Editoriale: Come si raccontano i viaggi?

Meno manierismo del viaggiatore, più realismo e ironia.
Patrizio Roversi, 13 Apr 2015
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Si potrebbe chiamare Processo di eroizzazione. E’ quella tendenza che porta chi racconta un viaggio a rendere – spesso – mitico l’oggetto della sua narrazione. Sembra che raccontare semplicemente, in maniera minimalistica, quello che è successo durante un viaggio, suoni banale. E allora si tende ad alzare il tono. Pur lasciando magari sostanzialmente intatta la realtà, si adopera una prosa drammatica, si “alza la musica” di sottofondo, si enfatizza il linguaggio. Tutto deve suonare filo-drammatico, ammantato di romanticismo. Spesso questa “eroizzazione” diventa quasi autoerotica, cioè masturbazione narrativa autoreferenziale. E per forza di cose si cade in una sorta di manierismo del viaggiatore, cioè tutti i racconti o i testi filmati diventano simili, simili ai Diari di bordo di Moitessier o agli appunti della Moleskine (mitico taccuino) di Chatwin. Questa tendenza si vede dappertutto: nelle riviste “normali”, nei libri di viaggio, nei filmati, nella descrizione di un trekking, in un diario di bordo di una traversata, in un documentario, nei siti dedicati ai viaggi, nei reportage giornalistici. E, come succede nel ciclismo, spesso sui blog o sui profili facebook i “dilettanti” imitano i “professionisti” e dopano i loro racconti con un’enfasi che dovrebbe rendere unica la loro esperienza. E qui sta il punto. Certamente, ogni viaggio, ogni esperienza è unica, nel suo genere. E’ unica, nel senso che è relativa e personale. Ma deve poter essere riproducibile, quindi non può essere unica&irripetibile, unica&inimitabile.

La “filosofia” dei Turisti per Caso è appunto il contrario di tutto questo: noi da sempre abbiamo raccontato i nostri viaggi con spietato realismo, a costo di auto-ridicolizzarci, auto-relativizzarci e auto-criticarci. Quindi unici ma assolutamente “riproducibili”, da chiunque. Quando abbiamo girato il Mondo lo abbiamo raccontato sottolineando la nostra “normalità” e quindi istigando tutti gli altri a fare altrettanto: se ce l’abbiamo fatta noi potete farcela anche voi. Quando abbiamo raccontato l’Italia in slow tour era (è) per dire a tutti: “Dai, girate l’Italia anche voi, è il posto più bello che ci sia!” E questo atteggiamento poi, a caduta, ha influenzato anche le decine di migliaia di racconti di viaggio che sono raccolti nel sito turistipercaso.it (ma anche velistipercaso.it) e poi sulla rivista Turistipercaso Magazine, proposti da voi lettori-spettatori-navigatori ma soprattutto, appunto, viaggiatori-attivi. Non si tratta di auto-celebrare o auto-spettacolarizzare le proprie imprese, bensì di socializzare le proprie esperienze. Noi ci scambiamo dei piccoli pezzi di vissuto, in modo da fornire agli altri alcuni elementi per costruirsi altre loro esperienze. Possibilmente con molta modestia, senso del relativo e – appunto – ironia (che non guasta mai, ci tiene coi piedi per terra). Se sfogliate la rivista o navigate questo sito, trovate tracce di questo tono negli itinerari di viaggio ma anche e soprattutto nella rubrica delle Guide per Caso, turisti più esperti che dialogano in modo orizzontale, paritetico e concreto.

In tempi come questi, in cui la retorica e la demagogia sembrano dilagare, questo suona quasi come una sorta di Programma “Politico”…

Syusy e Patrizio