Critica alle puntate sul Nepal: le risposta di Patrizio e di Piero Verni
Ciao Patrizio (e Syusy)
Ti scrivo in merito ultime tre puntate di Turisti per caso, il viaggio in India e Nepal, andate in onda il 14, 21 e 28 gennaio 2002.
Ho riscontrato che più volte sia tu che il tuo compagno di viaggio in terra nepalese avete definito il Tibet come "terra occupata, invasa, colonizzata" dalla Cina comunista, all'inizio...
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Ciao Patrizio (e Syusy) Ti scrivo in merito ultime tre puntate di Turisti per caso, il viaggio in India e Nepal, andate in onda il 14, 21 e 28 gennaio 2002. Ho riscontrato che più volte sia tu che il tuo compagno di viaggio in terra nepalese avete definito il Tibet come “terra occupata, invasa, colonizzata” dalla Cina comunista, all’inizio degli anni ’50 o giù di là, con conseguente fuga nel ’59 del Dalai Lama assieme a tutta la classe dirigente tibetana (parole testuali tue e del tuo compagno di viaggio sia nella puntata del 21 che del 28 gennaio). Mi suonava strano, e sono andato a vedere alcuni miei vecchi libri scolastici (sono tuo coetaneo). Sorpresa: (ri)scopro che la Cina – o meglio l’Impero cinese – dopo alterne vicende in tempi medievali (europei) conquista il Tibet nei primi anni del 1700, quasi 300 anni fa, e che da allora il Tibet è stato considerato internazionalmente e da tutti i successivi governi cinesi, Quomintang compreso, territorio facente parte della Cina. E (ri)scopro che ad “invadere, colonizzare, occupare” non solo il Tibet ma varie ampie regioni cinesi sono stati – tra gli altri – gli Inglesi, potenza coloniale mondiale che ha mantenuto sotto il suo dominio il Tibet per 45 anni fino alla, questa volta sì, LIBERAZIONE da parte dei cinesi nel ’49 (e che nell’occasione fossero cinesi comunisti mi sembra un dettaglio, storia alla mano e a meno di non essere in malafede). Insomma, da tutta questa STORIA ne viene fuori che richiedere ora l’indipendenza del Tibet su basi storiche e di giustizia geopolitica, dopo 300 anni di appartenenza cinese e altri secoli di contiguità e relazioni strette, sarebbe come restituire Ferrara ai discendenti degli Este, ad Alberto da Giussano il Bergamasco e la Spagna agli Arabi (e agli Ebrei). Pensando al tuo documentario di viaggio mi viene da dire che non conosci la storia, almeno la storia di India, Tibet, Nepal. Certo, potremmo trascurare l’ignoranza o la disinformazione storico-politica: altra cosa sarebbe chiedere, ad esempio, l’indipendenza del Tibet per ragioni socio-cultural- umanitarie (modello Kosovo, per intenderci). E allora seguiamo il tuo documentario e seguiamo anche alcuni testi informativi sulla situazione attuale e pregressa di Tibet e Nepal. In Nepal tu scopri una situazione di povertà allucinante, conosciuta a livello internazionale magari dall’Onu o da chi si occupa di politica internazionale ma ignota all’opinione pubblica media, un’assenza di scuole, di infrastrutture, di una qualsivoglia base economica su cui lavorare e far lavorare il Nepal in autonomia per risollevarsi dalla povertà – fosse pure al rischio di sacrificarvi qualche brandello della sua “purezza mistica” da te e dal tuo programma tanto ripetutamente decantata. In opposizione a questa situazione scopri perfino la guerriglia che si ribella al governo, e di cui si sta occupando oggi, è notizia di questi giorni, perfino portarvi i suoi aiuti, del solito tipo che conosciamo: Somalia, Nicaragua, Jugoslavia, Colombia, Cile, Afghanistan. E scopri pure il monastero che ospita i profughi dal Tibet – così racconta il documentario. E nel monastero troviamo pentole in acciaio inox, impianti e lampade elettriche, una cucina tipo mensa ristorante, acqua calda corrente… Viene da pensare che i pii monaci sappiano amministrare bene le loro povere entrate. Dentro il monastero. Fuori, incontri una sedicenne del luogo cui chiedi “cosa vorrebbe fare da grande”, che ti risponde che vorrebbe andarsene, studiare, non essere obbligata a sposarsi, gestirsi la propria vita in indipendenza. Perché in Nepal non ci sono scuole, lavoro, libertà, futuro. In Nepal, parole di nepalese. Qualcosa non quadra. E qualcosa non quadra nemmeno quando da altre fonti scopro che 50 anni fa il Tibet, come oggi il Nepal, non aveva NESSUNA scuola pubblica, poiché l’istruzione – esclusivamente religiosa – era riservata agli ospiti dei monasteri, riempiti con i figli della nobiltà tibetana – donne “naturalmente” escluse – poi destinati a diventare classe dirigente (quella scappata nel ’59 assieme al Dalai Lama), così come non aveva ospedali, medici, strade, industria, amministrazione. E che adesso vi sono presenti 2400 scuole primarie tutte con lingua d’insegnamento tibetana, decine di migliaia di medici, un centinaio di ospedali e centinaia di presidi sanitari minori, industrie, strade, infrastrutture di base. E che gode di un’autonomia politica mai avuta in precedenza, tantomeno sotto il dominio inglese. Come spiegare ora la difformità tra la storia reale qui esposta di quelle regioni asiatiche da una parte e il carattere mistico-occidentalocentrico-paternalistico- disinformante del tuo lavoro televisivo dall’altra? Scartando una tua/vostra ignoranza completa su queste questioni – credo che prima di fare un servizio del genere informarsi in modo corretto su storia, costumi, culture locali dovrebbe essere norma – risulta immediatamente chiara, in contrapposizione a questa difformità, la conformità del taglio del documentario con la campagna “Free Tibet” portata avanti da qualche decennio dai sedicenti nuovi guru della politica “di sinistra”, con contorno di “new age”, esoteristi, misticisti, scientologisti, nuovisti buonisti pacifisti e dalailamisti di tutto il mondo. Forse non tutti i suddetti, forse nemmeno te, ne sono a conoscenza (anche se l’ignoranza è un optional), ma tale campagna “Free Tibet” è sostenuta con bei dollaroni dal solito Zio d’America. Ecco come: ” Dal 1955 la CIA inizio’ a costruire un esercito controrivoluzionario in Tibet, molto simile ai Contras in Nicaragua e, più recentemente, al finaziamento ed addestramento dell’UCK in Kosovo. Il 16 agosto 1999 su Newsweek e’ apparso l’articolo “Una guerra segreta sul tetto del mondo – i monaci e l’operazione segreta della Cia in Tibet”, nel quale si descrivono in dettaglio le operazioni CIA dal 1957 al 1965. Analogamente, il principale articolo del Chicago Tribune del 25 gennaio 1997 descriveva lo speciale addestramento dei mercenari tibetani a Camp Hale nelle Montagne Rocciose in Colorado, per tutti gli anni ’50. Tali mercenari furono paracadutati in Tibet. In accordo ai famigerati “articoli del Pentagono” ci sono stati almeno 700 di questi voli negli anni 50. Furono usati C-130, come più tardi in Viet-Nam, per portare munizioni ed armi. Vi erano anche basi speciali a Guam e ad Okinawa, dove furono addestrati soldati tibetani. Gyalo Thumdup, fratello del Dalai Lama, segui’ le operazioni, e non era certo un mistero. Se ne faceva un vanto. Il Chicago Tribune aveva titolato “La guerra segreta della Cia in Tibet” ed afferma in modo chiaro che “ben poco sulle operazioni Cia in Himalaya e’ veramente segreto, eccetto forse ai contribuenti USA che le hanno finanziate”. La CIA diede una rendita annuale speciale di 180000$ al Dalai Lama per tutti gli anni 60; questa e’ ora una piccola fortuna in Nepal, ove aveva organizzato un esercito ed un governo virtuale in esilio. Gli USA hanno anche organizzato delle radiostazioni per proiettare in Tibet l'”immagine” del DL come quella di un dio-re. Ralph McGhee, che ha scritto molti articoli sulle operazioni CIA, e mantiene anche un sito web, ha descritto in dettaglio come la “compagnia” abbia promosso il DL. L’ufficio CIA NATIONAL EDOWDMENT for DEMOCRACY ha procurato denaro per un fondo per il Tibet, per la Voce del Tibet, e per la campagna internazionale per il Tibet.” Questo è un estratto di un articolo sul Tibet di S. Flouders, da Workers World 1999 – http://www.Workers.Org .
In fondo trovi un altro articolo sul Tibet, dal Manifesto del gennaio 2000, e altro materiale ancora (p.E. Le posizioni dei comunisti ML italiani all’epoca dell’ingresso di Mao in Tibet, analisi utili per capire gli attuali movimenti rivoluzionari maoisti nepalesi). Buona lettura a tutti voi della troupe. Spero vi siano utili per trarne le debite considerazioni rispetto al vostro lavoro. (Come ciliegina ho notato la marchetta fatta per l’Adidas a fine puntata del 28/1, sul cappellino in testa al neonato di tre giorni. Ma forse a questo punto è meglio lasciar perdere queste sottigliezze) il tuo affezionato telespettatore Giorgio Ellero