Il Marocco come l’ho visto io

Syusy ricorda il suo primo viaggio nel Paese, tra una cena con la Vanoni e una comparsata in un film...
Syusy Blady, 12 Giu 2013
il marocco come l’ho visto io
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Il mio primo viaggio in Marocco non lo scorderò mai. Rammento che andammo con Patrick, un nostro amico e collega marocchino che di mestiere faceva l’attore e il conduttore televisivo. Ci eravamo conosciuti durante le registrazioni dell’Araba Fenice, un programma trasmesso da Italia 1 che aveva preso il posto di Matrioska, un format troppo innovativo per quei tempi e che fu censurato. Quindi stiamo parlando di parecchi anni fa (più di 20), ma nonostante sia passato tanto tempo, è stata un’esperienza forte e indimenticabile.

MARRAKECH E ARTIGIANATO

Una volta arrivati in Marocco, la prima tappa (obbligata) è Marrakech. Piazza Djemaa el-Fna è un bagno di folla, qui i mercanti espongono la propria merce ed è un vociare continuo: parlano-urlano-cantano-suonano. E tutti cercano di sbarcare il lunario: dall’incantatore di serpenti al cantastorie. Meglio quindi andare nella zona artigianale vera – come ho fatto io – dove ci sono veri e propri maestri che riescono a lavorare tutti i tipi di manufatti, in base alle richieste dei vari clienti. Per fortuna la capacità del fare (in particolar modo quella manuale) si è preservata nel tempo e rappresenta da sempre la fortuna del Marocco. Infatti, molti stilisti e designer di arredamento o di abbigliamento vengono in queste zone per realizzare i loro prodotti, cose che altrove sarebbero troppo costose o che nessuno sarebbe più in grado di fare. Qui ad esempio, un bastone intagliato (che serviva per sostenere le tende del deserto) può trasformarsi in una lampada a stelo (bellissima e preziosa) con costi sostenibili: Marrakech, insomma, è un vero paradiso per chi ama l’ambiente chic ed esotico.

LUSSO & BELLEZZA

Il centro della città è pieno di abitazioni suggestive, decorate con un gusto orientaleggiante da arredatori e stilisti-modaioli europei. Ad esempio, qui aveva casa Yves Saint Laurent, che in quanto a gusto non era secondo a nessuno (e per molti è ancora il principe dello stile “lusso con gusto”). Noi abbiamo avuto il privilegio di visitare una di quelle abitazioni, nel senso che – grazie ad amici di amici – ci siamo imbucati in una festa. Siamo stati invitati a cena nella bella casa con piscina di un distinto signore, frequentatore addirittura della Corte Marocchina. Io mi sono trovata – per caso – seduta di fianco alla signora Krupp appartenente alla famosa famiglia tedesca che può vantare ben 400 anni di storia. Quelli dell’acciaio, per intenderci! Mi ricordo ancora “la pioggia” di perle – vere! – che le adornava la scollatura. E c’era addirittura Ornella Vanoni (simpaticissima), che tra una barzelletta e l’altra ci spiegò con dovizia di particolari la ricetta milanese DOC del risotto allo zafferano. Non abbiamo fatto il bagno in piscina, ma è stato un bel bagno nel gusto e nel lusso: una cosa per noi del tutto inusuale e quindi interessante!

MAROCCHIN-EXPRESS

Guarda caso, dopo questo approccio mondano piuttosto insolito, il nostro viaggio divenne tutt’altro: più un Marrocchin express che un viaggio sciccoso. Partimmo per il tour classico destinazione Ouarzazate, ma prima c’era da fare parecchia strada. Ma più chilometri si percorrevano, più sembrava che il tempo andasse a ritroso: lungo la via, fermandoci in un mercato, piombammo in un’altra epoca, dove si vende ancora l’Omo o il Tide, due detersivi d’altri tempi per chi se li ricorda! C’erano i copertoni riciclati che si trasformavano in sandali e in borse. Si vendevano le jalaba, quei caffettani col cappuccio che ti fanno sentire lo Jedi di Guerre Stellari, ma che sono utilissimi per nasconderti dagli sguardi indiscreti dei furbi che tentano di spennare i turisti. Durante il viaggio il paesaggio è semplicemente meraviglioso e, soprattutto, altro che deserto: il Marocco ha un suolo estremamente fertile.

I MONTI DELL’ATLANTE

A un certo punto dobbiamo salire sulla montagna che si chiama Atlante (come Atlantico, come Atlantide!). Attraversiamo una terra meravigliosamente rossa: non è terra, sembra fard! Lì c’è acqua in abbondanza, freschissima. Infatti siamo a 2.260 metri sul livello del mare, ma siamo al sud, quindi c’è un clima ideale. Cresce di tutto, dalla palma ai fichi d’india. E chiedo a Patrick “Ma con tutto questo ben di Dio a livello naturale, cosa ci fate voi marocchini in Italia?” Lui mi risponde che da queste parti la gente è “malata di immigrazione”. Non vogliono fare i contadini, ecco perché non pensano ad altro che ad emigrare, e poi – noi lo dimentichiamo – il marocchino è essenzialmente un commerciante, è curioso e, più di ogni cosa, vuole viaggiare (come noi italiani del resto). La montagna è al confine del deserto e le nostre auto adesso percorrono una strada circondata dal nulla.

BRODO D’IGUANA

Patrick, che era appassionato di film colossal, quando è venuto in Italia ha lavorato in un circo, poi in un cinema e poi come guardia giurata. Anche lui è venuto via dalla famiglia di suo padre, che ora è un uomo di 98 anni perfettamente in salute, che si è sposato da poco e ha addirittura avuto un figlio. Patrick promette che ci porterà a conoscerlo, per imparare da lui come mantenersi in ottima salute. In Marocco non si consuma maiale (che secondo le loro tradizioni fa male) e in compenso quando si è indisposti si beve il brodo d’iguana… Iguana!? A proposito di salute: non mangiano maiale ma mangiano le iguane, quei mini dinosauri che si trovano nel deserto. Paese che vai…

OUARZAZATE: HOLLYWOOD DEL DESERTO

Quando arriviamo a Ouarzazate non andiamo a visitare la parte storica, bella e interessante, ma ci buttiamo subito sul set di un colossal televisivo sulla Bibbia, mi pare che riguardasse la storia di Sansone e Dalila: qui infatti hanno costruito una serie incredibile di studi di posa, una sorta di Cinecittà ai bordi del deserto. Qui bisogna fare le cose vere per fare cose finte: il set è una ricostruzione di luoghi biblici, magari un po’ pressapochista, ma il paesaggio attorno rende tutto più verosimile. Assistiamo al crollo del tempio e ci facciamo assumere come comparse. Ci truccano: me da nobildonna e Patrizio da mendicante (incredibile che abbiano accettato un mendicante così grasso). Ma ci confondiamo tra la folla, anche se i suoi capelli bianchi e la pelle bianca “sparano” e nella folla si vede solo lui.

NIENTE & TUTTO

Mentre sono lì che aspetto il mio turno (facendo cinema si aspetta sempre: vita da comparsa!) mi chiedo cosa abbia mai questo posto da renderlo così piacevole? Apparentemente niente: in fondo c’è l’acqua che si perde nella sabbia del deserto che a sua volta si perde nelle montagne. E ci sono le montagne che si perdono nel cielo, un cielo che se ti fermi a guardarlo, ti ci perdi dentro. Il panorama è a 360 gradi, c’è un’aria di montagna, ma tiepida. C’è la vita che scorre, ma senza correre. Non c’è niente, ma è un niente che ti fa chiedere che cosa d’altro si possa mai volere dalla vita! Qui è tutto così bello e infatti il pericolo cementificazione è dietro l’angolo. Però lo sviluppo edilizio mi sembra sia più controllato e di gusto che altrove. Passiamo davanti a una casbah fatta di recente, ma con intonaco di terra amalgamata al cemento. Qui i colori vengono fuori come se ci fosse dentro una lampadina e anche la gente è coloratissima. È tutto bello ma abbiamo mangiato capra: stiamo male, ci viene una gastroenterite acuta (specie a Patrizio) e non cediamo alla proposta di Patrick, che ci propone il brodo di iguana. “No, il lucertosauro lo mangi tu!” gli rispondiamo.

L’ECO DI LAWRENCE D’ARABIA

Poi andiamo ad est verso il Sahara, passando per Kelaa des Sraghna, il paese delle rose, dove peraltro viene prodotta l’acqua di rose che viene esportata un po’ in tutto il mondo. Ci sono metri cubi di boccioli lavorati qui da un industriale di Graz. Dopo un po’ l’odore dà il mal di testa. Vado un po’ fuori dal centro: c’è un fiume immerso in una natura vergine, con tanto di lavandaie intente a fare il bucato. Mi viene una nostalgia regressiva e retrospettiva: mi ricordo vagamente di aver visto questo nella mia infanzia, lungo il fiume Reno che scorreva sotto casa mia. Adesso non si potrebbe lavare la biancheria: i panni uscirebbero più sporchi di prima. Poi ci capita di incappare in una contrattazione a dir poco intensa con il proprietario di un negozio, dove facciamo acquisti. Ma abbiamo fretta e non è possibile discutere oltre, e quindi dobbiamo cedere alle richieste del commerciante. Capisco qual è la loro forza: hanno un sacco di tempo e noi no. Ripartiamo, dobbiamo andare verso il deserto marocchino roccioso, dove affrontiamo anche una tempesta di sabbia. Andiamo verso le Gole del Todra: è qui che Lawrence d’Arabia passava e sentiva l’eco, e ora lo ascoltiamo anche noi. È un posto bellissimo!

UN VIAGGIO AVVENTUROSO

Andiamo nel deserto e dopo un po’ di autostrada iniziamo con lo slalom tra le dune: qui durante il tragitto incontriamo per lo più capre e carcasse di auto. Cerchiamo un rifugio e dopo due ore di jeep finalmente lo troviamo. Dopo la tempesta di sabbia non è certo una bella atmosfera: tutto è livido e il deserto fa paura, ma per fortuna siamo al sicuro. Alla sera, quando se ne vanno i turisti, i ragazzi berberi che gestiscono il posto si mettono a suonare musica delle loro tradizioni popolari: tambu-ri e nacchere tipo piattini, che inizialmente avevo scambiato per posacenere. Noi per tutta risposta cantiamo la tammuriata e il ballo del qua qua, e loro ridono. Poi c’è la cena a base di montone e l’effetto “Il the nel deserto” è assicurato. Dormiamo lì e la mattina diluvia. Piove nel deserto?! Ci stupiamo e ci arrabbiamo anche: avremmo voluto riprendere l’alba invece c’è nebbia e fa freddo. I nostri amici berberi invece, sono entusiasti perché capita assolutamente di rado ed è un fatto eccezionale. Ci dicono: “Allah è grande!” e vorrebbero quasi tenerci lì, perché dicono che portiamo l’acqua e siamo considerati dei portafortuna. Ma in realtà ritornando in paese ci dicono che la tempesta di sabbia ha fatto danni e anche vittime. Alcuni sono in ospedale perché la sabbia entrava dappertutto e non si respirava. E allora siamo stati meglio noi nel deserto! Allah è grande!

STILE DI VITA NOMADE

Passiamo vicini alla casa di Patrick e lui si ferma per far visita ai suoi parenti: il ritorno del figliol prodigo è emozionante. Si capisce che lui è mancato molto ai suoi, sarà perché la loro famiglia è piccola (dicono): è composta solo da 13 persone! Ci accomodiamo in salotto (il diwan), ma noi donne (io e la mia amica Luisa) andiamo in cucina a vedere come si prepara il cuscus. Le donne si danno da fare in una cucina quasi improvvisata: ci sono un fornello con tanto di bombola e un bel po’ di pentole pronte all’uso. Il cuscus è preparato con cura e amore, un po’ come accade con i tortellini da noi: diciamo che può essere considerata un’ impresa collettiva. E alla fine della cottura si mangia, tutti assieme nello stesso piatto e rigorosamente con le mani. Noi donne “occidentali” possiamo sederci al desco con degli uomini, che ci concedono persino di fumare una sigaretta dopo cena. Anche se la casa è in pietra e fa parte di un villaggio, tutto ricorda i nomadi: lo stesso spazio per tutto, cucinare a terra come in un campo nel deserto, mangiare tutti insieme con le mani e poi sdraiarsi sui divani come sotto una tenda… Sono usanze nomadi. E si dorme anche nello stesso posto tutti assieme. Ci sentiamo davvero in vacanza. Marocco, un gran bel posto! E voi che ci siete stati di recente, come lo avete trovato? Spero ancora simile a come l’ho visto io, e spero di poterci tornare al più presto.