Un viaggio interiore
Il deserto è solitudine: per questo gli altri, i compagni di viaggio, diventano nuovamente preziosi. Il tuo mezzo di trasporto diventa indispensabile, così come il cibo, il sacco a pelo e il GPS. Ma soprattutto è il durante che ti riserva poche ma belle sorprese: se il viaggio fosse solo la meta, sarebbe un semplice trasferimento da un punto A a quello B, viceversa l’essenza del viaggio è il tempo. Quindi il deserto è anche il tempo: il sole che picchia sulla nostra testa e la sensazione che ne ricaviamo, l’alba fresca, il mezzogiorno troppo caldo per non concedersi una sosta sotto l’unico riparo che si può trovare e dove trovarsi, magari con una famiglia di beduini in viaggio, come mi è successo dalle parti di Timbuctù. E poi il pomeriggio che preannuncia un ritrovato benessere, la notte che ti regala lo spettacolo delle stelle, e il giorno dopo si ricomincia.
A questo punto, cosa dire? Che la prima volta che siamo andati in Marocco ha piovuto, e mentre noi eravamo rattristati, i tuareg che ci accompagnavano ripetevano festanti Allah è grande! Che il deserto che ho visto ad Acacus in Libia, ormai off limits per il turista, una volta era una fertile savana, come testimoniano le magnifiche pitture rupestri e le incisioni sulla falesia. Che le aride distese della Patagonia, che non è un deserto di sabbia, ma lo è nella sostanza, è un luogo di grande fascino. Claudia Perotti è una viaggiatrice che ha percorso a piedi praticamente tutti i deserti del mondo: bisognerebbe chiederlo a lei cosa sono davvero le lande desolate. Ma lo chiedo anche a voi, se ci siete stati: raccontateci il vostro deserto e perché lo avete amato.