Editoriale: Viaggio in una Siria che non c’è più
Dopo i fatti tragici di Parigi mi sono chiesta, ci siamo chiesti, che tipo di contributo dare all’informazione. Vi racconto allora la mia piccola odissea durata sei anni a proposito del reportage che ho girato in Siria: nessuno ha mai voluto mandarlo in onda, nonostante l’abbia proposto mille volte in mille occasioni, anche gratuitamente. In fondo si tratta solo di un viaggio turistico. Un viaggio da turisti per caso, magari un po’ più curiosi e attenti agli aspetti storico archeologici, dato che mi accompagnavano degli amici con questi interessi pieni di informazioni in materia.
Perché nessuno ha mai voluto mettere in onda questo materiale? Me lo sono chiesta all’epoca e me lo chiedo soprattutto ora che la Siria diventa un punto cruciale della storia. Forse il punto dal quale si scatenerà la terza guerra mondiale. Perché non parlare di com’era la Siria, dei suoi luoghi meravigliosi, della sua gente simpatica e disponibile? È così che io l’ho vista solo due anni prima dei conflitti. Le guide, certamente interessate, continuavano a raccontarmi che la Siria era un posto tranquillo, che i granai erano pieni, che c’erano le dighe e l’acqua.
C’era l’agricoltura con un suo nuovo sviluppo e c’era anche un certo benessere, si vedeva dalle case in costruzione. C’erano scuole che funzionavano e feste ovunque. Un paese che, ho capito bene, era costituito da varie religioni, ma religioni che si parlavano, o comunque che non si scontravano tra loro. L’ho visto nel culto della Madonna, o nel culto di Gesù al minareto poi andato distrutto.
Io non amo la Siria più degli altri paesi, amo la Siria come amo la Francia, come amo l’America, e l’America Latina, come amo l’Italia, il Perù, la Cina, il Giappone, l’India, la Mongolia, la Polinesia… La amo come amo tutti luoghi in cui sono stata e come amo tutti i luoghi nei quali vorrei andare!
Il mio compito è raccontare i luoghi che ho visto, raccontarli dal punto di vista di un viaggiatore curioso, che forse non può approfondire più di tanto, ma che chiedendo può capire qualcosa in più di ciò che gli raccontano le televisioni e i telegiornali che vede nel suo paese. Forse è per questo che non si può in nessun modo mostrare la Siria così com’era, per non far sì che il pubblico (italiano) si affezioni troppo a un paese condannato alla distruzione.
Proprio per questo, a dispetto di tutto, io ve lo voglio mostrare! Perché siamo turisti, siamo viaggiatori che, invece, i luoghi vogliono vederli, sentirli, analizzarli. Vogliamo amare il mondo così com’è, con tutte le sue differenze.
E la gente così com’è, con tutti i suoi difetti e pregi, che poi sono i nostri. Anche all’indomani dell’11 settembre abbiamo continuato a esplorare il mondo, trovandolo ancora interessante, intrigante, pacifico, disponibile, umano. È il non umano che ci deve spaventare. La guerra non è mai umana, la guerra è sempre disumana. È fatta per interesse di pochi conto l’interesse dei molti. Contro il nostro interesse, contro di noi! Con la Costituzione Italiana io ripudio la guerra come soluzione dei conflitti.
E come turisti dovremmo essere aperti alla comprensione dei luoghi. Per questo ho deciso di proporvi proprio adesso, dopo gli attacchi tragici di Parigi, questa web serie sulla Siria: ogni settimana manderemo in onda un pezzetto, tante puntate da vedere, fino alla fine. Tante cose forse si spiegheranno. Fate con me questo viaggio in una Siria che non c’è più, in una Siria che oggi è al centro di un conflitto che ci riguarda tutti.
Syusy
E la redazione di Turisti per Caso
Puntate