppo lontano da Caripe vi sono gli affluenti dell’Orinoco (il terzo fiume più lungo del mondo), tutti completamente navigabili, in cui si possono osservare tantissime specie faunistiche come i tonina (i delfini di fiume, molto timidi e difficili da avvicinare), caimani, pappagalli, tucani e scimmie urlatrici e flora come le eliconie, le palme, i palmiti (se siete fortunati potrete trovarne uno e assaggiarne il delizioso interno) e il raro cacao di fiume, una varietà di cacao derivante da Trinidad e Tobago che si è ibridata con una specie locale, crescendo appunto sui fiumi, con bellissimi fiori dai colori molto sgargianti. Se la pianta è matura ha un forte odore di cacao. Si possono organizzare escursioni da porticcioli di Morichal largo e di San José de Beuja. Ricordate di prepararvi bene (per sicurezza portate con voi un impermeabile, un repellente tropicale, un cappello e molti liquidi) e trovare un’ottima guida: le traversate possono essere molto lunghe, specialmente se volete raggiungere la laguna di Guasaconica per vedere i tonina e pescare i piranha (non è assolutamente facile come si può pensare!) e poiché gli indiani Warao, la popolazione indigena che vive sui fiumi (nella loro lingua Warao significa proprio popolo delle acque) che guidano i motoscafi non hanno la concezione del tempo, potete rischiare di viaggiare col buio e senza un guidatore affidabile potrebbe essere spiacevole.
Per dormire e mangiare, non troppo distante da entrambi i porti, consigliamo, su una laterale della strada che da Maturin va a Temblador, nel pieno della pianura, il Rancho San Andrés (rancho-san-andres@cantv.net): con una superficie di 1000 ettari, questo hato, situato a chilometri dalla civiltà, presenta un’atmosfera molto caratteristica, serve ottime parillade (grigliate di carne, tutt’altra storia rispetto ai pasti nel precedente Hato Cedral) e permette di fare cavalcate per buona parte del possedimento, dirigere una mandria e farti sentire come un vero gaucho venezuelano. Tutti i fiumi della zona sono affluenti del Río Orinoco, il cui delta dista un centinaio di chilometri dalla zona di Maturin, e proprio sulle sponde del fiume sorge la città di Ciudad Guayana, unione tra Puerto Ordaz e San Felix. Questa città, prevalentemente industriale, la si può ammirare sia dal ponte che passa sopra il fiume nel punto in cui la larghezza è di oltre 2 km (!) sia da sopra la diga e le chiuse, che consentono il funzionamento della centrale idroelettrica più grande e importante del Venezuela che fornisce energia a tutto il Paese. Proprio a fianco si trova il Parque Nacional la Llovizna: un enorme giardino botanico con entrata gratuita (orari dalle 9 alle 17) che si affaccia sul fiume da cui si può ammirare in tutta la sua maestosità la Llovizna’, la cascata che si riversa con grande forza (durante la stagione delle piogge lo spettacolo è incredibile, con il fiume che sembra straripare). Il parco nazionale è veramente affascinante con corsi d’acqua che scorrono ovunque, creando piccoli angoli di paradiso sconosciuti a molti (se volete provare qualche specialità, la granatina al frutto della passione è qualcosa di assolutamente delizioso, e nel parco la troverete a prezzi a dir poco irrisori). Potete visitare anche il parco delle rapide Cachamai (orari dalle 9 alle 17,30). Se pensate di sostare in città, evitando il centro perennemente intasato dal traffico, ma non lontano dalla vita attiva, vi consigliamo l’Hotel Hembajador (hembajador@hotmail.com) molto bello e accogliente, con camere ampie e spaziose, e ristorantino annesso dove i gestori, italiani, servono specialità del nostro paese.
Gran Sabana
Poco distante da Ciudad Guayana, sulla Transamazzonica, l’unica strada che porta al confine col Brasile, si giunge al parco nazionale di Canaima, che consiste nella zona circostante al Salto Ángel e alla zona conosciuta come Gran Sabana: un’enorme distesa pianeggiante in cima ad un tepui. I tepui sono antichissime conformazioni rocciose caratterizzate da una sommità piana, erosa dal tempo e dalle piogge. Sulla Transamazzonica vivrete veloci cambi di paesaggio e incontrerete paesini tipici come El Callao, costruito sull’omonimo fiume, risalente al periodo della febbre dell’oro , che ancora vive di oreficerie e gioiellerie (nella sola piazza Bolívar ce ne sono 25!), dove potrete acquistare oro lavorato o in pepite (oggi più raramente, da quando Chavez ha nazionalizzato tutte le miniere) a prezzi molto vantaggiosi. Las claritas è piccolo paese molto conosciuto sempre per le sue miniere ed poi El dorado, col suo famoso carcere di lavoro forzato, ancora attivo, a circa 13 chilometri dalla Transamazzonica, su di un tratturo molto controllato, in cui fu ambientato il celebre romanzo e il film ‘Papillon’ (non è consentita la sosta). Pochi metri prima della postazione di polizia trovate (incredibile!) uno dei tantissimi ponti in ferro costruiti da Gustave Eiffel, ora non più utilizzato.
Al Chilometro 88, ultimo paese prima della salita alla Sierra de Lema e alla Gran Sábana, inizia il Parco di Canaima. La salita porta ad uno spettacolo unico: a 1500 m di altitudine ci si trova davanti una sconfinata distesa di erba, collinette e tepuis minori, con corsi d’acqua che accompagnano le poche stradine sterrate, piene di buche (le piogge lì scavano parecchio, quindi preparatevi a subire molti ‘massaggi’). Appena superata la Sierra, si incontra il monumento al Soldado pioniero, in onore ai circa 1000 soldati periti durante la costruzione della strada che arriva fino a Sant’Elena de Uairen, a causa delle condizioni precarie di lavoro, agli incidenti e ai serpenti. Da qui iniziano le varie comunità indigene, oltre il forte militare, Fuerte Luepa, provvisto, di una pompa di benzina e di un piccolo aeroporto. Proprio svoltando per la laterale che parte da quest’ultimo, proseguendo per una quarantina di chilometri su di uno sterrato molto… sterrato, si arriva all’accampamento Chivaton che, sperduto nel bel mezzo del nulla, offre tutti servizi, in un’ambiente accogliente, vicino al Salto Apongwao (in lingua indigena, Chinak-Merù).
Ad una ventina di chilometri di distanza (considerando le condizioni della strada, non contate di metterci meno di un’oretta abbondante) scorre l’omonimo fiume che si conclude con una fantastica cascata alta un centinaio di metri e con la possibilità di scendere per un passaggio indio e raggiungere alla base le piscinette naturali nelle quali bagnarsi. Raggiungendo la comunità indígena di Iboribo, cioè il luogo dove i Pemónes organizzano viaggi al salto, si trovano ristori piacevoli e molto economici. Proseguendo lungo la strada che porta a Sant’Elena, verso la frontiera, troverete tantissimi corsi d’acqua e cascate (ma pochissime pompe di benzina) in cui vale la pena fermarsi: quasi tutti hanno un’area balneabile ma sicuramente ritagliatevi una decina di minuti per visitare il Salto Cama da cui si può ammirare un’ottima vista sulla valle sottostante e – volendo – è possibile campeggiare a pochi metri dalla cascata. 40 km dopo, lungo i tornanti, il paesaggio cambia di nuovo e lungo la strada ci si può fermare per ammirare una vera chicca: ad un certo punto si giunge (circa al km 880) ad un belvedere che dà sulla valle, location per le riprese del primo Jurassic Park. Se si vuole soggiornare nell’ultimo paese prima del confine con il Brasile, a Sant’Elena, punto di congiunzione di due culture, una delle migliori posada è sicuramente Villa Apoipo, che con cibo fantastico (ottima la caipirinha) e un’atmosfera tipica, offre un ottimo punto dove sostare per muoversi nei dintorni.
A pochi chilometri dalla città si trova la Chebrada de Jaspe, dalla tipica pietra rossa semi preziosa che riveste il letto del fiume come un pavimento, reso scivoloso dalle alghe (prestare molta attenzione, meglio tenere le calze). La cascata è suddivisa in vari livelli. Sul fondo rosso e nelle giornate soleggiate assume un aspetto fantastico, unico, impossibile da trovare in qualsiasi altra parte del mondo. Vicino a Sant’Elena c’è Pauji, raggiungibile solo tramite stradine sconnesse e sterrate, famosa per il miele locale (assolutamente da assaggiare quello col favo) da cui ci si può recare sul tepui del Abismo, il confine naturale tra Venezuela e Brasile, dalla cui cima si può ammirare la vista dell’inizio del Mato Groso, con un trekking di mezz’ora. Poco prima di arrivare al paese c’è l’area del Salto Catedral, in cui è possibile scendere fino alla base della cascata da cui si può vivere un’esperienza magica bagnandosi nella pozza. Sempre nei dintorni c’è anche la Poza Esmeralda, un laghetto sormontato da una cascatella che nelle giornate limpide assume appunto un bellissimo colore verde smeraldo che si intona con le piante che la circondano. Pauji è un paese molto piccolo, ma ci sono diverse posade dove dormire e mangiare, molto caratteristica è la posada MariPak (maripaktepuy@hotmail.com), situata vicino al “centro” del paese. Tutta la zona è una grande miniera di oro e diamanti che alimenta il contrabbando soprattutto con il vicino Brasile. La prima cittadina al di là della “Terra di nessuno” (territorio di una decina di chilometri reclamato da entrambi i Paesi e al centro di molti conflitti) è la Linea, dove è possibile acquistare artigianato tipico a basso prezzo e pietre preziose. La differenza di prezzo tra i due paesi sta fomentando anche contrabbando del carburante: le autorità cercano di disincentivarlo con misure (discutibili) che penalizzano gli automobilisti locali (inviando una o due autobotti al giorno, ad esempio) costringendoli a lunghe, a volte lunghissime, attese (altro caso in cui è fondamentale avvalersi di una guida esperta che provveda al rifornimento la mattina presto, prima del vostro risveglio). Da considerare che ci sono solo due pompe: una esclusivamente per i locali l’altra anche per il turismo ( che dovrebbe avere una corsia privilegiata, in teoria…) ed entrambe chiudono alle 16 e comunque quando termina la benzina. A noi è capitato di trovarci imbottigliati in una manifestazione di protesta di automobilisti esasperati per la mancata distribuzione della benzina che ha bloccato per ore l’unica strada. In questo caso non c’è nulla da fare, se non aspettare pazientemente….
Parco nazionale di Canaima
Come scritto precedentemente, il parco nazionale di Canaima è composto dalla Gran Sábana e da una zona pre-amazzonica, più verde e rigogliosa, piena di rapide, tepui e salti, tra cui anche il Salto Ángel (tutta l’area è tutelata dall’UNESCO). Questa regione non è facilmente raggiungibile poiché non ci sono strade quindi l’unico mezzo è il volo da Puerto Ordaz (o da Santa Elena) che, in una quarantina di minuti circa, giunge all’aeroporto del Parco (bisogna pagare una tassa d’ingresso di circa 5€). La zona circostante è ricca di “accampamenti”, ognuno con il proprio mezzo di trasporto che in pochi minuti vi porteranno a destinazione; uno dei migliori e dei più caratteristici è il Parakaupa che grazie a ottimi pasti in un’atmosfera molto coinvolgente con camere spaziose e una bellissima vista della laguna, aiuta il turista a immergersi nello splendido ambiente in cui si trova. Più esclusivo (soprattutto per la posizione) è invece l’accampamento Ucaima che si raggiunge solo tramite barche ed e posizionato proprio sulla sponda del fiume Carrao la cui proprietaria è figlia di Jungle Rudy, l’italoamericano che per primo scoprì Canaima. Questo accampamento offre la possibilità della sistemazione con capanne più vicino al Salto Ángel.
Ogni ‘campamento’ organizza escursioni nel circondario, tra cui principalmente Salto El Sapo e, ovviamente, al Salto Ángel. Il primo è raggiungibile prima in barca e dopo una breve camminata a piedi direttamente alla cascata. Da qui, per raggiungere l’altra sponda, bisogna percorrere il camminamento indio, largo poco meno di un metro e lungo 180 mt (ma vi sembreranno molti molti di più!) che passa SOTTO la cascata. Per l’occasione bisogna attrezzarsi a dovere sull’abbigliamento, rigorosamente in costume e calzini (per evitare di scivolare: cadere nella cascata sarebbe fatale come ogni anno accade a qualcuno) e seguire attentamente le indicazioni della guida: sotto il possente getto d’acqua, specialmente durante la stagione delle piogge, arrivano spruzzi che spostano anche i più robusti e preparati, su un fondo bagnato e scivoloso che comunque renderà l’esperienza ‘unica al mondo’: passare sotto il potente getto vi sorprenderà, oltre a ‘inondarvi’ con la sua bellezza e farvi sentire come Indiana Jones o Lara Croft. Attorno al fiume è pieno di comunità indio visitabili per scoprire le abitudini di vita e ammirare le opere di artigianato, tra cui le caratteristiche ‘atrapanovias’, (bastoncini di giunco intrecciati che i locali usano per trovare una fidanzata, infatti il nome significa proprio acchiappa ragazze). Nella zona ci sono diversi negozi che vendono oggetti tipici: i più forniti sono quelli dell’aeroporto e della mostra indigena. Non si può andare a Canaima senza affrontare l’avventura del Salto Ángel, ed è possibile arrivarci tramite due percorsi diversi, uno di due giorni, in barca, ed un altro, per i più atletici e avventurosi, di quattordici (sette per andare e altrettanti per tornare!), nel quale si visita tutto l’Auyun Tepui, arrivando proprio in cima alla celeberrima cascata. Nel primo, che abbiamo fatto noi, si parte in barca la mattina da Puerto Ucaima e dopo un tragitto di quasi quattro ore (il ritorno dura un’ora in meno perché è in favore di corrente) intervallato da alcune soste come alla Poza de la Felicidad, dove i locali credono che scorra acqua benefica e miracolosa (non troverete nessun indio con i capelli bianchi: casualità o è la mitica ‘fonte della giovinezza’?) si arriva davanti all’accampamento dove si pernotta. L’accampamento è composto da una tettoia con amache, situato sull’Isla de Ratón e immerso nella foresta. Per salire alla base del salto occorre fare un percorso non propriamente semplice che dura circa novanta minuti, arrivando prima al mirador, dal quale si può scorgere una vista grandiosa della cascata in tutta la sua magnificenza, per poi recarsi alla pozza situata proprio alla base. Dovete però sapere che la temperatura dell’acqua è di 5 gradi (!) e fate attenzione alla corrente che rischia di trascinarvi. Durante la stagione delle piogge bisogna fare ancora più attenzione perché il terreno bagnato è molto scivoloso e pericoloso e bisogna essere molto cauti e prudenti. La cena all’accampamento consiste in un ruspante e squisito pollo arrosto posto in uno spiedo e cotto sulla brace: mangiarlo all’aperto assieme a persone di nazionalità diverse permette di rendere ancora più incredibile e indimenticabile l’esperienza.
Los Roques
La meta più visitata da tutti i turisti che si recano in Venezuela è l’arcipelago di Los Roques, composto da 370 isole, di cui solo Gran Roque, l’isola principale, in cui si trova l’aeroporto, è abitata e il resto sono isole vergini, per una superficie di 1400 km di barriere coralline. L’unico modo per arrivare nell’arcipelago è tramite aerei da Caracas (evitate di servirvi di aerei piccoli e decrepiti, è opportuno viaggiare con aerei nuovi, ad ala alta, meglio se quadrimotori come quelli che vengono prenotati da Tour Operator affidabili) e dopo solo mezz’ora si giunge a Gran Roque, dove ci si registra e si paga una tassa d’ingresso (poco più di 5€ a testa). Il pueblo, abbastanza piccolo, è composto da una sessantina di posadas con 800 posti letto (ma solo una trentina hanno standard per turisti stranieri) e si affaccia sulla laguna, concentrato attorno alla solita plaza Bolívar.
Dal porto partono i battelli messi a disposizione dai pescatori locali, convertiti al turismo (più redditizio della pesca) che conducono nelle varie isole. Il coordinatore del servizio, Jesus (jesuslrv@conturven.net) realizza anche itinerari a richiesta. Una delle posade più caratteristiche è sicuramente la Galápagos: situata poco distante dal centro e affacciata sulla laguna, questo angolo di paradiso, “dove Dio si fermò il settimo giorno” (come dice il loro biglietto da visita) offre tutte le comodità di cui si necessita. Paula e Ivano vi offriranno pasti assolutamente deliziosi e degni di ristoranti di lusso oltre ad una piccola discoteca nel patio che offre musica fino a tarda sera. Ovunque all’interno del parco si trovano spiagge bianchissime, barriere coralline e tratti di mare veramente mozzafiato, quindi c’è solo l’imbarazzo della scelta. Le più turistiche e frequentate sono l’isola di Francisquí, molto vicina a Gran Roque, caratterizzata da un’acqua dai colori incredibili e tratti percorribili a piedi (è possibile raggiungere addirittura altre isole), e l’isola di Crasquí, più distante ma con una lunghissima e spiaggia e un mare turchese. In tutto l’arcipelago si può nuotare, se si è cauti e molto fortunati, con le tartarughe marine. Ma nell’isola di Norosquí le possibilità aumentano sensibilmente: infatti nel mare prospiciente cresce una particolare alga che funge da alimento principale e nelle prime ore pomeridiane vengono a nutrirsi a pochi metri da riva. All’interno del parco le attività praticabili sono innumerevoli: si va dalla pesca d’altura (tonni, barracuda e marlyn) agli sport estremi, quali windsurf e kitesurf, molto popolari tra i giovani. L’arcipelago ha diversi problemi strutturali: soffre di carenza di acqua, talvolta anche di corrente, per cui viene consigliato l’uso in quantità limitate, solo per lo stretto necessario. I pescatori ormai non pescano più e nelle giornate di mare mosso, quando le isole non riescono ad essere raggiunte dalla terraferma, può capitare di non trovare pesce fresco nelle posade.
Solitamente l’arcipelago è l’ultima tappa dei viaggi in Venezuela, per ritemprarsi. Così e stato anche per noi. L’ultima sera eravamo tristi, ma consci di aver vissuto un mese in un paese bellissimo, attraverso un viaggio di oltre 5000 km via terra e diversi spostamenti in aereo. Tutto è andato come ipotizzato, senza nessun problema, grazie a Spartaco (come avevamo previsto) perciò lo consigliamo vivamente a chi vorrà venire in Venezuela. Tocca tornare (sigh), ma rimangono ancora tanti luoghi interessanti da visitare.
Venezuela, torneremo!